3/3/2011
Il noi delle donne da Facebook a piazza Tahrir
NAOMI WOLF
Tra i più diffusi stereotipi occidentali sui Paesi islamici ci sono quelli riguardanti le donne musulmane: occhi da cerbiatto, velate e sottomesse, esoticamente silenziose, eteree abitanti di immaginari harem, rinchiuse in rigidi ruoli di genere. Allora dov’erano queste donne in Tunisia e in Egitto?
In entrambi i Paesi, le manifestanti non avevano nulla in comune con lo stereotipo occidentale: erano in prima linea e al centro, nei notiziari e sui forum di Facebook, e anche al comando. In Egitto, in piazza Tahrir, le donne volontarie, alcune accompagnate da bambini, hanno lavorato costantemente per sostenere le proteste – dando un mano alla sicurezza, alle comunicazioni e all’assistenza. Molti commentatori hanno accreditato al gran numero di donne e bambini la complessiva notevole tranquillità dei manifestanti di fronte alle gravi provocazioni.
Altri cittadini diventati reporter in Tahrir Square - e praticamente chiunque con un telefono cellulare poteva esserlo - hanno rilevato che le masse di donne coinvolte nelle proteste erano demograficamente rappresentative. Molte indossavano il velo e altri segni di conservatorismo religioso, mentre altre ostentavano la libertà di baciare un amico o fumare una sigaretta in pubblico.
Ma le donne non servivano solo come lavoratrici di supporto, il ruolo abituale a cui sono relegate nei movimenti di protesta, da quelli del 1960 fino alla recente rivolta studentesca nel Regno Unito. Le donne egiziane hanno anche organizzato, elaborato strategie e riportato gli eventi. Blogger come Leil Zahra Mortada hanno affrontato gravi rischi per tenere quotidianamente il mondo informato sulla scena in piazza Tahrir e altrove.
Il ruolo delle donne nel grande sconvolgimento del Medio Oriente è stato tristemente sottovalutato. Le donne in Egitto non si sono limitate a «unirsi» alla protesta - sono state una forza trainante per l'evoluzione culturale che ha reso la protesta inevitabile. E ciò che è vero per l'Egitto è vero, in misura maggiore e minore, in tutto il mondo arabo. Quando le donne cambiano tutto cambia e le donne nel mondo musulmano stanno cambiando radicalmente.
Il più grande cambiamento è sotto il profilo educativo. Due generazioni fa, solo una piccola minoranza delle figlie delle élite ricevevano una formazione universitaria. Oggi, le donne rappresentano più della metà degli studenti nelle università egiziane. Sono istruite a usare il potere in un modo che alle loro nonne sarebbe stato difficile immaginare: pubblicando giornali (come Sanaa El Seif ha fatto, a dispetto dell’ordine del governo di cessare le sue attività), facendo campagna per i posti di leadership degli studenti; raccogliendo fondi per le organizzazioni studentesche e organizzando riunioni.
Oggi una consistente minoranza di giovani donne in Egitto e altri Paesi arabi hanno trascorso i loro anni formativi esercitando il pensiero critico in ambienti misti, con uomini e donne, e anche sfidando pubblicamente in classe professori maschi. È molto più facile tiranneggiare la popolazione quando la metà di essa è scarsamente istruita e addestrata a essere sottomessa. Ma, come gli occidentali dovrebbero sapere dalla propria esperienza storica, una volta che le donne sono istruite, diventa probabile che l’agitazione democratica accompagni il conseguente massiccio mutamento culturale.
Anche la natura dei media sociali ha contribuito a trasformare le donne in leader della protesta. Avendo insegnato le capacità di leadership alle donne per più di un decennio, so quanto sia difficile far loro affrontare e rivolgersi a una struttura organizzata gerarchicamente. Allo stesso modo, le donne tendono ad evitare l’iconografia che la protesta tradizionale in passato ha imposto ad alcuni attivisti - quasi sempre un giovane dalla testa calda con un megafono in mano.
In tali contesti - con un palcoscenico, un riflettore, e la necessità di parlare in pubblico - le donne spesso rifuggono dai ruoli di leadership. Ma i social media, attraverso la natura stessa della tecnologia, hanno cambiato l’aspetto e il senso della leadership. Facebook imita il modo in cui molte donne scelgono di vivere la realtà sociale, con connessioni tra le persone importanti tanto quanto la posizione di dominio o di controllo individuale, se non di più.
Su Facebook si può diventare un leader che conta solo creando un «noi» davvero grande. O si può rimanere allo stesso livello, concettualmente, di tutti gli altri nella pagina, non occorre far valere una posizione dominante o di autorità. La struttura dell’interfaccia di Facebook crea ciò che le istituzioni «reali», nonostante 30 anni di pressione femminista, hanno omesso di fornire: un contesto in cui le capacità delle donne di forgiare un potente «noi» e impegnarsi in una leadership di servizio possa far progredire la causa della libertà e della giustizia in tutto il mondo.
Naturalmente, Facebook non può ridurre i rischi della protesta. Ma, per quanto violento possa essere nell’immediato futuro il Medio Oriente, la documentazione storica di ciò che accade quando le donne istruite partecipano a movimenti di liberazione suggerisce che quelli che vorrebbero mantenere l’ordine con il pugno di ferro nella regione sono finiti.
Proprio quando la Francia iniziò la sua ribellione nel 1789, Mary Wollstonecraft, che era stata coinvolta nella testimonianza di quegli eventi, scrisse il suo manifesto per la liberazione delle donne. In America dopo che le donne ebbero aiutato a combattere per l'abolizione della schiavitù, misero all’ordine del giorno il suffragio femminile. Dopo che nel 1960 fu detto loro che «la posizione delle donne nel movimento è sdraiata» generarono la «seconda ondata» del femminismo - un movimento nato dalle nuove competenze delle donne e dalle loro antiche frustrazioni.
In ogni tempo, una volta che le donne hanno combattuto le battaglie per la libertà di altri, sono poi passate a difendere i loro diritti. E, dal momento che il femminismo è semplicemente una logica estensione della democrazia, i despoti del Medio Oriente si trovano di fronte a una situazione in cui sarà quasi impossibile forzare queste donne risvegliate a fermare la loro lotta per la libertà - la loro propria e quella delle loro comunità.
Copyright: Project Syndicate, 2011.
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