BRUTTE e tristi STORIE...
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21/9/2009 - OMICIDIO GHIGLIENO
Fantasmi di Killer a Torino
CESARE MARTINETTI
Trent’anni fa un commando di Prima linea uccise sparandogli alle spalle Carlo Ghiglieno: ingegnere, un uomo mite, un dirigente sconosciuto ma strategico nell’universo Fiat. L’attentato segnò una svolta negli anni di piombo e nelle relazioni industriali tra la grande azienda e il sindacato.
Piovigginava, quel mattino. L'aria era grigia. Nell'ultimo tratto di via Petrarca chiusa da una volante blu della polizia, il silenzio era di piombo. A pochi passi da corso Massimo una grande macchia bianca appariva sull'asfalto umido, un lenzuolo copriva, non interamente, un corpo. Accanto, una borsa di pelle e un ombrello. Tutti si muovevano lentamente, là intorno. Poliziotti, passanti, giornalisti, fotografi. Il sindaco Novelli, il presidente della Regione Viglione. Una donna composta e silenziosa, che a un certo punto si è quasi inginocchiata accanto a quel corpo portandosi una mano sulla bocca. Nessun grido. Era come se l'enormità della ferocia che si era manifestata improvvisa in quell'angolo composto di città avesse risucchiato tutto in un grande vuoto.
Capitava così, allora, a Torino. Quasi sempre di mattino, spesso all'alba. I testimoni raccontavano ogni volta la stessa scena: erano giovani, si sono sentiti quattro cinque colpi secchi, sono scappati di là, correvano... Per terra, su strade quasi sempre di periferia o sui marciapiedi accanto alle grandi fabbriche rimanevano rivoli di sangue e lenzuoli bianchi. Fantasmi i killer, fantasmi anche le vittime: persone normali, un vecchio avvocato, capisquadra o sorveglianti Fiat, poliziotti, carabinieri, dirigenti industriali, politici di seconda fila improvvisamente e spesso casualmente eletti a bersagli inermi e simbolici da quegli altri fantasmi, vili e spietati.
Anche Carlo Ghiglieno era una di quelle persone normali. Un ingegnere che aveva appreso una moderna cultura industriale alla scuola di Adriano Olivetti e che in Fiat svolgeva un ruolo importante e sconosciuto. Un uomo del dialogo, come tutte le vittime del terrorismo. Il suo omicidio, rivendicato da Prima linea, fu un punto di svolta. I funerali, nella chiesa del Sacro Cuore in via Nizza, furono un altro momento simbolico. C'era tutto lo Stato: dal presidente Pertini al presidente del Consiglio Cossiga, buona parte del governo, il mondo dell'industria, i capi del sindacato, i segretari dei partiti, Giovanni e Umberto Agnelli, Romiti, dirigenti come Ghiglieno che avevano lavorato con lui e che avevano sentito quelle pallottole fischiare da vicino.
Pochi giorni dopo partivano le lettere di licenziamento per 61 operai Fiat, alcuni dei quali - si seppe dopo - erano militanti delle Br: l'equilibrio della paura era saltato. La caduta di rappresentanza del sindacato dei consigli che aveva trasformato gli Anni Settanta in un autunno caldo permanente si sarebbe rivelata di lì a poco di fronte alla crisi dell'auto e della Fiat. E per uno di quei casi che diventano simbolici anch'essi, un anno dopo, la marcia dei quarantamila sarebbe partita a pochi metri da quel tratto di via Petrarca, dove tre giovani assassini avevano spento la vita mite di Carlo Ghiglieno.
da lastampa.it
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22/9/2009
Tutti colpevoli Mosley in testa
CRISTIANO CHIAVEGATO
Flavio Briatore esce distrutto dal crashgate, ma in questa vicenda non sembra che anche gli altri protagonisti se la siano cavata meglio. Partiamo dalla testa: Max Mosley. Sapeva da tempo dei dubbi sull’incidente di Piquet. Ha temporeggiato, ha cavalcato la storia per attuare una vendetta meditata da tempo. Astuto ma anche dotato di una bella faccia di bronzo. Dopo aver superato con troppa disinvoltura lo scandalo dell’orgia sadomaso, dopo gli assurdi diktat sui regolamenti, ha dato un altro bel colpo alla credibilità della F1. Le decisioni del Consiglio Mondiale sembra essere la somma di una serie di compromessi, di giochi d’interesse personali.
Anche il suo amico-(finto)nemico Bernie Ecclestone ha avuto la sua parte. Il boss del circus non voleva che la Renault venisse cacciata: ha pensato soprattutto ai quattrini. Briatore avrebbe dovuto discutere con lui la questione dei diritti commerciali e televisivi, ora chiunque sostituirà il manager italiano non avrà lo stesso potere. Non ha difeso quello che è il suo socio nella proprietà della squadra di calcio dei Queens Park Rangers, mostrando tutto il cinismo possibile. Quando Piquet padre gli aveva chiesto cosa avrebbe dovuto fare contro Flavio, gli rispose senza mezzi termini: «Fottilo».
In realtà il tre volte campione del mondo brasiliano degli anni Ottanta, ora imprenditore di successo, rivelando la confessione di suo figlio a un giornalista di Rede Globo ha affossato la carriera del figlio. Voleva difenderlo e cercare di colpire Briatore. Alla fine però ha tolto a Nelsinho la possibilità di tornare in F1. Chi vorrà un pilota che accetta comportamenti illeciti? A meno che non si tratti del proprietario di una scuderia che voglia farsi pubblicità ingaggiando un driver così chiacchierato e quindi interessante per i media.
Il povero Nelsinho, 24 anni, cocco di papà che lo ha fatto sempre gareggiare in team di proprietà o sponsorizzati da amici, è stato l’anello debole della catena. Con 17 incidenti in meno di due stagioni voleva il rinnovo del contratto per il 2009. E così, a quanto pare, ha accettato la proposta di Symonds e Briatore. Poteva ribellarsi allora. E’ anche lui il simbolo di uno sport che ha toccato il fondo, in attesa del prossimo scandalo.
da lastampa.it
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Bertolaso: «dissesto idrogeologico causato dall'abusivismo»
Frane e crolli nel Messinese, 20 morti
Il governo dichiara lo stato d'emergenza
Una decina i dispersi. Molti comuni isolati, interrotte strade e ferrovia
MILANO - Sicilia orientale devastata da un violento nubifragio: diciotto vittime (ma altri due cadaveri sono già stati avvistati in mare), una quarantina di feriti e dieci dispersi nella provincia di Messina. Il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato d'emergenza. La zona più colpita da frane e smottamenti è tra i comuni di Scaletta Marina, Giampilieri, Briga e Scaletta Zanchea: un'area di circa 3,5 chilometri. La situazione più grave a Giampilieri Superiore, frazione a circa 20 chilometri dal capoluogo, dove un costone roccioso ha travolto alcune palazzine. Qui due donne sono state estratte vive dalle macerie di due palazzine. Le due ferite sono state portate in elicottero in ospedale. L'elicottero è per il momento l'unico mezzo in grado di raggiungere il piccolo centro, su cui peraltro sta nuovamente cadendo una pioggia battente. I soccorritori fino a poche ore fa erano costretti a scavare con le mani nel fango. Ora i Bobcat, piccoli mezzi meccanici, sono riusciti ad aprirsi un varco e raggiungeranno presto la zona alluvionata.
L'ALLARME - A fare scattare l'allarme è stata la segnalazione di un'auto finita in mare. Ma quando i militari sono giunti sul posto lo spettacolo che si sono trovati davanti è stato ben peggiore. Le città sono isolate: le frane hanno interrotto l'autostrada A18 Messina-Catania (Bertolaso ha disposto che debba essere utilizzata soltanto dai mezzi di soccorso), la strada statale 114 e il tratto ferroviario all'altezza di Giampilieri-Scaletta. «Fino ad ora abbiamo contato venti edifici crollati» afferma l'ingegnere Mario Arrigo, responsabile delle emergenze della Protezione civile regionale. «Gli sfollati, almeno fino a questo momento, sono 415 - aggiunge. Ma i numeri sono destinati a cambiare in peggio». Intanto la procura della Repubblica di Messina ha aperto un'inchiesta. Lo conferma il capo dell'ufficio Guido Lo Forte: «Ho disposto - ha detto - l'apertura di un procedimento penale nei confronti di ignoti. L'ipotesi di reato è di disastro colposo. Ho delegato il comando provinciale dei carabinieri di Messina a svolgere accertamenti preliminari, d'intesa con una serie di organismi amministrativi, per verificare in concreto e con la serietà e il rigore di un'indagine giudiziaria le cause del disastro e le eventuale responsabilità».
BERTOLASO - «Eravamo in allerta meteorologica da giovedì mattina, più di questo non potevamo fare: o si fa una grande opera di messa in sicurezza di tutto il territorio nazionale o queste tragedie sono destinate a ripetersi - ha detto il capo dipartimento della Protezione civile, Guido Bertolaso, durante una conferenza stampa in Prefettura a Messina -. Non può essere la Protezione civile a risolvere i problemi di dissesto idrogeologico creati dall'abusivismo. È stato difficile raggiungere i luoghi della tragedia perché erano chiuse l'autostrada, la ferrovia e la strada statale e perché c'erano le strade dissestate tra le due vallate dove si trovano i comuni che sono stati maggiormente colpiti dal nubifragio. Stiamo facendo tutto il possibile per intervenire al più presto». Bertolaso ha spiegato che i soccorsi, pur se tempestivi, sono molto difficili: «Anche se la zona interessata da crolli è strettamente localizzata si tratta di un'area estremamente difficile da raggiungere. Sono due vallate strettissime, in cui i mezzi di soccorso non possono arrivare via terra perché le strade sono sbriciolate dal fango e gli elicotteri non possono atterrare». Il presidente Napolitano ha chiamato il prefetto Franco Alecci, chiedendo di essere aggiornato ed esprimendo il proprio cordoglio alle famiglie delle vittime, mentre il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo andrà a Messina per un sopralluogo tecnico.
SINDACO - Il sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca ha disposto che sabato le scuole di ogni ordine e grado di tutto il territorio comunale sospenderanno le attività scolastiche. «È una situazione critica, la macchina dei soccorsi è in azione anche se è difficile raggiungere le zone colpite dal disastro. Giampilieri è isolata; le squadre possono raggiungerla solo a piedi. Alcune persone sono state soccorse via mare dalla Guardia costiera» ha detto il sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca. Il sindaco ha poi lanciato un appello: c'è bisogno di volontari, soprattutto medici e infermieri. «Siamo ancora isolati da Catania, i soccorsi sono venuti da Palermo e dalla Calabria - osserva Buzzanca -, ma sui posti dove l'emergenza è maggiore, come la zona sud della città, si arriva soltanto a piedi e il traffico è completamente paralizzato». Tanto che negli ospedali di Messina i feriti arrivano via mare. «I malati e i feriti delle zone periferiche li facciamo arrivare in un piccolo porticciolo e con mezzi navali sono trasportati nel porto di Messina e trasferiti negli ospedali» spiega Buzzanca.
VITTIME - Sono 17 i morti finora accertati, secondo l'unità di crisi della prefettura di Messina. Il maggior numero di vittime, 10, nel villaggio di Giampilieri Superiore, altre 6 a Scaletta Zanclea e una a Briga Marina. Otto vittime sono state identificate: Pasquale Bruno, 40 anni, travolto e soffocato dal fango nella piazza di Giampilieri, e un pensionato di 70 anni, Francesco De Luca, annegato nello scantinato della sua casa in contrada Vallone. Un terzo cadavere è stato recuperato dentro un'auto travolta da un torrente in piena nei pressi di Scaletta Zanclea: è Roberto Carullo, sovrintendente della Polizia ferroviaria. La quarta e la quinta vittima sono un pensionato di ottant'anni, Martino Scibilia e Salvatore Scionti, 64 anni, trovati nelle rispettive abitazioni a Scaletta. Onofrio Sturiale, di 26 anni, è stato travolto da una frana tra Giampilieri e Scaletta Zanclea. Il cadavere di una donna, Agnese Pellegrino di 44 anni, è stato recuperato a Briga Superiore. Un'enorme massa di fango e terra è precipitata sulla casa dove viveva con la famiglia: il casolare in contrada Iannazzo è stato travolto. La parete della cucina in cui la vittima si trovava coi familiari è venuta giù. Il marito e i ragazzi, dopo avere sentito il boato della frana, sono riusciti a rifugiarsi in un'altra stanza, mentre Agnese è rimasta intrappolata in cucina ed è stata travolta dalla parete crollata. Il marito e i figli sono stati tirati fuori dalle macerie dai vigili del fuoco. E l'ottava vittima è Ketty De Francesco, 30 anni, rimasta uccisa a Scaletta.
SI SCAVA NEL FANGO - Le squadre di soccorritori stanno scavando nel fango, alto in alcuni punti più di un metro. «La situazione è drammatica. Si scava anche con le mani senza pausa e senza fermarsi mai tra i detriti e il fango per cercare i dispersi con l'aiuto dei cani» dice il capo del Protezione civile regionale Salvatore Cocina. Parecchie centinaia gli uomini in campo tra Protezione civile, forze dell'ordine, 118, vigili del fuoco e volontari, mentre sono mobilitate squadre da Pisa specializzate nella ricerca dei dispersi. «C'è la massima mobilitazione e il massimo sforzo da tutta la regione e non solo» conclude Cocina. Da Calabria e Campania sono arrivate squadre di vigili del fuoco, dalla Toscana nove unità dell'Usar, il nucleo specializzato in ricerche, con due cani.
TASK FORCE - In provincia di Messina è stata attivata una task force: le operazioni sono coordinate dallo stesso Cocina, attraverso l'Unità di crisi istituita nella Prefettura di Messina. Le squadre dei vigili del fuoco, della Protezione civile e dell'esercito sono coadiuvate da due elicotteri, uno della Marina militare e uno della Guardia costiera. Centinaia di persone - tra cui molti feriti - sono state portate in salvo dalle zone costiere con un pattugliatore d'altura della Guardia di Finanza, mobilitato insieme a quattro motovedette per portare soccorso nelle località non raggiungibili via terra. Altre unità navali delle Fiamme Gialle stanno trasportando gli evacuati, tra cui molti anziani, al porto di Messina. Nel Policlinico di Messina sono ricoverate 15 persone, due sono rimaste ustionate per lo scoppio di una bombola di gas dovuto a una frana a Scaletta. I soccorritori hanno allestito due posti medici avanzati, con brande, coperte e generi di prima necessità: uno nella palestra di Gravitelli a Messina, dove sono stati trasferiti 75 sfollati, il secondo a Roccalumera. Un altro presidio è stato istituito presso la Polstrada di Giardini Naxos. A Giampilieri la Protezione civile ha organizzato un centro di primo soccorso nella scuola elementare Da Vinci.
STRADE CHIUSE - Centinaia di persone sono rimaste bloccate dentro le auto e molte altre, a decine, si sono arrampicate sui tetti delle case per sfuggire alla piena: i soccorritori cercano di raggiungerli in elicottero. «I soccorsi, seppur attivati tempestivamente, stanno incontrando grandissime difficoltà - spiega il comandante dei Ris di Messina Sergio Schiavone -. La gente si è rifugiata nei balconi e sui tetti delle case per evitare il peggio». Allagamenti e case evacuate anche a Giardini Naxos: una trentina di famiglie ha trovato riparo nella caserma dei carabinieri. Sull'autostrada A18 Messina-Catania molti automobilisti sono rimasti bloccati e hanno passato la notte in auto, a causa delle frane: l'autostrada è chiusa da diverse ore in direzione Catania e viene consentito il transito solo ai mezzi di soccorso. La circolazione ferroviaria è sospesa da giovedì sera fra Messina e Santa Teresa Riva, sulla linea che collega Catania e Messina, spiega in una nota il gruppo Ferrovie dello Stato. La contemporanea chiusura dell'autostrada e della statale 114 non consente a Trenitalia di attivare il servizio di autobus sostitutivi per i treni regionali. Per i viaggiatori dei treni a lunga percorrenza il trasferimento viene effettuato con bus tra Catania e Termini Imerese (Palermo). La statale 114, che da Messina porta a Taormina è invasa da montagne di detriti, fango, fiumi di acqua. Le auto sono state sepolte dalla terra e l'acqua è entrata nei piani bassi delle abitazioni, negli scantinati e nei garage. I marciapiedi sono coperti da montagne di terra alte anche dieci metri. «Ogni anno appena dal cielo cade un po' di acqua in più avviene sempre la stessa tragedia» dice un anziano.
PALERMO E TRAPANI - Il maltempo ha colpito anche le province di Palermo e Trapani. Nel capoluogo i sommozzatori dei vigili del fuoco sono intervenuti per gli allagamenti nei sottopassi lungo la via Regione siciliana, l'asse che taglia la città e collega le autostrade Trapani-Palermo e Palermo-Messina. Un'impalcatura è crollata in piazza Santa Cecilia, molti automobilisti sono rimasti bloccati in via Oreto, in via Orsa Minore, in via Messina Marine, nelle borgate di Mondello e Partanna dove le strade sono diventate torrenti in piena. In via Ciaculli sono intervenuti i carabinieri per salvare un uomo in un'ambulanza in panne. Il nubifragio ha provocato anche il parziale allagamento del pronto soccorso dell'ospedale Buccheri La Ferla e di alcuni reparti dell'ospedale Civico. Nella borgata di Belmonte Chiavelli ci sono state delle frane e gli abitanti che erano tornati nelle proprie case dopo le piogge dei giorni scorsi sono di nuovo sfollati. Allagamenti e disagi anche a Trapani, Valderice e Mazara del Vallo.
01 ottobre 2009(ultima modifica: 02 ottobre 2009)
da corriere.it
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COMMENTI
Il calvario di Stefano
di ADRIANO SOFRI
PRIMA di tutto riguardiamo le fotografie di Stefano Cucchi. Quelle di un giovane magro, un geometra, che ha avuto a che fare con la droga e sa che gli potrà succedere ancora, e intanto vive, sorride, lavora, abbraccia sua madre, scherza con sua sorella. I giornali in genere hanno preferito pubblicare queste. E quelle di un morto, scheletrito, tumefatto, infranto, il viso che eclissa quello del grido di Munch e delle mummie che lo ispirarono, il corpo di una settimana di Passione dell'ottobre 2009.
La famiglia di Stefano ha deciso di diffondere quelle fotografie.
Nessuno è tenuto a guardarle. Ma nessuno è autorizzato a parlare di questa morte, senza guardarle.
Per una volta, sembra che tutti (quasi) ne provino orrore e sdegno, e vogliano la verità e la punizione. È consolante che sia così. Ma è difficile rassegnarsi alle frasi generiche, anche le più belle e sentite. C'è un andamento provato delle cose, e le parole devono almeno partire da lì. Certo, le parole possono osare l'inosabile. Possono, l'hanno fatto perfino questa volta, dire e ripetere che Stefano Cucchi "è caduto dalle scale".
Non è nemmeno una provocazione, sapete: è una battuta proverbiale. Se incontrate uno gonfio di botte in galera, lo salutate così: "Sei caduto dalle scale". Hanno un gran senso dell'humour, in galera. Lo si può anche mettere per iscritto e firmare. Sembra che anche Stefano l'abbia messo a verbale presso il medico del carcere: "Sono caduto dalle scale". È un modo per evitare di cadere di nuovo dalle scale. Il meritorio dossier Morire in carcere curato da "Ristretti orizzonti" certifica che le morti per "cause da accertare" sono più numerose di quelle per "malattia".
Tuttavia bisogna guardarsi dall'assegnare senz'altro il calvario di Stefano al capitolo carcerario. Per due ragioni, già documentate a sufficienza. La prima: che fra la persona integra arrestata col suo piccolo gruzzolo di sostanze proibite e la persona cui vengono certificate nell'ambulatorio del tribunale "lesioni ecchimodiche in regione palpebrale inferiore bilateralmente", e che lamenta "lesioni alla regione sacrale e agli arti inferiori" (i medici del carcere le preciseranno come "ecchimosi sacrale coccigea, tumefazione del volto bilaterale orbitaria, algia della deambulazione", e quelli dell'ospedale come "frattura del corpo vertebrale L3 dell'emisoma sinistra e frattura della vertebra coccigea") fra quelle due condizioni c'è stata solo una notte trascorsa in una caserma di carabinieri.
Il ministro della Difesa - un avvocato penalista - pur declinando ogni competenza nel caso, ha creduto ieri di dichiarare: "Di una cosa sono certo: del comportamento assolutamente corretto da parte dei carabinieri in questa occasione". Non so come abbia fatto. So che qualcuno vorrà ammonirmi: "Ci risiamo". Infatti: ci risiamo. I medici e la polizia penitenziaria che dichiarano che Stefano "è arrivato in carcere così" hanno dalla loro una sequenza temporale interamente vidimata.
Questa era la prima ragione. La seconda è che nell'agonia di Stefano - di questo si è trattato, questo sono stati i suoi ultimi sette giorni - sono intervenute tante di quelle autorità costituite da far rabbrividire. Carabinieri, dall'arresto fino al trasporto al processo e alla consegna al carcere. Magistrati, uno dell'accusa e uno giudicante, che in un processo per direttissima per un reato irrisorio e con un giovane imputato così palesemente malmesso da suggerire la visita medica nei locali stessi del tribunale, rinviano l'udienza al 13 novembre e lo rimandano in carcere ammanettato.
Agenti di polizia penitenziaria, che piantonano così rigorosamente il pericoloso detenuto nell'(orrendo) reparto carcerario dell'ospedale intitolato a quel gran detenuto che fu Sandro Pertini, al punto di impedire ai famigliari del giovane di chiederne una qualche notizia ai medici, facendo intendere che occorra un'autorizzazione del magistrato: espediente indecente, perché per parlare col personale sanitario non occorre l'autorizzazione di nessuno. (Sono stato moribondo e piantonato in un ospedale, e nessuno si sognò di dire ai miei che non potevano interpellare i medici: e vale per chiunque). Espediente, oltretutto, che costringe a chiedersi quale movente lo ispirasse.
Una sovrintendente e, a suo dire, un medico di turno, che, anche ammesso che non abbiano saputo delle visite ripetute e trepidanti dei famigliari, hanno dichiarato di non aver notato i segni delle lesioni sul volto di Stefano, "in quanto si teneva costantemente il lenzuolo sulla faccia"! Frase che insegue l'altra sulla caduta dalle scale: un detenuto malconcio al punto di essere tradotto in ospedale non viene visto da chi lo sorveglia e da chi lo cura perché si tiene il lenzuolo sulla faccia.
Non hanno visto "il volto devastato, quasi completamente tumefatto, l'occhio destro rientrato a fondo nell'orbita, l'arcata sopraccigliare sinistra gonfia in modo abnorme, la mascella destra con un solco verticale, a segnalare una frattura, la dentatura rovinata"... Non era un lenzuolo: era l'anticipazione di un sudario. Questo non ha impedito a un medico di turno di stilare un certificato in cui si legge che Stefano è morto "di presunta morte naturale".
Infine, c'è l'autopsia eseguita sul cadavere straziato, nel corso della quale si proibisce al consulente di parte di eseguire delle foto. (Quelle che guardiamo oggi, chi ne ha la forza, sono state prese per la famiglia dal personale delle pompe funebri). È stata, la settimana di agonia di Stefano, una breve marcia attraverso le istituzioni. Questo sono infatti, al dunque, le istituzioni: persone che per conto di tutti si trovano a turno ad avere in balia dei loro simili: persone delle forze dell'ordine, giudici, medici, e anche politici e giornalisti...
Tutti (quasi) chiedono giustizia e verità. Bene. Un pubblico ministero ha già imputato di omicidio preterintenzionale degli ignoti, ieri. I colpevoli non sono certo noti, e non lo saranno fino a prova provata: ma gli imputati sono noti. Quanto al preterintenzionale, è un segno di garantismo notevole, venendo da una magistratura che quando l'aria tira imputa di omicidio volontario lo sciagurato che abbia travolto qualcuno con l'automobile.
© Riproduzione riservata (31 ottobre 2009)
da repubblica.it
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Monfalcone. Cancellata frase di Ciampi dal monumento alle vittime delle foibe
Il vicesindaco: «Esprimeva la volontà di superare divisioni ma non volevamo creare altri motivi di dolore»
MONFALCONE (18 novembre) - È destinata a sollevare un piccolo vespaio la decisione di cancellare la frase dell'ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi dal monumento alle vittime delle foibe. La decisione del Comune è stata presa per cercare di non creare nuovi conflitti che, secondo alcuni, avrebbero potuto essere sollevati dalla frase di Ciampi.
Al momento dell'inaugurazione, la targa con le parole dell'ex presidente è stata coperta con nastro adesivo. Parole che forse sarebbero normali in altre zone d'Italia, ma che a Monfalcone sono sembrate "pericolose". Sulla targa coperta c'è scritto: “L’odio e la pulizia etnica sono stati l’abominevole corollario dell’Europa tragica del Novecento, squassata da una lotta senza quartiere fra nazionalismi esasperati. È giunto il momento che i ricordi ragionati prendano il posto dei rancori esasperati".
L'inaugurazione è avvenuta senza la presenza dell'Unione degli Istriani, della Lega nazionale e dell'Associazione nazionale Venezia Giulia.
Secondo quanto scrive il sito Bora.la, la cerimonia di inaugurazione del monumento si è svolta in forma ridotta e il vicesindaco Altran ha difeso la scelta del Comune, sottolineando che la frase di Ciampi «esprime la volontà di superare drammi e divisioni», e che la scelta di rimuoverla dal monumento è stata accolta perchè la sua presenza «avrebbe costituito per molti motivo di dolore».
da ilgazzettino.it
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