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Autore Discussione: JACOPO PASOTTI. Quando arriva il terremoto?  (Letto 3159 volte)
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« inserito:: Maggio 31, 2012, 04:47:11 pm »

LA SCHEDA

Quando arriva il terremoto?

Nessuno ora può prevederlo

Malgrado gli sforzi della comunità scientifica mondiale, il fenomeno naturale resta imprevedibile.

Il perché lo spiega Gianluca Valensise, geofisico dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia italiano (INGV)

di JACOPO PASOTTI


GLI EVENTI del 20 e del 29 maggio in Emilia 1 hanno dato origine alle più strane congetture sulle cause dei sismi. Idee, fantasie, timori ed anedotti che si intrecciano a scampoli di scienza, fantascienza e pseudoscienza. La realtà è che malgrado gli sforzi della comunità scientifica mondiale, i terremoti rimangono un fenomeno naturale imprevedibile. Il perché lo spiega Gianluca Valensise, geofisico dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia italiano (INGV).
 
Valensise, molti si chiedono quale aspetto si può prevedere dei terremoti.
"Oggi riusciamo a prevedere dove sono le faglie che possono dare terremoti distruttivi, la magnitudo massima attesa e un quadro dello scuotimento atteso. E questo include sia l'accelerazione attesa al bedrock sia le eventuali amplificazioni dovute a diversi aspetti nella forma e nella geologia dei siti. Per esempio l'origine dei due forti terremoti del 20 e 29 maggio erano ben identificate da anni nella nostra banca dati. Su questa base riusciamo anche a prevedere con buona approssimazione l'altezza dell'onda di maremoto che si può generare a seguito di un terremoto e come questa si propagherà (sia in termini di velocità che di altezza con cui l'onda inciderà sulle diverse coste)".

Cosa è invece che non si può prevedere dei terremoti?
"Sicuramente l'istante di accadimento esatto. Ma anche il solo fatto che possano verificarsi: in altre parole, esistono ancora tipi di faglie di cui non sappiamo nemmeno l'esistenza, ad esempio perché cadono in mare o perché sono "cieche". Questo sarebbe il caso anche della Pianura Padana, se non fosse per la formidabile conoscenza acquisita nei decenni dell'esplorazioni petrolifera".

Perché, dopo tanti studi i geologi non possono ancora prevedere quando avviene un terremoto?
"Innanzitutto il geologo è comunque una figura professionale inadatta a esprimersi sul "quando". Al geologo bisogna chiedere grandezze e valutazioni in linea con gli strumenti a sua disposizione, che sono l'osservazione diretta della geologia, della tettonica e delle geomorfologia, l'analisi di dati di sottosuolo, la datazione dei fenomeni di deformazione attiva".

Comunque presto o tardi si arriverà a poter prevedere con precisione il dove, l'intensità e il quando un terremoto può avvenire, o no?
"No, non vedo questo traguardo raggiungibile nei prossimi due o tre decenni almeno. Anche perché nel frattempo molte agenzie internazionali hanno drasticamente ridotto il finanziamento dedicato ai precursori sismici preferendo focalizzarsi su altre ricerche più "solide" (per non parlare della ricerca in sismologia applicata, che giustamente oggi privilegia - ad esempio - gli studi sulla risposta sismica)".

Nei documenti degli istituti scientifici si parla di "faglie", che poi sarebbero le zone da cui si sprigiona un evento sismico. Non sono convinto che tutti sappiano di cosa parliamo, ci puoi spiegare?
"La faglia è una frattura della crosta terrestre lungo la quale due blocchi di roccia possono scorrere tra loro, se sollecitati dalle forze tettoniche. Lungo il piano di faglia normalmente esiste un certo attrito: l'accumulo di sforzo può portare al superamento di quell'attrito e quindi al movimento dei due blocchi, ovvero al terremoto, con liberazione di energia sismica e deformazione delle rocce circostanti. Le faglie possono avere dimensioni molto variabili, dal millimetro, ai 1000 km della faglia di Sant'Andreas, alle migliaia di km delle zone di subudzione del Pacifico".

E questo per il mondo. In Italia?
"In Italia le faglie sismogenetiche (cioè che possono originare terremoti) sono mappate in un database, che per ognuna ipotizza anche una magnitudo massima attesa e un valore di dislocazione (che dà il tempo di ricarica della faglia e quindi in ultima analisi quantifica la frequenza con cui si muoverà). In generale esistono grandi faglie sismogenetiche lungo il piede delle Alpi meridionali tra la Lombardia e il Friuli, al piede dell'Appennino sotto la Pianura Padana e l'Adriatico, lungo tutto l'asse dell'Appennino fino allo Stretto di Messina, in Sicilia orientale, nel Gargano e nel Tirreno meridionale".

Poi ci sono i cosiddetti "effetti di sito", ovvero le caratteristiche locali del terreno e la morfologia. Quali terreni sono a maggior rischio?
"A partire dal forte terremoto di Città del Messico del 1985 si è iniziato a mettere a fuoco seriamente gli "effetti di sito", ovvero effetti di amplificazione del moto del suolo dovuti a particolari condizioni della geologia superficiale. Tra queste condizioni vi è l'esistenza di sedimenti sciolti sovrapposti a un basamento più rigido, come avviene tipicamente nelle valli fluviali. In questo caso al passaggio dalla roccia più dura ai sedimenti sciolti si determina un forte aumento di ampiezza delle onde stesse e una tendenza di tutto il corpo sedimentario a entrare in riconanza, con l'effetto di aumentare sia l'intensità dello scuotimento sia la sua durata".

(30 maggio 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/scienze/2012/05/30/news/ecco_perch_non_si_possono_prevedere_i_terremoti-36254051/?ref=HREA-1
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