Art. 18, strappo Monti: «Basta cittadelle»
Monti sposa la linea dura sull'articolo 18. «Alcuni lavoratori sono chiusi in una cittadella, altri non hanno difese».
E le posizioni al tavolo sul lavoro virano verso destra. Berlusconi soddisfatto.
Di Bianca Di Giovanni
4 febbraio 2012
«L’articolo 18 è un tema centrale della discussione. È ora di passare dai miti, dai simboli, alla realtà». Con questo passaggio dell’intervista rilasciata a Repubblica Tv, Mario Monti scopre le carte del suo governo sul tavolo del lavoro: e sono carte pesantissime. Non solo per la norma sui licenziamenti senza giusta causa, che in questo modo viene imposta come prioritaria nella trattativa (al contrario di quanto si era detto finora), con un’ipotetica scadenza a fine marzo. Ma anche per una lunga serie di osservazioni sulla politica sociale, che lasciano amaro in bocca.
Come quella sul «buonismo» dei governi passati. Sarebbe questo il motivo per cui l’Italia è ridotta male. «Per decenni i governi italiani hanno avuto troppo cuore, hanno diffuso troppo buonismo sociale - dichiara il premier - soprattutto prima che arrivasse l’Europa un po’ austera a renderci più attenti». E non si ferma qui. «Anche i tecnici hanno un cuore - aggiunge - ma spesso più si eroga bontà, più si creano le condizioni che graveranno sui giovani». Insomma, serve rigore, austerità, «cattiveria», naturalmente con i lavoratori. Che dire della corruzione dilagante, dell’evasione massiccia, dell’abbandono di intere regioni del Paese nelle mani della criminalità? Nulla di tutto questo: l’Italia sta male perché si sarebbe concesso troppo ai lavoratori, che nel frattempo - va ricordato - hanno continuato a perdere potere d’acquisto, mentre una piccola fetta di società si è arricchita sempre di più.
Invece per Monti torna l’assioma: meno diritti da una parte, più dall’altra. Come una coperta tirata di qua o di là. «Bisogna dare meno tutele a chi oggi ne ha troppe ed è quasi blindato nella sua cittadella - dichiara - e darne di più a chi è in forme estreme di precariato o è fuori dal mercato del lavoro». Insomma, serve un travaso: così gli over 50 potranno starsene a casa e gli under 35 andare al lavoro. Sarebbe questa la soluzione? Per il governo (e anche per Confindustria) proprio la possibilità di reintegro nel posto di lavoro terrebbe lontani gli investimenti stranieri. Finora avevano raccontato di una burocrazia elefantiaca, di mancanza di infrastrutture, di incertezza del diritto: ma questa del reintegro finora non si era mai sentita.
CHI USA LO SPREAD
È chiaro a questo punto che il governo vira verso destra: prima Elsa Fornero che tira dritto con o senza consenso dei sindacati, poi Monti che picchia duro su chi « è blindato nella cittadella». Non è un caso che Silvio Berlusconi annuncia al Financial Times un forte sostegno all’esecutivo Monti. Con l’ex premier sembra esserci una luna di miele mai interrotta. Tanto che Monti ne prende le difese, dichiarando che si è esagerato ad usare lo spread per attaccare il suo predecessore. Forse non è neanche un caso che le esternazioni sull’ articolo 18 arrivano a poche ore dall’incontro sul lavoro con la delegazione Pdl, tra cui anche il «falco» Maurizio Sacconi. Probabilmente il premier pensa a quella «maggioranza ampia ma purtroppo evanescente» che il giorno prima lo ha inchiodato alla prima sconfitta in un’aula parlamentare sulla responsabilità civile dei giudici.
Poi tenta un accreditamento anche a sinistra. C’ è da dire che che il pelo alla sinistra. «In manovra abbiamo pur sempre introdotto una cosa, che non abbiamo chiamato “imposta patrimoniale” per non urtare le sensibilità di chi non gradiva quell’impostazione», spiega riferendosi alle tasse sugli immobili e sui depositi bancari. Quanto all’equità, il premier difende le sue iniziative sulla lotta all’evasione, elemento decisivo per la redistribuzione della ricchezza.
Ma è chiaro che la partita centrale per il governo oggi è il lavoro, e la supposta contrapposizione giovani-vecchi. Tanto che il premier si perita di chiarire la sua ultima gaffe sul posto fisso che sarebbe «monotono». Specifica che intendeva dire semplicemente che i giovani dovranno abituarsi a cambiare posto e luogo di lavoro. Anzi, arriva persino a consigliare ai giovani di non pensare necessariamente a un futuro in Italia. Per un premier di un Paese non è il massimo.
La partita europea - che pure è cruciale - resta sullo sfondo. Assicura che, dopo il rigore, cioè dopo l’entrata in vigore dell’ultima intesa sulle regole di finanza pubblica (il cosiddetto fiscal compact), con la germania si potrà ragionare di Eurobond. Insomma, una visione di medio-lungo termine, a patto che, tanto per citare Keynes, nel lungo termine non saremo tutti morti. Sulla Tobin tax (la tassa sulle transazioni finanziarie)Monti si dice convinto che i tempi siano maturi.
da -
http://www.unita.it/italia/articolo-18-lo-strappo-di-monti-basta-cittadelle-1.378526