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Autore Discussione: Paolo Valentino Oggi Obama schiera la squadra  (Letto 18380 volte)
Admin
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« Risposta #30 inserito:: Dicembre 01, 2008, 03:29:15 pm »

Ufficializzati anche i nome di gates alla difesa e jones alla sicurezza

Oggi Obama schiera la squadra

Hillary sul podio al suo fianco

Delineato il «nocciolo duro» dell'Amministrazione: è la «squadra di rivali» sognata da Barack


Dal nostro corrispondente Paolo Valentino
 

WASHINGTON - Il "team of rivals", la squadra di rivali sognata da Barack Obama sulle orme di Abraham Lincoln, diventa realtà. Il presidente-eletto annuncia oggi a Chicago i nomi dei suoi tre moschettieri per la politica estera, confermando di voler privilegiare pragmatismo, flessibilità e talento, anche a rischio di dover conciliare personalità forti e opinioni a volte contrastanti. Come anticipato da giorni, Obama designerà Hillary Clinton alla guida del Dipartimento di Stato, il generale James Jones a consigliere per la Sicurezza nazionale e confermerà l'attuale ministro della Difesa, Robert Gates, al vertice del Pentagono. «Un triumvirato che ispirerà fiducia all'interno e all'estero», ha commentato il senatore repubblicano della Virginia, Mark Warner, secondo cui la scelta «rafforza il crescente rispetto per il coraggio e la capacità del presidente-eletto di selezionare i migliori». Ma le posizioni centriste dei tre fanno parlare altri di «squadra di falchi», che mette in allarme la blogosfera progressista, delusa dal non vedere nomi amici nei posti più importanti del nuovo team e agitata dal sospetto che Obama stia per allontanarsi dal corso promesso durante la campagna.

In realtà, viste da vicino, le scelte del presidente-eletto non sono poi così in contraddizione con la linea di politica estera messa a punto durante la lunga stagione elettorale. Obama e Clinton, per cominciare, non hanno differenze significative. Il loro contrasto nelle primarie fu soprattutto sul carattere (che secondo Hillary lui non aveva) e sul giudizio (che secondo Obama a lei era mancato, al momento di votare sulla guerra in Ira1). Hanno sicuramente uno stile diverso, più tendente alla voce grossa quello dell'ex first-lady, più freddo e misurato quello di Obama. Ma entrambi sono per il ritiro cadenzato dalla Mesopotamia, vogliono spostare il focus dell'azione sull'Afghanistan, puntano sulla diplomazia aggressiva con l'Iran e la Russia.

Scintille potrebbero certo venire dalle rispettive personalità e dal ruolo di Bill Clinton. Ma nel primo caso la disciplina di gabinetto costringerà Hillary a stare nei ranghi, nel secondo la mina sembra ora disinnescata: l'ex presidente ha infatti dato il suo accordo a rivelare tutti i nomi dei donatori della sua fondazion ed ha accettato di sottoporre preventivamente alla Casa Bianca i testi dei suoi futuri discorsi. Anche con Jones, il primo militare di carriera nel posto di Consigliere per la Sicurezza nazionale dopo Colin Powell nel 1987-88, il presidente-eletto ha poche divergenze sostanziali. Un anno fa, Jones si era detto contrario a fissare una data arbitraria per il ritiro delle truppe dall'Iraq. Ma l'ex comandante della Nato concorda in pieno con Obama che la Mesopotamia sia stata una distrazione dall'Afghanistan, vero fronte della lotta al terrorismo. Jones porta a Obama il suo spirito bipartisan (che non lo ha mai fatto schierare con uno o l'altro partito) e la profonda conoscenza del mondo militare e dell'inteligence. Più problematico, sulla carta, potrebbe essere il rapporto con Robert Gates, unico sopravvissuto dell'Amministrazione Bush e fin qui solo repubblicano del futuro governo di Obama. Le differenze esistono, come la difesa missilistica di cui Gates è sostenitore mentre il presidente-eletto favorisce solo se si dimostrasse realizzabile. O come le armi nucleari, dove Gates appoggia una nuova generazione di testate atomiche, contro il parere della maggior parte dei consiglieri di Obama. Eppure, Gates favorisce forme di dialogo con Teheran, chiede una linea di maggior impegno con la Russia, si è discretamente espresso per un più rapido ritiro dall'Iraq, ha più volte criticato, fatto insolito per un ministro della Difesa, la «crescente militarizzazione della politica estera americana». Più importante, Gates porta in dote al futuro presidente un Pentagono unito e motivato dietro la sua leadership, dopo il disastro degli anni di Rumsfeld. Tre personalità così forti e con opinioni non sempre convergenti porranno sicuramente qualche problema di scelta a Barack Obama. Ma come osservano i suoi fedelissimi, questa è esattamente la situazione preferita dal presidente-eletto: una squadra di rivali per decidere meglio, in nome del pragmatismo e dell'interesse nazionale.


01 dicembre 2008

da corriere.it
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