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Forum Pubblico / LA COSTITUZIONE, la DEMOCRAZIA, la REPUBBLICA, VANNO DIFESE! Anche da Noi Stessi. / Cittadini Italiani, oltre Udine, Treviso e Gallarate ...
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inserito:: Maggio 26, 2020, 05:34:30 pm
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Cittadini Italiani, oltre Udine, Treviso e Gallarate (tanto per nominare una City per ogni regione di scissionisti) esiste un Mondo vasto e potente che gioca con il fuoco, attizzato da interessi di potenze aggressive non poi tanto lontane dal nostro attuale poco e nulla.
ciaooo
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Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Stefano FOLLI. - Governo, a chi parla davvero il premier
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inserito:: Maggio 26, 2020, 05:32:00 pm
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Commento Fase 2 Coronavirus Governo, a chi parla davvero il premier 21 MAGGIO 2020 L'appello di Giuseppe Conte non va inteso come rivolto a tutta l'opposizione, bensì a quel segmento che potrebbe essere disponibile a condividere il dividendo europeista DI STEFANO FOLLI La rissa sfiorata giovedì mattina alla Camera è in un certo senso la prima risposta all'intervista di Conte al quotidiano Il Foglio, in cui il presidente del Consiglio riproponeva la sua apparente mano tesa all'opposizione. Apparente perché l'offerta rimane, come in precedenti occasioni, piuttosto generica: si evoca una terza fase dedicata alla semplificazione burocratica, alla riforma della giustizia, al rilancio del modello economico. Tutti temi condivisibili, anzi prioritari, ma non si capisce in che termini dovrebbe prendere forma la collaborazione - parlamentare, s'intende - con il centrodestra. Sotto questo aspetto, non c'è una proposta concreta, un itinerario possibile per scendere dal cielo dei principi al terreno delle iniziative. In ogni caso, a Montecitorio qualcuno tra i Cinque Stelle ha voluto creare un piccolo incidente utile a comprendere quali potrebbero essere i margini della cooperazione sinistra/destra: allo stato delle cose, si tratta di margini inesistenti. Se infatti anche i morti per il Covid in Lombardia diventano occasione, o meglio pretesto, per uno scambio di contumelie volgari con la Lega, si capisce che siamo all'anno zero, altro che "fase tre". Tuttavia il premier ha dimostrato fin qui di essere un uomo astuto. Difficile pensare che non sia consapevole di un dato politico: semmai fosse realistica - e oggi non lo è - una qualche forma di intesa parlamentare allargata tra maggioranza e opposizione, non sarebbe lui a gestirla. Vorrebbe dire che lo scenario è cambiato in modo radicale, per cui i firmatari dell'accordo chiederebbero ovviamente un altro premier, diverso da quello che ha governato prima con Lega e 5S e poi con 5S e Pd. Perché allora Conte ripropone uno schema che già nel recente passato ha avuto poca fortuna? Probabilmente perché non gli costa nulla e forse gli permette di guadagnare tempo. In fondo, l'appello a ridurre le tensioni e a collaborare sul piano parlamentare è tipico delle fasi di crisi. Lo stesso presidente Mattarella lo ha rivolto a più riprese alle forze politiche. Ma Conte non è il presidente della Repubblica: è un personaggio atipico che guida una maggioranza precaria dal futuro incerto. Da un lato, egli ritiene che questa maggioranza non possa dare molto più di quello che ha già dato; dall'altro, si sforza di creare qualche contraddizione nel centrodestra. Di sicuro Conte vede i sintomi di debolezza che solcano lo schieramento Salvini-Meloni-Berlusconi. E qui non si può dargli torto. Se fosse vero che l'Europa riverserà in tempi utili consistenti risorse finanziarie sul nostro Paese, si può immaginare che almeno Forza Italia sosterrà l'operazione. Per cui l'appello del premier non va inteso come rivolto a tutta l'opposizione, bensì a quel segmento che potrebbe essere disponibile a condividere il dividendo europeista. Sempre che i finanziamenti ci siano e non arrivino fuori tempo massimo. Esiste peraltro un secondo aspetto in grado di confondere il quadro. In settembre o comunque ai primi di ottobre si andrà a votare per le regionali e le comunali rinviate, nonché per il referendum sul taglio dei parlamentari. Questo vuol dire che, nonostante il virus e l'estate, l'Italia sta per entrare in una nuova, peculiare campagna elettorale. Certo, il momento meno propizio per avviare esperimenti politici dai contorni poco definiti. Da - https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/05/21/news/governo_a_chi_parla_davvero_il_premier_giuseppe_conte-257305408/
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Forum Pubblico / Il MONITORE. ORSI, LUPI E TUTTA LA NATURA CI RIVOGLIONO ESSERI UMANI. / Giacomin: la paura non ci ha migliorati - Lucia Gangale
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inserito:: Maggio 26, 2020, 05:29:29 pm
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Giacomin: la paura non ci ha migliorati Lucia Gangale 23 maggio 2020 Valentino Giacomin è un coraggioso pedagogista veneto che da anni lavora in India, utilizzando un metodo che ha sperimentato in Italia per dieci anni: il progetto Alice. Trevigiano, classe 1944, ad un certo punto della sua vita, nel 1986, si trasferisce a Sarnath, città sacra per buddisti e giainisti, e compra un pezzo di terra con la sua liquidazione da maestro elementare andato in pensione. È l’inizio di una nuova entusiasmante avventura destinata a protrarsi fino ad oggi ed ammirata da più parti del mondo per la sua valenza pedagogica. I dettagli sono in un libro scritto dallo stesso Giacomin, dal titolo Manuale di Etica Universale, edito da Terra Nuova. Il suo è stato un cammino non certo privo di difficoltà. Oggi la sua scuola di Sarnath conta centinaia di alunni, di tutte le estrazioni sociali e religiose. Qui sono assenti episodi di bullismo e di violenza, vi si pratica meditazione, si impara il rispetto per il prossimo e per la differenza. Giacomin è stato chiamato “il maestro dei due mondi” ed è stato anche paragonato a Maria Montessori, la quale visse per un certo periodo in India, lasciandovi le sue scuole. Encomiabile è la sintesi pedagogica che Giacomin ha messo in atto tra oriente e occidente nel corso della sua lunga carriera. Dall’India, Giacomin osserva il mondo e le sue trasformazioni ed ha postato queste riflessioni sulla sua pagina Facebook. Ve le proponiamo. 22 maggio 2020 Chiudere milioni di persone in casa per paura della morte significa attivare una regressione della coscienza: dalla ragione all’istinto di sopravvivenza. A questo livello, troviamo l’aggressione, la violenza, la rabbia. “Mors tua vita mea”. Avete presente che cosa succede quando la gente è in preda al panico a causa di un incidente? Si dice che le persone “perdono la testa”, “non sanno quello che fanno”. Infatti, compiono azioni che mai avrebbero pensato di fare in una situazione normale, non di emergenza. Si arriva a calpestare l’anziano, il bambino, la donna caduta… per mettersi in salvo. È la coscienza primitiva, l’istinto animale che domina la mente. Solo persone altamente realizzate e con pieno controllo della propria mente riescono a mantenere uno stato di presenza, di controllo emotivo, compiendo atti di coraggio e di eroismo. Un esempio: il musicista Giuseppe Girolamo che cedette la propria scialuppa ad un bambino, durante il naufragio della Costa Concordia. Un gesto raro. La maggior parte delle persone si comporta come Schettino, il capitano che, in preda al panico, abbandonò la nave per primo. Le scene di accaparramento dei viveri nei supermercati, le liti tra vicini di casa, la violenza in famiglia… sono sintomi. Come abbiamo detto, di una regressione della coscienza causata dalla paura. Siamo vissuti nella paura per troppo tempo. Sarà difficile recuperare serenità e controllo emotivo. Si rischiano gravi problemi sia fisici che psicologici nel post emergenza. Tutto questo per dire che, forse, è mancata la saggezza a chi doveva compiere scelte politiche. La saggezza di stimolare non I nostri istinti peggiori – bombardandoci con stressanti messaggi di morte (un coro funebre nei giornali e nelle TV) – ma la solidarietà. Si doveva parlare in positivo, di vita, di futuro, di altruismo, di generosità, di apertura, di speranza… non di prigione, cimiteri, intubazioni! Avrebbero dovuto mostrarci la bellezza della solidarietà, della condivisione, della rinuncia, del sacrificio, dell’eroismo dei medici, infermieri e dei tanti che hanno offerto la scialuppa per permettere ad altri di vivere. Ci hanno propinato il peggio dell’informazione. Sembra che perfino la conta dei morti sia stata falsificata. Nel mucchio avrebbero messo anche i deceduti per cause diverse dal killer Corona. La paura, si sa, genera rabbia. Così, rischiamo di ritrovarci con una umanità intristita, rabbiosa, nervosa, intollerante, sull’orlo del collasso psicologico. Ora rischiamo di avere tanti… Schettino con sensi di colpa (forse). Ecco perché il post Corona rischia di trovarci più poveri materialmente, psicologicamente e moralmente. E la scuola? Invece di rimediare alla miopia (incompetenza) di chi ha compiuto scelte discutibili, ha continuato, come sempre, a fingere una normalità che non è mai esistita, chiedendo a ragazze e ragazzi già stressati di … ascoltare l’orchestrina del Titanic! Foto: Insegniamo ai nostri figli e studenti a rendere … fiorita la loro vita, in qualunque situazione si trovino. Forse, invece di stressarli con le lezioni on line, sarebbe stato molto meglio se gli insegnanti avessero chiesto agli studenti di dedicare qualche tempo a coltivare un mini-orto sulla terrazza, o piantare dei semi di fiori, oppure meditare sul silenzio della mente, o ascoltare il respiro, o anche le proprie emozioni. Poi avrebbero potuto chiedere di scrivere, raccontare la propria esperienza… Sono idee… E in un commento precisa Volevo solo sottolineare una cosa: con la paura non si ottiene un cambiamento. Questo è quello che mi insegnarono alla scuola di giornalismo Rezzara, di Vicenza, tanti anni fa. Se vuoi convincere un fumatore a non fumare, non devi mostrargli le foto dei polmoni carbonizzati, ma foto che richiamano la vita, la bellezza. Il motivo? Semplice. Il fumatore fuma, spesso, per calmare l’ansia. Se tu gliela fai aumentare con la paura, quello fuma ancora di più. 20 maggio 2020 I BAMBINI SALVERANNO IL MONDO… Insegnanti, genitori, preti, educatori, politici, sindaci… mettete nei vostri programmi – come prioritaria – l’educazione all’empatia, alla simpatia, all’amore, alla condivisione, alla solidarietà, all’etica, alla moralità, all’ecologia mentale. Tutto questo si otterrà soltanto se verrà coltivata l’intelligenza cognitiva: “Tu sei quello!”. Ascoltate, dopo tanti anni, l’appello di Alice! Non bastano per convincervi i disastri che state vedendo intorno a voi? Non vedete la sofferenza che ci circonda? Non vedete la tristezza dei nostri bambini incarcerati senza colpa (e, forse, senza ragione), costretti a comunicare attraverso un computer per imparare nozioni che non saranno di alcun aiuto e utilità per la loro vita? Gli abbiamo tolto gli amici, gli insegnanti, i compagni di classe, I nonni, I parchi, l’aria! Gli abbiamo tolto il senso dell’appartenenza al mondo, il piacere della condivisione di quel poco o tanto che abbiamo con gli altri. Non gli abbiamo raccontato che al mondo esistono bambini come quello della foto qui sotto. Un bimbo in paziente attesa di qualcuno che comperi le sue povere cose così da permettergli di portare a casa qualche spicciolo per la fame della famiglia. Abbiamo fatto credere ai nostri figli di essere al centro del mondo, come la terra ai tempi del geocentrismo. Nessuno gli sta insegnando come liberare l’anima dal lockdown dell’ignoranza! Peggio, il mondo là fuori ha messo in dubbio perfino che esista dentro di noi un Castello dove rifugiarci: l’anima, appunto! Come possiamo aspettarci di vedere i nostri figli felici? Eppure, avrebbero molto da dare queste generazioni tradite da una educazione fallimentare e alienante! Se li mettiamo alla prova, questi figli … orfani di sicurezze dimostreranno di avere molto da dare, un mondo di speranza e responsabilità. Quei mondo di valori sta solo aspettando l’occasione per manifestarsi. Insegnanti, genitori, preti… voi avete la chiave di quell’Universo fatto di umanità. Non buttate quella magica chiave! Da - https://www.glistatigenerali.com/diritti-umani_qualita-della-vita/giacomin-epidemia-paura/
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Forum Pubblico / LA COSTITUZIONE, la DEMOCRAZIA, la REPUBBLICA, VANNO DIFESE! Anche da Noi Stessi. / Dopo Falcone sappiamo della notevole evoluzione che le mafie hanno compiuto ...
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inserito:: Maggio 25, 2020, 10:31:27 pm
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Delle mafie abbiamo se-non-altro i loro contorni e la conoscenza, quando sono appariscenti, delle loro azioni. Dopo Falcone sappiamo della notevole evoluzione che le mafie hanno compiuto con l'infiltrarsi nella società, nazionale e non solo, che prima di tale operazione era una società normale.
Sappiamo anche quanto fu salutare, per le indagini, l’intuizione di indagare sul percorso del denaro riciclato.
Oggi con una strategia simile stiamo subendo una nuova, diversa infiltrazione, non soltanto nel Nord Italia, da parte di forze socio-politiche che si sono fatte conoscere sinora, in modo disordinato e chiassoso, in quanto come tale vogliono farla apparire.
Non conosciamo o non abbiamo certezze, invece, su chi realmente dal vertice dirige l’offensiva separatista e antistato, sino a che punto e dove intendono portare lo scontro nel Paese e quale dei due possibili sbocchi, intendono perseguire con questa strategia d’infiltrazione nella società, anche a livello imprenditoriale.
- Preparare tutto il Paese ad essere “inglobato” in un vero e proprio tutt’uno con una delle tre Potenze, tra l’antica ambizione di acquisirci (Russia e Stati Uniti) o quella più recente della Cina.
- Oppure attraverso la scissione del Nord dall’Italia, mantenere indivisibili le risorse sin qui realizzate e quelle realizzabili, attraverso un sovranismo di facciata che le rendesse a loro disposizione, ma inevitabilmente sotto controllo straniero. Per le personalità meschine che conosciamo sarebbe, in ognuno dei due casi, il successo di una vita.
Ovviamente vogliamo liberarci, da subito, dai suddetti rischi di sfacelo Nazionale e abbiamo i mezzi per annullarli. Se la Magistratura e la Politica per i Cittadini onesti, vogliono affrontare il tema, cominciando a chiarire chi sono realmente i responsabili del Caos attuale, le ragioni dell’attuale disordine sociale che hanno provocato e che lo si rende evidente in diverse Regioni, in Parlamento e si minaccia di portare nelle piazze, la tecnica d’indagine deve essere la stessa di Falcone: CHERCHER L’ARGENT.
Sappiamo tutti che la più grande risorsa di “denaro pubblico” da predare è nella Sanità, non soltanto per quello che da anni è noto: cioè quanto gli sprechi e il disordine organizzativo, generano profitti per tasche insane.
Ma le deviazioni, nelle Regioni più ricche, dei pazienti verso la sanità privata sono diventate nella realtà il “grimaldello silenzioso” verso un gruzzolo più appetitoso, … il “Risparmio delle Famiglie”.
Infatti attraverso i vasi comunicanti:
- contributi dello Stato alle Regioni,
- aumento della spesa dei Cittadini, nella Sanità privata per prestazioni a pagamento (anche a causa del machiavellico metodo delle lunghissime liste d’attesa e altro, inventato nella sanità pubblica),
- minori costi nella Sanità pubblica per le ridotte prestazioni e i servizi ai pazienti, riduzione dei posti letto, chiusura delle posizioni di utilità presenti nel territorio, riduzione del personale e altro.
Di fatto attraverso il suddetto marchingegno: i contributi statali restano nella disponibilità delle Regioni che ancor meglio sono libere di “gestirle a piacimento”, le relazioni con le case farmaceutiche e la Sanità Privata si sono consolidate nel loro grigiore, le crescenti prestazioni a pagamento sono e saranno il rubinetto da cui far uscire, senza colpo ferire, la predazione (rapina) del Risparmio delle Famiglie.
Ovvio che tutto ciò deve essere reciso democraticamente!
Illustri Magistrati di competenza ricordatevi di Falcone e … CHERCHER L’ARGENT.
Connazionali Italiani stiamo molto vicini alla Magistratura è la nostra salvezza!
ggiannig
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Forum Pubblico / NOTITIARUM: CONOSCERE per CAMBIARE il Nostro AGIRE. / A volte si ha l'impressione di vivere in un paese ferrovecchio.
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inserito:: Maggio 13, 2020, 11:50:00 pm
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Arturo Infante
A volte si ha l'impressione di vivere in un paese ferrovecchio. Dal 1° luglio 2018 lo stipendio può essere erogato solo su conto corrente, quindi ogni azienda ha l'Iban per ogni suo dipendente! Come mai partono richieste con Iban sbagliati? Aziende davvero malmesse. Perché se l'INPS non ha l'Iban come fa a pagare? Anche le regioni ci mettono del loto. Se arriva un flusso di dati dalle aziende allora è facile rigirare i dati all'INPS in modo corretto se i dati sono presenti fra quelli raccolti dalle regioni. Certamente i dati INPS sono ben rintracciabili fra quelli che servono a gestire un dipendente. Invece è un caos. Sarebbe il caso che le applicazioni che gestiscono dati che devono finire all'amministrazione centrale siano unificate togliendole dalla confusione delle diverse gestioni regionali. E non ci vorrebbe nulla per automatizzare tutto il discorso. L'INPS sa chi è dipendente di ogni azienda o meglio dovrebbe sapere perché le aziende non aggiornano mai i dati in tempo reale, necessario nel XXI secolo, basta chiedere un estratto conto all'INPS. I ritardi sfiorano spesso l'anno, per vari motivi facilmente immaginabili. Bastava un flusso semplice, codice azienda e Iban per ogni dipendente. Invece magari molte aziende avranno dovuto aggiornare prima i dati verso l'INPS: Molte aziende hanno dichiarato "Ci chiedono i contributi", magari sono quelli dell'anno scorso e mai versati. VIZI, VIZI, VIZI antichi e non solo della politica.
Mio copia-incolla da Fb
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Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Il Leghismo una malattia peggiore del Corona Virus.
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inserito:: Aprile 02, 2020, 11:43:34 am
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Ricordiamoci di tutto: mentre il contagio si stava allargando nella bergamasca, il sindaco di #Alzano Camillo Bertocchi, della Lega, riteneva l'istituzione della zona rossa una perdita economica per il territorio, per poi fingere di dimenticarsi delle proprie dichiarazioni solo dieci giorni dopo.
Commenti: 7
Gianni G. L'avidità e l'egoismo sono le serpi in seno della LegadiSalvini ma ancora non se ne rendono conto. Modifica o elimina questo commento
Laura M. purtroppo a me sconvolge l'impudenza di queste dichiarazioni. Anch'io a fine febbraio quando iniziò tutto confesso di avere sottovalutato la gravità della situazione. Ma io non sono nessuno e purtroppo presa dagli affanni lavorativi negl…Altro...
Gianni G. Io vi auguro di arrivare ad avere risposte su queste aberrazioni dalla magistratura per la parte penale e dal mondo della cultura per la parte sociale. È assurdo che simili personaggi abbiano ancora la possibilità di ingannare la parte più semplice e debole della popolazione. Ma tempo verrà e ... io spero d'esserci, per le battaglie che ho sostenuto nel web penso di meritarlo. ciaooo
Gianni G. Se il governo ci concede la Commissione d'Emergenza Nazionale che ho consigliato (non unico) tutto cambierebbe da subito. La presenza di personalità del mondo sanitario da un lato e dei vertici delle forze armate per la parte logistica e di lotta alla malavita organizzata cambierebbe immediatamente la situazione.
Laura M. Gianni G. speriamo perché siamo in una situazione di stallo totale.
Gianni G. Laura M. vorrai dire di stallo apparente, ... la destra più complici e la malavita organizzata stanno lavorando alacremente "sottotraccia".
Laura M. Stallo funzionale...
Da Fb del 29 e 30 marzo 2020
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Forum Pubblico / MONDO DEL LAVORO, CAPITALISMO, SOCIALISMO, LIBERISMO. / ANGELO D'ORSI - Aveva ragione Sanguineti: “ripristinare l’odio di classe”?
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inserito:: Aprile 02, 2020, 11:36:54 am
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ENRICO GRAZZINI - Macron, Merkel, Conte, Sanchez: la BCE si schiera. Scontro finale sulla moneta unica europea? PANCHO PARDI - Anche la lingua è importante » ANGELO D'ORSI - Aveva ragione Sanguineti: “ripristinare l’odio di classe” Ho sovente concesso “l'onore della mia penna” a personaggi non soltanto deleteri per la vita sociale del Paese, ma personalmente detestabili, quali, per fare due nomi obbligatori, Matteo Renzi e Matteo Salvini. Ho già messo sulla graticola Silvio Berlusconi, più e più volte. Ma erano (ahinoi, sono tuttora) tutte figure che fanno politica, a prescindere dal loro retroterra e orientamento. Stavolta, ed è la prima volta, addito alla pubblica ignominia, non un politico, e neppure un intellettuale (sono tanti coloro con cui ho polemizzato in un passato anche recente, certo...), bensì un imprenditore: o meglio un finanziere, uno che crea ricchezza, innanzi tutto propria, senza rimetterci un euro, uno che ha realizzato un impero nel settore dei media, senza denaro proprio, un impero sui debiti, come al loro tempo altri prima di lui avevano fatto, da Angelo Rizzoli a Luca di Montezemolo a Roberto Colaninno, i quali tuttavia avevano un certo "pedigree" culturale, e imprenditoriale. Qui siamo davanti semplicemente a un signor Nessuno che tale sarebbe rimasto, a dispetto della sua laurea in Economia e Commercio alla Bocconi (tra gli economisti “seri”, peraltro si vocifera che i “bocconiani” sono sempre stati i peggiori!), se non avesse fatto l’incontro decisivo della sua vita, ovviamente sulla via di Segrate, con tale Silvio Berlusconi, diventandone collaboratore e addirittura assistente personale. Troppo ambizioso per essere un n. 2, il dottor Urbano Cairo – è lui il protagonista del nostro apologhetto – con tenacia e abilità, e soprattutto in barba alle leggi (fu condannato nell’ambito delle inchieste di Tangentopoli a ben 19 mesi, per falso in bilancio, appropriazione indebita, false fatture: un bel pedigree, non c’è che dire) si è fatto strada, come suol dirsi. E con indubbio fiuto, e una montagna di spregiudicatezza, è riuscito a diventare padrone della rete televisiva 7 e 7d, del "Corriere della Sera", oltre che di testate minori e di rotocalchi scandalistici, di una casa editrice, e della squadra di calcio del "Torino". Ebbene il dottor Urbano Cairo – ha messo in Rete, o qualcuno lo ha fatto, per lui che poi ha dichiarato trattarsi di un video da non pubblicare…– un video grottesco, quasi caricaturale, eppure autenticissimo. Un video in cui il padrone del primo o secondo impero mediatico italiano, incita i suoi collaboratori all’aggressività, a piazzare i prodotti dell’azienda, a non avere esitazioni o timidezze. Telefonate, andate, non perdete tempo in riunioni, producete! Vendete! E snocciola cifre e dati, per dimostrare quanto l’intraprendenza del piazzista possa portare a grandi risultati. Cairo dice e ripete, quasi danzando sulle sue lucidissime scarpe di vernice, in camicia (senza giacca come usa oggi tra gli “influencer”) e cravatta (rigorosamente stretta, secondo gli ultimi dettami della moda) che le cose vanno benissimo, ma possono andare ancora e sempre meglio. Andate e vendete: che cosa? Sostanzialmente spazi pubblicitari: ecco la finanza che produce ricchezza, per chi la ha, la finanza che non crea lavoro autentico, la finanza che vive parassitariamente, e ingrassa il finanziere che tutto è salvo, che un imprenditore, almeno non nel senso classico. Già Antonio Gramsci distingueva le due figure, esprimendo rispetto per la prima, colui che crea lavoro, ma soprattutto crea qualcosa di non effimero, imprese, fabbriche, colui che costruisce frammenti di tessuto economico che, domani, nella società socialista, torneranno utili, mentre esprime il suo totale disprezzo per la seconda figura, il parassita della finanza. Decidete voi in quale categoria rientri Urbano Cairo. Ma ciò che è più grave è la collocazione temporale di questo video, che è stato girato e postato nel momento più drammatico della crisi del Coronavirus. Ebbene questa crisi, questo periodo a dir poco terribile per l’Italia e gran parte del mondo, stando al fantasmagorico discorso di Cairo è una grande opportunità: come egli dice ai suoi collaboratori, ai suoi piazzisti, il momento è meraviglioso, si fanno affari d’oro, la gente sta a casa, la gente guarda più di prima la tv, la gente compra quotidiani e rotocalchi… e il fatturato cresce, cresce, cresce, e gli investitori (e li elenca!) comprano pubblicità sulla carta o sullo schermo, o sul web. E i profitti salgono. Non sia mai che il virus venga sconfitto! E dato che ciò potrebbe accadere, presto o tardi (noi speriamo prestissimo ma dobbiamo ritenere che lui non sia d’accordo), è bene battere il ferro finché è caldo. Al di là dell’orrore, il video è meritevole in sé stesso: guardatelo. Sta già imperversando sulle reti sociali. Guardatelo, è istruttivo, anche come esempio delle nuove strategie economiche che sono strategie di comunicazione, in forma che può essere definita “spettacolare”. È vero: il protagonista è talmente “esagerato”, che si potrebbe dedurre si tratti di una caricatura. Un imitatore. Invece no. Tutto autentico, tutto terribilmente vero. Guardandolo, quasi affascinato, sentivo risonare nelle mie orecchie le grasse risate degli “imprenditori” dell’Aquila nei giorni successivi al terremoto. Orrore e raccapriccio. Questa è la classe dirigente italiana nella sua perfetta espressione: speculatori, spesso rozzi, spesso ignorantissimi, sempre cinici, che non hanno che un orizzonte: il denaro, da accumulare alla svelta, da moltiplicare, per sé e le famiglie e “i famigli”, il denaro quello accumulato spesso senza neppure investire. Sono i “capitani coraggiosi” secondo una infelicissima e sbagliatissima formulazione di Massimo D’Alema. Sono i devastatori del tessuto economico produttivo sano del Paese, e i creatori dell’economia virtuale, della finanza immateriale, quelli che hanno cancellato l’etica dell’impresa e persino quel po’ di etica della finanza. Sono coloro che restano a galla quando gli altri affondano. Sono quelli che mangiano brioches, quando al popolo manca il pane. Guardate il video. Il suo protagonista, davanti alle proteste ha cercato di spiegare, attutire, ma alla fine ha rivendicato il proprio modo d’essere “imprenditore”, e le proprie modalità di comunicazione. Dunque non gli faremo torto se affermiamo che quel video rivela, nella sua “spontaneità”, un mondo, un’antropologia, una cultura. In quel video troviamo la rappresentazione corporea (i gesti la voce la postura l’abbigliamento, prima ancora degli stessi contenuti del discorso, da capo commerciale di un’azienda di servizi che si rivolge ai suoi venditori...) del “nemico”. Quello verso il quale l’indimenticabile e insostituibile Edoardo Sanguineti, ebbe a sentenziare: va ripristinato l’odio di classe. Angelo d’Orsi (30 marzo 2020) Scritto lunedì, 30 marzo, 2020 alle 23:17 nella categoria Angelo d'Orsi. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito. 17 commenti a “ANGELO D'ORSI - Aveva ragione Sanguineti: “ripristinare l’odio di classe”” Maria Cristina scrive: 31 marzo 2020 alle 03:43 Chi guardava La7 se ne era già accorto da un pezzo. Rnalisti tutti tesi esclusivaamente a sputtanare i 5stelle e lisciare il pelo a Renzi. Tra l'altro tutti ottimi attori: Convincono più con il tono di voce ed il linguaggio del corpo - notateli quando intervistano (quasi mai, per altro: è seùpre tutto un Minzolini, un prezzemolino Greco, una Meli, un Gasparri e le onnipresenti Maria Cristina scrive: 31 marzo 2020 alle 03:50 Le onnipresenti Daniela Preziosi ,che dovrebbe rappresentare la 'sinistra' e Claudia Fusani, che rappresenta se stessa e non sa più che argomenti trovare per dare addosso al Governo). Insomma, insieme al cattolicissimo Mentana (ha il Papa in bocca ogni due per tre) una bella rappresentanza di libera stampa, con l'immancabile 'pubblicità tassativa' non appena qualcuno, per caso, dice qualcosa di minimamente sgradito, oppure solo di sensato. Tremendo2 scrive: 31 marzo 2020 alle 08:09 una volta tanto ti do ragione, ma in questo odio di classe però bisogna mettere anche tutti quelli che vengono strapagati dallo stato nella pubblica amministrazioni e in politica (anche se sono di sinistra), parassiti vari, le migliaia di guardie forestali in Sicilia, ecc. E Sem scrive: 31 marzo 2020 alle 08:26 Una scelta rigorosa dei media da seguire mi ha impedito di assistere allo spettacolo indecente del solito salvatore delle finanze patrie. Purtroppo dove aver spostato il rischio d'impresa dall'imprenditore alla collettività, leggi: a risparmi e tasse pagate dai cittadini, i ruba galline hanno potuto allargare i loro interessi, nell' illecito c'è ancora un rischio minimo di essere perseguiti dalla giustizia non ancora completamente addomesticata da politici corrotti ed incapaci. La rappresentazione indecente dei salvatori della patria, dei santi subito, dei "popolo monnezza voi potete schiattare perché la colpa e' del vostro comportamento da ignoranti", dei "cerchiamo di trarre il massimo profitto della situazione" continua senza sosta a rete unificate (mi dicono). E' stato detto che piu' la "strizza"' e' forte e piu' "passata la bufera" si perdona i carnefici. Nessuno vendicherà questa strage pianificata di anziani. Nessuno chiederà perché volutamente i potenti sono andati nel senso opposto nella pianificazione della sanità nazionale. Nessuno si chiederà perché per loro il rischio di conseguenze personali tragiche dovute a questa pandemia sono quasi inesistenti. Nessuno si chiederà quanto ci e' costato in vite umane curare, in questi giorni, raffreddori dei vigliacchi al potere. La gente soffre e muore, la pandemia si e' diffusa anche perché ha paura di entrare nei lazzaretti. Purtroppo in questi giorni stiamo scoprendo che come la pandemia anche il virus neoliberista fascista mafioso ha contagiato anche paesi che ritenevamo immuni. gianni rosso scrive: 31 marzo 2020 alle 09:42 Nulla di nuovo e dagli anni 80 la remissività di chi avrebbe dovuto combattere quel mondo, gli ha consentito uno sviluppo abnorme. Una statistica del 2011 ci dice che se prima i titoli finanziari eguagliavano il denaro circolante, allora lo superavano di 40 volte:figuriamoci oggi!Eppure abbiamo visto in Cairo la salvezza da una possibile acquisizione della 7 da parte di Berlusconi...L'episodio narrato me ne ricorda altri, che riguardano finanza e industria. Penso per esempio a Benetton che festeggiò il ferragosto come faceva tutti gli anni, nonostante il crollo del ponte di Genova gestito da un'azienda di cui era l'azionista principale, avvenuto il giorno prima. gianni rosso scrive: 31 marzo 2020 alle 09:54 E' giusto fare questa distinzione fra mondo dell'industria, che comunque produce beni che srvono alla collettività e mondo della finanza, sostanzialmente parassitario e sempre più dannoso. Ma sapendo bene che fanno entrambi parte di un mondo corrotto e prevaricatore(Adriano Olivetti, che era in netta controtendenza rispetto ai suoi colleghi, era infatti da loro malvisto e isolato). loriano scrive: 31 marzo 2020 alle 10:14 Vendere spazi pubblicitari non ci entra nulla con la finanza. Se si soffre il pervicace bisogno di citare Gramsci a caso, almeno si potrebbe fare lo sforzo di trovare un argomento... Maria Cristina scrive: 31 marzo 2020 alle 10:16 Non so... Per la mia esperienza gli operai o comunque i "poveri" che diventano - in molti modi ... - ricchi, sono quelli che più sfruttano e vessano eventuali sottoposti. Come sempre sono le singole persone e non le "classi" (a proposito, come si descrivono? Un borghese colto ed un tempo abbiente che diviene povero, a che "classe" appartiene? Ed un povero arricchito? Cosa determina la "classe", il portafogli o la nascita? Senza una definizione della parola "classe" è difficile argomentare...) E' tutto meno semplice di quanto sembri. Tom P. scrive: 31 marzo 2020 alle 16:29 Un dettaglio: quelli che ridevano nel 2009 dopo il terremoto erano imprenditori (più precisamente appaltatori che spesso non hanno imprese), si preparavano ad intascare i proventi di ricchi e facili appalti stanziati per L'Aquila, ma loro non erano di L'Aquila. E Sem scrive: 31 marzo 2020 alle 16:52 Lotta di classe? Una volta, nel mondo occidentale, unico strumento per liberarsi delle ingiustizie sociali. E adesso? Esistono le classi sociali oppresse? Forse sarebbe piu' sensato parlare di autoschiavitu' o prostituzione assistita, per combattere questa forma di sudditanza assoluta volontaria dovremmo avere il coraggio di non delegare il nostro destino al magnaccia di turno. Viviamo con l'illusione di poter diventare il servo preferito che puo' leccare per primo il piatto degli avanzi. Certamente questa crisi creerà difficoltà enormi alla parte sana del paese, gia' pesantemente sotto ricatto. Il "negativo" non ha piu' un volto, e' il denaro con due facce: una che punta il coltello affondato nella gola del 98% delle persone e l' altra che gronda di sangue dei vampiri del 2%. Per chiudere in allegria, una domanda: "visto che da alcuni anni alcuni ricercatori continuano a pubblicare ricerche inascoltate con oggetto la possibilità di attenuare con protocolli di cura per le varie crisi sanitarie utilizzando farmaci esistenti di basso prezzo e di uso comune, mai presi in considerazione, mi chiedo perche' in questa crisi la bbc parla di principi attivi comuni diventati di difficile reperibilita', di provata inefficacia per I sistemi nazionali sanitari di mezzo mondo?" gianni rosso scrive: 31 marzo 2020 alle 16:55 @Tremendo2 Lei ha toccato un tema molto importante:quello del sottobosco di collaboratori-manager,alti dirigenti di banche e della PA ecc-che con le loro competenze, tengono in piedi questo sistema, anche e soprattutto nelle malefatte. Son ben pagati e pretendono anche di non avere fastidi!Un di questi,di mia conoscenza, di origini napoletane, definisce "fetienti" i giornalisti che "osano" fargli domande spinose su materie di sua stretta competenza. Marco M. scrive: 31 marzo 2020 alle 17:13 Si dice che la più grande astuzia del diavolo sia quella di convincere la gente che non esiste. In modo da poter svolgere con maggior agio il suo sporco lavoro... Ecco, allo stesso modo la più grande "genialata" del capitale è stata quella, dopo decenni e decenni di lavaggio del cervello, di riuscire a convincere la maggior parte della popolazione (virtualmente tutta) che gli interessi degli uni sono gli stessi degli altri. Che il 5% più ricco, pur detenendo il 90% della ricchezza del mondo, ha esattamente gli stessi interessi (!!) dei più poveri. E che quindi i concetti di "classe", "lotta di classe", "rivendicazioni operaie", "alienazione", "plusvalore", "sfruttamento", etc, etc, non hanno più ragione di esistere. Anzi, che sono una gratuita cattiveria verso chi è stato più fortunato ed è riuscito, grazie al suo acume e al suo ingegno, a farsi strada ed a conquistarsi una posizione. E che l'unico pensiero socioeconomico concepibile, possibile, reale, oggettivo, è quello liberista. Oggi, infatti, determinati concetti non hanno più cittadinanza nel pensiero comune: figuriamoci l'odio di classe! Roba da vecchi bolscevici trinariciuti mangiatori di bambini! Roba dei secoli passati. Ma... è proprio vero? Se determinati CONCETTI sono stati espunti dal lessico politico e dal sentire comune, è pur vero - purtroppo - che la SOSTANZA che essi rappresentavano, e rappresentano tutt'ora, rimane. Rimane eccome! Anzi, aggravata dalla "non consapevolezza" di ciò che accade e dello sconcio che viene perpetrato ai danni dei ceti meno abbienti, delle classi lavoratrici. Bene. In questa situazione, credo che il compito che si troverà ad affrontare una nuova "sinistra" - non necessariamente comunista o marxista in senso teorico - sarà immane. Perchè oramai l'intossicazione mentale (direi: il rimbecillimento) della popolazione è andata tanto avanti che occorre ripartire veramente dalle basi più semplici. In primis dall'elementare nozione, oggi perduta, che gli interessi di chi ha svariati miliardi (!) di euro di patrimonio e la proprietà di una moltitudine di aziende, NON sono, non possono essere, quelli di chi campa con 1000 euro al mese o meno. Oppure che è disoccupato e sopravvive con il relativo sussidio. Oppure che tira avanti a stento con la pensione sociale... Non credo ci sia neppure bisogno del vero e proprio "odio" di classe: basterebbe la "giustizia" di classe. Come già discuteva il Beccaria a fine '700 i delinquenti non debbono necessariamente esser messi a morte o sottoposti a pene spaventose, come una sorta di vendetta sociale: basta che vengano messi in condizioni di non arrecare più danni al resto della popolazione onesta. Maria Cristina scrive: 1 aprile 2020 alle 03:27 Strategia renziana: https://www.adnkronos.com/sport/2020/03/30/coronavirus-infettare-piloti-per-renderli-immuni_HEVFsDoE6HhN95DuBMsk9K.html(per gli altri, ovviamente...) Maria Cristina scrive: 1 aprile 2020 alle 03:46 Potrebbe essere una idea per i politici, ad ogni livello, e gli imprenditori. Certamente ora non possono essere presenti nè in Parlamento (che"deve restare aperto") nè in Azienda (comandare dal villone magari all' estero non è come essere lì, dato che sono così "indispensabili"), quindi, per "il bene del Paese", che deve subito "ripartire" ( armiamoci e partite, al solito...), saranno ben contenti di venire infettati tutti. Così, esattamente come i loro lavoratori obbligati al più presto a "ripartire" (ora che lo comanda Renzi, i Sindacati, che fino a ieri - ma proprio ieri... - minacciavano sfracelli, improvvisamente ammutoliscono. Scommetto che prestissimo si mostreranno "responsabili": il capo ha parlato...) coloro che rimarranno vivi - non si sa a quale prezzo - saranno pronti e sani per riprendere il comando. Insomma, prima i "padroni", quelli che " senza di loro"... I lavoratori seguiranno poi certamente l' esempio. Ovviamente Renzi e la sua famiglia dovranno essere i primi: sono tutti giovani e benissimo pasciuti. Altrimenti non vale... Però occorre controllare: questi qui a sceneggiate del tipo "se perdo me ne vado" sono più che abituati; non vorrei bastassero delle dichiarazioni via Twitter del tipo "ho preso il virus, in due giorni sono guarito e sto meglio di prima, quindi ripartite". Scommetto che ci sarebbe qualche resistenza... Finchè tocca agli altri... gianni rosso scrive: 1 aprile 2020 alle 10:22 La notizia opportunamente postata da MC conferma lo schifo che provo per questo mondo:manager che non esitano a giocare con la salute e la vita stessa dei loro dipendenti, pur di raggiungere risultati miliardari. Certo, l'idea è stata bocciata dalla società, ma solo perché considerata troppo azzardata(era sempre possibile che i piloti contagiati morissero, e allora addio mondiale…) Klaus scrive: 1 aprile 2020 alle 14:31 "... https://www.adnkronos.com/sport/2020/03/30/coronavirus-infettare-piloti-per-renderli-immuni_HEVFsDoE6HhN95DuBMsk9K.html(per gli altri, ovviamente...)..." Negli sport motoristici (ma anche nel calcio,per esempio,basti ricordare la strage dell'Heysel) da sempre convivono denaro e irresponsabilità. Basti ricordare per esempio la notizia odierna di Iannone squalificato sino a giugno 2021 per via del doping. Nelle corse - ma anche in qualche altro sport - non c'è proprio spazio per il senso di umanità (mi vengono in mente le battute di Fantozzi quando dopo aver ricevuto qualche genere di angheria bestiale sbottava con frasi del tipo 'come è umano lei'...) gianni rosso scrive: 1 aprile 2020 alle 16:04 Parliamo pure di un certo mondo affaristico-politico. Illary Clinton alle primarie democratiche del 2008 è ormai sicuramente sconfitta da Obama. Le chiedono di ritirarsi, ma lei replica:"Anche nel 68 Robert Kennedy sembrava sicuro vincitore, ma poi venne ucciso". Da - http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/?p=28927
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Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Questo lo scrive il nostro amico Marco che è stato dimesso da pochissimo ...
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inserito:: Aprile 02, 2020, 11:33:39 am
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Questo lo scrive il nostro amico Marco che è stato dimesso da pochissimo dopo più di un mese di ospedale pesante qui a Bergamo.
Menomale. Almeno lui non lo abbiamo perso
"Cosa mi resterà di questi giorni vissuti lontano da casa, senza mia moglie e mia figlia, i due tesori della mia vita? Cosa mi resterà delle ore passate al pronto soccorso, spaventato e ansioso, con il fiato che non arrivava e la paura di quel terribile verdetto: positivo o negativo? Cosa mi resterà dell’arrivo in reparto dopo la sentenza che mi dichiarava affetto da questo terribile virus? Cosa mi resterà dei giorni isolato dal casco che mi aiutava a respirare, collegato alla mia famiglia solo con pochi messaggi su WhatsApp? So cosa mi resterà! Nel mio cuore porterò per sempre i vostri occhi care infermiere, infermieri, medici, dottoresse e volontari. I vostri occhi che mi sorridevano anche se vinti dalla stanchezza. I vostri occhi bagnati di lacrime quando qualcuno non ce la faceva. E sono in molti purtroppo! I vostri occhi che però, subito, si rivolgevano su di me per consolarmi. I vostri occhi e le vostre mani con i vostri guanti blu che mi stringevano per darmi forza! Questo mi resterà: i vostri occhi e le vostre mani blu! Gli occhi e le mani di Daniele, Daniela, Cris, Chica, Claudia, Marta, Silvia, Michela, Fiorenzo, Damiano, Angela, Laura, Aurora, Katy, Elena, Elisa, Mary, Nicoletta, Alice, Marina, Manuela, Neri, Federica, Gabriella, Ketty, Mighena, la caposala Cosetta, la dottoressa Debora, il dottor Marco, il dottor Roberto e il dottor Stefano. A voi tutti, il mio, anzi il nostro immenso grazie! MARCO "
Da - Fb del 31 marzo 2020 da Francy Bonelli.
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Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / E COSÌ MORIMMO DUE VOLTE: CRONACHE DALLA VAL SERIANA
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inserito:: Aprile 02, 2020, 11:28:25 am
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E COSÌ MORIMMO DUE VOLTE: CRONACHE DALLA VAL SERIANA ALESSANDRO BALDUZZI 31 marzo 2020 L’Alta Valle Seriana non è montagna da riviste patinate. La sua bellezza schiva si apprezza maggiormente dall’alto delle sue cime, dove si celano laghi alpini e fitti boschi; non abbacina mentre si percorre l’unica striscia d’asfalto che vi si inerpica. Non è destinazione di settimane bianche rutilanti, ma piuttosto meta affezionata di chi nei decenni passati vi ha comprato casa, i villeggianti – termine qui ancora in uso – in una replica più modesta del rito del buen retiro della classe media lombarda parodiata da Gadda ne “La cognizione del dolore”. Il turismo qui è ancora visto come ultimo degli effetti collaterali delle bellezze del paesaggio e talvolta mal tollerato, insieme al traffico proveniente dalle città padane. Come spesso accade- o ci si vuole illudere accada in accordo con una diffusa etnografia spiccia – il carattere della natura si riflette nello spirito degli abitanti. Tanto taciturni quanto intraprendenti, eredi di un sano buon senso contadino recante con sé sia i pregi di generazioni use al lavoro duro che il sospetto residuale verso il forestiero dato dalla marginalità geografica, gli uomini e le donne di questa valle sono abituati a rimboccarsi le maniche di fronte alle avversità. Non ci si immagini, tuttavia, un quadretto pastorale, da bucolica orobica. L’albero degli zoccoli ha fatto il proprio tempo anche qui e fino a un decennio fa un’economia prospera poggiava solide fondamenta nell’edilizia e nell’industria tessile. Il muratore bergamasco non è una macchietta, un dodo estintosi in epoca immemore. Sopravvive ancora oggi, pur barcamenandosi tra stagnazione dell’immobiliare e pagatori latitanti, alzandosi alle cinque o giù di lì per scendere verso la pianura a tirar su (lombardismo dovuto) palazzi e palazzetti di città; certo, oggi non è più l’immigrato meridionale il compagno di cantiere, ma lo straniero spesso diversamente colorato. La diffidenza permane, certo, ma il lavoro nobilita l’uomo e il bergamasco lo sa bene. Nell’ingranaggio della crisi, il tassello successivo è quello delle fabbriche tessili, che avevano nella Valle Seriana uno dei maggiori poli produttivi nell’Italia settentrionale, grazie anche alla disponibilità d’acqua garantita dal fiume Serio che la attraversa. Qui come altrove, la concorrenza straniera ha portato alla chiusura degli stabilimenti o alla delocalizzazione là dove la manodopera è a miglior mercato. Tassello successivo di questo domino è il calo demografico. Non sono pochi coloro che decidono di fare la valigia, spostandosi dove le possibilità di impiego sono maggiori, anche se a poche decine di chilometri di distanza, più vicini a Bergamo, resa più lontana di quel che non sia effettivamente sulla carta da un’unica arteria stradale inadatta a sostenere il flusso pendolare sempre più consistente. I venti comuni dell’Alta Valle Seriana – da Ponte Nossa fino a Valbondione, includendo la conca del monte Presolana e la collaterale Val del Riso, torrente affluente del Serio – sono passati dall’avere una popolazione residente di 39.138 abitanti nel 2014 ai 38.467 dello scorso anno, con una flessione negativa dell’1,7 per cento nel quinquennio. Dati che riflettono solo parzialmente un quadro di lento ma costante spopolamento. A non essere considerati, infatti, sono almeno due fattori: i giovani da una parte, i loro nonni dall’altra. I primi sono protagonisti di un’emorragia che per molti inizia dalla fine delle scuole superiori, quando l’ingresso nel mondo universitario li chiama altrove e l’uscita da quest’ultimo li spinge a rimanere nelle città d’adozione, dove le possibilità d’impiego e in generale i servizi sono maggiori. I secondi, invece, sono – bontà loro – resi longevi da aria fina e decenni di sgambate, necessarie vista la morfologia del territorio. Non per tutti, però, l’età avanzata è sinonimo di salute e il binomio tra invecchiamento della popolazione e incremento della disoccupazione si è tradotto negli ultimi anni in un travaso dalle fabbriche alle case di riposo: diversi tra gli operai orfani di un’industria dismessa si sono reinventati come ausiliari socio-assistenziali (Asa) e operatori socio-sanitari (Oss) nelle quattro case di riposo del circondario, i cui 220 letti non sempre sono sufficienti a rispondere alle lunghe liste di attesa. Spesso capita di sentire gli abitanti del posto che, tra il serio e il faceto, si lamentano di come l’Alta Valle Seriana sia morta: di lavoro, di servizi, di opportunità che vengono sempre più a mancare. Non ci si arrende al declino, ma la cecità di talune amministrazioni porta a pensare che un inutile supermercato in più curi l’astenia ormai cronica della valle più di quanto possa fare un ospedale. Quello di zona, nel comune di Piario, è stato recente oggetto di spoliazione; ultimo ad andarsene il reparto di maternità, condannato a soccombere all’utilitarismo sanitario che vede in un numero troppo basso di parti una ragione valida per privare un intero territorio della possibilità di farvi nascere i propri figli. Finora si parlava di morte metaforica, tuttavia. Fino all’arrivo del contagio in questa valle prealpina, con il suo strascico di sofferenze, morti e lutti. Soprattutto tra le generazioni più vecchie, di quelle che hanno fatto in tempo a patire le privazioni della guerra. Ad andarsene tanti dei personaggi che rendono la provincia una fucina di storie, con il loro corredo di tic e mitologie da bar; tanti dei nonni che queste valli hanno visto sistemarsi, fare famiglia e poi ingobbirsi, tenendo per mano un nipote. Ma anche troppi che nonni – anche solo anagraficamente – non hanno fatto in tempo a diventare. Uno dei miei libri preferiti da bambino è stato un romanzo di Gianni Rodari, “C’era due volte il Barone Lamberto”. Sull’isola di San Giulio, in mezzo al lago d’Orta, il ricchissimo barone ha assunto sei persone affinché ripetano in continuazione il suo nome, convinto che questo sia il segreto dell’immortalità confidatogli da un santone egiziano secondo il quale “colui il cui nome è sempre pronunciato resta in vita”. Nelle scorse settimane, quante volte si è sentito parlare della Valle Seriana in televisione. Ogni citazione, però, era il suggello di nuove morti, non di pretese di immortalità. Ci si auspica che la fine di questo lungo incubo non rimanga una vittoria di Pirro, ma sia opportunità di rinascita effettiva, seppur dolorosa. (Foto di copertina di Luigi Bonetti) Da - https://www.glistatigenerali.com/sanita/e-cosi-morimmo-due-volte-cronache-dalla-val-seriana/
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Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / 1989-2019: la sinistra nel mondo a trent’anni dalla caduta del Muro.
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inserito:: Gennaio 24, 2020, 10:02:29 pm
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[MicroMega 6/2019] 1989-2019: la sinistra nel mondo a trent’anni dalla caduta del Muro. Presentazione e sommario Dal 21 novembre il nuovo numero di MicroMega in edicola, libreria, e-book e iPad PRESENTAZIONE A trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, MicroMega dedica un intero numero all’89, interrogandosi su questo evento così cruciale nella storia in generale e in quella della sinistra in particolare: cosa ha rappresentato e quali conseguenze ha prodotto in Europa e nel mondo? La caduta del Muro è stata per la sinistra un’occasione mancata? È ancora possibile sperare in un cambiamento o la crisi della socialdemocrazia è irreversibile e occorre pensare a qualcosa di radicalmente nuovo? Questioni che la rivista, in edicola dal 21 novembre, ha posto a una serie di personalità italiane e straniere. Adriano Prosperi sottolinea che le date simboliche sono, sì, affascinanti ma rischiano di deformare la percezione della storia, che non procede quasi mai per cesure e radicali discontinuità, e suggerisce dunque di guardare al 1989 risalendo più indietro nel tempo e scendendo più nei dettagli di un passato del Novecento che in questi nostri tempi è diventato terra incognita. Ernesto Galli della Loggia mette l’accento sul fatto che il 1989 non mosse in alcun modo dal basso bensì dall’alto, essendo il risultato di un calcolo politico sbagliato da parte di Gorbačëv. Del dissenso antisovietico nell’Europa dell’Est si occupano Wlodek Goldkorn e Axel Honneth, mentre Irena Grudzińska Gross racconta di come la Polonia, in quel delicato frangente, scelse come legame comune il cattolicesimo, con le conseguenze che vediamo anche oggi. Massimo Cacciari sottolinea come i fatti dell’89 abbiano avuto effetti diversi a seconda dei contesti nazionali e come sia ovvio che, laddove la cultura nazionale presentava forti accenti identitari e antirussi, il nuovo corso virasse decisamente a destra. Lucio Caracciolo spiega come la caduta del Muro abbia sancito soprattutto la vittoria del capitalismo, mentre Dacia Maraini suggerisce di riflettere sulle imperscrutabili ragioni delle masse. Sugli errori della sinistra riflettono Pancho Pardi, che si interroga sulle conseguenze che il post-’89 ha avuto sul concetto di uguaglianza, e Miguel Benasayag, che individua nel messianismo la malattia mortale della sinistra. E se dalla Spagna arrivano le riflessioni dei politologi Pere Vilanova e Josep Ramoneda, non poteva mancare la testimonianza di chi, in Italia, quegli eventi li ha vissuti in prima persona: Achille Occhetto, che ricorda e rivendica la sua Bolognina, Luciana Castellina, per la quale il 1989 è la data di una sconfitta e non un anniversario festoso, e infine Aldo Tortorella, che definisce il crollo sovietico una tragedia di tutta la sinistra di ispirazione socialista e attacca le varie “terze vie”. Cinzia Arruzza e Felice Mometti ci ricordano poi che quella data segnò anche l’inizio della fine dei movimenti operai novecenteschi, senza però che per questo siano venute meno anche la classe e le ragioni della sua lotta. IL SOMMARIO DEL NUMERO ICEBERG - un’occasione mancata? Adriano Prosperi - L’89 nella lunga durata della storia Le date simboliche sono affascinanti ma rischiano di deformare la percezione della storia, che non procede quasi mai per cesure e radicali discontinuità. Se per esempio si guarda al 1989 senza spezzare il continuum della storia, si vedrà come non fosse possibile che dal crollo di un regime come quello russo-sovietico prendessero avvio processi politici orientati alla democrazia liberale e alla giustizia sociale, quasi come se si trattasse di un’uscita dalle tenebre dell’errore verso la luce della ragione. Włodek Goldkorn - Il dissenso travolto dal passato I movimenti che a partire dal 1956 hanno contestato i regimi comunisti nell’Europa dell’Est erano complessi e contraddittori, con istanze di ogni tipo (nostalgie clericali e monarchiche comprese). Era dunque un’illusione pensare che la stagione dei Mazowiecki, dei Kuron, degli Havel, dei Kiš – per citare i più famosi fra i dissidenti – sarebbe durata un minuto più dello spazio temporale della transizione. Instaurata la democrazia, nei paesi ex comunisti sono riemerse le dinamiche ‘di lunga durata’ delle rispettive società, dinamiche potenziate dall’avvento del neoliberismo. Lucio Caracciolo - Una vittoria del capitalismo Chi si illudeva, alla fine degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, che dal comunismo reale di marca sovietica si sarebbe potuti passare a regimi democratici, aperti, ma con una forte connotazione social-laburista, ha dovuto presto rassegnarsi all’impraticabilità di una tale transizione. A distanza di anni, possiamo dire che ebbero ragione coloro che sin da subito affermarono che l’89 non fu tanto una vittoria della democrazia sul totalitarismo, quanto del capitalismo sull’economia di piano sovietica. Axel Honneth - L’indifferenza occidentale per il dissenso a Est: un errore cruciale Nessuno può dire se la storia sarebbe andata diversamente nel caso in cui i movimenti dissidenti nei paesi dell’Europa dell’Est avessero trovato maggiore sostegno all’Ovest. Sta di fatto che questo sostegno mancò quasi completamente, e questo può certamente aver contribuito all’indebolimento dello slancio progressista nel post-’89. Dopo la fine dell’Urss, infatti, nei paesi ex sovietici sono riemersi sentimenti nazionalistici a lungo tenuti a bada, che oggi si manifestano in tutta la loro pericolosità. Alla sinistra il compito di ritrovare una strada, partendo per esempio dai beni comuni. Dacia Maraini - Le imperscrutabili ragioni delle masse Indagare le ragioni per cui dopo la caduta del Muro le cose a sinistra non sono andate come forse ci si poteva aspettare è operazione ardua, che avrebbe bisogno della sinergia di storici, politologi, psicologi delle masse. Non sempre infatti i popoli scelgono secondo i propri interessi e la tendenza della sinistra ad autoflagellarsi le impedisce di guardare con fiducia al futuro. Per esempio cercando di pensare un’Europa unita e solidale contro il ritorno degli egoismi nazionali. Ernesto Galli della Loggia - Prima e dopo la caduta Il 1989 non fu una presa della Bastiglia, non mosse in alcun modo dal basso bensì dall’alto: fu il risultato di un errore, di un calcolo politico sbagliato. Gorbacëv provò infatti a riformare ciò che riformabile non era: il sistema politico della dittatura del partito unico con la sua necessaria struttura repressiva. Non averlo compreso significò la fine sua e dell’Unione Sovietica. Un regime che a Mosca come dappertutto si era sempre retto sulla paura, allo scemare di questa non poteva che andare in mille pezzi. Miguel Benasayag - La sinistra muore nel messianismo Vista con gli occhi di un guevarista latinoamericano, la deriva della sinistra europea dopo la caduta del Muro si spiega con il messianismo che l’ha caratterizzata: vale a dire l’ingenua idea che, sconfiggendo il male, si realizzi automaticamente il bene. Se poi questo non accade, allora ci si convince che la giustizia sociale sia impossibile e ci si rassegna a comode terze vie, purché garantiscano il potere. Francesco ‘Pancho’ Pardi - La fine dell’Urss e il destino dell’uguaglianza Tra le più gravi conseguenze dell’esperienza sovietica sono da mettere in conto i danni (irreversibili?) che essa ha prodotto al concetto di uguaglianza. Una parola non solo divenuta desueta ma guardata spesso con sospetto. Il crollo del socialismo reale ha trascinato con sé la sinistra proprio perché ha reso opaco se non addirittura temibile il significato dell’uguaglianza. Da dove ripartire dunque? Ibernato (temporaneamente, si spera) Keynes, si può ancora fare leva su Kelsen, sostenendo con fermezza le garanzie costituzionali e la difesa dei beni comuni. Massimo Cacciari - L’89 non è uguale per tutti Pensare che con l’89 le cose sarebbero dovute andare in una certa direzione è un atteggiamento naïf e, soprattutto, antistorico. Le vicende di quell’anno, e di quegli anni, hanno avuto effetti notevolmente diversi a seconda dei contesti nazionali ed è ovvio che, laddove la cultura nazionale presentava forti accenti identitari e antirussi, il nuovo corso virasse decisamente a destra. Aldo Tortorella - Come la sinistra mancò l’occasione e scelse la ‘terza via’ Nel disincanto operaio e popolare che, dopo la caduta del Muro di Berlino, si rivolse verso i dirigenti del dissenso anti-sovietico giunti al governo, un ruolo importante lo giocò l’impopolarità delle politiche economiche. Ma ancor più contò, nella deriva che è andata poi a rigonfiare il consenso verso le formazioni politiche di una destra di tipo autoritario detta ‘populista’, l’esasperazione del sentimento nazionale spinto sino allo sciovinismo. Che assume le vesti sia di una replica al vecchio internazionalismo comunista sia quelle di un’ostilità al globalismo predicato tra la fine del secolo e l’inizio di quello nuovo. Cinzia Arruzza e Felice Mometti - La classe è morta. Lunga vita alla classe Il 1989 segnò tra le altre cose anche l’inizio della fine dei movimenti operai novecenteschi. Ciò non significa però che con la caduta del Muro siano venute meno anche la classe e le ragioni della sua lotta. E questa considerazione dovrebbe essere alla base di ogni riflessione su come uscire dal periodo di transizione apertosi allora. Da dove ripartire se non da una considerazione dei processi storici, contingenti e irripetibili di soggettivazione della classe? Il compito è individuare quei conflitti contemporanei all’interno dei quali si apre la possibilità di una nuova formazione di classe, anziché provare a riprodurre pedissequamente modelli appartenenti al passato. Irena Grudzinska Gross - Come rovinare il tuo 1989 Se c’è un paese dove il 1989 si annunciò per quello che sarebbe stato è la Polonia. È qui che all’inizio di quell’anno furono assestati i primi colpi al Muro di Berlino che sarebbe poi caduto in novembre. Ed è già in quei concitati momenti che furono fatte scelte decisive per il futuro del paese. Il nuovo establishment postdissidente optò infatti per un decisivo ritorno al passato, ma non un passato qualunque: come legame comune fu individuato il cattolicesimo. Con le conseguenze che vediamo anche oggi. Pere Vilanova - Memoria e amnesia della guerra fredda Dopo la fine della guerra fredda si fu un po’ troppo frettolosi a parlare di ‘fine della Storia’. Naturalmente la storia non finì affatto, la democrazia liberale non trionfò, e anzi si diffuse il caos. E a distanza di trent’anni il fascismo, sconfitto come forma di governo, è vivo e vegeto come ideologia e fenomeno sociale (razzismo, antisemitismo, xenofobia), né si può dare per scontato che non sia in grado di causare ulteriori danni, anche su scala globale nelle sue svariate accezioni. La storia dunque, lungi dall’essere finita, è ancora tutta da scrivere. Achille Occhetto - L’89 visto dalla Bolognina Eravamo diversi, è vero, ma non innocenti. Per questo la svolta della Bolognina era necessaria. Così almeno la pensa chi di quella svolta fu il padre. Che rivendica: c’è chi volle ridurla a una mera questione di nome ma in gioco c’era la necessità di una costituente per la formazione di un nuovo soggetto politico, che mettesse al centro temi come la democratizzazione della globalizzazione, una new governance del mondo, la centralità dell’integrazione europea. Josep Ramoneda - Dalle macerie dell’89 una speranza per il futuro Dopo la caduta del Muro e la fine dell’Urss, il capitalismo ha incontestabilmente vinto. Ma capitalismo e democrazia non vanno necessariamente di pari passo, e anzi il primo ha mostrato una notevole capacità di adattarsi ai sistemi politici più diversi. Possiamo dunque immaginare che il mondo a venire sarà dominato dal conflitto tra diversi capitalismi e che la lotta globale si concentrerà sempre di più tra autoritarismo e democrazia. Luciana Castellina - L’anniversario di una sconfitta L’89 non è un anniversario festoso, ma la data di una sconfitta. E quanto ha trionfato in seguito dovrebbe indurre ancor meno a festeggiare. Di per sé, e da sola, infatti, l’introduzione di un sistema di democrazia parlamentare non è sufficiente a garantire la democrazia. Quanto accaduto nella Russia postsovietica dovrebbe dimostrarlo; ma purtroppo ne sono testimonianza anche tanti paesi occidentali, compreso il nostro, dove quella sostanza è stata a tal punto logorata da farci tremare. NOSTRA PATRIA È IL MONDO INTERO Fabio Bartoli e Giovanni Savino - Da Brežnev a Putin Il crollo dell’Unione Sovietica e del blocco orientale ha avuto sulla Russia ripercussioni peculiari, diverse da quelle degli altri paesi al di là della cortina. La prospettiva non è stata infatti quella di un ritorno all’unità nazionale o alla democrazia ma la perdita di centralità nell’equilibrio mondiale, prospettiva per di più risucchiata nelle sabbie mobili di una crisi di identità sociale e culturale. Una situazione che l’attuale presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, ha saputo sfruttare a suo vantaggio, costruendovi il suo successo. Albrecht von Lucke - Non solo il Muro: la Germania in tre date ‘Noi siamo il popolo’ (‘Wir sind das Volk’) era lo slogan della rivoluzione dell’89. Oggi è diventato il motto dell’Afd, la formazione di estrema destra nata in Germania pochi anni fa che aumenta ogni giorno di più i suoi consensi. Come è stato possibile? Perché la questione nazionale, che nell’89 era un’istanza democratica e progressista, è stata lasciata alla destra? Perché solo alle manifestazioni dell’Afd si vede la bandiera tedesca, simbolo che risale alla Germania democratica del 1848? Se la sinistra non ritrova il suo patriottismo illuminato sarà destinata a sparire. Simone Pieranni - Il lungo 1989 di Pechino I fatti di piazza Tiananmen sono ancora al centro di analisi e, talvolta, di nuove rivelazioni. In mezzo al marasma di interpretazioni rimane quanto avvenuto: il massacro perpetrato ai danni di studenti, operai e semplici cittadini pechinesi e la drammatica decisione del Partito comunista di procedere alla repressione della ‘Primavera cinese’, frutto di un periodo di intensa vivacità politica e culturale, al termine di uno scontro interno che segnerà per sempre la vita del Pcc. Fabrizio Tonello - Gli Stati Uniti a trent’anni dal 1989 Nel 1991, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti si ritrovano nella posizione di unica superpotenza del pianeta. Ma quella di un futuro mondo unipolare non è che un’illusione. Per gli Usa inizia infatti una fase di declino determinata non solo – o non tanto – dalla parallela ascesa economica della Cina quanto dal fatto che le élite americane non hanno più la coesione sociale, il senso dello Stato e la visione comune del mondo che possedevano durante il XX secolo. Il risultato è un mondo più multipolare, confuso e caotico che mai. IL SOL DELL’AVVENIRE Nancy Fraser in conversazione con Giorgio Fazio - Un socialismo per il XXI secolo A distanza di trent’anni da quell’occasione mancata che fu il 1989, il socialismo è ‘tornato’ dove meno ce lo si poteva aspettare, ossia negli Stati Uniti. Dal successo di politici come Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez al diffondersi di una rivista come Jacobin, esso vive infatti un periodo d’oro negli Usa. Ma l’entusiasmo che circonda questa parola non si sta traducendo automaticamente in serie riflessioni sul suo significato. Un compito, quello di chiarire cosa può significare socialismo nel XXI secolo, che la profondissima crisi in cui versa il capitalismo rende più urgente che mai. INEDITO Gajo Petrovic in conversazione con Jasna Tkalec - Jugoslavia: il nazionalismo che prelude alla guerra civile (con una presentazione di Luka Bogdanic) Gennaio 1991, mancano pochi mesi all’inizio della guerra in Jugoslavia. E mentre il conflitto si avvicina, il sogno di un paese democratico e unito si fa sempre più lontano. In questo contesto esce l’intervista a Gajo Petrovic, qui per la prima volta in italiano, nella quale il fondatore del gruppo marxista dissidente Praxis esprime le proprie critiche al socialismo sovietico e le proprie preoccupazioni per le correnti nazionaliste che stavano prendendo il sopravvento sui processi di democratizzazione. MEMORIA Roberto Carocci - Quello straordinario ’89. Una cronologia (1988-1991) Da - http://temi.repubblica.it/micromega-online/micromega-62019-1989-2019-la-sinistra-nel-mondo-a-trent%e2%80%99anni-dalla-caduta-del-muro-presentazione-e-sommario/
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Forum Pubblico / ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. / CRIMI lancia la nuova fase del Movimento 5 stelle
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inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:56:15 pm
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Crimi lancia la nuova fase del Movimento 5 stelle 07:25, 23 gennaio 2020 Il viceministro dell'interno nel Governo Conte II, dopo le dimissioni di Di Maio, ha voluto precisare il suo ruolo di "traghettatore", inviando un lungo messaggio ai militanti VITO CRIMI LUIGI DI MAIO MOVIMENTO 5 STELLE "Luigi Di Maio ha deciso di rimettere il suo mandato di capo politico del MoVimento 5 Stelle. In virtù del nostro statuto, spetta ora al membro più anziano del Comitato di Garanzia svolgere questo ruolo. Ovvero a me". Vito Crimi, viceministro dell'interno nel Governo Conte II e capo politico facente funzioni del MoVimento 5 Stelle a seguito delle dimissioni di Luigi Di Maio, in serata ha voluto precisare il suo ruolo di "traghettatore" inviando un lungo messaggio ai militanti. "Assumo questo incarico - ha detto - con l'umiltà e la riconoscenza che si deve alle migliaia di cittadini che da anni contribuiscono alle nostre attività con idee, proposte, azioni concrete. Lo assumo con la consapevolezza di dover sostenere una grande responsabilità: quella di un Movimento che in dieci anni ha avuto una crescita inimmaginabile e che adesso deve essere accompagnato verso una nuova fase, e verso nuovi obiettivi che guardano al futuro". "Questo passaggio di consegne - ha spiegato il viceministro pubblicando l'intervento anche sui social - non avrà alcun impatto sul Governo e sui percorsi già avviati. Continueremo a lavorare per il bene dei cittadini, con mani libere, buone idee e soluzioni concrete, come abbiamo sempre fatto. Andiamo avanti per la strada che abbiamo intrapreso già dal 2009, anno in cui il Movimento è stato fondato". Di più. Crimi va oltre e pensa al futuro: "Il Movimento adesso si sta ridisegnando, si sta evolvendo, e potrà contare sul prezioso lavoro di tantissime persone, chiamate a portare avanti progetti e iniziative, a migliorare le relazioni interne, a valorizzare la formazione e le competenze, ad avere un contatto sempre più diretto con le esigenze dei cittadini da nord a sud. A tale proposito, intendo continuare ad avvalermi del supporto del Team del Futuro, che gli iscritti al Movimento hanno contribuito a determinare partecipando alle ultime consultazioni pubbliche sulla piattaforma Rousseau. I componenti del team, compresi i facilitatori regionali eletti oggi, sono tutti riconfermati e verranno presto convocati per avviare i lavori". A Di Maio il primo ringraziamento. "In questo giorno il mio grazie non può che essere rivolto a Luigi - ha sottolineato Crimi -. Una persona perbene, onesta, leale, come se ne vedono poche, in politica e nei palazzi. Un lavoratore instancabile e sempre disponibile, che si è assunto la responsabilità di scelte importanti. è diventato presto il bersaglio naturale di chi voleva demolirci, eppure non si è mai tirato indietro. Anzi, ha fatto da scudo umano per proteggere l'intero Movimento del quale è parte fin dalle origini, e ci ha condotti fino a divenire la prima realtà politica del Paese e forza di Governo". Non solo. "Ci attendono giorni intensi - ha chiuso il nuovo capo politico ad interim -. Ora è il momento di essere più uniti, umili, disponibili e decisi che mai. Con il percorso di rinnovamento che abbiamo intrapreso vogliamo offrire all'Italia un Movimento che sia strumento utile per quanti vogliono costruire un futuro a misura di tutti, di famiglie, imprese, lavoratori, studenti, cittadini. Coraggio. A riveder le stelle!". Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.itDa - https://www.agi.it/politica/crimi_m5s-6930722/news/2020-01-23/
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Forum Pubblico / MONDO DEL LAVORO, CAPITALISMO, SOCIALISMO, LIBERISMO. / 3 suggerimenti per un piano Industria 4.0 che faccia bene al Sud
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inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:54:38 pm
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3 suggerimenti per un piano Industria 4.0 che faccia bene al Sud 18:51, 23 gennaio 2020 Alex Giordano Le misure adottate nella Legge di Bilancio vanno a rivedere alcuni meccanismi proposti precedentemente, con l’intenzione di ampliare la platea dei beneficiari. Ma servono alcuni elementi di attenzione forte che sono molto chiari nel nostro modello mediterraneo di sviluppo ecologico e sostenibile Qualche settimana fa, pochi giorni prima di Natale, il Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, in una lettera inviata al Sole 24ORE ha spiegato la nuova politica industriale 4.0 “più inclusiva e attenta alla sostenibilità”. Il Ministro stesso ha sottolineato, facendo riferimento al numero di imprese che hanno beneficiato del Piano Impresa 4.0, che “la platea di potenziali beneficiari delle misure è ancora ampia”: i 2/3 degli incentivi sono andati a imprese medio grandi; gli investimenti hanno riguardato principalmente componenti macchinari. Solo 95 imprese hanno effettuato investimenti in beni di valore superiori ai 10 milioni di euro e 233 sono state interessate da progetti di ricerca e sviluppo di valore superiore ai 3 milioni di euro. Le misure adottate nella Legge di Bilancio vanno a rivedere alcuni meccanismi proposti precedentemente, con l’intenzione di ampliare la platea dei beneficiari a supporto anche del Made in Italy. In particolare: la revisione è stata programmata in ottica pluriennale per dare alle imprese la possibilità di programmare in un periodo medio-lungo; il super e l’iper ammortamento sono stati trasformati nel nuovo credito d’imposta per beni strumentali. Questa misura dovrebbe essere fruibile anche dai soggetti senza utili e in regime forfetario come le imprese agricole; è stato introdotto un incentivo per l’acquisto di software. Inoltre il Piano Transizione 4.0 (questo il nuovo nome attribuito al Piano Impresa 4.0) si è concentrato sugli investimenti green e per le attività di design e ideazione estetica a vantaggio di settori come il tessile e la moda, il calzaturiero, l’orafo, i mobili, l’occhialeria, le ceramiche. Totale: 7 miliardi di euro. Il Ministro, sempre nella lettera, sottolinea che le risorse economiche sono una delle leve necessarie alla crescita tecnologica che è però un processo che “necessita di un sostegno per la formazione e l’informazione”. Per questo è stata lanciata la misura dei manager dell’innovazione (esperti che sappiano contribuire all’accelerazione tecnologica di un’azienda e guidarne il cambiamento) e si sta lavorando alla creazione di una “solida e stabile connessione tra il mondo produttivo e quello della ricerca”. Su questo il Ministro ha annunciato il Progetto Atlante 4.0, realizzato in collaborazione con Unioncamere “per far conoscere le strutture che operano a supporto dei processi di trasferimento tecnologico e trasformazione digitale delle imprese”. In parallelo si sta lavorando (anche con Enea) per far crescere gli investimenti in innovazione nel nostro Paese attraverso il Fondo Nazionale Innovazione. Il Ministro ha chiuso la sua lettera con queste parole “la Transizione è una grande sfida, ma il nostro tessuto imprenditoriale saprà coglierla…” Riflessioni dalla ricerca sul campo (di battaglia) Ecco il punto chiave: il nostro tessuto imprenditoriale saprà cogliere la sfida? Al di là dell’auspicio, la risposta non è per niente scontata. L’abbiamo sperimentato con il progetto PIDMed (Punto Impresa Digitale Mediterraneo) nei territori delle Province di Caserta e Salerno. PIDMed, come tutti gli altri Punti Impresa Digitale, è una struttura di supporto al Piano Impresa 4.0, che Uninocamere attraverso le due Camere di Commercio di Salerno e di Caserta hanno creato in partnership con il programma Societing 4.0 dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con il supporto di COINOR e dell’incubatore Campania New Steel. Come gli altri PID, ha sostenuto operativamente le MPMI nel percorso di alfabetizzazione delle imprese del territorio, nella creazione di progetti e nella adozione dei Voucher Digitali I4.0 solo che si è sforzato di creare un prototipo di Punto d’Impresa Digitale che fosse rispettoso del genius loci meridionale, del tutto diverso dal contesto socio-economico tedesco nel quale è stato concepito il piano Industry4.0. L’operazione non è stata semplice. A partire dalla presenza di imprese culturalmente molto distanti dai processi di trasformazione immaginati dal modello Industry 4.0. Le imprese di questi territori, infatti, sono principalmente piccolissime imprese artigiane che basano i loro successi sull’estro e sull’operatività degli imprenditori. In Campania 96 imprese su 100 hanno meno di dieci addetti, inoltre molte si trovano distanti dai “distretti della conoscenza” essendo ubicate in aree interne. La dimensione e la collocazione territoriale hanno almeno 3 effetti critici su quelle condizioni abilitanti che possono favorire l’introduzione di tecnologie 4.0: la dimensione delle imprese non favorisce la definizione di processi produttivi codificati e, di conseguenza, rende particolarmente complessa la digitalizzazione perché digitalizzare un’impresa non significa solamente acquistare nuovi macchinari o tecnologie bensì ripensare alle modalità operative che supportano le strategie per la creazione di nuovi prodotti, la trasformazione dei prodotti tradizionali e anche la creazione di nuovi business; la dimensione e la collocazione delle imprese non favorisce la spinta propulsiva al cambiamento perché distanzia queste imprese dalle filiere complesse che facilitano un approccio integrato all’innovazione. I player industriali più grandi, infatti, diventano forza motrice dei processi innovativi richiedendo alla catena dei fornitori e agli altri attori della filiera di ripensare i processi aziendali, l’organizzazione del lavoro e la relazione con i clienti. La dispersione e la frammentazione delle imprese di tanti contesti produttivi (tipo quello in cui ha operato PIDMed) allontana queste realtà dai processi di innovazione; la collocazione fisica delle imprese, distante dai servizi informativi che abitualmente hanno una concentrazione urbana, fa sì che il sistema degli incentivi e dei servizi -erogati a sportello- non arrivi, per assurdo, ai beneficiari potenziali. E’ esperienza diffusa sul territorio nazionale quella della disponibilità di risorse pubbliche che sono troppo distanti da chi potrebbe (o dovrebbe) fruirne e, di conseguenza, sono risorse che non vengono distribuite e non consentono di ottenere quegli output e outcome descritti, spesso, molto bene nei documenti di progetto delle varie istituzioni (molti esempio potremmo portare su ambiti di policy differenti dal nord al sud passando per il centro Italia). C’è un altro aspetto non secondario: il problema per gli imprenditori non è già l’attuazione di un Piano Nazionale bensì la possibilità di comprendere quali siano i vantaggi dei cambiamenti proposti per la propria impresa e quali siano i servizi e le risorse disponibili. Detto così sembra banale ma ha tanto a che fare con la dimensione culturale quindi con l’attitudine ai cambiamenti degli imprenditori (che essendo singoli decidono in autonomia e su criteri di convenienza molto immediata) e con la fiducia verso gli attori che lo propongono. Quindi anche quando Comuni, Camere di Commercio, Università o chi per loro, arrivano a rappresentare le novità di politiche nazionale come quella di Impresa 4.0, non è detto che l’interlocuzione vada a buon fine: bisogna parlare la stessa lingua per capirsi bene e per creare una relazione proficua. Questi processi di cambiamento non passano solamente dall’informazione ma necessitano di un differente sistema di relazione tra diversi attori. Dove un’azienda anche medio-piccola appartiene ad un sistema imprenditoriale complesso sono le imprese più grandi e strutturate a guidare i processi, nelle realtà come quelle affrontate da PIDMed è stato necessario trovare chiavi di interazione diverse. La proposta di introdurre tecnologie 4.0 è passata dalla mediazione di uno staff di facilitatori, adeguatamente formati dal Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Federico II° di Napoli, che hanno incontrato gli imprenditori presso le loro aziende, hanno ascoltato le storie delle imprese e hanno fatto da ponte tra le soluzioni mappate presso i Centri di ricerca coinvolti e le criticità evidenziate, in modo autonomo, dagli imprenditori: “noi qui spendiamo molti soldi per l’irrigazione di questi campi e il consumo d’acqua è molto alto”; “sulla mia barca faccio fare tour soprattutto a italiani: ci sono pochissimi stranieri; “nel mio agriturismo ho tanti clienti solo in certi momenti dell’anno”… In contesti come questi non si può pensare che lo sviluppo tecnologico passi, come in altre realtà più strutturate, da processi multi-settore e cross industriali. Di certo servono piattaforme territoriali che creino sistemi vantaggiosi per le imprese e i territori. La nostra esperienza ci dice che ci sono alcune vie possibili alla trasformazione: proporre soluzioni “accettabili”: le tecnologie open source, ad esempio, e sistemi (meno costosi) di retrofitting (misure adottate per consentire l'installazione di parti nuove o aggiornate su macchinari vecchi o obsoleti) sono state accolte anche da piccolissimi imprenditori e sono un possibile primo momento di alfabetizzazione con il 4.0; il discorso su I4.0 va tradotto: dal punto di vista delle imprese (non si può chiedere ad un artigiano di sostituire la sua produzione con dei robot ma si può immaginare di lavorare sulla realtà aumentata per presentare in modo innovativo il grande valore aggiunto del lavoro svolto in quella bottega o di agire sull’efficentamento della logistica e/o dell’amministrazione); per l’applicazione concreta all’interno delle imprese (per vendere i tuoi tour agli stranieri puoi usare un sistema che parla - lui non tu- in tante lingue diverse, come ad esempio un chatbot); con linguaggi accettabili per gli imprenditori (i costi che sono aumentati per le irrigazioni possono essere ridotti controllando l’umidità del terreno e facendo in modo che l’acqua venga data dove e se ce n’è bisogno. Si può fare con dei sensori); supportare le reti territoriali componendo la frammentazione dove altri dispositivi non sono in grado di intervenire: dopo un periodo di studio e formazione su Big Data, e su come gli strumenti di Intelligenza Artificiale possano essere di supporto alla destagionalizzazione del turismo e alla promozione delle esperienze autentiche del territorio, 8 imprese del Cilento hanno realizzato una piattaforma di destinazione che, attraverso big data, attrae potenziali visitatori. Questo progetto, per altro, è stato selezionato da una short list di 200 progetti (su oltre 10.000 progetti realizzati in tutta Italia utilizzando i voucher per la digitalizzazione 4.0) e premiato, come unico progetto del sud Italia, insieme ad altri 5 nel contest Top of The Pid organizzato da Unioncamere. Vedremo se e come le novità proposte dal Piano Transizione 4.0 potranno ulteriormente ampliare la platea delle imprese destinatarie delle misure previste. Di certo ci immaginiamo che i Competence Center possano avere una funzione importante così come i manager dell’innovazione è che le Università debbano aprirsi sempre di più alle comunità ed ai suoi contesti socioeconomici di riferimento. Ma servono, secondo noi, tre elementi di attenzione forte che sono molto chiari nel nostro modello mediterraneo di sviluppo ecologico e sostenibile: è importante che le attività di ricerca e azione passino da processi di conoscenza delle realtà alle quali si rivolgono, per definire idee e soluzioni che verifichino la loro utilità ed efficacia alla prova dei fatti; è molto utile creare ponti tra discipline, attori, significati, metodi, territori, tradizione e innovazione generando idee, esperienze e soluzioni che possono produrre valore collettivo. Il lavoro non è solo sulle imprese, quindi, ma su quell’intelligenza collettiva che mette insieme persone, tecnologie, singoli e comunità verso la generazione di bene comune; serve un tempo da dedicare alla formazione e alla crescita ecosistemica dei processi di innovazione tecnologica e sociale. Per questo è decisivo sostenere una diffusa alfabetizzazione a vantaggio di una distribuzione condivisa dei poteri e delle responsabilità delle/nelle comunità. Ciò crea gli anticorpi e i dispositivi che possono favorire il cambiamento ed evitare che intelligenze artificiali -cioè intelligenze che agiscono in autonomia, attraverso le macchine o attraverso dispositivi sociali-economici-tecnici-politici-militari-religiosi… - condizionino in modo negativo la vita delle persone. Se volete approfondire il nostro punto di vista potete scaricare il nostro ultimo il report Industry 4.0 - La sperimentazione di un modello mediterraneo. Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.itDa - https://www.agi.it/blog-italia/digitale/industria_4_0-6936162/post/2020-01-23/
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Forum Pubblico / DOMANESIMO: l'IERI, l'OGGI e il DOMANI per i GIOVANI. / Diamo valore alla sostenibilità per promuovere un’economia inclusiva
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inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:53:17 pm
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CONTENUTO SPONSORIZZATO MF Focus … Diamo valore alla sostenibilità per promuovere un’economia inclusiva Carlo Messina, CEO Intesa SanpaoloEssere una Banca leader in Europa non basta. Almeno non se sei Intesa Sanpaolo. Mentre i consuntivi dei primi nove mesi del 2019 portano in dote cifre record, in primis l’utile netto di 3,31 miliardi di euro (il miglior risultato dal 2008), e una solidità patrimoniale ai vertici del settore, l’istituto espande i propri obiettivi più ambiziosi oltre il perimetro del bilancio. «Per Intesa Sanpaolo essere riferimento per le comunità dove opera in chiave di crescita solidale è un elemento fondativo dalla nascita, cinquecento anni fa, delle fondazioni caritative origine del nostro Gruppo», ricorda il Ceo Carlo Messina. «Per questo oggi pensiamo che il concetto di creazione di valore debba essere interpretato in una chiave più ampia: significa essere il motore dell’economia sociale del nostro Paese e promuovere un grande progetto per l’inclusione economica e per la lotta alla povertà, lavorando dunque sul concreto, non facendo dei piani teorici». A gennaio Intesa Sanpaolo organizza una giornata con personalità nazionali e internazionali per presentare i risultati e gli obiettivi per il sociale, la cultura, l’ambiente e l’innovazione. UN IMPEGNO SCRITTO NEL PIANO D’IMPRESA La vocazione del Gruppo a concorrere alla crescita culturale, sociale e civile del Paese è dunque stata posta al centro del Piano d’Impresa 2018-2021 di Intesa Sanpaolo e si è articolata in numerose iniziative a sostegno delle aziende, delle famiglie, della scuola, dei giovani, delle istituzioni culturali, dei bisognosi. «Per questi ultimi abbiamo avviato rilevanti programmi e partnership per la distribuzione di pasti, posti letto, farmaci e indumenti, effettuando quasi sei milioni di interventi nei confronti di chi si trova in difficoltà», elenca Messina. «Ma voglio ricordare anche l’impegno a favore della Circular Economy, svolto con un plafond di 5 miliardi di euro di credito, che ha trovato manifestazione concreta con crediti approvati per un valore di 750 milioni a sostegno delle prime 50 iniziative». Solo nel 2018 sono stati erogati inoltre circa 4,5 miliardi di euro di finanziamenti ad alto impatto sociale, indirizzati alle fasce vulnerabili di clientela, alle famiglie colpite da eventi calamitosi (come per esempio i plafond per la remissione dei mutui e per la ricostruzione stabiliti a beneficio dei genovesi colpiti dal crollo del ponte Morandi), al microcredito e al terzo settore. A questi si aggiungono circa 60 miliardi di euro di nuovo credito concessi a medio-lungo termine (50 dei quali in Italia e 42 a beneficio di famiglie e piccole e medie imprese) e numerose altre iniziative. Il Fund for Impact è un Fondo d’impatto che affonda le sue radici nella lunga e proficua esperienza di Banca Prossima, oggi incorporata nel Gruppo in modo che i suoi elementi caratteristici (modello di valutazione, personale selezionato tra chi ha esperienza diretta nel volontariato, Fondo di garanzia) siano parte del Dna di tutto l’istituto. Il Fund for Impact ne è un chiaro esempio perché rende accessibile il credito ad alcune categorie di esclusi: persone, famiglie e imprese che potranno così realizzare i propri progetti e creare valore per sé e per il Paese. NON C’È ECONOMIA SENZA EDUCAZIONE In modo significativo, Intesa Sanpaolo ha voluto che la prima iniziativa del Fund for Impact fosse un prestito destinato agli studenti universitari (vedi box) «Siamo convinti che lo sviluppo di un’economia è intimamente legato ai livelli di educazione, in particolare delle generazioni più giovani», conferma l’a.d. del gruppo. «Creare le condizioni per generare nuova occupazione è una priorità per il rilancio del nostro Paese, che non investe in formazione e dove il fenomeno dei NEET è sempre più drammatico. Specialmente in un contesto socio-economico come quello attuale nel quale la formazione delle nuove generazioni diventa sempre più strategica per impieghi che richiedono specializzazioni e competenze tecniche, Intesa Sanpaolo vuole lasciare un segno profondo nella società civile favorendo l’occupazione giovanile e ovviando allo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro». Ma l’impegno in questo senso non si limita ai giovani, basti pensare alle iniziative culturali diffuse sul territorio nazionale di cui Intesa Sanpaolo è promotrice. Nei primi nove mesi dell’anno le Gallerie d’Italia, i tre musei di Intesa Sanpaolo, hanno ospitato circa 350.000 visitatori e, nello stesso periodo, abbiamo dato in prestito oltre 200 opere d’arte della nostra collezione ad altri musei italiani e internazionali». SEMPRE PIÙ LEADER NELLA CSR La scelta di puntare su ambiente, sociale e cultura è anche premiata dai mercati finanziari. «Gli investitori non ti scelgono per gli utili e i dividendi, ma anche per quanto sei in grado di dare alla società», commenta Messina. In linea con le richieste che pervengono dagli stakeholder, il Gruppo ha dunque ulteriormente consolidato la propria leadership anche nella Corporate Social Responsibility meritandosi l’inclusione in numerosi indici di sostenibilità, tra cui – unica Banca italiana – i Dow Jones Sustainability Indices, la Climate Change A List 2018 del CDP e l’indice delle 100 società più sostenibili al mondo, curato da Corporate Knights. «Questi risultati ci incoraggiano a guardare con fiducia al futuro e alle attese dei nostri stakeholder», conclude Messina, «con i quali continuiamo un dialogo aperto e attento. Il nostro impegno nei confronti di ciascuno di essi continua a essere il riferimento principale del nostro agire». Le iniziative di Intesa Sanpaolo per aiutare persone e imprese colpite da calamità naturali o coinvolte da crisi aziendali Così nelle emergenze diamo una mano a chi ha bisogno Gros-Pietro, Presidente di Intesa Sanpaolo all'iniziativa "NOI INSIEME" Che sia un’inondazione, un terremoto o la chiusura improvvisa di uno stabilimento industriale, dove c’è un’emergenza sociale c’è un’esigenza di fornire risposte rapide a necessità molto concrete, in primis di sostegno economico alla popolazione colpita. Per questo capita che una banca debba agire come un’unità di pronto intervento, fornendo una soluzione rapida dove si crea un problema improvviso. Nell’ultimo anno queste circostanze purtroppo si sono verificate diverse volte in Italia, in alcune di queste il gruppo Intesa Sanpaolo ha attivato rapidamente iniziative a sostegno dei lavoratori, delle famiglie e delle imprese. Ecco alcune delle principali: Stop ai mutui per i lavoratori di Mercatone Uno Per supportare i dipendenti della società Mercatone Uno, Intesa Sanpaolo ha deciso di dare la possibilità a coloro che tra i 1.800 lavoratori del gruppo imolese sono suoi clienti di sospendere le rate di mutui e prestiti personali per un periodo fino a 12 mesi, presentando domanda di sospensione presso la propria filiale di riferimento. Deroga ai prestiti per chi subisce la crisi dell’ex ILVA Anche ai dipendenti e ai fornitori della società ex ILVA, Intesa Sanpaolo ha offerto di sospendere le rate di mutui e prestiti personali per un periodo fino a 12 mesi. La domanda di sospensione andrà presentata dai dipendenti interessati presso la propria filiale Intesa Sanpaolo, che provvederà a finalizzarla. 100 milioni per risollevare l’agricoltura del Sud Italia Un plafond di 100 milioni di euro è stato stanziato a sostegno delle imprese agricole del Sud danneggiate dall’eccezionale maltempo di inizio novembre, al fine di rispondere nel più breve tempo possibile alla situazione di emergenza. In particolare, il plafond è destinato alle aziende che hanno subito danni a colture e strutture produttive, dando loro un sostegno finanziario dedicato. Un plafond milionario per Venezia e la sua laguna Di fronte alle drammatiche immagini giunte da Venezia, il gruppo ha stabilito un plafond di 100 milioni di euro a sostegno delle famiglie e delle imprese della città, ma anche della sua provincia e del litorale, che hanno subito danni a seguito dell’eccezionale maltempo. Pronto intervento per il Friuli e il Delta del Po La situazione di emergenza venutasi a creare nel litorale del Friuli Venezia Giulia e nelle zone del Delta del Po a seguito della mareggiata di metà novembre, ha indotto il Gruppo ha stanziare due plafond rispettivamente di 20 e di 5 milioni di euro a sostegno delle famiglie e delle imprese che hanno subito danni considerevoli. Il plafond - che si aggiunge a quello annunciato pochi giorni prima per Venezia e la sua provincia - è destinato alle famiglie, alle imprese e ai pescatori più colpiti dagli eventi. Congelati mutui e rate anche a Nord Ovest Per risollevare i territori di Piemonte, Liguria e Lombardia colpiti dall’ondata di maltempo questa volta Intesa Sanpaolo ha definito un plafond di 150 milioni di euro, comprendendo anche la possibilità, per le persone e le aziende coinvolte, di richiedere la sospensione per 12 mesi delle rate dei finanziamenti in essere. Gli speciali finanziamenti prevedono inoltre che vi si possa accedere tramite un iter semplificato, basato sulla base della sola autocertificazione, e potendo contare su una gestione della richiesta in via prioritaria. Una mano al Triveneto nella lotta alla cimice asiatica Nel Triveneto la superficie coltivata a frutta si estende su più di 50 mila ettari, pari al 13% della superficie coltivata a frutta nazionale, con una produzione che nel 2018 ha raggiunto circa 21 milioni di quintali (il 35% della produzione italiana). In questa zona dunque i danni della cimice asiatica, una specie infestante che si nutre di frutta e ortaggi, sono stati molto estesi e hanno colpito in particolare alcune coltivazioni tra le quali quelle di uva. Intesa Sanpaolo ha stanziato un plafond di 50 milioni di euro per finanziamenti destinati alle aziende agricole del Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige che vorranno dotarsi di misure di difesa dalla cimice asiatica. Le imprese del settore avranno inoltre la possibilità di richiedere la sospensione della quota capitale delle rate dei finanziamenti fino ad un massimo di 12 mesi. Tutti i dati e le informazioni contenuti nel presente focus sono stati forniti da Intesa Sanpaolo, che ne garantisce la correttezza e veridicità, a soli fini informativi Da - https://www.milanofinanza.it/speciali/intesa-sanpaolo
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Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / NADIA URBINATI. IL POTERE GENTILE DELLE SARDINE, COSTITUENTE ED ETICO
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inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:50:47 pm
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IL POTERE GENTILE DELLE SARDINE, COSTITUENTE ED ETICO PRIMO PIANO | 27 DICEMBRE 2019 DI NADIA URBINATI La fisicità, la piazza, la politica riportata ai cittadini, l’innocenza, la pre-politica, il buon senso, la moderazione: sono alcune delle qualità messe in circolo per spiegare il fenomeno delle Sardine. Alle quali segue la diagnosi: si tratta di una sveglia data alla politica, ma non ancora di politica. E una volta svegliato il sovrano dormiente, le Sardine avranno compiuto la loro funzione. Davanti a loro due alternative: o si faranno partito o confluiranno in un partito esistente. La loro funzione è comunque a termine, come ogni mobilitazione fisica, come il pesce fresco da cui hanno preso il nome. Se sulle chat si può stare ininterrottamente a costo di inventare casi e problemi per non annoiarsi, in piazza ci si va per giorni, forse settimane, ma non per mesi o anni. Soprattutto se non sono piazze di rivendicazione, come nel caso dei gilet gialli, o di indignazione, come nei Girotondi, gli antesignani di tutte le contestazioni che si sono succedute in questo primo ventennio di secolo. Le Sardine sono espressione di un potere costituente etico. Non vogliono scrivere costituzioni. Si riconoscono con esplicita e ammirevole normalità nella Costituzione esistente, nei suoi valori politici antifascisti e nelle regole che sancisce. Non si indignano ma affermano un’esistenza, quella della cittadinanza. Ci ricordano che il corpo politico democratico ha due poteri: quello delle norme scritte e quello dell’opinione. Come scriveva Rousseau (il ginevrino Jean-Jacques) la sovranità parla due lingue: quella della legge e quella dell’opinione. La prima è vera e propria volontà sovrana, scritta nero su bianco, con il compito di dare legittimità formale a tutte le decisioni politiche. La seconda è sovranità informale, “scritta nei cuori” dei cittadini; è come un tonico che rende facile l’ordinaria condizione di chi vive libero sotto la legge. Se questa sovranità di “sentimento” si indebolisce, si fa difficile respirare mentre obbedire alle leggi diventa un lavoro pesante. L’Italia che ha prodotto le Sardine si trova in questa condizione. Anni di furto della rappresentanza politica, ridotta a una delega in bianco concessa controvoglia a vogliosi/e di potere; anni di logorroico populismo di piazza e di governo; anni di leader plebiscitari di ogni colore e foggia hanno avuto un effetto doppio, scandito cronologicamente. Prima, hanno eroso e cancellato le coscienze di cittadini abituati alle identificazioni partitiche, e hanno reso l’elettorato “volatile”, come dicono i politologi. Poi, sulle ceneri di quella vecchia rappresentanza ha cominciato a prendere vita il bisogno di una nuova rappresentanza. Questo è il momento in cui le Sardine hanno cominciato a popolare il mare profondo del potere costituente che è “scritto nei cuori”. Un potere che è restato imbambolato e dormiente, sotto sedativo della politica populista che tutto semplifica e di tutto si impossessa, consumando l’ossigeno della cittadinanza attiva. Il florilegio delle qualità coniate per descrivere le Sardine è il segno della radicalità di questo potere costituente, gentile e ingenuo come quello pennellato da Rousseau nel capitolo dodicesimo del secondo libro del Contratto sociale. Più che pre-politico, si tratta di un fenomeno fondativo della politica: la radice della politica democratica discussa, ragionata, contestata, combattuta, rappresentante. Come ogni forza costituente, la mobilitazione delle Sardine non può sostituire la politica costituita. Né del resto lo vuole perché è consapevole della sua forza e della sua funzione. Ingenua all’apparenza, ma in effetti molto ragionata e deliberativa, consapevole del perimetro della sua estensione. Segno di una cittadinanza democratica matura, che conosce la propria funzione; che accetta le regole del gioco e pretende che chi parla in suo nome le rispetti a sua volta e cambi le forme e lo stile dell’agire pubblico. I fiumi di rozze e roboanti parole hanno solo stordito il pugile democratico. Che ha una forza originaria straordinariamente resiliente e imprevedibile. La Repubblica, 23 dicembre 2019 Da - http://www.libertaegiustizia.it/2019/12/27/il-potere-gentile-delle-sardine-costituente-ed-etico/
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