ANTIMAFIA - Ipotesi per un tavolo di lavoro

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mammamaria:
Dal momento che il lavoro di darwin sembra essere ad un punto piuttosto avanzato, che ne dite se proviamo a lavorare su questo? Visto anche che con piacere noto l'argomento essere urgenza anche per il PD, dal momento che ha uno spazio tutto suo sul sito.

darwin:
Vivo a Bari e qui si sente chiaro nell'aria che la vita è bloccata, non si capisce bene il potere quale sia se i potentati legati alla gestione della cosa pubblica o se la malavita organizzata o tutte e due insieme.
Intanto ho ritrovato questo spunto che mi sembra interessante nel mentre cerco di ritrovare il dossier originale.
Citazione di: INFORM su Dossier Eurispes su N'drangheta calabrese

INFORM - N. 103 - 21 maggio 2008

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CRIMINALITA’ ORGANIZZATA

L’Eurispes presenta il Dossier 2008 sulla ‘Ndrangheta calabrese

Un giro d’affari di 44 miliardi di euro per l’anno 2007, 131 cosche attive sul territorio regionale ma con una forte proiezione a livello mondiale.

Fara (presidente Eurispes): “Un vero e proprio Stato nello Stato, che deve preoccuparci in vista del funzionamento del nostro sistema economico e democratico”

Macrì (Direzione nazionale antimafia): “Un problema che riguarda il destino del Paese e dell’Unione Europea”

 

ROMA – Un giro d’affari che ammonta a 44 miliardi di euro per l’anno 2007 – tanto quanto il Prodotto interno lordo di Estonia e Slovenia messe insieme – quello all’attivo della ‘Nrangheta calabrese stimato nel Dossier “’Ndragheta Holding” curato dall’Eurispes e presentato stamani a Roma presso la sede della Federazione nazionale della stampa italiana.

“Un valore che, pur approssimando per difetto, è pari al 3% del Pil italiano – ha detto Gian Maria Fara, presidente dell’Istituto di ricerca – e che contribuisce a far giungere il fatturato complessivo delle organizzazioni criminali in Italia a 175 miliari di euro, configurando un vero e proprio Stato nello Stato, che deve preoccuparci in vista del funzionamento del nostro sistema economico e democratico”.

Sono dati fortemente allarmanti quelli che emergono da quest’analisi focalizzata sullo sviluppo della criminalità organizzata in Calabria nel corso degli ultimi anni e che pur tuttavia non occupano lo spazio che sarebbe necessario negli spazi di informazione, per cercare di capire maggiormente da un lato quale evoluzione le varie organizzazioni di stampo mafioso stanno con il tempo subendo e dall’altro, per intavolare una serio confronto sui mezzi più efficaci a contrastare il fenomeno.

Proprio per stimolare questa attenzione la presentazione del Dossier si svolge a Roma, nella sede della Fnsi, come ha ricordato lo stesso presidente Roberto Natale. “Noi giornalisti abbiamo un interesse diretto a che l’argomento venga trattato in questa sede – egli ha detto, aprendo l’incontro – proprio perché il farsi carico di questo tipo di informazioni si intreccia con la nostra responsabilità professionale. Sempre più spesso invece i fenomeni che vengono trattati sui media sono condizionati dalla loro sensibilità alla spettacolarizzazione e sempre meno invece selezionati in base alla loro rilevanza sociale”. Natale ha ricordato inoltre che, proprio mentre il tema della sicurezza sembra invadere tutti i canali informativi, non bisogna perdere di vista la relazione che l’aumento della criminalità organizzata intrattiene con la problematica.

Fara ha aggiunto quanto “la trascuratezza sia un atteggiamento che riscontriamo anche a livello istituzionale per un fenomeno come quello della’Ndrangheta che sta diventando sempre più forte e potente, per la sua capacità di riproduzione, la sua proiezione a livello internazionale e la sua impermeabilità. Pochi sono i pentiti della mafia calabrese perché è un’organizzazione a carattere fortemente familiare, in cui qualsiasi movimento innesca reazioni a catena difficilmente controllabili”. “Forte è poi la sua presenza, dovuta proprio a questa matrice familiare – ha aggiunto Fara – anche nei luoghi di insediamento dell’emigrazione calabrese all’estero, in Canada, in Australia o in Nord Europa”.

Su una quantità di Pil calcolato per l’Italia nell’ordine di 1.535 miliardi di euro, sommando il fatturato riconducibile all’economia sommersa nel nostro Paese – circa il 35% del Pil per un totale di 540 miliardi di euro – con il Pil afferente alle organizzazioni criminali, si giunge al totale di 700 miliardi di euro di questa economia nascosta. “L’economia criminale finisce per inquinare anche i percorsi dell’economia sana – ha concluso il presidente dell’Eurispes – e la nostra intenzione, attraverso questo Dossier, è di lanciare un segnale di allarme alle istituzioni perché, a seguito di questi numeri, sappiano far fronte alle difficoltà, mettendo a disposizione delle forze dell’ordine più mezzi per il contrasto delle mafie”.

Raffaele Rio, presidente dell’Eurispes Calabria, ha riassunto i dati più scottanti della documentazione, a cominciare dall’analisi dei proventi del fatturato della ’Nrangheta, derivanti da impresa e appalti pubblici, prostituzione, estorsione e usura, armi, ma anche traffico di medicinali e tabacco, manodopera preveniente dall’immigrazione clandestina, contraffazione, ecomafie e sofisticazioni alimentari. “E’ però il traffico di sostanze stupefacenti – ha detto Rio – la maggior fonte di profitto per le cosche calabresi: 27.240 miliardi di fatturato proviene da esso, il 62% circa del totale”. Gli omicidi riconducibili a motivi di associazione di stampo mafioso, che più incidono sul versante della sicurezza, sono stati in Calabria, negli anni dal 1999 al 2008, 202, registrando un aumento del 667%. In particolare la provincia di Crotone detiene il triste primato degli omicidi di stampo mafioso, seguita da Catanzaro e Reggio Calabria.

“Sul totale di tutte le intercettazioni svolte in Italia – ha aggiunto Rio, passando all’analisi dei dati sull’attività di contrasto alla ‘Nrangheta, – il 13,3% avviene nella Regione, mentre il valore del patrimonio sequestrato e confiscato alle cosche ‘ndrine ammonta a 231 milioni di euro sugli oltre 5,2 miliardi di euro confiscati dalla Direzione investigativa antimafia su tutto il territorio nazionale. 131 sono le cosche attive in Calabria e 38 sono i comuni sciolti in questi anni a causa di infiltrazioni mafiose su 409”. Infine, una sezione dell’analisi è stata riservata alla percezione della presenza e delle attività delle organizzazioni criminali da parte della popolazione locale “che ha partecipato attivamente alle nostre sollecitazioni – afferma Rio – indicando nelle pene poco severe, nell’insufficiente presenza delle istituzioni e nelle scarse risorse le cause scatenanti della diffusione della ’Nrangheta”.

Vincenzo Macrì, sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia, ha segnalato alcuni spunti di riflessione su cui lavorare per un più efficace contrasto di questo tipo di criminalità. “Dopo 20 anni di politica improntata al proibizionismo, l’introito maggiore dei ricavati di attività illecite è legato indiscutibilmente al consumo della droga – ha detto – e mi chiedo se non sia il caso di riparlare del problema con un approccio diverso. Anche il valore dei beni confiscati è molto esiguo rispetto ai beni derivanti da traffici mafiosi: non bisognerebbe piuttosto perseguire una politica che riduca alla radice la possibilità di acquisire invece nuovi beni? Infine, vi è il grande problema delle imprese che operano in queste aree. Impregilo e Condotte d’Acqua, due delle più importanti aziende italiane, si sono rivelate, secondo indagini investigative, fortemente permeabili alle infiltrazioni malavitose in Sicilia e Calabria, tanto che alla prima, in un caso, è stata richiesta la revoca della certificazione antimafia, ora in ricorso al Tar per tale provvedimento”. Macrì si chiede dunque “come sia ancora possibile pensare che, con così grandi introiti immessi nell’economia annualmente, le organizzazioni criminali non producano alcun effetto sull’economia sana e sulla nostra democrazia, compresa la formazione della rappresentanza politica. Si tratta quindi, non di un fenomeno relegato ad un ambito locale, ma del destino stesso del nostro Paese e dell’Unione Europea”.

Mario Spagnuolo, procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, ha ricordato come, sulla base dei dati processuali acquisiti, la ‘Nrangheta stia subendo un processo di trasformazione camaleontico “da organizzazione che sfrutta in modo parassitario il contesto economico a soggetto che si pone invece come erogatore di servizi. Un processo pericoloso – ha detto – perché legittima una sorta di ruolo sociale della mafia all’interno del gruppo sociale”. Tra le nuove attività, lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina che viene gestita per fornire manodopera in nero alle aziende calabresi – al costo di 10 o 20 euro al giorno per persona – o avviata alla prostituzione. “Una fenomenologia – ha concluso Spagnuolo – che convive con la ‘Ndragheta più tradizionale, ma che necessità di nuove strategie e nuove risorse per un contrasto efficace a livello giudiziario e investigativo”. (Viviana Pansa - Inform)


Mi sembra che la parte evidenziata coincida anche su quanto scritto da mammamaria sul ruolo dei casalesi nel commercio.
Evidentemente è una evoluzione generalizzata.
Terrei però forte attenzione sul perché la criminalità organizzata detiene il controllo di tanta parte della ricchezza, capire perché riesce a produrre tanto e quali sono i canali di produzione di tale ricchezza e degli investimenti necessari. E' un'attività redditizia.
Però, non dovendo scrivere un trattato sulla malavita organizzata, la prima necessità mi sembra quella di individuare le proposte politiche perfronteggiare il problema.

paolav:
io credo che, al di là delle risposte politiche, doverose e indispensabili, se si vuole veramente combattere le criminalità si dovrà fare un grandissimo e martellante lavoro sulle donne.

finché saranno loro a supportare gli uomini coinvolti accudendoli, amandoli e proteggendoli anche quando compiono nefandezze, non se ne uscirà.

la storia recente e la storia della civiltà ce lo dimostrano.

questa è una pesante responsabilità delle donne in generale e delle donne politiche in particolare.

e il fatto che nessuna di queste ultime vi abbia mai provveduto in modo approfondito dimostra quanto siano omologate ai loro rispettivi partiti, e quanto abbiano perso lo sguardo lucido sulla realtà del femminile.

non dovrebbero dimenticare che si trovano in politica spesso perché sostenute da altre donne che lì le hanno volute e hanno contato su di loro, e NON per ottenere briciole di approvazione dai loro colleghi di partito, che miseria.

ciao
paola

Matleo:
Il lavoro da fare per battere la criminalità organizzata, nello specifico nelle tre, quattro regioni meridionali più direttamente coinvolte e implicate (nessuna ne è immune), è certosino.
Però presuppone un impegno straordinario del governo centrale mirato anche a fare cultura di legalità.
Però questo governo ha forse le carte in regola e lo vuole???
Parrebbe proprio di no.
Anzi, io sono fortemente convinto che SB paghi il prezzo dei voti e della sua origine (libro di Travaglio) e che sia la longa manus (e che mano ... !!!???) al vertice del governo.
Ciao.

mammamaria:
Mi sembra di capire che l'interesse c'è.... ok, mi metto al lavoro.
Vi presento prima una cosa che ho preparato lo scorso anno per la Festa dell'Unità Nazionale... ma ho bisogno di un pochino di tempo per sistemarla...
Paola, parla appunto delle donne e la mafia!

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