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Autore Discussione: Cofferati: perché quel criminale era fuori?  (Letto 2141 volte)
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« inserito:: Febbraio 15, 2009, 02:58:07 pm »

L'intervista

Cofferati: perché quel criminale era fuori?

Il sindaco: «Evitiamo strumentalizzazioni. C'è un problema di certezza della pena»
 

 
ROMA — «Non facciamoci riconoscere, per favore». È quasi un riflesso condizionato. Sergio Cofferati non pronuncia mai quella parola, stupro. Non gli viene proprio, gli fa orrore.
Cita il suo amato Stephen King. Un uomo che commette violenza su una donna sta un gradino sotto al topo. «Anche per questo, per la repulsione e lo sgomento che generano episodi del genere, evitiamo di strumentalizzarli come è accaduto altrove».

Sindaco, la campagna elettorale per la sua successione è cominciata la scorsa notte?
«Non credo. Questi problemi vanno affrontati per quel che sono, in tutta la loro drammaticità. Spero vivamente, soprattutto per Bologna, che non diventino occasione di polemiche elettorali».

C'è questo rischio?
«In linea teorica, esiste. Ma la società bolognese ha dentro di sé gli anticorpi per capire di cosa si sta parlando. Lo ha dimostrato spesso. Credo che questi drammi non debbano diventare oggetto di una contesa politica».

Altrove è accaduto.
«Questo non giustifica nulla. È sbagliato, sia da destra che da sinistra. La violenza sulle donne è un grave problema, che continua a esistere. Riguarda tanti territori, non tante amministrazioni ».

Riguarda anche alcuni giudici?
«Guardiamo al criminale che la scorsa notte ha compiuto quel gesto orrendo. Se persone di questa natura possono commettere reati gravi, ne commettono altri ancora, e poi non vengono tenuti in prigione e neppure espulsi, è evidente che c'è un problema. Anzi, più di uno».

Li elenchi.
«Il primo è la certezza della pena. Come mai questo signore era in giro?».

Gli altri?
«Una certa labilità nei controlli. Nella valutazione della pericolosità sociale di certi individui. E infine di presidio del territorio nazionale».

Un altro stupro, un altro immigrato.
«Questi orrendi episodi si trascinano il rischio di orrende generalizzazioni. Io non ci sto. Non è il modo di affrontare la questione».

Quale, allora?
«È di tutta evidenza il fatto che la violenza sulle donne ha una radice culturale, che non riguarda soltanto gli extracomunitari ».

Si spieghi.
«Noi siamo portati a vedere la violenza che avviene sulla strada. Ma il problema è più grande e complesso, perché bisogna considerare e aggiungere anche i non meno rilevanti fatti di violenza sulle donne nelle mura domestiche ».

Ha già letto le dichiarazioni di alcuni politici della sua città?
«Me le posso immaginare. C'è chi ha lo stomaco per fare propaganda su un fatto del genere. Rispondo dicendo che reati del genere a Bologna sono in calo. Non lo dico io, ma le statistiche della questura».

A volte le statistiche sono un comodo rifugio.
«Sono il primo a dire che l'odiosità di quel che è successo non permette alcuna deroga. Ma strumentalizzare non serve a nulla. Che altro si può dire dopo un arresto in flagranza di reato? La polizia ha lavorato molto bene, è intervenuta subito».

Ha presente il curriculum dello stupratore?
«Il vero problema irrisolto è questo. Ci sono persone che arrivano in Italia e vagano per il Paese passando di reato in reato senza essere semplicemente fermate».

E il controllo del territorio?
«Ce n'è un bisogno sempre maggiore. Purtroppo anche i luoghi dove avvengono questi misfatti dicono della assoluta mancanza di condizionamento ambientale di questi criminali».

Teme un rigurgito xenofobo?
«L'unica cosa che mi preoccupa in questo momento sono le condizioni della vittima.
Quanto al resto, mi devo ripetere: rigorosissimi nel perseguire i reati, e altrettanto rigorosi nel non lasciare che i reati vengano strumentalizzati. Non c'è altro modo per evitare che tutto finisca nel calderone della demagogia».


Marco Imarisio
15 febbraio 2009

da corriere.it
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