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Autore Discussione: Immigrati e banchieri  (Letto 3038 volte)
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« inserito:: Febbraio 15, 2009, 03:02:01 pm »

Immigrati e banchieri

di Rachele Gonnelli


È il motivo che li spinge a venire, il primo. Che fa sopportare il viaggio, la fatica del lavoro anche quello più umile e le stamberghe più fredde.
Mandare i soldi a casa, la loro ragione di stare è più che una speranza, una missione. Spesso la famiglia allargata si è dovuta autotassare per pagare il viaggio al più intraprendente. Un investimento che deve fruttare per forza, per sopravvivere tutti.
Le rimesse degli immigrati in Italia verso i paesi d'origine sono una cifra a sei zeri. Sei miliardi nel 2007 solo nella filiera ufficiale, dieci miliardi e più se si considerano i circuiti informali (i soldi dati all' amico che torna, al conducente del pullman, al prete).
Ma ora con la recessione, chissà... Scartabellando tra i dati della Banca d'Italia, si scopre però che nei primi otto mesi dell'anno le rimesse al netto dei canali informali non sono affatto diminuite. Anzi, sembrano persino leggermente aumentate, anche se dipende da comunità a comunità.

Tra gennaio e settembre 2008 gli immigrati in Italia hanno inviato a casa complessivamente 4 miliardi 652 milioni di euro. Il volume delle rimesse risulta così in crescita dell'8,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. E l'anno 2007 è stato già un anno record.
Gli immigrati non sentono la crisi? «L'espulsione di mano d'opera dalle fabbriche sta cominciando adesso - ricorda Giampietro Pizzo, presidente di Microfinanza, massimo esperto del settore- e dapprima l'operaio non resta senza far niente ma cade in un circuito di sottoproduzione o lavoro nero. Credo che qui gli effetti si vedranno tra qualche mese».

Retrovie della congiuntura Per ora l'economia degli immigrati resta nelle retrovie della congiuntura, essendo già un'economia di sussistenza. Il caso classico è quello di una badante ucraina. La famiglia presso cui presta servizio si priverà di tutto pur di garantirle quel reddito minimo. E lei risparmierà al massimo per far fronte alle necessità divenute impellenti dei parenti ucraini. «Un'altra spiegazione - aggiunge Pizzo - può essere che mentre aumentano le rimesse tracciabili, nel contempo stiano diminuendo quelle inviate tramite canali informali».

Come dice il professor Odo Barsotti, ordinario di statistica a Pisa, per individuare la massima capacità di donazioni in denaro sono due le variabili da cercare: l'integrazione sociale ed economica nel paese ospitante e la persistenza dei legami amicali o parentali nel paese d'origine. Se si ha una famiglia da mantenere e pochi contatti con quella lontana è più difficile che, specialmente in momenti di crisi economica, si continui a risparmiare per inviare denaro a distanza. Al contrario le reti di relazione, forti in particolare tra africani e latini, tendono a rafforzare i legami con la madrepatria fino alla Seconda generazione, cioè ai figli nati o cresciuti in Italia.

Cifre a sei zeri Nel 2008 gli immigrati che sono riusciti a risparmiare di più e hanno scelto i circuiti ufficiali per inviare denaro sono gli asiatici con 2 miliardi e 105 milioni nei primi otto mesi (il 10,9 percento in più) nei primi otto mesi.
Anche se i cinesi, i più risparmiatori, hanno rallentato i loro traffici verso la Repubblica Popolare passando da 1,7 miliardi nel 2007 a 1 miliardo e 125 milioni fino a settembre. Ma qui può anche valere il discorso inverso: magari hanno privilegiato i «soldi nell'ombra». Una vera impennata di rimesse alla luce del sole vanno verso India e Pachistan: 110 milioni, il 39 percento in più, per due comunità molto dinamiche con reti capillari di import-export.

Del resto il Bangladesh è in testa alla lista dei paesi beneficiari dei proventi dell'emigrazione anche secondo Dilip Ratha, economista della Banca Mondiale, che ha analizzato i bollettini delle varie banche centrali datati novembre 2008. Fa caso a parte il Messico dove a gennaio 2009 si segnala un calo del 3,6 percento delle rimesse, un segnale che potrebbe spiegarsi con la crescita enorme -segnalata anche dal Migration Policy Institute americano- di canali clandestini in entrata e in uscita dagli Usa.

C’è poi l'ondata di piena della crisi che si è abbattuta dapprima sull'America Latina. E del resto anche dall'Italia il flusso si è ridotto dai latinamericani. Come pure verso l'Africa. La Banca africana di sviluppo ha previsto un 2008 di grafici in picchiata per i paesi del continente: meno aiuti internazionali, meno cooperazione e soprattutto meno rimesse. L'ultimo studio dell'Ifad, International Fund for Agriculture Development, calcola che tutti i soldi che vengono inviati nei paesi di provenienza dai 150 milioni di migranti del mondo ammontino a 300 miliardi di dollari all'anno. È due o tre volte il totale degli aiuti internazionali allo sviluppo.

Migranti nella crisi L'Italia dove l'unico pareggio di bilancio è stato storicamente reso possibile con i soldi degli emigrati è diventato il settimo paese al mondo per volume di rimesse degli immigrati, il terzo in Europa. In maggior parte vanno a finire in Cina e nelle Filippine. Una comunità, quella filippina, che non è affatto maggioritaria tra gli stranieri in Italia: è solo al sesto posto. Ma ha una incredibile propensione al risparmio. Mentre i rumeni - primi per numero- hanno ulteriormente diminuito del 2,8 i legami economici con i connazionali.

Molto numerosi da decenni gli albanesi e i marocchini. In tutti e due i casi aumentano le spedizioni di denaro. Gli albanesi, dopo la truffa delle piramidi finanziarie negli anni Novanta non hanno mai recuperato fiducia nelle banche e all'87 per cento preferiscono soldi sotto al cuscino e brevi manu. Ma l'Istituto del Commercio estero locale prevede grandi arrivi. I marocchini invece (3 milioni sparsi tra Italia Francia e Spagna) mandano tramite banche, poste e money transfert. Cinque miliardi nel 2007. E i governanti di re Mohammed IV hanno iniziato a pensare a come utilizzarli al meglio. Hanno organizzato un Salone a Nador, ad agosto, per intercettare questo fiume di denaro e metterlo in contatto con possibilità di investimento nel turismo.
Il problema delle rimesse è in effetti che arrivando a pioggia non si sa dove vadano a finire. Spesso in sopravvivenza e in beni di consumo. Si calcola che solo il 10 percento venga investito in qualche attività capace di produrre altro reddito. «È probabile che con la crisi l'invio di rimesse pro capite diminuirà - dice Giampiero Pizzo- ed è anche probabile che le banche in tempo di vacche magre comincino, lo stanno già facendo, a considerare nel proprio business anche il money transfer». Il tema è in agenda nel G20 della Maddalena. Pizzo punta sul microcredito. Gli Stati sulle banche.

Rimesse fanno sviluppo. Come fare per ottimizzare le potenzialità degli aiuti allo sviluppo con il microcredito? «Si tratta di orientare le risorse attraverso il cofinanziamento di progetti in loco», spiega Michele Consiglio, presidente di Acli Mondo, utilizzando come volano i finanziamenti della cooperazione anche degli enti locali e i soldi risparmiati dagli immigrati. Il governo Berlusconi ha tagliato 400 milioni di euro alla cooperazione.
Bisogna trovare altri sistemi per finanziare i progetti. Acli, Arci e Wwf si sono messi per trovare le sinergie e altri approcci. Il primo passo sarà la realizzazione di un sito Internet, pronto a giorni, in varie lingue.
Oltretutto produrre lavoro là resta l'unico modo valido per limitare gli arrivi qui.

rgonnelli@unita.it

14 febbraio 2009
da unita.it
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« Risposta #1 inserito:: Febbraio 16, 2009, 11:58:43 pm »

Se si sceglie di integrare

di Anna Paola Concia


È ricominciata la caccia allo straniero violentatore. Ricordate la caccia agli albanesi di qualche anno fa? Sembrava che il solo problema del nostro paese fossero gli albanesi cattivi e violenti. Oggi rilanciamo, l’oggetto delle nostre ossessioni sono “tutti” gli extracomunitari. E’ una vera e propria campagna mediatica, fumo negli occhi. E se non riusciamo a guardare le brutali violenze su ragazze inermi con occhi lucidi, rischiamo di far vincere chi la spara più grossa.

Alemanno urla contro tutto e contro tutti: qualcuno può dirgli che la campagna elettorale è finita? È lui il sindaco di Roma, e governare è molto più difficile che fare campagne elettorali. I cittadini vogliono risposte efficaci, non campagne mediatiche.
La madre della ragazza violentata a Roma è stata esplicita: mi faccio giustizia da sola. È un dolore inimmaginabile che merita risposte vere. E chi non vuole vedere il nesso tra emarginazione e violenza sessuale non darà risposte efficaci. Serve efficacia, non solo fermezza. È efficace sradicare sacche di emarginazione, è efficace che le forze dell’ordine possano lavorare sul territorio, è efficace mettere in piedi piani regolatori sulla sicurezza nelle città.

Non è efficace la “caccia allo straniero”, non è efficace costruire dei lager per i rom, non è efficace l’esercito. Anche perché scaricare il problema della violenza sessuale sugli extracomunicati ci permette di non vedere quello di cui sono capaci i “nostri” uomini.

Pensiamo davvero che i paesi che investono tante risorse sulla integrazione degli extracomunitari sono buonisti? Oppure sono solo pragmatici, sapendo che più si integrano, si radicano, costruiscono famiglie, meglio vivremo tutti? Intanto, i nostri “difensori della vita” hanno approvato quello scandalo di legge che obbliga i medici a denunciare i clandestini.
Bell’esempio di politiche di integrazione.


16 febbraio 2009
da unita.it
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