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Autore Discussione: ANAIS GINORI -  (Letto 31181 volte)
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« inserito:: Marzo 30, 2010, 11:12:43 am »

Le prime confezioni della pillola abortiva sono arrivate ieri

Le polemiche non si spengono. Ecco cosa succederà

Ru486, arriva in Italia il camion della discordia

di ANAIS GINORI e MICHELE BOCCI


La manifestazione davanti al ministero della Salute contro l'indagine sulla legge 194

Le prime confezioni sono arrivate ieri mattina all'alba. Un furgone partito dalla Francia ha già scaricato duemila scatole nel deposito Dhl di Settala, provincia di Milano. Il viaggio della Ru486 fino all'Italia sembra davvero terminato. Un percorso lungo e travagliato, cominciato oltre vent'anni fa, quando fu inventata la pillola che permetteva alle donne di scegliere l'aborto farmacologico. Raramente un medicinale è stato al centro di così tante polemiche. Appelli di movimenti per la vita e anatemi del Vaticano, indagini parlamentari, ricorsi legali. Sono serviti ben settecento giorni di istruttoria per il via libera definitivo da parte dell'Aifa, l'agenzia per il farmaco. Un record. Ma ormai è questione di poco.

L'azienda produttrice francese Exelgyn ha appena finito di tradurre i foglietti illustrativi in italiano ed è arrivato il momento di consegnare il farmaco ai reparti di ginecologia che ne faranno richiesta. "Possiamo prendere le ordinazioni già questa settimana. Verificheremo che la domanda provenga da una struttura ospedaliera e in quarantott'ore faremo recapitare la Ru486", spiega Marco Durini, direttore medico di Nordic Pharma Italia, distributore del farmaco nel nostro paese. La settimana dopo Pasqua saranno fatte le prime interruzioni farmacologiche di gravidanza. Almeno quindici ospedali hanno contattato nei giorni scorsi Durini per sapere cosa dire alle pazienti che in numero sempre maggiore chiedono di usare la pillola abortiva. Tra chi ha telefonato ci sono strutture che hanno somministrato il farmaco già dal 2005 ordinandolo in Francia caso per caso, come Bari o Pontedera, ma anche ospedali di Regioni che non hanno mai autorizzato la procedura dell'acquisto all'estero. Alla stessa Aifa in molti hanno chiesto di conoscere i tempi di consegna. L'Agenzia però non ha alcuna competenza sulla distribuzione, dovrà piuttosto vigilare sull'efficacia del farmaco e sugli eventuali problemi che provocherà alle pazienti. "Siamo costantemente contattati da signore che ci chiedono la Ru486 - spiega il primario di ginecologia di Bari, Nicola Blasi - Purtroppo da dicembre non potevamo più comprarla in Francia, perché è entrata nel prontuario italiano. Finalmente la situazione sembra destinata a sbloccarsi".

Dalla fine degli anni Ottanta, la Ru486 è commercializzata in gran parte d'Europa. Ogni anno, viene usata in venticinque paesi da tre milioni di donne. In Francia, dov'è stata brevettata, quasi metà degli aborti (il 46%) sono di tipo farmacologico. L'Italia è stato uno degli ultimi paesi occidentali a rendere disponibile questa alternativa per l'interruzione di gravidanza. "In Campania, gli ospedali che hanno fatto richiesta per la sperimentazione sono stati tutti bloccati dai comitati etici" racconta Stefania Cantatore, portavoce dell'Unione donne italiane di Napoli. Molte associazioni "pro-choice" si stanno mobilitando. Il collettivo napoletano ha organizzato presidi nelle strutture ospedaliere e un blog ("194 Decido Io") per verificare nei prossimi mesi l'effettiva disponibilità del farmaco. Il sito "Zero Violenza Donne" ha aperto uno "sportello Ru486" per "segnalare episodi di violazione del diritto all'autodeterminazione".

Il nodo adesso è quello del ricovero. Appena dopo l'approvazione dell'utilizzo del farmaco in Italia da parte di Aifa, nel dicembre scorso, il governo aveva chiesto che le donne restassero in ospedale dalla somministrazione della Ru486 fino all'espulsione dell'embrione, che di norma avviene passati tre giorni, cioè dopo che alla paziente è stata dato un altro medicinale, una prostaglandina. Di recente ha sposato la stessa linea il neo nominato Consiglio superiore di sanità, che ha anche chiesto il parere legale di un magistrato della Corte Costituzionale per valutare il tema ricovero alla luce della legge 194. Il tutto non dovrebbe comunque incidere sull'autonomia delle Regioni riguardo alle prestazioni sanitarie, ma è un fatto che anche chi si era dichiarato fautore della somministrazione in day hospital dopo le indicazioni arrivate da Roma potrebbe cambiare idea. Ha già dato l'impressione di volerlo fare il Piemonte, dove inizialmente si era ipotizzato di lasciare libertà di scelta a medico e paziente.

Intanto, questa settimana, in molte Regioni ci saranno riunioni per stabilire le linee guida della somministrazione. Un incontro si terrà ad esempio in Emilia Romagna, che aveva optato per il day hospital, e alla Mangiagalli di Milano. Il dibattito è aperto anche all'interno dei singoli ospedali, soprattutto i policlinici, dove vengono fatti molti aborti ogni anno. Non c'è alcun dubbio sulla scelta del ricovero ordinario in Toscana (che già lo usava per l'acquisto all'estero), Lombardia e Veneto, tra gli altri. Ovviamente resta salvo il diritto della donna di firmare e uscire comunque dall'ospedale, visto che nessuno può restare ricoverato contro la sua volontà salvo che per casi definiti dalla legge e legati soprattutto a problemi psichici.

Cosa sceglieranno adesso le donne? Nell'ospedale di Pontedera, per esempio, solo una piccola percentuale ha deciso di aderire alla sperimentazione della Ru486. "Ma secondo i nostri questionari - spiega l'ostetrica Chiara Cerri - il 97% delle donne che ha usato questo metodo lo considera in modo positivo. Molte pazienti hanno riscontrato una percezione del dolore e delle perdite ematiche inferiori all'attesa". Dal sondaggio effettuato su quasi quattrocento donne tra Pontedera ed Empoli si capisce che l'aborto chirurgico è privilegiato da chi vuole un percorso più breve e condiviso, mentre l'opzione farmacologica è scelta spesso da donne più autonome, che hanno paura dell'anestesia e della sala operatoria.

"Se dovessi trovarmi nella disgraziata necessità di dover abortire non avrei dubbi: sceglierei il vecchio metodo Karman". La scrittrice Paola Tavella è scettica su questa nuova svolta. "Paradossalmente, l'attacco alla Ru486 è stato tutto incentrato sulla banalizzazione dell'aborto mentre credo invece che sia il contrario. È un metodo che rende più lunga e dolorosa l'interruzione di gravidanza" racconta Tavella che insieme ad Alessandra Di Pietro ha scritto Madri Selvagge (Einaudi) contro la "tecnorapina del corpo femminile". "Sono sempre contenta quando le donne possono scegliere - precisa - ma credo sia importante che la somministrazione della Ru486 avvenga negli ospedali pubblici, con il ricovero, e sia accompagnata da una certa compassione". Anche la giovane storica Giulia Galeotti, autrice di una Storia dell'aborto per il Mulino, esprime perplessità. "Negli anni Settanta - ricorda - la grande scommessa era portare l'interruzione di gravidanza nella sfera pubblica. Mi pare invece che con la pillola Ru486 c'è il rischio di riprivatizzare l'aborto". Galeotti considera la legge 194 "una delle migliori normative europee". "Se vogliamo compiere un progresso - aggiunge - non è introducendo un metodo che aumenta il peso sulle spalle delle donne ma responsabilizzando di più gli uomini".

Silvia Ballestra fa appello al buon senso. "C'è un'ambivalenza in questo metodo abortivo? Lasciamolo decidere alle donne". Due anni fa, ha pubblicato un suo personale viaggio intorno alla situazione dell'aborto in Italia (Piove sul nostro amore, Feltrinelli). "L'attacco alla legge 194 - dice la scrittrice - non è frontale ma laterale e più sofisticato. Passa per l'aumento degli obiettori di coscienza, per una crescente riprovazione sociale, fino all'idea che l'embrione ha gli stessi diritti della madre". Secondo lei, il ritardo italiano nell'introduzione della Ru486 è il segnale di una risacca delle conquiste femminili. "Questo dibattito è tanto più controproducente che rischia di oscurare la vera notizia, ovvero l'aborto clandestino tra le donne straniere. Le immigrate - racconta Ballestra - stanno tornando ai metodi fai da te. Molte donne rischiano di rimetterci la pelle, come trenta o quarant'anni fa. È questa la vera emergenza". Il viaggio della Ru486 è finito. Le polemiche, invece, continueranno ancora.

© Riproduzione riservata (30 marzo 2010)
da repubblica.it
« Ultima modifica: Dicembre 16, 2011, 05:00:14 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Aprile 01, 2010, 09:35:05 am »

Il neo-governatore del Piemonte: «deve essere somministrata in regime di ricovero»

Cota chiude sulla pillola abortiva «Cercherò di tenerle in magazzino»

La Loggia (Pdl): «Bene tutelare la vita». Viale (radicale): «Beccherà una nasata». Rossi (Pd): «Stupidaggine»

Il neo-governatore del Piemonte: «deve essere somministrata in regime di ricovero»


MILANO - Cercherò di tenere in magazzino le pillole abortive arrivate in Piemonte. La promessa è del neopresidente della regione, Roberto Cota, che in una intervista televisiva ha detto di pensarla, a riguardo, «in modo completamente diverso» rispetto al predecessore, Mercedes Bresso. «Sono per la difesa della vita e penso che la pillola abortiva debba essere somministrata quanto meno in regime di ricovero», ha spiegato. Sentendosi chiedere se le pillole che la Bresso aveva ordinato e che sono già arrivate in Piemonte rimarranno nei magazzini, lui ha replicato: «Eh sì, per quanto potrò fare io sì».

LA LOGGIA (PDL) - Immediate le reazioni politiche alle parole del neo-governatore. Favorevoli quelle del vice presidente dei deputati del Pdl Enrico La Loggia: «Apprezzo molto la posizione di Cota riguardo la pillola Ru486 a tutela della vita e contro le speculazioni che sino ad ora si sono fatte su questa materia».

VIALE - Non apprezza invece il ginecologo radicale Silvio Viale: «È il primo esempio di parola non mantenuta perché in campagna elettorale ben si è guardato dal dire che avrebbe bloccato la RU486, ma si è limitato a ripetere il ritornello del ricovero obbligatorio». «Su questo - ha spiegato - si era pronunciato addirittura con un intervento su La Stampa il suo portavoce per la sanità, il dott. Zanon, al quale avevo replicato che si trattava di un falso problema. Ora, il giorno dopo le elezioni il cambiamento di rotta. Sappia, allora, che beccherà una nasata, come prima di lui è capitato a Sirchia, Storace e Sacconi. Se accetta un consiglio gli suggerirei di comportarsi con serietà come fece insieme a Ghigo quando era Presidente del Consiglio regionale del Piemonte». Come allora, ricorda Viale, «il mio unico obiettivo è quello di fare il mio lavoro nel migliore dei modi e credo che sia l'ora di cessare ogni discriminazione nei miei confronti per il solo fatto che faccio anche gli aborti e cerco di migliorare ed aggiornare il servizio di interruzione volontaria di gravidanza secondo criteri scientifici».

ROSSI - Sulla stessa linea di Viale anche il neo presidente della Toscana Enrico Rossi, già assessore regionale alla salute: «Le sue dichiarazioni mi sembrano stupidaggini dettate forse dalla sua inesperienza in materia sanitaria o dalla volontà di catturare e strumentalizzare il consenso dell'opinione pubblica meno consapevole». La Ru486 è stata sperimentata anche in Toscana, all'ospedale di Pontedera (Pisa). «In Italia - prosegue Rossi - c'è una legge, la 194, che disciplina il ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza. Il farmaco di cui si parla ha ottenuto l'autorizzazione alla distribuzione sul territorio nazionale. Infine nel nostro paese è garantita la libertà terapeutica, un ambito che riguarda solo il medico, il paziente e il loro rapporto. Tutto il resto sono chiacchiere inutili». «Se vogliamo fare sul serio - aggiunge Rossi -, sfido il neo governatore del Piemonte a fare come la Toscana, a essere come noi concretamente e seriamente per la vita. Grazie alle politiche di prevenzione ed educazione alla maternità negli ultimi tre anni abbiamo registrato 1300 aborti in meno».

Redazione online
31 marzo 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corriere.it
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« Risposta #2 inserito:: Maggio 20, 2011, 09:02:31 am »

LO SCANDALO

La parabola di Strauss-Kahn potente ossessionato dalle donne

Il direttore del Fmi e astro del Partito socialista francese era già scivolato su uno scandalo sessuale, ed è noto per la passione per le donne e il lusso. Ma dopo l'arresto a New York con l'accusa di stupro la sua carriera sembra terminata

di ANAIS GINORI

Brillante, competente, rispettato. Tante qualità nella vita pubblica e una debolezza: le donne. Dominique Strauss-Kahn, o "Dsk" come dicono tutti i francesi, era considerato fino a qualche ora fa l'avversario politico più temibile per Nicolas Sarkozy. Secondo gli ultimi sondaggi, l'ex ministro socialista avrebbe potuto battere l'attuale presidente alle prossime elezioni del 2012 con grande facilità, eliminandolo addirittura al primo turno. Ora tutto è cambiato, non solo per lui ma anche per gli equilibri della sinistra francese. Con l'accusa di stupro e l'arresto a New York 1, la corsa verso l'Eliseo si è bruscamente interrotta per il direttore del Fondo Monetario Internazionale, nominato nel 2007 proprio grazie al sostegno di Sarkozy che forse preferiva mandare all'estero il suo temibile rivale.

Nato nel 1949 a Neuilly-sur-Seine, il sobborgo chic di Parigi, da una famiglia borghese di religione ebraica, è cresciuto in Marocco, ha studiato all'Istituto di studi politici di Parigi (Sciences Po) e presso l'Hec (Hautes Etudes Commerciales). Abile oratore, parla in maniera fluente sia l'inglese che il tedesco, stimato e affermato nei circoli europei, Strauss-Kahn è stato ministro delle Finanze dal 1997 al 1999 nel governo socialista di Lionel Jospin. Ha seguito i negoziati per la creazione della moneta unica e ha diretto l'ondata di privatizzazioni, inclusa
quella di France Telecom, riuscendo a sconfiggere le resistenze fra le fila dei socialisti. Dopo due anni alla guida del ministero, era stato costretto a rassegnare le dimissioni travolto da uno scandalo di impieghi fittizi, nel 2001 fu però sollevato da ogni accusa. Negli ultimi quattro hanno è diventato uno degli uomini più potenti del mondo, riuscendo a ridare peso e credibilità al Fmi, affrontando la gravissima crisi economica mondiale e, recentemente, i piani di salvataggio di Grecia e Portogallo.

La sua vita privata è stata sempre chiacchierata negli ambienti parigini, gli sono state attribuite numerose conquiste, sempre smentite. Ultimamente era finito sotto attacco dei media anche per il suo gusto per il lusso e i soldi. Ritratto mentre saliva sulla Porsche di un suo collaboratore nel Marais, un giornale lo aveva anche accusato di spendere fino a 35mila dollari per un completo di sartoria.

Padre di quattro figli, nel 1991 ha sposato una delle più popolari intervistatrici televisive francesi, la giornalista Anne Sinclair che per lui ha abbandonato la sua carriera giornalistica e con la quale si era trasferito a Washington nel 2007. Nonostante le tante voci, la compagna lo ha sempre sostenuto, anche quando lui riconobbe di aver avuto una relazione con un'economista ungherese del Fmi, Piroska Nagy. Era il 2008, fu il primo scandalo sessuale di Strauss-Kahn. L'indagine interna accertò che tra i due vi era stato un rapporto consenziente ma che, comunque, quello tenuto dal capo del Fondo non era stato un comportamento appropriato. Strauss-Kahn ammise l'errore, chiese pubblicamente scusa alla moglie, e restò al suo posto. Rappresentante dell'ala riformista e socialdemocratica del Ps, era già stato candidato alle primarie socialiste nel 2006, battuto però da Ségolène Royal. Tra poche settimane avrebbe dovuto sciogliere la sua riserva su un'eventuale ricandidatura. Ma gli eventi hanno deciso per lui.

(15 maggio 2011) © Riproduzione riservata
da - repubblica.it/persone/2011/05/15/news/
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« Risposta #3 inserito:: Novembre 03, 2011, 05:40:13 pm »

DIARIO DA CANNES

Obama-Berlusconi e la coppia Merkozy

E per l'austerity scompaiono gli autisti

Spigolature nelle ore di apertura del G20. Con gli occhi puntati su Grecia e Italia.

E non a caso Papandreou per entrare svicola da un ingresso laterale

dal nostro inviato ANAIS GINORI


PAPANDREOU SENZA TAPPETO ROSSO
Il premier George Papandreou ha depistato i fotografi che lo aspettavano dall'ingresso ufficiale ieri sera. Per raggiungere Merkel e Sarkozy, non è infatti passato sul tappeto rosso, davanti alla fanfara e alla guardia repubblicana che accoglie solennemente ogni ospite ufficiale. Il leader greco, convocato d'urgenza a Cannes dopo il suo voltafaccia sull'accordo europeo, ha imboccato furtivamente un ingresso laterale. Forse non è un caso.

BERLUSCONI DORME CON OBAMA
La coppia Merkozy dorme sotto lo stesso tetto, nell'albergo Majestic, proprio dietro al Palazzo dei Festival, dove si svolge il vertice.
Il presidente americano Barack Obama sarà invece al Carlton con Silvio Berlusconi, Dilma Rousseff e José-Luis Zapatero.
Da solo, nel lussuoso Gray d'Albion, il presidente cinese. Hu Jintao ha destato scandalo ieri sera facendo aspettare Sarkozy diversi minuti in piedi per l'avvio della cena bilaterale: perfidia cinese?

NIENTE AUTISTI
E' uno dei rari segnali che è un vertice in tempi di austerity. Circolano sulla Croisette poche autoblu e limousine. Le delegazioni cercano di spostarsi a piedi. Il ministro dell'Economia, François Baroin, ha camminato dal suo albergo, il Majestic, fino al Gray d'Albion, anche se per motivi di sicurezza è stato seguito da una scorta. Merkel si è rifiutata di prendere la limousine che l'aspettava sotto al suo albergo fino al Palazzo dei Festival, mandando in tilt il protocollo.

LA CANCELLIERA BALLA DA SOLA
Mentre Nicolas Sarkozy ha in programma due conferenze stampa nell'auditorium del Palazzo dei Festival e Barack Obama parlerà ai giornalisti nel sobrio spazio per conferenze Debussy, la delegazione tedesca si è data appuntamento in una discoteca. La Cancelliera Angela Merkel riceverà la stampa nel Club Baoli, uno dei locali più famosi delle notti in Riviera.

(03 novembre 2011) © Riproduzione riservata

     
       
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« Risposta #4 inserito:: Novembre 04, 2011, 02:40:16 pm »

DIARIO DA CANNES

Obama "rilancia" Sarkozy

Medvedev, il primo a partire

Spigolature nella seconda giornata del G20 a Cannes.

Il premier francese si complimenta con la danese Kirchner per la sua rielezione. "Dobbiamo prendere lezioni?".

E poi il vertice che non chiude mai i battenti, anche di notte


dal nostro inviato ANAIS GINORI

IL REGALO DI OBAMA A SARKOZY
I due leader faranno insieme un'intervista televisiva che andrà in onda stasera sui due principali canali transalpini. Verrà registrata nell'ufficio del sindaco di Cannes. Per Sarkozy, che è ai minimi di popolarità e affronta tra pochi mesi la campagna elettorale, è un bel regalo di immagine da parte del leader Usa. Qualche delegato francese ironizza: “Yes we Cannes!”. Sia Sarko che Obama hanno il loro mandato che scade nel 2012. Durante la riunione di lavoro del G20, il presidente francese si è complimentato con Cristina Kirchner per la sua rielezione e si è voltato verso Obama: “Dobbiamo prendere lezioni?”.

IL VERTICE NON CHIUDE MAI
David Lisnar, direttore del Palazzo dei Festival di Cannes, è un assiduo utilizzatore di Twitter. Oltre a raccontare la complessa logistica di sicurezza, certo diversa di quando si organizza la rassegna del cinema, ha postato le sue fotografie con i grandi del mondo e rivelato piccoli dettagli dietro le quinte. Per esempio, i tanti fuori programma del vertice, con la riunione sull'Eurozona e l'Italia che si è prolungata fino a tarda notte, costringendo tutto il personale a straordinari. I capi di Stato e di governo sono stati anche invitati a firmare il libro d'oro del Palazzo, cominciato nel lontano 1929. Qualcuno, ripensando a quella data, ha fatto gli scongiuri.

MEDVEDEV IL PRIMO A PARTIRE
Il presidente russo è andato via già questa notte, tornando a Mosca. E' il primo leader ad andarsene, quello che ha fatto il soggiorno a Cannes più breve. Qualche altro illustre ospite ha invece deciso di fermarsi oltre la durata del vertice. Dilma Rousseff resterà in Francia ancora qualche giorno. La presidente brasiliana passerà il fine settimana in Riviera.

(04 novembre 2011) © Riproduzione riservata

      da - http://www.repubblica.it/economia/2011/11/04/news/obama_rilancia_sarkozy_medvedev_il_primo_a_partire-24405198/?ref=HREA-1
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« Risposta #5 inserito:: Dicembre 16, 2011, 04:54:16 pm »

L'INTERVISTA

Hollande: "Il rigore non basta sbagliato il patto Merkel-Sarkozy"

Il candidato socialista all'Eliseo: "Il motore franco-tedesco è essenziale per l'Europa quando è in grado di trascinare, di convincere, non di imporre".

Messaggio all'Italia: "Torni tra i protagonisti. Le nostre sinistre devono poter elaborare una risposta comune alla crisi"

di ANAIS GINORI


"L'Italia deve tornare a essere protagonista in Europa. È assurdo rinchiuderci in un tête a' tête tra Francia e Germania". François Hollande ha già preso un piglio presidenziale, per come parla ispirato, con frasi nette, assumendo spesso un tono grave che si differenzia molto da quello, più bonario, che tutti conoscevano fino a qualche mese fa. Il candidato della gauche si appresta a sfidare Nicolas Sarkozy con la speranza di entrare all'Eliseo, diventando il secondo presidente socialista della Quinta Repubblica dopo Mitterrand. "Le sinistre francesi, italiane e tedesche devono poter elaborare una risposta comune e alternativa alla crisi" racconta Hollande che stamattina arriva a Roma, su invito del partito democratico. Nel corso del colloquio con Repubblica, le sue parole più frequenti sono "giustizia", "equità", "speranza". E sul suo rivale dice: "Sarkozy ha fallito e vuol far credere a tutti di non avere nessuna responsabilità".

L'Europa ha faticosamente raggiunto un nuovo accordo per la riforma dei Trattati. Se lei sarà eletto, lo sottoscriverà?
 "L'accordo approvato a Bruxelles il 9 dicembre non risolve la situazione. È vago. Nessuno ancora ne conosce la traduzione giuridica. In questa emergenza, una revisione dei trattati dall'esito incerto è una perdita di tempo. Generalizzare le politiche di austerità non ci permetterà di superare questa crisi. La
crescita è stata dimenticata dall'accordo, come anche gli eurobond. Se sarò eletto dai francesi, chiederò che venga rinegoziato per favorire anche la crescita e la solidarietà".

Angela Merkel dispone e Sarkozy esegue?
"Il metodo è sbagliato. Riconosco che il motore franco-tedesco è essenziale per l'Europa quando è in grado di trascinare, convincere, non di imporre. Rinchiudersi in un faccia a faccia porta solo a privarci di sostegni importanti, come ad esempio quello del presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy. Il lavoro con gli altri partner europei è fondamentale, in particolare quello con l'Italia, grande paese fondatore dell'Europa. È ciò che vengo a dire agli amici del partito democratico, come ho già fatto con la Spd in Germania".

Oggi incontrerà anche il Presidente Napolitano e il premier Monti. Cosa pensa del nuovo governo tecnico?
"Vorrei intanto rendere omaggio a Giorgio Napolitano e alla sua azione per l'Italia e l'Europa. Mario Monti ha ricevuto la fiducia dal parlamento, che ha scelto di rispettare la scadenza elettorale già fissata. Nei prossimi mesi avremo in Francia, Germania, poi anche in Italia, importanti appuntamenti elettorali. E' la grande forza delle democrazie in questi tempi di crisi".

Il rigore finanziario è l'unica via possibile?
"Niente potrà essere fatto senza una riduzione dei deficit e del debito. Quello che propongo ai francesi è un ritorno programmato all'equilibrio di bilancio nel 2017 seguendo un criterio di giustizia sociale. Non basta. Dobbiamo creare le condizioni per rilanciare la crescita e sviluppare gli strumenti per una regolamentazione che permetta alle nostre democrazie di prendere il sopravvento sul ricatto imposto dai mercati finanziari".

L'Italia sta approvando una nuova riforma delle pensioni. Lei vuole rinegoziare quella approvata dall'attuale governo francese, che ha abolito l'età pensionabile a 60 anni?
"Il piano di Sarkozy non è né giusto né sostenibile finanziariamente. Correggere quella riforma è soprattutto una questione di giustizia. Bisogna ristabilire la possibilità di andare in pensione a 60 anni per quelli che hanno incominciato a lavorare a 18 anni, o prima, e che hanno i contributi necessari. Ne discuterò anche con i sindacati. Contrariamente a Sarkozy, non voglio usare la comunicazione come alibi né dare soluzioni dogmatiche".

La crisi può accelerare il cambio di maggioranza in Francia com'è già successo in altri paesi europei?
"La crisi è ovviamente un dato essenziale dell'elezione di maggio 2012. Spetterà ai francesi fare una scelta di cambiamento dopo un quinquennio nel quale il Presidente uscente ha fallito".

Lei è sempre favorito nei sondaggi ma Sarkozy ha recuperato qualche punto. Teme un'inversione di tendenza?
"Francamente, preferisco essere in questa situazione anche se cerco di non occuparmi troppo dei sondaggi. Sarkozy vuole far credere di non avere non avere nessuna colpa, di non essere responsabile dei deficit pubblici esplosi sotto al suo mandato, del debito, della disoccupazione. La verità è invece che ha una pesante responsabilità nei problemi che la Francia oggi attraversa. Il mio dovere è mostrare che un'altra via è possibile. Voglio creare un nuovo slancio, aprire la speranza, imponendo alcune priorità: i giovani e l'istruzione, la produzione e la competitività, la giustizia fiscale e sociale".

Cercherà un accordo con François Bayrou, candidato centrista sempre più popolare?
"Bayrou è un politico che rispetto ma non appartiene alla sinistra. Le sue posizioni sono spesso conservatrici. Su molti punti siamo in disaccordo. Il cambiamento in Francia non passa da lui. Quando ci sarà il secondo turno delle elezioni, Bayrou dovrà scegliere tra il Presidente uscente, che ha spesso combattuto, e il candidato del cambiamento e della giustizia, quale io voglio essere".

Se sarà eletto, quale sarà il suo primo atto da Presidente?
"La destra ci lascerà la Francia in uno stato economico e sociale tale che avrò molte emergenze da affrontare. Dovrò dunque andare subito all'essenziale. È per questo che la prima legge che proporrò ai parlamentari è quella di una grande riforma fiscale, affinché i prelievi siano più progressivi ed equi. Nessuno sforzo sarà accettato dai francesi se non vedranno che è equamente distribuito. Questa riforma fiscale sarà la base sulla quale potrò sviluppare le mie priorità. In un contesto così difficile, voglio dare una speranza credibile al mio paese".
 

(16 dicembre 2011) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/esteri/2011/12/16/news/hollande_il_rigore_non_basta_sbagliato_il_patto_merkel-sarkozy-26695805/?ref=HREC1-2
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« Risposta #6 inserito:: Aprile 06, 2014, 06:05:35 pm »

Francia, Filippetti: "Costruire l'Europa con la Cultura per sconfiggere il populismo"

Quaranta anni, autrice di diversi libri, è stata confermata dal nuovo premier francese Manuel Valls.
Lancia un piano insieme a 20 colleghi di altri Paesi: "Per salvare la nostra storia"

dal nostro corrispondente ANAIS GINORI
   
PARIGI - "Siamo in un momento cruciale per l'Europa. I cittadini hanno smarrito la fierezza e persino il sentimento di appartenenza a questo grande progetto. Solo la cultura potrà ridare senso alla costruzione europea". Aurélie Filippetti saluta in italiano, "piacere". Non ha dimenticato le sue origini umbre, a Gualdo Tadino, da cui partì suo nonno quasi un secolo fa per andare a lavorare nelle miniere della Lorena. Il ministro della Cultura francese, confermata nel nuovo governo Valls, ha presieduto ieri un vertice europeo straordinario con venti colleghi di altri Paesi, tra cui Dario Franceschini. "Vogliamo lavorare a stretto contatto con l'Italia in vista del presidenza del semestre dell'Ue" spiega Filippetti, mentre ieri Le Monde accostava Valls e Renzi, leader simili eppure diversi. "Sono entrambi giovani - glissa Filippetti - è un segnale positivo per l'Europa che ci sia un rinnovamento generazionale".

La Francia vuole imporre la famosa "eccezione culturale" a tutto il continente?
"Non siamo come nel villaggio di Astérix. Questo atteggiamento è finito nell'epoca del digitale senza frontiere. Non bisogna più essere in difesa, ma passare all'attacco. A meno di due mesi dalle elezioni europee, questo vertice dei ministri della Cultura serve a valorizzare ma anche proteggere il nostro patrimonio di identità e creazione. E' il momento di fare proposte ambiziose".

A Bruxelles prevalgono altre preoccupazioni, più economiche e finanziarie?
"L'anno scorso la Francia, insieme ad altri Paesi, è riuscita a togliere i prodotti culturali dai negoziati per il nuovo trattato di libero scambio con gli Stati Uniti. E' stato un momento di verità. Non vogliamo più che le istanze europee dimentichino la cultura, trattandola come una merce qualsiasi. E' nata così l'idea di un coordinamento tra i ministri. Nelle riunioni preparatorie abbiamo esaminato ben 65 proposte concrete e alla fine faremo una sintesi che sarà presentata alla prossima Commissione europea, dopo le elezioni".

Un piano Marshall per salvare la Cultura?
"L'industria culturale attraversa una rivoluzione senza precedenti dovuta alle nuove tecnologie. La presunta ottimizzazione fiscale dei giganti del web rischia di essere solo un'evasione fiscale che mette a repentaglio il sistema di protezione e finanziamento degli autori. Bisogna fare passi avanti anche sull'Iva applicata ai prodotti culturali, compresi i media digitali".


Lei è stata anche scrittrice. Teme che il libro venga cancellato dagli e-book?
"Molti studi dimostrando che gli e-book completano il libro tradizionale, senza sostituirlo. Vedo sempre più giovani frequentare le librerie, sono ottimista sull'avvenire del libro di carta".

Avete intenzione di approvare la tassa sui tablet per finanziare la cultura?
"Il nostro modello non è arcaico, come dicono alcuni, ma deve essere adattato alle nuove tecnologie. E' in gioco la sopravvivenza della nostra diversità culturale. L'idea di una tassa sui tablet è una delle tante ipotesi che esaminiamo, pur sapendo che il governo vuole evitare di aumentare la pressione fiscale".

L'ex ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, ha detto una volta: "Con la cultura non si mangia". Cosa risponde?
"E' vero il contrario: la Cultura è un nutrimento fondamentale. E' un cibo spirituale, morale. Anche io devo spiegarlo al dicastero delle Finanze. In Francia, l'industria culturale rappresenta già il 3,2% del nostro Pil, con un giro d'affari di 58 miliardi di euro, superiore a quello dell'industria automobilistica".

Il rischio è che tutte le vostre buone intenzioni vengano spazzate via dal voto del 25 maggio e dall'arrivo in forza a Strasburgo del Front
 
National e di Beppe Grillo?
"La cultura è il miglior antidoto ai populismi. E' la prima risposta, con l'istruzione, al razzismo e alla xenofobia. Forse non è un mezzo efficace il giorno delle elezioni, ma è lo strumento migliore per risolvere le cause che alimentano il populismo. I cittadini europei continuano ad andare in massa nei musei, nei Festival, al cinema. Fa parte della nostra identità comune. La cultura è resistenza".

© Riproduzione riservata 05 aprile 2014

Da - http://www.repubblica.it/cultura/2014/04/05/news/francia_aurelie_filippetti-82770013/?ref=HRER2-2
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« Risposta #7 inserito:: Ottobre 01, 2014, 05:28:46 pm »

1
ott
2014
L’arte di procrastinare

Anais GINORI

E’ ufficiale. La Francia non rispetterà l’obiettivo del 3% di deficit sul Pil né quest’anno, né l’anno prossimo. Se ne riparla per il 2017. Due anni fa, era stato Pierre Moscovici, allora ministro dell’Economia nel governo socialista, a trattare con Bruxelles per rimandare al 2015 il rispetto di uno dei parametri del Patto di Stabilità. Ora Moscovici sarà Commissario agli Affari Economici a Bruxelles e come tale dovrebbe vigilare sul rigore di bilancio. La Francia ha disatteso l’obiettivo del 3% sin da principiobild__schroeder__chirac_. Nel 2003 accadde con un patto suggellato tra Jacques Chirac e Gerhard Schroeder. “Siamo determinati a ridurre i deficit pubblici che sono eccessivi, ma senza prendere il rischio di smorzare la ripresa economica che deve essere incoraggiata” aveva spiegato il presidente francese. “Sono d’accordo con il presidente della Commissione (Romando Prodi, ndr.) quando dice che bisogna interpretare il Patto di Stabilità in modo flessibile” aveva aggiunto il cancelliere tedesco. Nel frattempo la Germania ha lanciato importanti riforme, diventando il motore economico dell’Europa, poi conformandosi all’obiettivo del 3% e cambiando posizione sulla flessibilità. La Francia invece ha continuato a non rispettare il dikttat né prima né dopo la crisi dell’eurozona. Destra o sinistra, non fa differenza. Da Chirac, a Nicolas Sarkozy a François Hollande: è la terza volta in un decennio che Parigi chiede deroghe all’Europa. Da quando i governi europei sono stati messi sotto pressione per far quadrare i conti, la il governo francese ha addirittura aumentato il deficit dal 4,1% del 2013, al 4,4% di quest’anno. Nel 2015 è previsto al 4,3% e al 3,8% nel 2016. Nonostante i tagli annunciati nella Finanziaria (20 miliardi, di cui 7,7 miliardi alla spesa pubblica) la Francia è l’eccezione che conferma la regola. Può essere grave, oppure un bene, a seconda delle scuole di pensiero. Per ora i mercati continuano a dare fiducia allo Stato francese. Una cosa è certa: “Rifiutiamo l’austerità” come ha detto il premier Manuel Valls. 

DA - http://ginori.blogautore.repubblica.it/2014/10/01/larte-di-procrastinare/?ref=HRER1-1
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« Risposta #8 inserito:: Novembre 03, 2014, 06:11:45 pm »

Generazione YouPorn e la mostra scandalo
Di ANAIS GINORI

Tutti i genitori sanno quanto ci sia bisogno di un modo giusto e soprattutto efficace per parlare di sesso con i figli della generazione YouPorn. Oggi in teoria i ragazzi sanno tutto o quasi sul sesso. Credono di saperlo. Parlare di sesso in famiglia è una cosa relativamente nuova, accade da pochi decenni, eppure rischia già di scomparire, nella solitudine di video e clic. Fa sorridere pensare che ci siano migliaia di madri e padri francesi che nelle ultime settimane sono insorti contro la mostra Zizi Sexuel, in cui il popolare disegnatore Zep, creatore del personaggio di fumetti e cartoni animati Titeuf, propone lezioni ironiche sul sesso spiegato da 9 a 16 anni.

La mostra era stata già presentata alla Cité des Sciences nel 2007, riscontrando immenso successo: oltre 5 milioni di visitatori. Da quando è stata riproposta a Parigi è scoppiata invece una protesta di alcuni genitori per il carattere osceno del percorso pedagogico, troppo esplicito o troppo precoce per bambini di 10 o 11 anni. Non è solo il fatto che sempre meno ragazzi usano la pillola o il preservativo che dovrebbe allarmarci. Era di qualche giorno fa la notizia che già nelle scuole medie ci sono stati casi di prostituzione: giovani che vendono un rapporto orale in cambio di uno smartphone. Un giro alla mostra di Zep forse è inutile, di sicuro non può far male. Anzi, forse vedere e parlare insieme ai genitori, con la possibilità di fare domande e discuterne, potrebbe aiutare. Non si capisce perché la stessa mostra, a distanza di cinque anni, provoca scandalo, mentre era sembrata quasi innocua agli occhi dei bigotti la prima volta. È il paradosso di pregiudizi e tabù che riappaiono a fasi alterne.

Twitter: @anaisginori
(29 ottobre 2014) © Riproduzione riservata

Da - http://www.repubblica.it/rubriche/parla-con-lei/2014/10/29/news/generazione_youporn_e_la_mostra_scandalo-99303371/?ref=HREC1-36
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« Risposta #9 inserito:: Aprile 23, 2015, 11:17:44 am »

Appello di ong e intellettuali: "Apriamo le frontiere per rilanciare l'economia"
Dalla Francia all'Italia c'è un fronte pro-liberalizzazione "Nessun blocco fermerà chi è pronto anche a morire"

Dal nostro corrispondente ANAIS GINORI
23 aprile 2015
   
PARIGI -  Tra le tante soluzioni per evitare nuovi naufragi di migranti ce n'è una di cui si parla poco: aprire le frontiere. Secondo alcuni ricercatori universitari è il rimedio più ovvio (ma anche impopolare) per rendere meno caotico e drammatico l'afflusso dei migranti.

"Liberalizzare gli ingressi in Europa permetterebbe di eliminare altre tragedie in mare" spiega François Gemenne, ricercatore che partecipa al progetto MobGlob che da anni lavora sulla gestione dei flussi migratori. La "guerra contro i trafficanti di uomini", come ha detto ieri Matteo Renzi, sarebbe così vinta senza troppi sforzi.

Il collettivo francese ha studiato vari casi, dalla frontiera tra Stati Uniti e Messico a quella tra Cina e Giappone, arrivando a una conclusione: niente e nessuno può davvero fermare chi è determinato a partire. "Le migrazioni hanno cause strutturali. Inoltre, i migranti sono persone pronte a rischiare la vita, come abbiamo visto negli ultimi anni" continua Gemenne che con altri colleghi ha stilato un rapporto denso di cifre ed esempi, tra cui l'apertura del confine tra India e Nepal. "Contrariamente a quel che si pensa -  spiega -  l'esperienza insegna che non c'è un aumento dei flussi, ma solo una migliore circolazione dei migranti tra paesi".

L'ipotesi di MobGlob non verrà neppure evocata nel vertice europeo di oggi a Bruxelles. Eppure c'è ormai un vasto dibattito, tra università e ong, che promuove l'idea di abbandonare la difesa di una "fortezza" che si rivela inefficace (solo nel 2014 l'afflusso di migranti è aumentato del 153%) oltre che fatale per migliaia di migranti. L'urgenza è fare qualcosa.

In un appello congiunto molte ong, tra cui Oxfam Italia, Save the Children, Arci e Focsiv, hanno ribadito la richiesta di una nuova missione di salvataggio "Mare Nostrum" europea, la sospensione del regolamento di Dublino (che prevede la domanda d'asilo nel paese d'ingresso) e il reinsediamento dei migranti beneficiari di protezione internazionale. La federazione delle Chiese evangeliche e la Comunità di Sant'Egidio propongo invece di autofinanziare, attraverso l'8 per mille, un corridoio umanitario tra Marocco e Italia. Ma secondo alcuni specialisti è inutile inseguire aggiustamenti di un sistema che ha dimostrato di non funzionare.

L'apertura dei confini dell'Ue può sembrare una provocazione o una bella utopia. "Sarebbe invece il discorso economicamente e tecnicamente più saggio e lungimirante", dice Gemenne. Il Vecchio Continente ha una demografia in declino, molte imprese sono alla ricerca di lavoratori che non trovano e gli Stati non sanno come sarà finanziato tra qualche decennio l'equilibrio previdenziale. Inoltre, fanno notare sempre i promotori della libera circolazione dei migranti, il dispiegamento di mezzi e uomini per fermare i migranti ha un costo pubblico elevato, che potrebbe aumentare ancora con le prossime decisioni dell'Ue.

Tra gli studiosi dell'immigrazione c'è anche chi propone di aprire le frontiere ma organizzando dei visti a pagamento. E' quello che hanno concluso in un rapporto Emmanuelle Auriol dell'Ecole d'économie di Tolosa e Alice Mesnard della City University di Londra. I visti pagati dai migranti sarebbero una nuova fonte di entrata nelle casse degli Stati europei, da reinvestire in sussidi e aiuti ai cittadini europei. Un modo di rendere, forse, più accettabile il progetto di liberalizzazione. "Purtroppo l'agenda politica dei nostri governi è ostaggio delle forze xenofobe e populiste, senza un minimo ragionamento concreto e fattuale" conclude il responsabile del collettivo MobGlob. A Bruxelles oggi si parlerà invece di blocchi navali, aumento di pattugliamenti in mare, droni per neutralizzare i barconi prima che possano salpare. Una "guerra" che nessuno sa quando e se sarà mai vinta.

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/04/23/news/appello_di_ong_e_intellettuali_apriamo_le_frontiere_per_rilanciare_l_economia_-112622911/?ref=HREA-1
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« Risposta #10 inserito:: Giugno 27, 2015, 11:03:42 am »



Di ANAIS GINORI
24 giugno 2015

Nel 2011 era stata aggredita in piazza Tahir. La giornalista egiziana Mona Elthahawy, cresciuta tra il Regno Unito e l'Arabia Saudita, quattro anni fa era tornata al Cairo per seguire la rivoluzione nel suo Paese, di cui ha raccontato gli eventi sul suo popolare profilo Twitter.
Non ha censurato nulla, neppure la sua aggressione da parte di un gruppo di agenti egiziani che le hanno rotto un braccio e molestata sessualmente.
L'INDICE DELLA RUBRICA
Sulla rivoluzione mancata dell'Egitto e sulla sua delusione Elthahawy, 47 anni, ora pubblica un libro appena uscito in Francia, Foulards et Hymens, nel quale denuncia il maschilismo e la misoginia che ancora esiste nelle società arabe. Elthahawy ha portato il velo in gioventù, poi l'ha tolto, passando all'estremo opposto: si è colorata i capelli di rosso e si è fatta tatuare. Non usa la nudità, come fanno le Femen, milita per un femminismo del corpo. La sua idea che è il velo e l'imene sono i due simboli su cui vige il dominio patriarcale.

Il sottotitolo del libro è Perché il Medio Oriente deve fare la sua rivoluzione sessuale. La tesi di Elthahawy è infatti che per un cammino davvero democratico non serve solo spodestare un dittatore, com'è accaduto con Hosni Mubarak. "Bisogna cacciare i Mubarak nelle strade, i Mubarak nelle camere da letto, i Mubarak nelle teste". Secondo la femminista egiziana, che dal 2011 ha ottenuto anche la nazionalità americana, le società arabe soffrono di una "miscela tossica tra cultura e religione". Nel suo libro Elthahawy racconta la sua esperienza e lancia un appello: "Dico a tutte le ragazze del Medio Oriente e dell'Africa del Nord: siate ribelli, non abbiate pudore, disobbedite, e ricordatevi che meritate di essere libere".
Twitter: @anaisginori
 
© Riproduzione riservata
24 giugno 2015

Da - http://www.repubblica.it/rubriche/parla-con-lei/2015/06/24/news/_alle_donne_arabe_dico_disobbedite_-117610521/?ref=HREC1-39
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« Risposta #11 inserito:: Settembre 16, 2016, 11:36:21 pm »

"L'Italia non investe sul futuro": la bocciatura di Attali
L'economista: "La classe politica oggi pensa in piccolo, non ha visione e non prende decisioni coraggiose". Nostro Paese in fondo alla classifica dell'indice dell'economia positiva

Di ANAIS GINORI
14 settembre 2016

LE HAVRE - L'Italia finisce in fondo alla classifica per "l'economia positiva" della fondazione Positive Planet. "Quando si tratta di investire sul futuro, il vostro paese non è tra i migliori" osserva Jacques Attali, presidente della fondazione, presentando il nuovo rapporto in occasione del Positive Economy Forum che si svolge a Le Havre fino a sabato, con 150 relatori e più di 10mila partecipanti. "L'economia positiva è un sistema inclusivo e altruista, che pensa alle generazioni future" spiega l'intellettuale francese, seduto in un bar della città normanna.

"In tempi di crisi, è importante capire che le soluzioni non sono a breve ma a medio, lungo termine. Purtroppo - prosegue Attali - la classe politica oggi pensa in piccolo, non ha visione e non riesce a prendere decisioni coraggiose". Con alcune eccezioni, spiega l'intellettuale. Come Angela Merkel che apre le porte agli immigrati: "Anche se paga un prezzo politico, ha salvato il suo paese che ha una pessima natalità e aveva bisogno dell'immigrazione".

L'indice dell'economia positiva non misura la felicità ma quasi, tiene conto di quarantina di dati molto diversi tra di loro, come debito pubblico, investimenti per l'istruzione, occupazione giovanile, inquinamento, parità in politica, sviluppo energie rinnovabili, corruzione, banda larga, libertà di stampa. La classifica della fondazione presieduta da Attali è fatta sui 34 paesi dell'Ocse. Quest'anno, senza sorpresa, sono ancora Norvegia, Svezia e Olanda ad occupare il podio.

La Germania è al decimo posto e la Francia è stabile nelle diciottesima posizione, mentre l'Italia perde una posizione, da ventinovesima a trentesima, dopo averne già perso tre l'anno scorso. "Vi penalizza il forte debito pubblico, la corruzione, la scarsa demografia, tutti elementi che non permettono di impostare bene il futuro" commenta Attali che pure saluta il "coraggio" di Matteo Renzi, in particolare sull'immigrazione. Il Positive Forum ha anche un'edizione italiana che si svolgerà a marzo a San Patrignano.

Dall'Islam agli scenari macroeconomici, dalla crisi migratoria alle prossime scadenze politiche internazionali, il forum di Le Havre sarà un laboratorio di idee in cui discutere al più alto livello per "cercare soluzioni, uscendo dalla gestione di emergenza" continua Attali. Secondo l'intellettuale - economista, prolifico autore, nonché direttore d'orchestra - nel forum sono riunite persone che "ogni giorno creano un nuovo modello di società, meno individualista e più altruista, anche se non si vedono, nessuno ne parla". "Un po' come avveniva durante il Medio Evo quando tra Italia e Fiandre i mercanti hanno fatto esplodere la società feudale".

In conclusione, Attali presenterà un programma dettagliato di riforme che dovrebbe alimentare il dibattito in vista dell'elezione presidenziale in Francia. A sette mesi dal voto, l'intellettuale ha lanciato un movimento e un sito partecipativo "France 2022", in cui immaginare misure urgenti per garantire un avvenire al paese. Un movimento politico? "Vogliamo proporre un modo di fare politica altrimenti, coinvolgendo davvero la società civile" risponde Attali che vuole sottoporre il programma ai prossimi candidati all'Eliseo. Da François Hollande a Nicolas Sarkozy, fino al giovane Emmanuel Macron (con il quale ha lavorato in passato) nessuno per ora lo convince. "Non dobbiamo scegliere le persone, ma i programmi" ribadisce. E se fosse lui, il prossimo candidato all'Eliseo? "Non lo escludo - risponde - ma per adesso è prematuro parlarne".

© Riproduzione riservata 14 settembre 2016

Da - http://www.repubblica.it/economia/2016/09/14/news/_l_italia_non_investe_sul_futuro_la_bocciatura_di_attali-147750396/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_14-09-2016
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« Risposta #12 inserito:: Settembre 20, 2016, 08:54:27 pm »

Anaïs Ginori

• Roma 29 gennaio 1975. Giornalista. Corrispondente da Parigi di Repubblica.
• Di madre francese, famiglia materna piena di giornalisti (il nonno era corrispondente da Roma per Le Monde) è «stata folgorata presto da questa professione»: arrivò a Repubblica nel 1996 occupandosi di economia, dopo aver fatto stage alla France Press e a Le Monde e collaborato con la Rai ed Euronews. Assunta nel marzo 1999 alla redazione di Firenze, dal giugno 2000 scrive di esteri.
• Ha studiato Science politiche alla Sapienza.
• Nel 2007 pubblicò Non calpestate le farfalle (Sperling & Kupfer), memoriale la cui narrazione le era stata affidata dal cambogiano Aki Ra. «Il racconto è una pedagogia dell’orrore. Aki Ra, orfano, è cresciuto con i khmer rossi, ha visto il suo Paese trasformarsi in un’immensa comune agricola pullulante di campi di rieducazione, è stato indottrinato, ha ricevuto bambino il primo kalashnikov» (Marco Del Corona). Poi Per Fandango, nel 2010, Pensare l’impossibile - Donne che non si arrendono e nel 2012 Falsi amici. Italia-Francia, relazioni pericolose. «La falsa amicizia tra questi due popoli nasconde una relazione amorosa».
• Vive a Parigi.
• Sposata con l’inviato del Corriere della Sera Marco Imarisio. Due figli, Teo e Ruben.
Giorgio Dell’Arti

Catalogo dei viventi 2016 (in preparazione) scheda aggiornata al 11 marzo 2014 da Alice Giordano

Da - http://www.cinquantamila.it/storyTellerThread.php?threadId=GINORI+Ana%C3%AFs
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« Risposta #13 inserito:: Settembre 29, 2016, 05:12:07 pm »

UE, la Francia pronta a non rispettare il patto di stabilità Ue.
Il deficit dovrebbe scendere sotto al 3%, ma tutto fa presumere che questa ipotesi non si concretizzerà. A maggior ragione se alle elezioni presidenziali di maggio vincerà - come qualcuno prevede - la destra. Sarkozy: "Priorità sostenere la crescita"

Dalla nostra corrispondente ANAIS GINORI
28 settembre 2016

PARIGI - Anche in Francia occhi puntati sulla Loi des Finances del governo. Il ministro delle Finanze Michel Sapin ha presentato la legge di bilancio per il 2017. La gauche mantiene (almeno a parole) la promessa fatta alla Commissione europea: per la prima volta da quando esiste il Patto di Stabilità, il deficit dovrebbe scendere sotto al 3%, esattamente al 2,7% del Pil, rispetto al 3,3% del 2016.

Cinque anni fa François Hollande aveva promesso di ridurre drasticamente il deficit, allora al 4,8% e che finora non è mai stato allineato con i parametri di Bruxelles. Ma ci sono molti dubbi sulla possibilità reale che avvenga. L'organo di controllo sui conti pubblici - Haut Conseil des Finances publiques - ha già bocciato la credibilità della legge di bilancio, giudicando “improbabile" la previsione del 2,7% di deficit sul Pil, anche perché la sinistra, con la campagna elettorale per le presidenziali di maggio che si avvicina, ha varato sgravi fiscali per circa 5 milioni di contribuenti (pari a 1 miliardo di euro di mancato gettito) e nuove spese (pari a 7,4 miliardi di euro). A suscitare perplessità è anche la previsione di crescita (1,5%) inserita nella Loi des Finances, giudicata troppo ottimista da molti esperti. Il Fondo monetario ha già abbassato a 1,2% l'aumento del Pil francese per l'anno prossimo.

"Abbiamo presentato un bilancio serio e coerente" si è difeso il ministro Sapin. La spesa pubblica francese rimane tra le più alte d'Europa, pari al 54,6%, ma Hollande può rivendicare di aver tagliato due punti rispetto all'inizio del suo mandato, con risparmi in particolare sul sistema sanitario e gli enti locali. "In tutto abbiamo realizzato 46 miliardi di risparmi tra il 2012 e il 2017" ha precisato Sapin.

D'altro canto si sa che se la destra vincerà le prossime elezioni a maggio, come sembra probabile almeno stando agli attuali sondaggi, la Francia non cambierà la Loi des Finances e non rispetterà il famoso parametro del 3%. Lo ha detto chiaramente Nicolas Sarkozy ("Ora la priorità è sostenere la crescita") e lo dicono tutti gli altri candidati alle primarie a destra, compreso Alain Juppé (che ipotizza però di sforare solo nel 2017 per tornare sotto al 3% l'anno dopo). Mentre il governo italiano è costretto in questi giorni a trattare la flessibilità e combattere per uno zero virgola in più sul deficit, in Francia è è quasi certo che nel 2017 non saranno rispettati i parametri di Bruxelles.

© Riproduzione riservata 28 settembre 2016

Da - www.repubblica.it/economia/2016/09/28/news/francia_nel_2017_probabile_il_non_rispetto_del_patto_di_stabilita_-148685509/?ref=HREC1-7
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« Risposta #14 inserito:: Ottobre 17, 2016, 11:09:29 am »

Enrico Letta: "Il nazionalismo di Kaczynski è una trappola. L'Europa rafforza gli Stati"
L’ex premier, ora guida dell’Institute Delors, dopo l’intervista a Repubblica del leader polacco

Dal nostro corrispondente ANAIS GINORI
10 ottobre 2016

PARIGI. "Le parole di Kaczynski rappresentano una trappola mortale alla quale l'Europa deve sottrarsi". Enrico Letta ha guidato pochi giorni fa i festeggiamenti per il ventesimo anniversario dell'Institute Jacques Delors, il think tank di cui è diventato presidente. Da europeista convinto, Letta commenta con preoccupazione l'intervista a Repubblica del leader polacco che sogna una "contro-rivoluzione" nell'Ue. "Il suo discorso può avere una grande forza attrattiva su opinioni pubbliche spaventate e disorientate", osserva l'ex premier che si è dimesso dal parlamento e vive ormai da più di un anno a Parigi, chiamato a guidare l'Ecole d'affaires Internationales della prestigiosa Sciences Po.

La Polonia vuole cambiare i Trattati, varare riforme che diminuiscano i poteri di Bruxelles. Come dovrebbe rispondere l'Europa?
"Quello di Kaczynski è un tentativo disonesto di trasformare l'europeismo in una presunta volontà di Bruxelles di imporre il Super-Stato europeo. È una mistificazione, una leggenda. L'Europa non è gli Stati Uniti d'America, che avevano identità statuali e nazionali deboli quando si sono federati. La nostra riposta è nella definizione lanciata da Delors: la Federazione degli Stati Nazione".

Eppure, dal Brexit alla Polonia e all'Ungheria, c'è un movimento verso il ritorno alle piccole patrie.
"È evidente che non si può prescindere dagli Stati. Ma un'altra cosa dev'essere chiara: l'Europa rende più forti gli Stati. Oggi vediamo che l'Ue è divisa tra piccoli paesi e grandi paesi che non hanno ancora capito di essere condannati a diventare piccoli senza l'Ue. Questo vale anche per la Germania, la Francia e l'Italia. Avremo un futuro solo se rimarremo uniti".

La crisi dei rifugiati ha invece dimostrato una nuova spaccatura con l'Est?
"Spiace notare che c'è stata una debolezza nella risposta dell'Europa nei confronti di questi paesi contrari al piano di redistribuzione dei rifugiati. È bene ricordare che nella solidarietà tutto si tiene. Se alcuni paesi prendono fondi strutturali o vengono aiutati in settori come quello industriale e agricolo, non possono poi dire che non danno la loro solidarietà quando l'Europa affronta una grave crisi migratoria. È un messaggio anche ad alcuni sostenitori italiani di Orbàn e Kaczynski".

Ovvero?
"Se salta l'idea di redistribuire i rifugiati tra tutti i 27 paesi europei, come chiedono Kaczynski e Orbàn, saremo i primi a subirne le conseguenze. È come inneggiare ai leghisti ticinesi che poi fanno un referendum per vietare i lavoratori italiani transfrontalieri. Il nazionalismo è un'arma a doppio taglio anche per chi la usa".

E dunque Bruxelles dovrebbe minacciare sanzioni?
"Certo. Ad esempio se il referendum ungherese fosse stato approvato, o se il governo di Budapest vorrà continuare su quella linea, è legittimo per l'Ue utilizzare tutti gli strumenti possibili per far rispettare le regole. Dev'essere chiaro che non esiste l'Europa à la carte, in cui si prende senza dare niente".

Cos'hanno in comune Kaczynski e Orbàn?
"Sono il simbolo di un nazionalismo classico anche se rivisitato sotto certi aspetti. Tra i due leader c'è però una differenza sostanziale. L'Ungheria è un paese piccolo in cui una parte della popolazione sogna di tornare alla grandeur del passato, quando il paese era uno dei più grandi imperi e non solo una nazione di nove milioni di abitanti. Orbàn cavalca una depressione collettiva per un ruolo ormai perduto. Abbiamo visto comunque che il voto di Budapest nel referendum è stato fortemente contrario al governo, segnale che esiste un'opposizione interna".

E il leader polacco rappresenta lo stesso tipo di nazionalismo?
"La Polonia è un grande paese e sotto la leadership di Donald Tusk è stata anche politicamente centrale in Europa. Mi pare che il discorso di Kaczynski abbia risvolti sostanzialmente domestici. Alla fine sono parole d'ordine prive di qualsiasi concreta attuazione. Non dico che non siano pericolose, perché attizzano i nazionalismi. L'Europa viene usata come una clava a fini politici interni. Anche nell'intervista a Repubblica il leader polacco critica Bruxelles per colpire due obiettivi: Tusk e Lech Walesa. Su Tusk, Kaczynski vuole contestare il rinnovo del mandato alla guida del Consiglio europeo. E proprio per questo gli altri leader europei dovrebbero dire subito che lo appoggeranno".

Dov'è stato l'errore? L'allargamento dell'Ue non è stato sufficientemente preparato?
"L'allargamento era necessario. Il vero errore semmai è non aver fatto le riforme di governance prima dell'ingresso dei nuovi paesi, come previsto dal Trattato di Lisbona. Una Commissione con 27 commissari, uno per ogni paese, sarà sempre debole. Oggi alcuni paesi hanno un potere frenante superiore a quello che gli spetterebbe. Però attenzione: Kaczynski e Orbàn fanno la voce grossa perché gli altri leader non riescono a trovare un minimo comune denominatore per avanzare su riforme concrete. Io non sono per dire che l'Europa va bene così. Ci sono molte cose da migliorare e da cambiare. Quel che temo sono invece le divisioni e lo stallo. È così che indirettamente rafforziamo i nazionalisti".

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10 ottobre 2016

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2016/10/10/news/_il_nazionalismo_e_una_trappola_l_europa_rafforza_anche_gli_stati_-149440488/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_10-10-2016
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