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Autore Discussione: Maryam Rajavi: «Solo noi della resistenza possiamo abbattere il regime iraniano»  (Letto 2228 volte)
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« inserito:: Luglio 27, 2008, 12:17:13 am »

Maryam Rajavi: «Solo noi della resistenza possiamo abbattere il regime iraniano»

Gabriel Bertinetto


Il nemico numero uno di Teheran ha il volto sorridente di Maryam Rajavi, leader della resistenza iraniana. Elegantemente vestita di rosa, i capelli avvolti in un fazzoletto dello stesso colore, ci riceve in un albergo a Roma circondata da collaboratrici e collaboratori. «L’Italia può svolgere un ruolo importante affinché l’Unione europea cancelli i Mujaheddin del popolo (Mpi) dalla lista delle organizzazioni terroriste -dice-. L’azione della resistenza è la chiave per rimuovere la più grande minaccia esistente oggi non solo per il popolo iraniano ma per il mondo intero: il regime dei mullah».

Signora Rajavi, l’Mpi chiede di essere tolto dalla lista dei gruppi terroristi e numerosi parlamentari italiani appoggiano la richiesta. Come spiega che tanti governi, compresi gli Usa che sono fortemente ostili a Teheran, non siano d’accordo?
«L’etichetta di terroristi fu appiccicata dall’Occidente su sollecitazione dei mullah, come concessione per favorire il negoziato. È una scelta giuridicamente infondata, e dal punto di vista politico una conchiglia vuota, perché l’Europa e gli Usa, che l’adottarono unicamente per compiacere Teheran, sanno che la strategia della compiacenza è fallita».

Lei sostiene che ogni trattativa con le autorità iraniane è inutile, ma si oppone all’“opzione militare” spesso evocata dagli Usa. E le sanzioni, se il dialogo non dà risultati, servono?
«Sì, possono essere efficaci. Sinora tutti i contratti commerciali fra le aziende occidentali e l’Iran sono andati a vantaggio del regime, mentre l’80% della popolazione vive sotto la soglia della povertà. Le sanzioni possono creare problemi ai mullah».

Secondo voi il cambiamento in Iran può arrivare solo dall’interno del Paese. I settori politici riformatori possono contribuire?
«Sfortunatamente riformatori e moderati sono un miraggio. Per 15 anni l’Occidente si è cullato nell’illusione che esistessero. Ci sono fazioni nel regime, ma accomunate dall’obiettivo di salvaguardare il potere. Khatami e finito, Rafsanjani è finito. Ed è emerso Ahmadinejad».

Dunque per voi il cambiamento scaturirà da una contrapposizione frontale con il regime. Sarà violenta?
«Siamo ottimisti sul fatto che il popolo trovi altre strade. Noi ad esempio abbiamo proposto un referendum sotto sorveglianza internazionale. Nella società iraniana c’è un potenziale di energie bloccate, pronte a liberarsi. Ci auguriamo che il regime non soffochi quelle energie, ma sappiamo che per sopravvivere non si farebbe scrupolo di spargere altro sangue».

Ahmadinejad e i suoi paiono più deboli rispetto a due anni fa. C’è una lotta fra vari settori del regime. Che peso date a queste vicende?
«La guerra interna c’è sempre stata, fin dall’inizio. Ma parlerei piuttosto di una costante epurazione ed eliminazione delle frange che cercano di ritagliarsi un piccolo spazio di manovra rispetto all’orientamento generale. È un progressivo assottigliamento della base del regime che nella sua totalità si indebolisce progressivamente nel momento stesso in cui tende a diventare sempre più monolitico».

Cosa deve fare l’Mpi per guadagnare la fiducia di quei cittadini iraniani, nemici della teocrazia e però turbati dai legami che quel gruppo ha avuto con Saddam durante la guerra Iraq-Iran?
«In realtà la resistenza ha un largo sostegno sociale, logistico, umano, che in una dittatura non è ovviamente possibile quantificare. Anche se sono sottoposti alla guerra psicologica del potere, gli iraniani non dimenticano che l’Mpi si stabilì in Iraq solo dopo il ritiro delle truppe dal territorio iraniano. Prima i Mujaheddin avevano anzi combattuto contro l’esercito iracheno. La presenza dell’Mpi in Iraq dipese da una complessa situazione geopolitica, che sei anni fa però è completamente mutata. Oggi è provata l’indipendenza totale dell’Mpi».

Terroristi per molti governi occidentali. Musulmani ipocriti per il regime. Due accuse pesanti. Cosa risponde alla seconda?
«È ovvio che un governo che nel nome dell’Islam uccide, tortura, esporta terrorismo in Medio Oriente, parli così della resistenza. Perché se ammettesse che i mujaheddin sono musulmani, come potrebbe giustificare i propri crimini? Non possono esserci due Islam tanto diversi fra loro».

Avete un programma politico progressista: separazione fra politica e religione, applicazione del principio democratico “un uomo, un voto”, parità fra i sessi, abolizione della pena capitale. Eppure siete molto isolati internazionalmente. Come lo spiega?
«Quei governi che continuano ad etichettarci come terroristi, lo fanno unicamente per convenienza nei rapporti con Teheran. In origine fu un gesto di buona volontà di Clinton verso Khatami per favorire il ravvicinamento Usa-Iran. Ma in molti Paesi, compresa l’Italia, compresi gli stessi Usa, numerosi parlamentari hanno firmato dichiarazioni a nostro sostegno».

Pubblicato il: 26.07.08
Modificato il: 26.07.08 alle ore 9.55   
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