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Autore Discussione: Desidero dunque sono...  (Letto 2529 volte)
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« inserito:: Aprile 10, 2008, 03:58:06 pm »

10/4/2008 (8:5) - LA CULTURA DI OGGI

Desidero dunque sono
 
Una lussuosa Rolls-Royce

Il lusso si è democratizzato: serve a promuovere la propria immagine, non l’appartenenza di classe

MARCO BELPOLITI


L’unica realtà contemporanea che non sembra subire la recessione è l'industria del lusso. Dieci anni fa in Europa il suo fatturato era valutato in circa 90 miliardi di euro. Oggi dovrebbe essere quasi raddoppiato. Nel lusso rientrano le automobili, ma anche i profumi, i prodotti di bellezza, gli oggetti di design e l'arredamento, ma anche comportamenti e abitudini. Oltre naturalmente la moda, l'alta moda in particolare, che del lusso è il principale motore economico.

Intesa non solo come abbigliamento, ma come immagine, meglio, forma, la moda è il centro della nuova civiltà contemporanea, quella che Gilles Lipovetsky, docente universitario e saggista, definisce la «civiltà del desiderio». L'affluent society costituitasi negli ultimi decenni ha sconvolto gli stili di vita e le abitudini quotidiane di milioni di persone, ha modificato il rapporto con le cose, col tempo, con se stessi e con gli altri. Le società democratiche hanno fatto del lusso - elemento destinato nel passato solo alle élite economiche e politiche - il perno centrale della nuova società che Lipovetsky stima dedita all'iperconsumo. Il nuovo sistema ha celebrato senza intoppi il matrimonio tra lusso e individualismo liberale. E se agli occhi delle vecchie generazioni il lusso faceva «vecchio», ora appare assolutamente contemporaneo. Nel breve libretto appena pubblicato da Sellerio (Il tempo del lusso, prefazione di Gianni Puglisi) Lipovetsky sostiene che l'attuale consacrazione del lusso va di pari passo con la valorizzazione del passato storico e con il desiderio post-moderno di riconciliare creatività e durevolezza, effimero ed eternità. Gli studiosi delle culture pre-moderne hanno sentenziato che il lusso è stato il centro delle società statuali e gerarchiche, dal mondo egizio alle corti signorili europee, per cui l'ostentazione del consumo, il dispendio di risorse, la stessa costruzione di edifici enormi ed eccentrici, sono da considerarsi elementi centrali per l'esistenza stessa di quei regimi. Max Weber e Norbert Elias hanno sottolineato con forza il fatto che il lusso non è un elemento superfluo, ma la necessità stessa di esibirsi che deriva da un ordinamento sociale non egualitario.

Nonostante la critica che il cristianesimo ha opposto al lusso - in particolare alla moda e all'evoluzione del costume -, questo ha finito per imporsi quale elemento di trasformazione sociale. Veblen, teorico delle classi agiate moderne, ha mostrato l'importanza della dimensione erotica del lusso, l'erotismo delle rarità, che spingeva i signori e i capitalisti delle origini verso il possesso delle belle cose. Il recupero dell'antico, da un lato, e la moda, dall'altro, sono stati i due fattori convergenti dello sviluppo del lusso a partire dall'«autunno del Medioevo». L'abito, in particolare, come mascherata, travestimento ludico, dal Trecento ha contribuito alla costruzione di una mentalità sociale aperta ai cambiamenti e insieme dedita al culto del gusto.

Lipovetsky descrive la differenza tra il lusso moderno e quello contemporaneo. Il punto di snodo è il Settecento, il primo momento in cui il lusso si democratizza, passando da un fatto signorile, volto alla dissipazione di grandi ricchezze in feste, cerimonie, banchetti, arredi, alla diffusione delle copie e dei succedanei. Il Kitsch ne è l'esempio più eclatante, e il grande magazzino il luogo decisivo. Siamo nella seconda metà dell'Ottocento e i grandi magazzini vengono concepiti come spettacoli straordinari, luoghi in cui si dispensano non solo cose, ma immagini del bello, della ricchezza, dell'abbondanza. Così, mentre si sviluppa la nuova estetica della discrezione - la visione puritana del mondo - insieme si hanno i primi fenomeni di lusso moderno fondati sulla teatralità e l'ostensione. E oggi?

L'esplosione dei costi per la pubblicità e l'inflazione nel lancio di nuovi prodotti, scrive Lipovetsky, hanno accorciato la vita dei prodotti e nel contempo costretto al recupero delle immagini più durevoli del passato: marche, oggetti, comportamenti. Il lusso postmoderno si fonda su tre aspetti: individualismo, emozione, democrazia. L'esibizione della ricchezza oggi non svolge più una funzione sociale, serve piuttosto alla «soddisfazione di sé», base del neo-narcisismo: godere di se stessi e di quello che si fa. Più tutto diventa accessibile, democratico, acquistabile e consumabile, più appare necessario distinguersi dagli altri. Se si osservano le pubblicità dei prodotti di lusso presenti nei settimanali o nelle riviste patinate ad alta tiratura, ci si accorge che la molla segreta è proprio l'immagine di sé. L'oggetto serve a questo: promuovere la propria immagine personale e non più l'appartenenza di classe. Un lusso individualista e libero, rispetto al passato, da obblighi sociali e regole collettive.

Oggi il lusso funziona in presenza di un individualismo fondato sulle emozioni e sulle sensazioni personali. La festa non appare dunque più un rito collettivo bensì privato: la festa dei propri sensi. Per questo il corpo è al centro del lusso: prodotti di bellezza, chirurgia plastica, alberghi per diete e massaggi. L'apparire supera l'essere. Non si tratta più di esibire con auto e residenze sfarzose la propria ricchezza per vederla confermata socialmente. L'epoca postmoderna è dunque segnata dalla caduta dei vecchi tabù di classe. Più che la competizione è l'imitazione che domina: Mimicry, il mimetismo, e non Agon, la competizione, per usare due termini di Roger Caillois. Lipovetsky parla di effeminazione del lusso, ovvero del passaggio del lusso, dalla sfera maschile delle società premoderne e moderne, alla sfera femminile del postmoderno. La donna, relegata in casa, si è trovata a essere involontariamente al centro del consumo domestico, e dunque la prima ed effettiva dominatrice del nuovo consumo. Quando la nuova società ha decretato la svolta del grande magazzino e dell'ipermercato, lei è stata subito la loro regina inconsapevole.

Il lusso odierno è organizzato, scrive Lipovetsky, sull'asse temporale del presente: ibrida tradizione ed effimero (il fulcro della moda), ristruttura il tempo passato (la memoria) e reinterpreta di continuo il presente (il consumo). Come spiegare, del resto, l'acquisto spasmodico da parte del capitale finanziario dei vecchi marchi carichi di memoria e prestigio? Mobili, auto, profumi, abbigliamento: gli oggetti devono entrare nel rango del leggendario - il senza tempo - per essere consumati senza che si logori la loro immagine. Il lusso attuale si fonda sul cerimoniale, sulle date simboliche e sulle feste: è la nuova sacralità postmoderna. Di più: dobbiamo pensare il lusso come una scena su cui si possono consumare i piaceri del mondo e rendere, senza colpo ferire, più sensuale il nostro rapporto con le cose. Uno scenario, dice Lipovetsky, all'apparenza irresistibile.

da lastampa.it
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