Vittorie forti e nette a Roma e a Torino, nei due ballottaggi più rilevanti, ma anche in altre città di rilievo, per il centrosinistra (anche Varese, per dirne una, dove la Lega si è spesa per tornare alla guida del comune, resta al centrosinistra).
E, come si dice, c’è anche l’avvio di una stagione politica. Perché, e in modo speciale Roma, c’è una chiamata d’emergenza per la politica e per i partiti, per capirci, tradizionali. Non si tratta solo di rimettere in piedi un po’ di amministrazione locale dove, come a Roma, il controllo e l’indirizzo erano completamente sfuggiti.
Bisogna far vedere (sì, servirebbe un’amministrazione con qualche tratto di ostentazione pedagogica) che è possibile guidare una grande città pur con le mille tensioni che la abitano e che il dopo-Covid è davvero un periodo nuovo.
Servono capacità di spesa, progettualità, metodo, perché i comuni sono chiamati a gestire la maggior parte dei fondi del piano di ripresa. Roma, per restare all’esempio che vale per tutti, deve dotarsi di uffici in grado di gestire questa enorme massa di investimenti. Il rinnovamento consentito dalle nuove regole per reclutare tecnici ed esperti nelle amministrazioni va colto in pieno. Per i partiti, in questo caso specificamente per il centrosinistra, significa far vedere al paese e agli elettori che la politica e la buona amministrazione sono ancora possibili ed è possibile averle insieme, mantenendo le sfumature che ne distinguono i ruoli. E l’avvio di tutta l’operazione dirà già tanto, perché i numeri attesi dai ballottaggi indicano che, dichiarata o no, c’è stata convergenza da diverse provenienze e da diversi schieramenti.
Perché è la prima volta che gli elettori, pur tra tanti fattori di disturbo e tante false piste, indicano, molto all’ingrosso, l’area che tiene insieme un mondo che va dal Carlo Calenda (non ce ne voglia) ben piantato nell’establishment con il Giuseppe Conte ancora non ben piantato neanche nel suo orto post populista. In mezzo, ovviamente, il ruolo stabilizzante del Pd. Guardando un po’ a caso si nota una tendenza al rientro verso le opzioni politiche note e sicure, dopo questa decina d’anni in cerca di emozioni nuove (evidentemente non troppo soddisfacenti).
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