Arlecchino
Oggetto del messaggio: LA SINISTRA VUOLE IL CAOS NEL CENTROSINISTRA DI RENZI...
MessaggioInviato: gio giu 12, 2014 17:42 pm
Caos riforme, 14 senatori Pd si autosospendono.
Renzi: è un bivio, non lascio Paese in mano a Mineo
Bufera nel gruppo dem dopo l'allontanamento del parlamentare dalla commissione di Palazzo Madama che lavora sulle riforme. Esautorato anche Chiti, primo firmatario del ddl alternativo al progetto renziano di modifica del Senato: "Se vogliono, mi cacciano. Rischio autoritarismo". Accuse alla Boschi: "E' lei che blocca l'iter e privilegia la sua vanità". Il premier: non molliamo di un centimetro, nessuno ha diritto di veto
12 giugno 2014
ROMA - E' bufera nei democratici a Palazzo Madama. Quattordici senatori Pd si autosospendono dal gruppo dem dopo la sostituzione dei colleghi Vannino Chiti e Corradino Mineo in commissione Affari costituzionali, dove l'iter delle riforme ha preso il via nelle scorse settimane ma non senza problemi. Ad annunciare la mossa collettiva (prima 12, poi 13 e poi 14 parlamentari) è il senatore Pd, Paolo Corsini. In aula, infatti, Corsini ha letto un documento in cui è scritto: "La rimozione dei senatori Chiti e Mineo, decisa ieri dalla presidenza del gruppo, rappresenta un'epurazione delle idee considerate non ortodosse". Più avanti, Chiti rincarerà la dose nel parlare di "rischio di un partito plebiscitario e autoritario. Se vogliono mi cacciano".
La replica, durissima, arriva da Matteo Renzi che, rientrando in Italia dalla missione in Asia, si prepara a dare battaglia all'assemblea del Pd che avrà come scenografia un enorme 40,8 a fare da sfondo: il Pd è davanti a un bivio - dice - e "non ho preso il 41% per lasciare il futuro del Paese a Mineo". Ancora da Pechino, il premier aveva detto: "Non molliamo di un centimetro. Non lasciamo a nessuno il diritto di veto. Conta molto di più il voto degli italiani che il veto di qualche politico che vuole bloccare le riforme. E siccome conta di più il voto degli italiani, vi garantisco che andremo avanti a testa alta".
Risponde pure il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, finita nel mirino degli 'esautorati': "Nessuno ha chiesto loro di autosospendersi. Dovranno essere loro a decidere se far parte del processo di riforme o fare una scelta diversa". Le fa eco il sottosegretario Luca Lotti: "Credo che 13 senatori non possono permettersi di mettere in discussione il volere di 12 milioni di elettori e non possono bloccare le riforme che hanno chiesto gli italiani. Ci aspettavamo 20 persone, sono solo 13. Mineo ha tradito l'accordo con il gruppo. Siamo un Partito democratico, non un movimento anarchico".
Tuttavia, i 'dissidenti' non mollano: "E' una palese violazione dell'articolo 67 della Costituzione - prosegue il documento letto da Corsini -. Chiediamo alla presidenza del gruppo parlamentare il necessario chiarimento prima dell'assemblea del 17 giugno. Nel frattempo i senatori si autosospendono dal gruppo Pd. Questo non potrà non avere conseguenze sui lavori parlamentari".
Per Felice Casson, le replice di Boschi e Lotti sono "una forma di ottusità". E l'esclusione di Mineo resta "un atto grave al quale va posto rimedio. Abbiamo chiesto un incontro attendiamo proposte".
Sulla querelle interviene Debora Serracchiani, vicesegretario nazionale del Pd: "Milioni di italiani ci hanno dato fiducia e noi non possiamo gettarla alle ortiche".
Mineo e Chiti sono contrari all'idea di una riforma del Senato che lo renda composto di membri non eletti, espressione delle realtà politico-amministrative territoriali attraverso la nomina da parte dei Consigli regionali, che è il cuore del progetto renziano - il testo Boschi - sposato dalla maggioranza del Pd. Chiti è il primo firmatario di una proposta alternativa, il ddl Chiti appunto, che mantiene tra le sue colonne portanti esattamente l'eleggibilità dei senatori.
La dialettica tra le due posizioni, quella della maggioranza Pd e quella guidata dai 'dissidenti' Mineo e Chiti, è andata avanti per mesi. Poi, ieri, la decisione di rimuovere Mineo e Chiti dalla commissione. Con il primo sostituito dal capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, mentre Luigi Migliavacca veniva confermato come effettivo al posto di Chiti, eletto all'Europarlamento. Nel pomeriggio, Zanda ha chiamato al telefono Chiti, considerato il punto di riferimento dei 'ribelli', per concorda un incontro di chiarimento che si terrà probabilmente nei prossimi giorni.
Nel corso della giornata, tuttavia, la questione diventa sempre più rovente, e il caso Mineo scala la classifica dei temi 'caldi' su Twitter. Il suo nome risulta al secondo posto nei trending topics, superando perfino nel social l'avvio dei Mondiali di calcio.
A intervenire nel dibattito, però, è anche Beppe Grillo. Nel giorno in cui i militanti M5S sono chiamati a esprimersi sull'alleanza in Europa con un referendum sulla Rete, il leader e fondatore del movimento attacca Renzi dal proprio blog e dice: "L'unico nel Pd a essere stato preso a calci nel sedere è stato Corradino Mineo condannato dal Pd per il reato d'opinione contro la riforma della Costituzione che Renzie ha concordato con Berlusconi e non con gli elettori Pd e cacciato dalla commissione Affari Costituzionali".
Intanto, la querelle interna al partito e al centrosinistra non si arresta: dure le reazioni all'interno del Pd. Su Radio Popolare Mineo si sfoga e insiste: "Apprezzo il Renzi politico e penso sia una risorsa, ma il renzismo-stalinismo è grave. Non era mai successo che si violasse così l'articolo 67 della Costituzione. Da parte mia nessun veto, la mia colpa è quella di aver detto che i colonnelli di Renzi, Boschi, Zanda e Finocchiaro hanno gravemente danneggiato il progetto di riforma del Senato voluto dallo stesso governo". Poi, a RaiNews24, la testata che dirigeva prima di diventare parlamentare, Mineo avverte: "Il partito è Renzi". E mette in guardia da un possibile "indebolimento" del Pd in seguito all'autosospensione dei senatori democratici. In un passaggio successivo, ai microfoni di Radio Radicale, il senatore rincara la dose contro il ministro Boschi: è lei - dice - "che blocca le riforme e privilegia la sua vanità".
Pippo Civati, a sua volta, riprende le parole del premier e controbatte sul suo blog. "Il premier dalla Cina, rinverdendo la tradizione bulgara (...) dice che non accetta veti: benissimo. Il problema è distinguere i veti (che si confondono, come in questo caso, con i propri ricatti: o così o niente) dalla libera espressione di un'opinione in campo costituzionale. Dove tutti i parlamentari sono sovrani, di più: sovranissimi. Il premier non è stato eletto in Parlamento, ma dovrebbe ricordare che la Costituzione è cosa più importante. Anche di quello che legittimamente pensa lui. Con tutto il dovuto rispetto".
E in un successivo post: "Se Renzi pensa di portare a Berlusconi lo scalpo di Mineo e di Chiti, fa un errore di valutazione: il testo Boschi passerebbe in commissione, ma non in aula, dove le perplessità riemergerebbero, a maggior ragione dopo l'umiliazione costituzionale di ieri".
Intervenendo a Coffee Break, su La7, il senatore Pd Andrea Marcucci replica: "I senatori del Pd si sono espressi in ben cinque riunioni di gruppo a favore del ddl costituzionale. La sostituzione di Mineo dalla prima commissione è la conseguenza di un principio democratico. Pochi senatori non possono bloccare le decisioni prese da una larga maggioranza. Vale più il parere del 90% del gruppo o dobbiamo bocciare le riforme perché il 10% di noi è contrario? Il voto degli elettori - conclude Marcucci - è stato inequivocabile: il Pd ha avuto un ampio mandato popolare per portare a casa le riforme".
All'esterno del Pd, le reazioni ovviamente non mancano. Spicca, ad esempio, la posizione di Luigi Di Maio, deputato M5S e vicepresidente della Camera, che scrive su Twitter: "Sulla sostituzione di Mineo e Chiti da parte del Pd dobbiamo essere intellettualmente onesti: se in un partito o gruppo parlamentare la linea politica si decide a maggioranza e successivamente in parlamento un membro del gruppo vota in dissenso, addirittura rischiando con il suo voto di sabotare la linea decisa dalla maggioranza dei suoi colleghi, è giusto che vengano presi provvedimenti".
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http://www.repubblica.it/politica/2014/ ... ref=HREA-1
Arlecchino
Oggetto del messaggio: Non HA preso il 41% per lasciare il futuro del Paese a Mineo
MessaggioInviato: gio giu 12, 2014 17:46 pm
Scontro sulle riforme
Scossone nel Pd, 13 senatori si autosospendono dopo il caso Mineo
Il premier indignato: «Non ho preso il 41% per lasciare il futuro del Paese a Mineo»
Di Redazione Online
Tredici senatori del Pd si sono autosospesi dal gruppo parlamentare in seguito all’allontanamento di Corradino Mineo dalla commissione Affari costituzionali del Senato che si sta occupando delle riforme. Lo ha annunciato il senatore Paolo Corsini in Aula a Palazzo Madama poco dopo le 11.30 di questa mattina. Mineo, ex direttore di Rai News 24 da tempo manifestava la sua contrarietà all’impianto del cosiddetto Italicum, la nuova legge elettorale il cui impianto era stato concordato fra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi nello storico incontro al Nazareno, e sulla riforma del Senato. Il suo voto nella commissione Affari Costituzionali poteva essere decisivo e questo ha influito sul suo allontanamento. Una mossa che non è piaciuta a quella parte del Pd che fa capo alla minoranza che parla di «epurazione delle idee non ortodosse» e di «palese violazione della nostra Carta fondamentale». «Chiediamo dunque alla presidenza gruppo Parlamentare un chiarimento», ha sottolineato Corsini, già sindaco di Brescia e parlamentare di lungo corso. Che spiega come il numero potrebbe anche crescere nelle prossime ore. Indignata la reazione del presidente del Consiglio: il Pd è davanti a un bivio, «non ho preso il 41% per lasciare il futuro del Paese a Mineo». Così Matteo Renzi, rientrando in Italia dalla missione in Asia, si prepara a dar battaglia all’assemblea del Pd che avrà come scenografia un enorme 40.8 come sfondo.
I «dissidenti» e i numeri in Aula
I senatori autosospesi sono, per ora, Felice Casson, Vannino Chiti, Paolo Corsini, Erica D’Adda, Nerina Dirindin, Maria Grazia Gatti, Sergio Lo Giudice, Claudio Micheloni, Corradino Mineo, Massimo Mucchetti, Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci e Renato Turano». I senatori chiedono «chiarimenti» al capogruppo, Luigi Zanda, prima dell’assemblea del gruppo che si terrà il prossimo 17 giugno. La presa di posizione dei 13 non potrà essere ignorata da Renzi e dal gruppo dirigente del partito, anche perché da un punto di vista numerico la situazione rischia di complicarsi. La maggioranza al Senato è di 161 (il plenum è composto dai 315 membri più cinque senatori a vita); lo scorso 25 febbraio il governo Renzi ottenne la fiducia con 169 «sì». Qualora i «ribelli» decidessero di mettersi di traverso, il premier avrebbe la certezza di soli 156 voti, cinque in meno della soglia di maggioranza.
Renzi: «Contano i voti, non i veti»
Intanto dalla Cina il premier Matteo Renzi proprio questa mattina aveva detto: «Noi non lasciamo a nessuno il diritto di veto: conta molto di più il voto degli italiani che il veto di qualche politico che vuole bloccare le riforme. E siccome contano di più i voti che i veti, vi garantisco che noi andiamo vanti a testa alta». Renzi è tornato sulla questione delle riforme dopo lo scivolone di mercoledì in Parlamento e il ko della maggioranza sulla responsabilità civile dei giudici. «Non ho mai posto un veto - ha precisato Mineo -, voglio la riforma del Senato quanto Renzi. La vorrei migliorare solo un po’. È assurdo che ci si accusi mentre alla Camera ci sono deputati che minano la maggioranza sulla responsabilità civile dei magistrati, stando dalla stessa parte di Berlusconi».
«L’Italia smetta di dividersi»
Renzi è poi ripartito alla volta di Astana, in Kazakistan, ultima tappa del suo tour asiatico. Ma prima di lasciare la Cina, agli imprenditori italiani ha consigliato di puntare «in alto». «Noi, da parte nostra, vi garantiamo che non molliamo di mezzo centimetro, di una virgola». «Non ne possiamo più di un’Italia rannicchiata, impaurita, c’è fame di Italia nel mondo e noi dobbiamo fare di più. Dobbiamo smettere di dividerci e fare finalmente gioco di squadra. Noi andremo avanti a testa alta». «Tocca all’Italia smettere di dividersi e fare finalmente gioco di squadra» ha detto ancora il presidente del Consiglio. «Il premier dalla Cina, rinverdendo la tradizione bulgara, rivendica la decisione di ieri, che inizialmente era stata attribuita a Zanda e al gruppo del Senato», ha però commentato sul suo blog Pippo Civati, leader della minoranza interna al Pd. Per il senatore Felice Casson contro Mineo è stato compiuto un atto di forza inaccettabile.
Boschi: andiamo avanti
È sicura che il processo delle riforme non subirà ritardi il ministro Boschi: «Noi andiamo avanti. I numeri per fare le riforme ci sono. Non si possono bloccare le riforme che milioni di cittadini ci chiedono perché 12-13 senatori non sono d’accordo. Non può esserci un potere di veto». Incalza Debora Serracchiani, vicesegretaria nazionale del Pd: «Il partito è un luogo di confronto ma lì, dopo il confronto, si assumono decisioni nell’interesse del Paese e, sia pur nell’assenza del vincolo di mandato, nelle aule parlamentari ci si deve sforzare di esprimere una posizione univoca».
12 giugno 2014 | 09:40
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http://www.corriere.it/politica/14_giug ... ab8c.shtml
Arlecchino
Oggetto del messaggio: DUE PARTITI NEL PD NON POSSONO ESISTERE! SIANO CHIARI.
MessaggioInviato: gio giu 12, 2014 17:59 pm
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Riforme, sostituzione Mineo: è rivolta nel Pd 13 senatori si autosospendono
Gruppo di parlamentari contro la sostituzione in commissione Affari costituzionali: tra loro anche Chiti, Mucchetti, Casson e Corsini. Il caso scoppia a pochi giorni dall'assemblea del partito.
I renziani: "12 milioni di elettori con noi". Civati ricorda l'editto bulgaro: "A volte queste cose venivano dalla Bulgaria, ma evidentemente siamo ancora più esotici"
Di Redazione Il Fatto Quotidiano | 12 giugno 2014
Il 41 per cento rischia di finire già in un baule polveroso. Renzi chiede strada, fa rimuovere dalla commissione Affari costituzionali del Senato i senatori che si volevano mettere di traverso (Mario Mauro, Corradino Mineo e Vannino Chiti) e il Pd diventa di nuovo una polveriera. Tredici senatori si sono autosospesi dal gruppo parlamentare. E’ stata “un’epurazione delle idee non ortodosse” ed è una “palese violazione della nostra Carta fondamentale – dice uno di loro, l’ex sindaco di Brescia Paolo Corsini – Chiediamo dunque alla presidenza gruppo parlamentare un chiarimento”. Ma il presidente del Consiglio non ci sta: “E’ stupefacente – dice ai suoi, di ritorno dalla missione in Oriente- che Mineo parli di epurazione”. E aggiunge che Il Pd è davanti a un bivio, “non ho preso il 41% per lasciare il futuro del Paese a Mineo”. Tra gli autosospesi ci sono oltre a Corsini, Massimo Mucchetti, Vannino Chiti, Felice Casson, Nerina Dirindin, Maria Chiara Gadda,Maria Grazia Gatti, Sergio Lo Giudice, Claudio Micheloni, lo stesso Mineo, Walter Tocci, Enrico D’Adda, Lucrezia Ricchiuti e Renato Turano. “La sospensione – ha spiegato tra l’altro Casson – è stata decisa in vista dell’assemblea del gruppo di martedì prossimo, dove discuteremo tutti insieme dell’accaduto”.
Pippo Civati paragona la rimozione di Mineo all’” editto bulgaro”. “E’ una decisione di Renzi – osserva – che Zanda ha immediatamente eseguito, perché oggi lo stesso premier l’ha rivendicata dalla Cina. A volte queste cose venivano dalla Bulgaria, ma evidentemente siamo ancora più esotici”. ” Chi non si adegua – prosegue il deputato – viene cacciato” e “questa è la linea dei gruppi parlamentari di maggioranza al Senato “. Poi avverte Renzi: “Se pensa di portare a Berlusconi lo scalpo di Mineo e di Chiti, fa un errore di valutazione: il testo Boschi passerebbe in commissione, ma non in aula, dove le perplessità riemergerebbero, a maggior ragione dopo l’umiliazione costituzionale di ieri”.
La replica dei renziani di governo è di chi ha il coltello dalla parte del manico. “Il processo delle riforme va avanti, non si può fermare per dieci senatori”, taglia corto il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. La sostituzione di Mineo “è una decisione del gruppo – aggiunge – E’ da lì che, martedì in assemblea, arriveranno le spiegazioni”. “Nessuno ha chiesto loro di autosospendersi – conclude – Dovranno essere loro a decidere se far parte del processo di riforme o fare una scelta diversa”. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti aggiunge: “13 senatori non possono permettersi di mettere in discussione il volere di 12 milioni di elettori e non possono bloccare le riforme che hanno chiesto gli italiani. Ci aspettavamo 20 persone, sono solo 13. Mineo ha tradito l’accordo con il gruppo. Siamo un partito democratico, non anarchico “. Ma secondo il senatore autosospeso Mucchetti, “la riforma della Costituzione non va fatta a colpi di maggioranza”. Nel frattempo è stata annullata la riunione della commissione che si sarebbe dovuta tenere oggi, 12 giugno, anche in attesa che ci sia un nuovo incontro (il terzo) tra Renzi e Silvio Berlusconi.
Lo scontro è aperto. “Informiamo il ministro Boschi – replica Mineo parlando a Radio Radicale – che noi facciamo parte del processo di riforme e che è stata lei a privilegiare il suo orgoglio e la sua vanità, perché dopo 28 ore di dibattito in Senato, con la riforma a portata di mano, con le opposizioni che davano ragione a Matteo Renzi su questioni fondamentali come la fine del bicameralismo, la riduzione dei parlamentari e dei costi, la legge di bilancio solo alla Camera, invece di tener conto di questo e di far fare alla senatrice Anna Finocchiaro una relazione che partisse dal testo Boschi-Renzi migliorandolo in qualche punto, ha chiesto e ottenuto che si tornasse al testo-base”. A Radio Popolare, in precedenza, aveva detto di apprezzare il “Renzi politico” perché “penso sia una risorsa ma il renzismo-stalinismo è grave. Non era mai successo che si violasse così l’articolo 67 della Costituzione. Da parte mia nessun veto, la mia colpa è quella di aver detto che i colonnelli di Renzi, Boschi, Zanda e Finocchiaro hanno gravemente danneggiato il progetto di riforma del Senato voluto dallo stesso governo”. L’articolo 67 è composto di 16 parole: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. “Abbiamo perso le opposizioni – continua Mineo – abbiamo dato al senatore della Lega Roberto Calderoli la possibilità di rappresentare il dibattito parlamentare (e infatti la sua mozione è stata approvata con il concorso del senatore di Popolari per l’Italia Mario Mauro). E allora chiedo: chi è che paralizza le riforme? Le riforme vengono paralizzate dall’atteggiamento maldestro e dall’assenza di gioco di squadra di alcuni collaboratori del presidente del Consiglio Matteo Renzi. Non certo da me e da Vannino Chiti”.
Ora la frattura può avere effetti già sabato prossimo, 14 giugno, quando è in programma l’assemblea nazionale del partito. ” Sulla posizione assunta dai 13 colleghi, faremo esprimere l’Assemblea nazionale sabato ed i senatori martedì. In democrazia contano i numeri, non i veti – anticipa il renziano Andrea Marcucci - Abbiamo discusso per mesi. Il testo del governo non è stato blindato ma si è cercato un accordo ampio nel partito, nella maggioranza e tra le forze politiche dell’opposizione. Chiedo a Mineo, Chiti e agli altri di sottoporre la loro posizione ai militanti del Pd e poi la prossima settimana ai loro colleghi di gruppo, che sono 107. “Mi auguro che dopo queste votazioni, il loro dissenso possa rientrare. In caso contrario sono naturalmente liberi di decidere”. Ma per Stefano Fassina “è un errore politico che indebolisce il governo. In questo caso, di fronte all’atteggiamento contrario da parte di alcuni senatori si doveva, anche faticosamente, arrivare ad un chiarimento politico. Ora spero che questi tredici colleghi ottengano la chiarezza che chiedono la prossima settimana. Personalmente non sono d’accordo con tutte le posizioni che gli autosospesi portano avanti”, ma “non è questo il punto. Tanto più ora che il patto con Berlusconi sembra piuttosto evanescente”.
E quando meno te lo aspetti, il Pd incassa il sostegno di un deputato dei Cinque Stelle. “Non difendo Mineo e Chiti. Ma non accetto lezioni dal Pd” scrive a caratteri cubitali su twitter il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, difendendo di fatto la linea adottata dal Pd sull’allontanamento dei due democratici dalle commissioni. “Sulla questione della sostituzione di Mineo e Chiti da parte del Pd nella commissione affari costituzionali del Senato, dobbiamo essere intellettualmente onesti – chiarisce – e analizzare i fatti per quello che sono: se in un partito o gruppo parlamentare la linea politica si decide a maggioranza e successivamente in parlamento un membro del gruppo vota in dissenso, addirittura rischiando con il suo voto di sabotare la linea decisa dalla maggioranza dei suoi colleghi, è giusto che vengano presi provvedimenti. Al di là del merito della votazione (in questo caso la riforma vergognosa della Costituzione)”.
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http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06 ... d/1024374/
Arlecchino
Oggetto del messaggio: USARE LA "BERSANITE PER MINARE" IL GOVERNO RENZI...
MessaggioInviato: ven giu 13, 2014 09:16 am
... SAREBBE UN GRAVE DANNO PROVOCATO A TUTTI NOI ITALIANI.
Non escludiamo che i "ribelli" non abbiano tutti i torti nello specifico, ma siamo certi che usare la dinamite (bersanite?) per far saltare il consenso enorme che Renzi, con le sue "ambizioni" e le promesse, si è meritato, è un doppio errore.
Primo errore: mettere i bastoni tra le ruote del PD con metodi antidiluviani e sleali dimostra ancora una volta la pochezza di mezzi evoluti culturalmente che fa' agire senza occuparsi del bene comune in un situazione ancora "paludosa" in cui versa l'Italia.
Secondo errore: presumere di essere di qualche peso agli occhi di elettori non più indottrinati ma occupati in ben altro che cercar di capire le giravolte di pochi (o tanti ancora celati) parolai molto colti ma poco utili nel concreto.
Sono beghe antiche (morchie da partito consunto) il cui esito poco ci appassiona.
Alla fine tra i ribelli storici e Renzi, saremo per Renzi non perchè RENZIANI di questa o di quell'altra ora ma soltanto perchè vogliamo arrivare a valutarlo solo dopo che abbia governato e mostrato i SUOI RISULTATI.
Dei risultati dei "ribelli" meglio tacere per carità laica.
ciaoooooooooo
Arlecchino
Oggetto del messaggio: LA SINISTRA VUOLE IL CAOS NEL CENTROSINISTRA DI RENZI...
MessaggioInviato: ven giu 13, 2014 19:12 pm
SCOSSONE PD
Civati e il caso Mineo: «Renzi prepotente, così vai a sbattere»
Il deputato democratico: «Il segretario nasconde le difficoltà di tenuta dell’accordo con Berlusconi.
Nessun veto e non faccio il capocorrente dei senatori autosospesi»
Di Nino Luca
Tutti lo cercano, tutti lo vogliono. Pippo Civati è ritenuto l’uomo che muove le fila del dissenso trai senatori del Pd. Lui nega e risponde serafico al telefono in un momento di pausa alla Camera dei Deputati.
Chiti e Mineo fuori dalla commissione Istituzionale. Come definirebbe questa operazione del Pd?
«Una decisione di Renzi, eseguita da Zanda, perché oggi lo stesso premier l’ha rivendicata dalla Cina. A volte queste cose venivano dalla Bulgaria, ma evidentemente siamo ancora più esotici. È una scelta molto grave dal punto di vista dei rapporti interni del partito e del gruppo. In secondo luogo è un errore politico perché la sostituzione dei due senatori non impedisce che le contraddizioni si manifestino poi in aula, cioè quando si andrà davvero a votare la riforma del Senato. Il testo Boschi passerebbe in commissione, ma non in aula, dove le perplessità riemergerebbero, a maggior ragione dopo l’umiliazione costituzionale di mercoledì. E allora la mia domanda è: “Non è che questa sostituzione di Mineo nasconda le difficoltà di tenuta dell’accordo con Berlusconi? Avrebbe una grande maggioranza con Forza Italia per votare le riforme, quindi perché tanta prepotenza?»
Tredici senatori vicini alle sue idee si sono autosospesi dal partito. L’onorevole Corsini ha definito la vicenda «un’epurazione». Casson parla di «metodi militari”. Qualcun altro dice che questo è il «renzismo».
«Non userei questi toni. Semplicemente è un momento di superficialità e di prepotenza di chi interpreta questa nuova fase. Un atteggiamento molto grave nella consuetudine e nella conversazione democratica. Ricordo quando i dissidenti erano i renziani. Noi stavamo votando tra mille incertezze il presidente della Repubblica, loro addirittura votavano un loro candidato: Sergio Chiamparino. Martedì Giachetti, il furbo renziano, in aula ha dichiarato di votare con le destre sulla responsabilità civile dei magistrati. E fa il vicepresidente della Camera, non fa il dissidente per conto Pd. Mi sorprende che dal “dissenso strategico” che lo ha portato a scalzare un intero gruppo dirigente del Pd, ora Renzi sia passato ad una logica di ortodossia vecchio stile e molto pesante».
Di Maio dei Cinque Stelle invece approva. Per lui alle decisione prese a maggioranza ci si allinea.
«L’approvazione di Di Maio capita a fagiolo. Non mi fa piacere che certi metodi sono passati anche dalle nostre parti... ma ai Cinque Stelle contesto che dovrebbero cambiare loro, non essere felici se certi metodi passano agli altri».
Ma la logica della maggioranza in un partito ci deve essere.
«E infatti io sono il primo che non ha incarichi. Non ho sottosegretari. Mi sono ritagliato un ruolo critico fino in fondo. Anche doloroso. Ho accettato anche decisioni che non condividevo, tipo il decreto lavoro. Segnalo però che qui c’è un problema perché è la discussione riguarda la Costituzione».
Lei criticava i metodi di Grillo? «Nel Pd non ci sono», si vantava con Pizzarotti...
«Beh, diciamo che il “processo di massa” grillino è molto più avanzato. Il nostro è un episodio che non va bene».
La maggioranza ha bisogno di questi 13 senatori. Il governo rischia?
«Nooo..., la maggioranza dovrebbe essere larghissima. Renzi e Boschi continuano a dire che c’è Berlusconi. Addirittura c’è adesso un nuovo rapporto con la Lega. Se davvero stessero così le cose i tredici senatori sono ininfluenti. Non è un problema di veti ma di voti. I senatori autosospesi chiedono che i prossimi senatori passino dal voto. E non attraverso gli accordi dei politici tra loro».
A proposito, le leggo una frase del ministro Boschi: «Il processo delle riforme non si può fermare per dieci senatori».
«Stiano attenti a non andare a sbattere».
Lei cosa fa? Si autosospende per solidarietà o abbozza?
«No, io non abbozzo. Ho manifestato le mie idee con il mio progetto di legge. Seguo con solidarietà, non faccio quello che non c’entra. Ma non faccio nemmeno il capocorrente».
Si è sentito col segretario Renzi? Gli ha mandato qualche sms in Cina?
«No, ma so che lui ne ha mandati a Zanda però».
@Nino_Luca
12 giugno 2014 | 14:18
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http://www.corriere.it/politica/14_giug ... ab8c.shtml