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« Risposta #63 inserito:: Marzo 28, 2008, 05:20:13 pm » |
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28/3/2008 - CONFRONTI TELEVISIVI Cavaliere si faccia coraggio MATTIA FELTRI
Ora resta da stabilire se Walter Veltroni sia straordinariamente impegnato oppure una simpatica canaglia: il resto è chiaro. Mercoledì (versione Bruno Vespa) o al massimo una settimana prima (versione del loft) il capo del Partito democratico ha declinato l’invito di Porta a Porta per la trasmissione di stasera; in omaggio alla par condicio, la Rai ha dovuto cancellare anche la puntata prevista per ieri con Silvio Berlusconi. Posto il dilemma iniziale, l’interpretazione diabolica è che Veltroni abbia escogitato il sistema per farla pagare al carissimo rivale: non vuoi affrontare il confronto con me? E io ti oscuro; se in tv non ci andiamo insieme, non ci va nessuno dei due. Berlusconi la mette giù anche più dura e meno sofisticata: quelli del Pd sono i soliti prepotenti, antidemocratici e comunisti.
Di sicuro, Veltroni da settimane chiede a Berlusconi di incrociare opinioni e proposte davanti alle telecamere, e da settimane Berlusconi fischietta noncurante. E poi si diverte a fare il ganassa, come si dice a Milano: io in televisione straccio chiunque. Sarà, ma la storia non è nuova. Già nel 2001 il leader del centrodestra si negò a Francesco Rutelli con la giustificazione che il contendente di turno non era altro che un burattino nelle mani di Massimo D’Alema; tuttavia si guardò bene dal concedersi al burattinaio.
La cosa si ripete oggi, sette anni più tardi, e la costante è che Berlusconi conduce, secondo i sondaggi, con parecchi punti di vantaggio.
Nel 2004, invece, il Cavaliere inseguiva. Le inchieste demoscopiche consegnavano a Romano Prodi un margine di gran sicurezza, ed era ovviamente l’inseguitore a sollecitare il duello con le alte e nobili ragioni della democrazia eccetera eccetera. Alla fine Prodi acconsentì e Berlusconi dovrebbe ricordare - e forse ricorda benissimo - che la sua spettacolare rimonta, madre della fragilità del governo dell’Unione, cominciò da lì. Le scuse proposte da Berlusconi per rifiutare a Veltroni quello che ebbe da Prodi sembrano piuttosto friabili. Siccome stavolta i pretendenti a Palazzo Chigi sono dodici, e non due, gli toccherebbe poi di sottostare ad altri dieci match, avviando uno spettacolare girone all’italiana, come nel campionato di calcio, per un totale di centodieci sfide. A parte che non ce ne sarebbe nemmeno il tempo, questo accadrebbe magari in un Paese un po’ più maniaco del nostro in fatto di regole, e probabilmente un Paese un po’ più maniaco del nostro avrebbe studiato un’altra legge elettorale e mai un mostro ridicolo e costantemente violato come la par condicio. Volendo - se è il rigore legalitario la recentissima moda - il problema sarebbe aggirabile con un confronto pubblico, in piazza, in uno stadio, in un palazzetto dello sport, in un teatro. Ma non è nemmeno questo il punto. Piuttosto, alla vigilia e successivamente alla caduta del governo, Berlusconi e Veltroni avevano annunciato una nuova epoca di fair play, in cui scompariva il nemico e subentrava l’avversario, dove si contrastavano i progetti e non si vilipendeva il progettista. I due si davano cordialmente appuntamento a dopo il voto per un lavoro in comune, chiunque fosse il vincitore, sui temi sommi del funzionamento del Paese, dell’economia e della sicurezza. Gli eccellenti propositi - apprezzati anche da questo giornale - sono andati a farsi benedire a suon di insulti ed è difficile immaginare che Silvio e Walter si incontreranno in Parlamento se non riescono a incontrarsi in seconda serata.
Ecco, nel nascondersi Berlusconi sbaglia per diversi motivi, l’ultimo dei quali è la giustificazione. Tutti sanno che non ci sta per rifiutare al rivale, incagliato nei sondaggi, la minima possibilità di recupero, e cioè la medesima possibilità che gli concesse l’arcinemico Prodi. E quando uno è una simpatica canaglia, e fa una canagliata, si aspetti di essere ripagato con la stessa moneta. da lastampa.it
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