PRODI
Admin:
20/6/2008
Prodi: non lascio la politica
ROMANO PRODI
Caro direttore,
senza voler entrare in alcun modo nel merito né dei sostantivi né degli aggettivi contenuti nello scritto di Marcello Sorgi a me dedicato sotto il titolo «L’esilio di Romano. Un macigno sull'assemblea del Pd» (La Stampa del 18 giugno), dei quali lascio ogni responsabilità all'autore, vorrei limitarmi a una sola precisazione. Non è vero che «Romano Prodi, l'unico leader che ha battuto due volte Berlusconi, ha atteso una decina di giorni dal fatidico 13 aprile prima di separare il suo destino dal suo (ex) partito».
A dieci giorni dal 13 aprile, infatti, io ho solo reso note le mie dimissioni da presidente della Assemblea del Partito. Esse erano state tuttavia da me trasmesse al segretario del Partito ben prima di quella data, ma comunicate dopo le elezioni per evitare che il gesto potesse in qualsiasi modo danneggiare la campagna del Pd e nuocere al suo risultato elettorale. E questo appunto perché, a differenza di quel che scrive Sorgi, esse non intendevano e non intendono in alcun modo esprimere l'intenzione di separare il mio destino da quello che non è il mio ex partito bensì quello che considero ancora il mio partito di appartenenza, ma solo segnalare una ridefinizione delle mie responsabilità in una fase diversa della mia vita.
Prendiamo atto con piacere che Prodi non intende abbandonare la vita politica. Ma ricordiamo che nei giorni scorsi erano stati diversi esponenti del Pd, anche a lui vicini, a parlare di una sua «diversa scelta esistenziale». Resta poi aperto il problema: l’Assemblea costituente del Pd discuterà la linea prodiana di accordo tra il centrosinistra riformista e la sinistra radicale, grazie alla quale l’Ulivo nel 1996 e l’Unione del 2006 vinsero le elezioni, e senza la quale il Pd nel 2008 le ha perse, o continuerà a considerare quello di Prodi un caso personale e non politico? [M. SO.]
da lastampa.it
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2008-07-18 21:12
PRODI: L'ITALIA PUO' CONTARE MA SERVE INTEGRAZIONE
dell'inviata Alessandra Massi
PESARO - "L'Italia può contare in Europa, perché l'Europa non può fare a meno dell'Italia", a patto che il nostro Paese prosegua nel cammino dell'integrazione. E' l'opinione dell'ex premier Romano Prodi, presidente della Commissione Europea dal 1999 al 2004, intervenuto oggi ad un dibattito durante la manifestazione "Pesaro Europa", in cui ha partecipato alla presentazione del suo libro "La mia visione dei fatti" dedicato ai suoi cinque anni di governo europeo. "Da soli non esistiamo - ha spiegato, rispondendo alle domande di Pier Virgilio Dastoli, della rappresentanza della Commissione europea in Italia, di Giampiero Gramaglia, direttore dell'ANSA, e dai giovani redattori di un giornale del liceo scientifico di Pesaro -, sui grandi temi bisogna avere una politica comune, altrimenti le voci dei singoli Paesi non vengono ascoltate".
Il cammino dell'Europa è inevitabile - secondo Prodi -, "fatale, ma noi arriveremo all'Unione europea solo dopo una lunga crisi. Io speravo che si potesse cogliere questo traguardo in modo illuministico, ragionato. Ma - ha aggiunto - vedo che ci arriveremo solo dopo aver toccato il fondo", cioé dopo aver provato "quello che vuol dire stare senza Europa". In questo senso, la crisi economica che ci sta colpendo, nonostante lo scudo protettivo dell'euro, "é un segnale di come siamo a rischio, di come dipendiamo dagli altri". Ad esempio per l'aumento del prezzo del grano "perché Cina e India si sono messe a mangiare". L'ex presidente della Commissione europea crede che il Mondo "debba essere gestito in modo multilaterale, ma anche noi dobbiamo poter dire la nostra".
Prodi è altrettanto sicuro "che non abbiamo toccato il fondo, quel punto che ci obbliga a dire 'cambiamo' ". In conclusione, per l'Italia "non c'é altra via che l'integrazione", superando una serie di problemi (rifiuti, immigrazione, sicurezza) che sembrano allontanare il nostro Paese dall'orbita europea. Questi fattori "sono di ostacolo, a giudizio di Prodi, ma non debbono frenare tale processo. Bisogna risolverli per essere più vicini all'Europa. Ma poi - ha concluso - anche gli altri Paesi hanno i loro problemi...".
da ansa.it
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A RICCIONE
Prodi: «Sto benissimo, ma sarei rimasto»
L'ex presidente del Consiglio risponde così a una domanda sulla sua lontanza dalla politica
RICCIONE - Attualmente «sto benissimo, sto meglio di un anno fa, anche se non sono andato via per stare meglio. Io sarei anche rimasto». Così, con ironia, l'ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha replicato al direttore di Radio Dj, Linus, che gli chiedeva come si trovasse in questo momento, lontano dalla politica. «Mi è dispiaciuto molto» ha aggiunto, nel corso della presentazione del suo libro 'La mia visione dei fatti', sui suoi anni alla guida della Commissione Europea, ma «le cose hanno un termine e ora inizia una nuova vita».
I PROBLEMI DEL GOVERNO - Rispondendo poi a chi gli chiedeva un commento sulla gestione dell'attuale esecutivo, Prodi ha risposto: «Quando si governa non si può scontentare troppa gente, ma non scontentando i problemi peggiorano». Il discorso è poi scivoltao sulla moneta unica. Qualora non fosse stata adottata in Italia la moneta unica, di fronte agli attuali corsi dell'economia, il Paese avrebbe rischiato una inflazione estremamente elevata e di trovarsi «in disfacimento». Prodi ha chiarito così il suo pensiero: «Tutti sapevano che l'Italia non poteva stare fuori dall'euro. Senza euro avremmo livelli di inflazione impressionanti e un Paese in disfacimento».
CAMBIAMENTO - Gli anni passati alla guida dell'Italia «sono stati anni belli in cui ho tentato un cambiamento forte della politica italiana attraverso il bipolarismo e la creazione di una grande alleanza di centrosinistra. Due volte ho vinto le elezioni, e due volte il disegno è stato interrotto dalla stessa coalizione» che appoggiava l'esecutivo. Così Romano Prodi a chi gli chiedeva un commento sulla sua esperienza politica italiana. «Spero che qualcun altro possa portare avanti questa esperienza, che reputo l'unica soluzione valida», ha proseguito replicando a chi gli chiedeva cosa vedesse nel futuro del centrosinistra. A giudizio di Prodi, in politica quello che «è importante è il realismo, la serietà e l'onestà con cui la si fa». Questa è l'eredità che si lascia. «Penso - ha proseguito riferendosi ai politici - che il nostro dovere sia mostrare coerenza e obiettivi precisi, anche se il prezzo può essere molto alto».
23 agosto 2008
da corriere.it
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POLITICA
L'ex premier parla del suo governo e del Pd: "Sarei rimasto volentieri"
Una ragazza dice di sentirsi "un poco orfana" e il Professore risponde: "Anch'io"
Prodi: "L'Ulivo tornerà ma senza di me"
di MARCO MAROZZI
RICCIONE - L'Ulivo tornerà. "Anche se non sarò io a portarlo fuori". Romano Prodi, dopo mesi e mesi di silenzio, parla del futuro suo e dell'Italia. E, dopo mesi di amarezza, si illumina di sorrisi davanti a una gran folla. E, senza nominarlo, fa "lezione" al Partito democratico. Indicandogli un futuro che guarda all'Europa, al mondo e ai suoi grandi problemi. "Di fronte alle nuove sfide mondiali, noi non li risolviamo rifugiandoci in dottrina astratte". Parla di governi, ma anche di opposizioni. In Europa e in Italia. Riproponendo una politica di bipolarismo forte.
Succede a Riccione, nel parco strapieno della Villa Mussolini, dove il Professore è stato chiamato dalla libreria Bloc 60 a presentare il suo volume "La mia visione dei fatti", racconto di "cinque anni di governo in Europa", uscito proprio nel giorno della caduta come premier e che adesso diviene uno strumento di ragionamento su un metodo politico. Mille persone, con a fianco dell'ex premier Linus, direttore di Radio Capital, Dee Jay, MO2, che lo intervista dando molte volte il microfono al pubblico. E ad una ragazza che gli dice di essere triste per la fine dell'Ulivo e si senta "un poco orfana", lui risponde "anch'io", poi lancia: "L'idea che stava alla base della proposta con cui sono entrato in politica ritornerà fuori, assolutamente".
"Non la porterò fuori io - ha aggiunto - ma qualcun altro la porterà fuori". "Attualmente sto benissimo, sto meglio di un anno fa, anche se non sono andato via per stare meglio. Io sarei anche rimasto. Mi è dispiaciuto molto". "Sono stati anni belli in cui ho tentato un cambiamento forte della politica italiana attraverso il bipolarismo e la creazione di una grande alleanza di centrosinistra. Due volte ho vinto le elezioni, e due volte il disegno è stato interrotto dalla stessa coalizione che appoggiava l'esecutivo", ha ricordato l'ex premier. A giudizio di Prodi, in politica quello che "è importante è il realismo, la serietà e l'onestà con cui la si fa". Questa è l'eredità che si lascia. "Penso - ha proseguito riferendosi ai politici - che il nostro dovere sia mostrare coerenza e obiettivi precisi, anche se il prezzo può essere molto alto". E del governo Berlusconi dice: "Non si può scontentare troppa gente, ma non scontentando i problemi peggiorano".
Ritenendo di "non tornare alla politica italiana" e che girerà il mondo "con primo interesse" e un'attenzione a un possibile ruolo internazionale, Prodi ha ricordato il suo "disegno di alternanza chiara". Al Pd che non ha ancora deciso come andare alle elezioni europee e il suo ruolo rispetto al Pse e al Partito democratico europeo, l'ex premier ha lanciato: "È indispensabile creare grandi partiti a livello europeo. Ma non vedo grandi cambiamenti nel futuro che verrà. E alle ultime elezioni la parola Europa non è mai stata pronunciata e nessun politico ha mai avuto alle spalle la bandiera europea".
(24 agosto 2008)
da repubblica.it
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29/8/2008 (11:18) - IL CASO
Intercettazioni, Prodi: "Pubblicatele pure"
Il Professore: «Hanno creato un caso politico artificiale»
ROMA
No a una legge sulle intercettazioni che limiti i poteri di indagine attribuiti ai magistrati, «nessuna contrarietà» a che «tutte le mie telefonate siano rese pubbliche». Romano Prodi reagisce così alla pubblicazione di alcune sue intercettazioni relative all’inchiesta Siemens e alla solidarietà del premier Silvio Berlusconi.
«Vista la grande enfasi e, nello stesso tempo, l’inconsistenza dei fatti a me attribuiti da Panorama - dice l’ex presidente del Consiglio, che parla subito dopo l’intervento in proposito del premier Silvio Berlusconi - non vorrei che l’artificiale creazione di questo caso politico alimentasse il tentativo o la tentazione di dare vita, nel tempo più breve possibile ad una legge sulle intercettazioni telefoniche che possa sottrarre alla magistratura uno strumento che in molti casi si è dimostrato indispensabile per portare in luce azioni o accadimenti utili allo svolgimento delle funzioni che le sono proprie». «Da parte mia - conclude Prodi - non ho alcuna contrarietà al fatto che tutte le mie telefonate siano rese pubbliche».
In mattinata il premier aveva diffuso una nota in cui offriva la sua solidarietà al Professore e invocava un intervento del Parlamento sul tema delle intercettazioni: «La pubblicazione di intercettazioni telefoniche riguardanti Romano Prodi, a cui va la mia assoluta solidarietà, non è che l’ennesima ripetizione di un copione già visto. È grave che ciò accada e il Parlamento deve sollecitamente intervenire per evitare il perpetuarsi di tali abusi che tanto profondamente incidono sulla vita dei cittadini e sulle libertà fondamentali».
Anche il ministro per l’Attuazione del programma Gianfranco Rotondi aveva solidarietà a Romano Prodi per le intercettazioni che lo riguardano e dice basta con le «gogne mediatiche». «Al presidente Prodi - scrive in una nota - va la mia solidarietà perchè è inaccettabile che le intercettazioni continuino ad essere motivo di gogna pubblica senza che ci sia un minimo di garanzia a tutela dei cittadini e, ovviamente, anche di chi riveste cariche pubbliche».
da lastampa.it
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