Carlo FLAMIGNI-

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Fecondazione: se la legge fa autogol

Carlo Flamigni


La famigerata legge 40, quella che detta le norme in materia di procreazione medicalmente assistita, recita, all’articolo 13, che «la ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso e qualora non siano disponibili metodologie alternative». In altri termini: mai.

Nell’articolo 14, quello dunque immediatamente successivo, al punto 5, si legge invece che «i soggetti di cui all’articolo 5 (cioè i genitori) sono informati sul numero e, su loro richiesta, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell’utero».

Non vorrei sembrare maleducato, ma mi pare evidente che chi ha scritto questa legge soffra di lunghe pause cognitive, come dimostra la palese incompatibilità tra i due articoli: nell’articolo 13 si nega alle coppie la possibilità di eseguire indagini pre-impiantatorie sui propri embrioni, un divieto del quale l’articolo 14 sembra farsi beffe.

Provo a spiegare questo punto, a totale beneficio della senatrice Binetti.

La norma riconosce alle coppie il diritto di essere informate sulla salute degli embrioni prodotti: non dice ootidi, zigoti, blastocisti, dice embrioni. Ora, mentre per sapere se un ootide è normale può anche bastare (entro precisi limiti, ma non voglio complicare il discorso) l’analisi al microscopio, quella consentita dalla legge (ci sono tre pronuclei invece di due? Buttiamo via tutto o ci metteremo nei guai) l’unico modo per conoscere le condizioni di salute di un embrione è l’analisi genetica. Capisco che una parte dei cattolici non voglia ammettere l’esistenza dell’ootide, ma l’idea piace al cardinale Martini e questo mi basta. Che poi il Vaticano abbia il diritto di correggere i termini della biologia e lo eserciti al punto di costringere i suoi più illustri genetisti a cambiare idea sul significato delle parole mi può anche andar bene, purché si conceda ai biologi laici un analogo diritto di critica in materia di esegesi biblica. Se vuoi che un’amicizia si mantenga...

Dunque , ad avviso di molti, la legge 40 ammette la diagnosi genetica pre-impiantatoria e non solo per la ragione che ho citato. Esiste ad esempio un problema di congruità pragmatica: una donna che si vede rifiutare questo accertamento avrà poi modo di eseguire le stesse indagini, in gravidanza, sul feto e di decidere di interrompere la gravidanza se lo scoprirà malato, spero che a nessuno sfugga la crudeltà inutile del primo diniego. Inoltre in queste circostanza è certamente a rischio la salute psicologica della donna e vorrei ricordare che una sentenza della Consulta di circa trent’anni or sono afferma che deve essere privilegiata la salute e l’interesse di chi è già persona nei confronti di chi persona deve ancora diventare.

Nel 2005 una coppia di coniugi di Quartu Sant’Elena portatrice di una comune anomalia genetica (l’anemia mediterranea) aveva fatto ricorso contro il divieto di eseguire una diagnosi pre-impiantatoria con istanza d’urgenza presentata al Tribunale di Cagliari. Il magistrato aveva passato gli atti alla Consulta, la quale aveva dichiarato inammissibile la questione di legittimità perché non posta correttamente. Ricordo il commento del professor Emilio Dolcini, ordinario di diritto penale nell’Università di Milano, il quale aveva interpretato la sentenza come una sorta di incitamento a ripresentare il ricorso presso un tribunale ordinario, cosa che è poi stata regolarmente fatta. Per quanto posso capire, il giudice ha ritenuto di dover privilegiare il diritto della donna alla salute e all’informazione sulle condizioni di salute del nascituro, anche e soprattutto alla luce dei principi costituzionali che ho appena citato. Scelta, a mio avviso, logica, razionale e piena di buon senso.

Mi attendevo le solite convulsioni cattoliche, ma debbo confessare che chi mi da le maggiori soddisfazioni è, come sempre, Paola Binetti, la quale chiama in causa la dichiarazione di inammissibilità della Corte Costituzionale del 2005, della quale non ha evidentemente capito una parola. Ho per la senatrice Binetti una forte simpatia personale (mia moglie lo sa) e, se continua a darmi queste soddisfazioni, non vedo come potrò evitare di chiederle di farmi entrare nel suo nuovo partito.

Molti mi chiedono come si potrà andare avanti a partire da questa piccola vittoria. Anzitutto credo che il tempo dei ricorsi non sia ancora terminato e mi auguro che prima o poi si porti al magistrato- ma in termini più corretti di quelli usati in passato - la questione dell’ootide, l’oocita fecondato nel quale non si è ancora formato un genoma unico e che la legge tedesca, la legge svizzera e un grande numero di teologi cattolici considera «fase pre-zigotica e perciò pre-embrionale». Bisogna però trovare un sinonimo di ootide, termine in molti sensi non grato ai cattolici: nel sito di «Verità e Vita», nella parte dedicata all’«antilingua» il povero ootide figura come «ootite (sic)», che potrebbe aver a che fare con il mal d’orecchi. Una volta questi si chiamavano autogol.

In secondo luogo deve diventare chiaro a tutti che una donna ha il diritto di rifiutare il trasferimento di tre embrioni e che a seguito di questo rifiuto il medico non può che congelare l’embrione o gli embrioni che la donna non ha voluto accogliere nel proprio grembo. In tempi lunghi, mi sembra che la soluzione più logica sia quella di tornare a proporre ai cittadini italiani la solita domanda: ma proprio la volete una legge così stupida e così ingiusta?

In tempi brevi, poco da fare :mi sembra che continui a prevalere l’ormai cronico atteggiamento di rispettosa e modesta rassegnazione che la maggior parte dei parlamentari ha deciso di assumere quando deve confrontarsi, anche da grande distanza, con un qualsiasi rappresentante del Vaticano, Guardie Svizzere incluse. E non mi pare che il Ministero della Salute possa attualmente essere considerato un tempio della laicità, considerate le recenti proposte di adozione per la nascita e i peana in onore di chi accetta un figlio malformato , che alle mie orecchie suonano come sgradevoli e inattese condanne a che ha invece deciso diversamente e che, perbacco, meriterebbe un po’ più di rispetto. Perché, vedete compagni, se vogliamo che il Paese possa respirare la pulita e trasparente aria della laicità bisogna che i nostri attuali politici passino tutti (o quasi tutti) a miglior vita. No, non sto affatto pensando a una epidemia, mi auguro solo che divengano tutti così ricchi da decidere collettivamente di trasferirsi nelle Hawai, dove sembra - dico sembra, non ho prove concrete - che la vita sia senz’altro migliore.

Pubblicato il: 26.09.07
Modificato il: 26.09.07 alle ore 9.08   
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La fecondazione e l’accanimento

Luigi Cancrini


Il modo in cui alcuni personaggi del mondo politico che hanno avuto un ruolo decisivo nella scrittura della legge 40 sulla fecondazione assistita si preoccupano della salute delle donne e dei bambini è stato reso drammaticamente evidente, ieri, dall'On. Volonté, capogruppo dell'Udc alla Camera. Con una interrogazione presentata al ministro della giustizia Mastella, egli ha avuto la sfrontatezza di chiedergli, infatti, un intervento ispettivo ed, eventualmente, disciplinare nei confronti dei magistrati del Tribunale Civile di Cagliari: rei, a suo avviso, di aver offeso la legge e «la volontà del popolo italiano» nel momento in cui hanno deciso di accogliere l'istanza di una donna, portatrice sana di betatalassemia, per la diagnosi preimpianto nel suo embrione congelato. Disponendone l'esecuzione in un Centro ospedaliero fra i più qualificati nel campo della fecondazione medicalmente assistita e della prevenzione delle malattie genetiche e permettendo, così, ad una coppia che correva un rischio alto di mettere al mondo un bambino gravemente e irrimediabilmente malato, condannato ad una breve vita e ad una serie infinita ed ingiusta di sofferenze, di fare le sue valutazioni e di assumere le sue decisioni da subito. Senza dover aspettare, cioè, l'amniocentesi del quarto mese di gravidanza.

Non c'è in realtà paese al mondo in cui si sia arrivati a definire una situazione così assurda.

Ce lo segnalano ogni giorno le coppie che se ne vanno all'estero per ottenere un'assistenza che la legge italiana non consente loro di ottenere qui. Quello che particolarmente mi ha colpito ieri, tuttavia, ascoltando Volonté che parlava alla Camera è il modo in cui un deputato ha sentito la necessità di esprimersi pubblicamente, e con tanta violenza, nei confronti di due persone che hanno esercitato in modo così semplice un loro diritto naturale criticando il Tribunale che ha accettato di tutelarlo.

Serve una mancanza totale di comune senso del pudore, mi veniva da pensare ascoltandolo, per accanirsi così nei confronti di persone che il destino ha messo di fronte ad una scelta così difficile e dolorosa e per opporsi, con tanta rigida imperturbabilità, a quelli che sono per fortuna i progressi della ricerca scientifica. L'on. Volonté dovrebbe ricordarsi forse, a questo punto, che anche un Papa ha deciso, dall'alto della sua «infallibilità», di riconoscere gli errori fatti dalla Chiesa nei confronti di Copernico, di Galilei e di tanti altri scienziati. Ma dovrebbe ricordare anche, un po' più vicino alla materia di cui continua ad interessarsi, che perfino una legge discutibile come la legge 40 non proibisce affatto la diagnosi preimpianto.

È stato solo il ministro Sirchia, infatti, con una circolare faziosa ed alquanto originale, a indicare che tale diagnosi poteva essere fatta solo utilizzando un metodo «osservazionale». Escludendo, cioè, per ragioni da lui mai spiegate (ed in effetti difficilmente spiegabili), non la diagnosi in sé e per sé ma la diagnosi fatta con l'unico strumento davvero efficace, quello legato all'indagine cromosomica. Passando sopra dunque con disinvoltura degna di miglior causa al primo obbligo che un medico ha nell'esercizio della sua professione: quello di occuparsi, in scienza e coscienza, della salute di chi a lui si rivolge utilizzando a tal fine tutti i mezzi che le conoscenze scientifiche mettono a sua disposizione.

Le linee guida di Sirchia possono e debbono essere modificate ora dal ministro Turco che riferirà alla Camera su questo tema nei primi giorni di ottobre. Lo chiede da oggi con chiarezza l'On. Sanna, deputato dell'Ulivo, medico e pediatra, con una interpellanza urgente cui ci siamo uniti in molti. Quella di cui va dato atto al Tribunale di Cagliari, dice Sanna, è una decisione inattaccabile dal punto di vista giuridico, con cui si liberano sia le donne sia i medici dall'obbligo di impiantare embrioni potenzialmente portatori di gravi patologie e sui quali si può intervenire solo con traumatiche interruzioni di gravidanza di cui Sirchia e Volontè non vogliono considerare le dolorose conseguenze cliniche, psicologiche e familiari. Quella di cui va dato atto al capogruppo dell'Udc, d'altra parte, è una indifferenza totale di fronte a sofferenze che per sua fortuna non lo riguardano personalmente. Come accade spesso, purtroppo, a chi aderisce ideologicamente ad una dottrina di cui dimentica il fondamento: la parola di un uomo che si chiamava Gesù.

Pubblicato il: 28.09.07
Modificato il: 28.09.07 alle ore 9.28   
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Bioetica: comitato o tribunale?

Carlo Flamigni


Nel Comitato Nazionale di Bioetica c'è attualmente un forte clima di tensione che stenta a stemperarsi per la sola ragione che nessuno parla direttamente al proprio interlocutore: ho letto in questi giorni dichiarazioni villane, accuse bizzarre, solidarietà improprie e posso solo augurarmi che questo clima piuttosto isterico ceda al buonsenso prima della prossima plenaria di ottobre. Come contributo personale, non entrerò in merito e aspetterò che il problema venga affrontato e discusso nella sede appropriata. A mio personale avviso, però, il nodo che il CNB deve sciogliere non riguarda la bravura del Presidente nell'affrontare i problemi, i litigi dei vicepresidenti o il quesito (irrisolvibile) dell'appartenenza mia, di Demetrio Neri e di Gilberto Corbellini alla sinistra radicale o a quella post-comunista.

Il problema, molto più antico, riguarda il profondo disaccordo che ancora sussiste a proposito dei reali compiti del Comitato.

Una premessa, necessaria perché il lettore possa capire. Il CNB non è una istituzione elettiva e, perciò, democratica: Presidente e membri vengono scelti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ragion per cui le maggioranze interne che si formano sono del tutto casuali e prive di significato. Fino ad oggi queste maggioranze sono state sempre cattoliche, ma questo sappiamo tutti da cosa dipende. I compiti del Comitato, per statuto, sono:

- elaborare un quadro riassuntivo dei programmi, degli obiettivi e dei risultati della ricerca nel campo delle scienze della vita e della salute dell'uomo;

- formulare pareri e indicare soluzioni per affrontare i problemi di natura etica e giuridica che possono emergere con il progredire delle ricerche e con la comparsa di nuove possibili applicazioni di interesse clinico;

- prospettare soluzioni per le funzioni di controllo rivolte alla tutela della sicurezza dell'uomo e dell'ambiente nella produzione di materiale biologico e alla protezione dei pazienti trattati con prodotti dell'ingegneria genetica o sottoposti a terapia genica;

- promuovere la redazione di codici di comportamento per gli operatori dei vari settori interessati a favorire una corretta informazione dell'opinione pubblica.

Il Comitato ha davanti a sé due scelte possibili: può comportarsi da «piccolo parlamento» o, se volete, da tribunale che giudica le scelte in campo etico e alla fine propone la soluzione giusta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri perché la usi per costruire le sue leggi; in alternativa può comportarsi come un laboratorio, prospettando le varie posizioni esistenti sui differenti problemi, specificandone vantaggi e svantaggi, chiarendone i punti più complessi e controversi e usando i documenti prodotti per promuovere la cultura specifica dei cittadini e del Parlamento.Il «Comitato tribunale» è naturalmente costretto a votare, perché deve dare alla politica un unico parere, quello della maggioranza, secondo il principio della cosiddetta «bioetica normativa». Ciò è, a mio avviso, sbagliato per due motivi: perché crea graduatorie tra le diverse etiche, cosa assolutamente impropria in un paese laico, ma probabilmente considerata logica e normale negli Stati etici, quelli nei quali il libro della religione è anche il libro della legge (ma questi Paesi non hanno Comitati di bioetica); la seconda ragione per la quale è assurdo stabilire qual è la morale giusta a colpi di maggioranza riguarda la casualità con la quale questa maggioranza si forma, inevitabile conseguenza del fatto che, come ho già detto, la scelta dei membri del CNB non risponde a nessuna delle regole della democrazia. Chi è favorevole a questa scelta, mi ricorda la possibilità di accludere ai pareri ufficiali postille contenenti l'opinione di chi dissente, ma posso affermare che queste osservazioni vengono lette solo da alcuni studiosi, giornali e lettori comuni le ignorano completamente.

Il «Comitato laboratorio» compie una operazione del tutto diversa: cerca i punti di contatto tra le diverse posizioni e parte da questi per delineare le diversità, valutarle, eventualmente criticarle, comunque metterle a confronto. In questo modo rispetta tutte le culture e tutte le ideologie e si comporta in modo virtuosamente laico, lasciando alla politica il suo mestiere, che è quello di mediare e di scegliere. Il professor D'Agostino, presidente onorario del CNB, lo chiama, con una sfumatura di disprezzo, il metodo dossografico, perché evidentemente gli ricorda l'opera di Teofrasto e degli antichi scrittori che raccoglievano le dottrine e le filosofie dei filosofi greci, ma il professor D'Agostino vorrebbe trasformare i documenti del Comitato in formule dossologiche e va capito. In ogni caso nel 1990, in una delle primissime riunioni dell' appena costituito CNB, Eugenio Lecaldano ed io chiedemmo al presidente Bompiani di non votare sui problemi che avevano a che fare con scelte morali e il professor Bompiani, con raro senso dell'umorismo, mise ai voti la nostra proposta.

La critica più utilizzata contro questo metodo, quello che chiamerò per semplicità il metodo dossologico (spero che il professor D'Agostino sia soddisfatto della mia scelta delle parole) riguarda la eventualità che tra le posizioni morali incluse nei documenti ce ne possano essere di astruse, o folli, o esplicitamente immorali, almeno secondo il senso comune. Ma il Presidente del Consiglio ha fatto le sue scelte personali, ha indicato una trentina di persone delle quali vuole conoscere l'opinione, dimenticando tra l'altro sistematicamente di inserire un valdese o un buddista, riceverà le informazioni che quelle persone decideranno di fargli avere, non altre, nessuno certamente si farà paladino della pedofilia. Se ricordo bene questo è stato uno dei primi argomenti di discussione dell'attuale Comitato, oggetto di uno scritto al Presidente di Demetrio Neri e di una mia richiesta verbale, argomento purtroppo restato a mezz'aria, come tutte le cose che è sgradevole esaminare.

Le conseguenze della scelta del CNB di comportarsi come un tribunale sono sotto gli occhi di tutti e non sono certamente positive. È stato il CNB a dare inizio a questa «dittatura dell'embrione» ed è il CNB il responsabile dell'attuale ostilità, preconcetta e stupida, nei confronti della ricerca sulle cellule staminali embrionali. Adesso che Mario Capecchi è stato premiato con il premio Nobel per i suoi studi in questo specifico settore dovrebbe essere chiaro a tutti che qualsiasi cosa accada in avvenire, è questa la ricerca che ha fornito il maggior numero di informazioni scientifiche e che ha consentito ai ricercatori che si occupano di staminali adulte di progredire con straordinaria rapidità. A me però è sempre stato detto che in questi casi di «complicità», quando è provata la «cooperatio ad malum», un buon cristiano non può avvalersi di quanto una ricerca apparentemente ineccepibile sul piamo etico gli può regalare. Significa che se domani fosse possibile guarire la leucemia con farmaci prodotti con le staminali «buone» i cattolici non potrebbero usarli per i loro figli perché c'è stata contaminazione con la linea di ricerca «cattiva». C'è qualcuno che ci crede? E perché dal CNB non è mai uscito un rigo su questi temi?

Concludo. Il Comitato di bioetica ha recentemente e faticosamente approvato una mozione contro la compravendita di oociti e molti dei suoi membri si sono espressi criticamente (molto criticamente) nei confronti della decisione dell'Autorità britannica per l'embriologia e la fertilità di valutare progetti di ricerca su embrioni ibridi uomo-animale. Un membro di questa Autorità, Emily Jackson, e il direttore del laboratorio di ricerca sulle staminali del King's College di Londra, Stephen Minger, saranno a Roma il 15 e il 16 ottobre su invito dell'associazione Luca Coscioni per discutere di questi temi. Che ne dicono i membri cattolici del CNB di partecipare a queste due riunioni per cercare un confronto pacato? Possibile che la scelta ricada sempre sull'invio di dichiarazioni poco civili ai giornali cattolici? Ripaga?

Pubblicato il: 10.10.07
Modificato il: 10.10.07 alle ore 8.47   
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Il dibattito aperto da Mori prosegue (30 ottobre 2007)

Laicità, il metodo che consente la convivenza di diverse ideologie
di Carlo Flamigni*


Maurizio Mori, nella sua attenta e intelligente analisi dei rapporti tra religione e politica ( sono personalmente convinto che la morale ha ben poco a che fare con questo difficile dialogo) ha posto con la sua consueta concretezza il problema della “mediazione”. Poiché ho inutilmente tentato, per quasi 20 anni, di proporre mediazioni nel campo della bioetica e sono stato sistematicamente preso a calci sia dalla Chiesa cattolica romana ( forse è più giusto dire dal Magistero cattolico) che dal mio defunto partito, vorrei tentare di dare un contributo a questa discussione.
Mi chiedo anzitutto se esista veramente qualcuno disposto a iniziare questo dialogo, a dar corpo a una sorta di trattativa preliminare, e non sono sicuro di saper rispondere. Spero solo che qualcuno non pensi di poter identificare questo ipotetico interlocutore nel Vaticano, l’ipotesi mi sembra assolutamente priva di consistenza. Ricordo – ma so che si tratta di cosa nota – il contenuto di una conferenza tenuta dall’attuale pontefice ai parlamentari cattolici europei, un discorso al quale  ci si riferisce quasi sempre come alla “teoria del non possumus”. In quella circostanza il pontefice disse ai parlamentari intervenuti come fosse loro preciso dovere non arretrare mai di un solo passo quando erano in discussione i temi “eticamente sensibili”, e in particolare  quelli relativi all’inizio e alla fine della vita, alla dignità della procreazione e alla famiglia, sui quali un cattolico non può assolutamente mediare né accettare compromessi. Si tratta, e lo sa chi conosce  le posizioni molte volte assunte da Ratzinger, di una conclusione inevitabile: è, ancora una volta, l’etica della verità, privilegiata anche dopo averne dovuto constatare il carattere conflittuale e la complessiva impopolarità, molto diffusa anche e soprattutto tra quei  cattolici identificati da Prini come autori di una sorta di  scisma sommerso , una devianza che sembrava rispondere alle esigenze del buon senso e della storia.
Posso accettare e posso persino comprendere la grande presunzione che si cela dietro l’etica della verità, una tentazione alla quale è difficile resistere se si ritiene di essere portatori di una luce e si è convinti che  questa fiaccola, l’unica che illumini le tenebre tra le quale brancola l’uomo, sia stata accesa direttamente da Dio. Il problema sta nel fatto che questa luce dovrebbe illuminarci il cammino non tanto, o non solo, verso la salvezza, ma anche verso una casa comune, rifugio di tutti coloro che credono in questa verità rivelata e  ispiratrice diretta di tutte le norme alle quali dovremmo adeguare  i nostri comportamenti. Tutto ciò mi crea una notevole confusione: in realtà vedo la casa della quale mi parlano, sono costretto a obbedire alle norme giuridiche che riesce a dettare al mio Paese, ma mi sembra assai più un mercato che  un tempio e francamente non la definirei proprio come il contenitore privilegiato di una unica verità. Debbo fare, per chiarire questo punto, alcuni esempi.
Richiamo anzitutto la vostra attenzione sull’ipotesi relativa all’inizio della vita personale che il Magistero cattolico identifica (oggi, pochi anni or sono la definizione era diversa) nella attivazione dell’oocita ( anche perché più indietro di così non si può andare, si finirebbe nelle gonadi dei cittadini). Sostenere questa posizione è molto difficile: per farlo, i bioeticisti cattolici hanno smesso di discutere sulla definizione di persona, in realtà troppo controversa, e si sono rivolti alla biologia, ignorando persino le raccomandazioni dello stesso Ratzinger e del Donum Vitae nel quale potete trovare un esplicito invito a questa disciplina scientifica a non immischiarsi in cose che non la riguardano. Sono personalmente molto d’accordo con questa raccomandazione: i padri della biologia, a cominciare da Claude Bernard,  hanno sempre sostenuto di voler rimanere estranei a definizioni come quelle relative alla vita e al mistero che la circonda. Ma i bioeticisti cattolici, che amano definirsi laici e razionali, trovano grande conforto nell’individuare un sostegno, alle loro razionali e laiche teorie metafisiche, nella scienza: ma siccome sono, oltre che laici e razionali, anche straordinariamente dotati di fantasia, sono riusciti a formulare, sull’inizio della vita personale, almeno otto differenti teorie, secondo le quali, per trovare “uno di noi”, bisogna guardare all’oocita penetrato, all’ootide, allo zigote, alla blastocisti, alla linea embrionaria primitiva, e ad altre strutture che vi risparmio per evitare complesse e noiose definizioni. A sostegno di queste ipotesi potete trovare i nomi di teologi, bioeticisti e principi della Chiesa, nomi illustri di uomini di ingegno: che io sappia, d’altra parte, nessuna di queste teorie è stata condannata, anche se immagino che si tratti comunque di fratelli che sbagliano, perché non credo che l’etica di Ratzinger contempli verità molteplici. Errata o meno che sia, ognuna di queste ipotesi pretende di avere il conforto della biologia, e questo ve la dice lunga  sulla razionalità di queste costruzioni teoriche.
Ci sono dunque molte fiaccole accese, dentro alla casa comune, anche se dobbiamo ammettere che si tratti, per lo più, di fuochi fatui. Si tratta comunque di un dignitoso confronto di opinioni, che confonde un po’ l’osservatore esterno ma che non merita particolari critiche.  Ma è proprio sempre così?
Il Paese europeo che viene considerato da tutti come il più rigorosamente cattolico è certamente l’Irlanda, una nazione nella quale l’episcopato ha sempre interferito con l’amministrazione della cosa pubblica, condizionandola nelle stesura delle norme relative a  problemi etici fino a farle inserire dei veri e propri proclami religiosi all’interno dalla Costituzione. L’Irlanda è ormai l’unico Paese, in Europa, che  condanna l’interruzione volontaria della gravidanza, esclusa persino nelle circostanze nelle quali è a rischio la salute della madre, e ciò anche in virtù di una norma costituzionale che assicura alla vita nascente protezione assoluta sin dal momento del concepimento. Nel 2002 il Governo irlandese, per ragioni troppo lunghe da spiegare, ha cercato di portare qualche modifica alla legge e, per farlo, ha proposto di modificare quel particolare articolo della Costituzione: protezione sì, ma non più a partire dal concepimento, ma soltanto dall’impianto in utero.
Questa modifica, apparentemente di scarsa importanza, in realtà comporta conseguenze di straordinario rilievo: ad esempio, abbandona l’embrione in provetta al suo destino, il che significa un implicito consenso alle sperimentazione e alla produzione di cellule staminali embrionali e alle indagini genetiche pre-impiantatorie.: insomma, una posizione in aperto contrasto con quella della Chiesa cattolica romana e un omaggio al “personalismo relazionale” sostenuto da una parte del mondo protestante.
Poiché tutte le modifiche della Costituzione debbono avere l’approvazione del popolo, nel 2002 è stato indetto un referendum (vi anticipo che la modifica della costituzione non è stata approvata) e si sono subito delineati gli schieramenti: contrari i cattolici più  intransigenti; favorevoli , oltre a una parte dei partiti politici che sostenevano il governo, con grande sorpresa generale, tutti i vescovi, persino quelli ausiliari.
Come vi ho anticipato, il referendum si è concluso con una risicata vittoria di chi voleva mantenere la versione originale dell’articolo. Forti di questa vittoria, i giornali cattolici irlandesi più intransigenti hanno attaccato l’episcopato, accusandolo di aver stipulato un (vergognoso) contratto con il governo: in cambio di un esplicito appoggio politico  il governo si sarebbe addossato il carico – per niente indifferente – dei rimborsi dovuti a un enorme numero di famiglie dei bambini che , soprattutto tra il 1950 e il 1970, erano stati violentati da sacerdoti cattolici, uno scandalo emerso con incredibile ritardo e che aveva già notevolmente minato la credibilità dell’episcopato, colpevole di avere coperto i responsabili per oltre vent’anni.
Ebbene, di tutta questa storia e, in particolare di questa posizione eretica relativa all’inizio della vita personale, non ho trovato alcuna traccia nei giornali cattolici italiani, che attualmente, con grande impudenza, stanno plaudendo alle posizioni anti-abortiste degli irlandesi, alcun giudizio critico, niente . Siamo tutti uomini di mondo, è vero, inutile atteggiarsi a verginelle e fingere di indignarsi, nel nostro paese succede di peggio, ma è almeno legittimo affermare che quella splendida casa comune che ospita quanti sono stati illuminati dalla luce della verità (compresi i vescovi irlandesi) adesso ci sembra un po’ più simile a un mercato? Illuminato, è vero, ma esistono supermercati luminosissimi.
E come se la cava, l’etica della verità, questo presunto monolite, con la storia e con il buon senso? Anche qui, i guai sono molti e molto complessi, come potrete desumere dall’esempio che segue.
E’ noto a tutti che l’ultimo premio Nobel per la medicina è stato assegnato a un ricercatore che ha dedicato gran parte della sua vita scientifica allo studio delle cellule staminali embrionali. Non voglio riaprire qui l’annosa e ormai inutile diatriba sul primato di questa o di quella cellula, ma penso che non esistano ormai più dubbi sul fatto che  la ricerca sulle staminali embrionali abbia consentito fondamentali progressi a tutto il settore. Si è così configurata, per i teologi cattolici,  una cooperatio ad malum , quella sorta di complicità tra ricerca lecita e ricerca illecita che rende la prima altrettanto inaccettabile quanto la seconda. Le conseguenze di questa inevitabile tracimazione di informazioni e di scoperte sono altrettanto inevitabili: se in un avvenire più o meno lontano gli studi sulle staminali adulte dovessero avere successo, e consentire, ad esempio, di curare con successo una malattia sistemica attualmente mortale, un buon cattolico non dovrebbe tenerla in alcun conto, trattandosi del risultato di una ricerca immorale perché contaminata. Provate a fare una rapida inchiesta tra i genitori (cattolici) di bambini gravemente ammalati e mi saprete dire quanti di loro sono disposti a optare per la dolorosa ( ma pia) rassegnazione. Deve esserci da qualche parte un nome che definisce le norme così prive di buon senso da risultare stupide.
Dunque, con questa parte dell’universo cattolico mi sembra proprio impossibile dialogare; e non essendo personalmente adatto al commercio, temo che anche le vie non ufficiali mi siano precluse. Ma il mondo cattolico non è, per fortuna, soltanto questo, esistono comunità che hanno privilegiato un’etica diversa, che definisco per semplicità l’etica della compassione, che molti laici si sentono di condividere.
A questo punto è però opportuno aprire una nuova discussione, perché non mi è del tutto chiaro il tipo di dialogo che  dovremmo aprire con queste persone. Per il momento, mi limito a due diverse ipotesi.
Potremmo anzitutto proporre l’applicazione piena del principio di laicità, inteso come metodo utile per consentire la convivenza di differenti ideologie e di diverse filosofie. Uno stato laico dovrebbe garantire libertà di religione e di culto considerando in linea di principio tutti i convincimenti su un piano di uguale libertà, senza mai istituire, nei loro confronti, né un sistema di privilegi né un sistema di controlli, senza mai nulla concedere a quelle forme di potere che si sono costituite secondo regole non democratiche ( penso all’Opus Dei e alla massoneria).  La capacità di mediazione di questa scelta è evidentemente modesta, capace forse di trasformare i contrasti in divergenze, ma incapace di costruire una società omogenea e con l’inevitabile rischio di costruire società contigue, incapaci di assottigliare le proprie diversità, tendenti a una crescita non uniforme  e separata. In alternativa, penso alla mediazione costante e puntuale su tutti i principi “non ultimi”, possibile solo in assenza di posizioni protette da qualche tipo di dogma, impermeabili al dubbio, per la quali ogni forma di mediazione è evidentemente impossibile., qualcosa che assomigli all’isola per stranieri morali proposta da Tristam Engelhardt.
Non è marginale, nell’analisi di queste diverse possibilità, il ruolo che dovrebbe essere affidato al Comitato Nazionale per la Bioetica, il problema che è alla base dei recenti dissidi che hanno turbato la vita del Comitato stesso. Fino ad oggi la scelta del CNB è stata quella di comportarsi come un piccolo parlamento, che sceglie, a colpi di maggioranza, le verità morali sulle quali il Parlamento vero dovrebbe costruire le proprie norme giuridiche quando si tratti di materie eticamente sensibili. Il Comitato, che non è un organismo eletto e che non vedo come possa stabilire al proprio interno l’esistenza di una maggioranza, dovrebbe capire che scegliere tra differenti opzioni morali è piuttosto diverso da un concorso di bellezza, e che se si può accettare che esista una ragazza più bella delle altre, è per lo meno stupido immaginare che esistano regole morali  migliori in assoluto, una follia degna dei più arretrati tra gli stati etici. Il compito del CNB dovrebbe essere quello di comportarsi come un laboratorio e di preparare i suoi documenti secondo i criteri dell’etica descrittiva, affidando poi alla politica il compito di mediare e di scegliere. E’ su questa capacità di mediazione che si dovrebbe poi misurare la laicità di uno stato, che dovrebbe trovare soluzioni capaci di evitare il disordine senza ferire le sensibilità, attentare ai diritti, incoraggiare la separazione e il rancore.

Componente il Comitato Nazionale di Bioetica e il Comitato Promotore di Sd

da sinistra-democratica.it

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L'embrione dell'Avvenire

Carlo Flamigni


Non dico di essere commosso, ma certamente sono molto colpito dall’entusiasmo che alcuni commentatori cattolici dimostrano nel presentare, su Avvenire e su altri giornali, le ultime novità della ricerca sulle cellule staminali. Si è letteralmente messa in moto una gioiosa macchina da guerra (che importanza ha che si tratti solo di soldatini di latta? Importanti sono l’entusiasmo e la buona fede), e la fresca ingenuità degli articoli fa passare in secondo piano il fatto che questa stampa cerchi di ammannirci un numero incredibile di inesattezze, che ignori alcuni dei punti più importanti della questione, che citi solo quello che conviene, insomma, che rappresenti un esempio luminoso del giornalismo più indecoroso e insincero.

Un signore che non conosco, tale Luc Volonté, ha persino scritto che a questo punto dovrei chiedere scusa agli italiani (a tutti? anche agli embrioni?). Il signor Volontè, che immaginavo di origini francesi, è invece un italiano che sa poco di biologia e del quale si cita una iniziativa contro un fantomatico «Monte dei Maschi di Siena», la maggiore banca del seme italiana (ma secondo me è una calunnia). A mio avviso dovrebbe chiedere scusa lui all’italiano per aver usato la parola «occisivo» alludendo alla fecondazione assistita.

Riassumo per i meno attenti. Tutti ricorderanno la diatriba che riguarda le cellule staminali, i cattolici appassionatamente dedicati a sostenere la ricerca sulle staminali “adulte” e a ricordarci con tediosa insistenza che l’embrione è uno di noi, che la ricerca sulle staminali embrionali sacrifica migliaia di esseri umani, magari un po’ piccoli, ma sempre uguali a noi esseri umani adulti, gli altri a sostenere che le cellule staminali embrionali sono, tra tutte, le più dotate della potenza indispensabile per trasformarsi in cellule dei più diversi tessuti. Tra le molte critiche che i bioeticisti cattolici hanno avanzato nei confronti dell’impiego delle staminali embrionali, ne cito al momento solo una: si tratta di esperimenti pericolosi perché nella loro attività proliferativa le staminali embrionali comprendono anche un possibile sviluppo di tumori.

Ora, scienziati di due differenti équipes, una giapponese e una americana, hanno ottenuto cellule staminali molto simili a quelle embrionali partendo da linee cellulari adulte prelevate dalla pelle (quindi non da cellule staminali) sia umana che di animali da esperimento. Per ottenere questo risultato hanno inserito nelle cellule le copie di quattro geni (presenti nel corso dello sviluppo embrionale, ma inattivi nelle cellule differenziate adulte) affidati a un retrovirus che si è comportato da vettore. Una volta riattivati, i geni hanno ricostituito nelle cellule una condizione di pluripotenza indistinguibile da quella delle cellule staminali embrionali, consentendo loro di trasformarsi nelle cellule di qualsiasi tessuto umano. Nella sperimentazione fatta sul topo, queste cellule sono state trasferite all’interno di una blastocisti (un embrione giunto al quinto giorno di sviluppo) e hanno contribuito alla formazione di topi chimerici, essendo presenti persino nelle cellule germinali.

Leggere i titoli dei giornali cattolici è una vera esperienza di vita: «Scienza, uccidere non serve»; «Spazzato via l’alibi di chi distrugge embrioni»; «È ideologico perseverare sugli embrioni». La lettura degli articoli è ancora più appassionante: si va da un benevolo «Chi insiste su questa strada lo fa per interessi diversi da quelli scientifici» a un ingenuo «Bye Bye Dolly», apprezzabile perché supplisce alla scarsa cultura con un simpatico entusiasmo.

Poi uno va a leggere un po’ meglio i resoconti e le interviste, e scopre che sia il giapponese (Yamanaka) che l’americano (Thomson) hanno dichiarato che questi progressi della ricerca scientifica non tolgono nulla all’importanza delle ricerche sulle cellule staminali prelevate dagli embrioni, che continueranno; scopre che entrambi affermano che questi sono risultati preliminari e che bisogna avere molta pazienza prima di poter dare per dimostrato che esiste una applicazione pratica di queste scoperte; che queste cellule hanno la capacità di indurre la comparsa di tumori (ma non era il più straordinario degli ostacoli all’uso delle cellule staminali embrionali fino a ieri?); che bisogna ancora apprendere come poter distinguere con certezza le cellule staminali embrionali da quelle create grazie al nuovo metodo scientifico; che non è ancora sufficientemente chiaro se queste cellule siano analoghe a quelle prelevate dalla massa cellulare interna della blastocisti (in questo caso sarebbero pluripotenti) o piuttosto simili ai blastomeri delle morule (e in questo caso si tratterebbe di cellule totipotenti, cioè di embrioni, e allora che cavolo mi state a raccontare? siamo punto e a capo).

A me sembra che la cosa più interessante che risulta da queste ricerche è il riconoscimento della fondamentale importanza delle cellule staminali embrionali, comunque ottenute: la ricerca sulle cellule staminali embrionali è più importante di quella sulle staminali adulte. Quale sarà poi il miglior metodo per ottenerle, lasciamo che ce lo dica il tempo, i ricercatori si adegueranno alla sperimentazione più semplice e meno costosa, nessuno di loro è matto e anche i Frankestein, all’interno del loro sparuto gruppo, sembrano distratti da altre preoccupazioni (capire per esempio dove sono andati a nascondersi tutti quegli uomini politici e quegli scienziati che hanno sempre cercato di sostenere le loro - legittime - riserve etiche raccontando in giro che la ricerca sulle staminali embrionali non serviva a niente e che era più che sufficiente quella sulle staminali adulte).

Vorrei comunque alcuni chiarimenti, da questi simpatici festaioli (è generico, tra loro ci sono anche distinte signore). Anzitutto vorrei conoscere le ragioni di tanta sorpresa e di tanti elettrizzati peana di vittoria: se non ricordo male il professor Vescovi, aveva già superato tutti i motivi di questi contrasti etici quando (Science, 1999) aveva dichiarato di poter trasformare le cellule staminali adulte del cervello in sangue, avendo scoperto che le adulte erano altrettanto pluripotenti quanto le embrionali al punto da rendere queste ultime inutili. In ogni caso, se questa è la via da seguire, quella da chiudere con urgenza è la strada lastricata d’oro del trapianto di cellule staminali adulte prelevate da aborti spontanei, mai caratterizzate, mai validate, sulle quali i ricercatori cattolici e gli atei compunti sembrano insistere tanto. In terzo luogo, vorrei tanto sapere come mai non ha più nessuna importanza, per tanti bravi cattolici, la famosa cooperatio ad malum in nome della quale, fino a non molto tempo fa, venivo brutalmente zittito nei pubblici dibattiti. Capisco che la cosa può sembrare misteriosa, ma non è così, ve la spiego rapidamente. Questo concetto si basa sul principio della cosiddetta complicità indiretta: se qualcosa deriva da una catena di eventi che inizia con un atto moralmente eccepibile, tutti i suoi anelli sono macchiati dalla immoralità originaria, non importa quanto grandi siano i benefici e indipendentemente dal fatto che l'atto immorale iniziale sia stato o no condannato da chi ha potuto fruire di questi vantaggi, perché l’immoralità, il disvalore, si trasferisce dal primo atto eticamente condannabile a tutti gli atti successivi. È possibile che questo trasferimento di colpa implicita si arresti in un qualsiasi stadio della catena di indagini, così che da quel momento in avanti chi trae vantaggio dai risultati possa essere considerato esente da colpe morali? Non ne sono sicuro, ma immagino che la risposta dipenda da molte cose, come la gravità dell’atto, il carattere determinante della cooperazione, la natura dei benefici e il fatto che essi siano così importanti da incoraggiare la ripetizione dell’atto immorale iniziale. In ogni caso, ritengo che sarebbe immorale utilizzare una conquista scientifica che si fosse basata su ricerche eseguite dai criminali tedeschi nei campi di concentramento. In ogni caso, la Pontificia Accademia per la vita ha condannato non solo la possibilità di utilizzare le cellule staminali embrionali, ma anche la loro progenie cellulare e ciò perché esiste «cooperazione materiale prossima nella produzione e nella manipolazione degli embrioni umani da parte del produttore o fornitore»: è complicità indiretta, cooperatio ad malum.

Che nessuno per favore mi venga a raccontare che gran parte delle conoscenze che hanno consentito a Thomson e a Yamanaka di ottenere i risultati dei quali discutiamo non derivano da studi eseguiti sugli embrioni, studi dei quali Thomson è particolarmente esperto, studi che Yamanaka continuerà a condurre per accumulare ulteriori conoscenze. Quindi, come la mettiamo? Uccidere non serve (forse) più, abbiamo già dato? O la religione cattolica ha deciso di adeguarsi, di non prendere troppo di petto questo mondo inquieto e incerto e di inserire, tra i propri comandamenti, anche un bel “scurdammoce o’ passato”?

Leggo, tra le richieste dei bioeticisti cattolici, anche quella di sospendere i finanziamenti delle ricerche sulle staminali embrionali (ma non è un suicidio? Anche quelle di Yamanaka sono, adesso, staminali embrionali!), ma su questo punto ritornerò, ho bisogno di spazio. Per il momento mi limito a riproporre ai bravi cattolici la questione che ho già presentato loro in un precedente intervento su questo giornale: come mai i vescovi irlandesi si sono dichiarati tutti favorevoli a modificare la norma costituzionale che prevede la protezione dell’embrione a partire dal concepimento spostando l’inizio di questa tutela al momento in cui l’embrione si impianta? In altri termini, come mai i buoni vescovi irlandesi hanno scelto di privare di protezione l’embrione fuori dal grembo materno, autorizzando implicitamente la produzione di cellule staminali dalla blastocisti e altre consimili porcherie? Non ci saranno, in seno al Vaticano, eretici e miscredenti che si sono lasciati contagiare da queste o da altre teorie diaboliche? Non sarebbe poi così strano, tutte le dittature creano qualche forma di resistenza, perché la dittatura dell’embrione dovrebbe fare eccezione?


Pubblicato il: 23.11.07
Modificato il: 23.11.07 alle ore 13.05   
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