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Autore Discussione: Luci e ombre su Mattei a teatro con Vacis  (Letto 2871 volte)
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« inserito:: Marzo 11, 2010, 04:14:37 pm »

Luci e ombre su Mattei a teatro con Vacis

di Maria Grazia Gregori

Impossibile non condividere quella che possiamo considerare l’epigrafe vera dello spettacolo dedicato a Enrico Mattei - Il signore del cane nero - in scena, per lo Stabile di Torino alla Cavallerizza. È la terribile denuncia di Pier Paolo Pasolini, che in Petrolio, il suo romanzo uscito postumo, Mattei lo chiama Bonocore, quell’incalzante «Io so» che assomiglia a un atto di fede laico allo stesso tempo netto e impotente. So - ci dice Pasolini - chi sono i mandanti, chi sta dietro a tutte le stragi «ma non ho le prove e nemmeno gli indizi».

Misteri d’Italia che ci accompagnano, che pesano come un macigno sulla nostra storia. Enrico Mattei, uno degli uomini chiave della nostra rinascita dopo la guerra, ha saputo andare oltre a tutto questo. Figlio di un maresciallo dei carabinieri diventato famoso per avere catturato il brigante Musolino, cattivo studente, un geniaccio per gli affari, partigiano, «inventore» dell’Eni, nemico giurato delle «sette sorelle» del petrolio che non gli perdonarono mai di averle bypassate andando direttamente dai paesi produttori a prenderlo a un prezzo inferiore, per un attimo pensò di averlo trovato, il petrolio, e invece lì sotto la pianura padana, scoprì il metano, diventando con la costruzione di condutture su tutto il territorio il «metanizzatore» d’Italia. Una figura emblematica non solo per la sua carriera, non solo per la genialità che non si fermava di fronte a nulla, non solo per la sua capacità di oliare i meccanismi del potere (sempre con i bilanci in attivo, però) ma anche per la sua morte, avvenuta il 27 ottobre del 1962 alle 18.50 a Bascapè, in un giorno di pioggia con la disintegrazione del suo aereo.

Incidente, si disse; ma molti non ci hanno creduto da Mauro De Mauro, il giornalista dell’Ora, scomparso nel nulla, a Francesco Rosi, che ne fece un film. E la tragica vicenda riaperta nel 1995 rivelò un sabotaggio, trenta grammi di dinamite ci dice lo spettacolo, lo scoppio dell’aereo nel cielo come una palla di fuoco visto anche da un agricoltore del posto che poi cambiò versione… ma venne archiviata per impossibilità di giungere alle vere responsabilità: il primo atto di terrorismo in Italia lo definì Fanfani.

Racconta tutto questo a un pubblico attentissimo ed emozionato un testo di Laura Curino, che ne è anche la bravissima interprete e di Gabriele Vacis che ne firma la regia. Uno spettacolo di forte impatto emozionale e civile. Un racconto che vede la sola Curino in scena mentre alle sue spalle passano le immagini e la voce di Mattei che parla di sé, lui che era «bello come Gary Cooper, come Tyrone Power», che portava le camicie con le cifre ricamate, a suo agio con gli operai (lo era stato da ragazzo) come con i potenti anche i più corrotti purché servissero al suo progetto politico e sociale di fare crescere il paese. È una povera pazza, Celestina, prigioniera di un sogno simile a un incubo, ma persuasa della grandezza di questo signore che risollevò l’Agip, decotta industria di Stato ereditata dal fascismo che avrebbe dovuto liquidare, per trasformarla nella punta di diamante del nostro neonato sistema industriale. Ma il signore del cane nero, il cane a sei zampe che svettava alle pompe della benzina italiana di Supercortemaggiore, un po’ matto doveva esserlo davvero. E anche genialmente beffardo, affascinante, duro e generoso: un vero e proprio «principale» come lo chiama Celestina - Curino con il suo cappotto dalla maniche lunghissime che nasconde un tutù (a Mattei piacevano le ballerine), un capitalista di Stato che poteva aiutare le ribellione dei popoli emergenti purché servissero al suo progetto e dialogare alla pari con l’Unione Sovietica e con la Cina e per questo da qualcuno considerato «comunista».

Ma lo spettacolo non glorifica Mattei, non lo vede tutto in positivo, anzi ne mette in luce le ombre con uno stile secco, con la sola forza della parola. Suggerendo un mandante che Celestina chiama Fecis, amico degli americani e Pasolini in Petrolio Troia… e inanellando una serie tragica di misteri dolorosi ma quanto mai terreni, lì nel fango di Bescapé in quella specie di lago creato dall’esplosione, pezzo di straordinaria bravura della Curino. Oggi Marcello Dell’Utri, oltre al resto noto bibliofilo, dichiara che forse è stato ritrovato un capitolo mancante del romanzo Petrolio di Pasolini, proprio quello in cui si parla ancora dell’Eni e di Mattei. Anche questa è una storia italiana. Ma, come ben capite, è tutta un’altra storia.

11 marzo 2010
da unita.it
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