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Autore Discussione: Partito democratico, il giorno di Veltroni  (Letto 8532 volte)
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« inserito:: Giugno 27, 2007, 06:14:32 pm »

Diretta -  POLITICA

Partito democratico, il giorno di Veltroni

La sicurezza è un diritto fondamentale


18:02  Veltroni: "Cambiare legge elettorale"
"La legge elettorale deve essere cambiata - dice Veltroni - La nuova legge è "urgente e necessaria". Chi pensa a nuove elezioni è "irresponsabile". "Se non c'è la riforma si faccia il referendum".

18:01  Veltroni critica la frammentazione politica
Una critica alla frammentazione politica e all'ingovernabilità del Paese arriva da Veltroni, che ha anche aggiunto: "Non è possibile che un senatore possa avere in mano il destino di una legislatura".

17:59  Veltroni: "Punire chi delinque senza se e senza ma"
"Chi viene qui per lavorare deve essere accolto a braccia aperte, ma chi viene per fare del male agli altri deve essere assicurato alla giustizia senza se e senza ma" afferma Veltroni


17:57  Veltroni: "Serve un cambiamento radicale"
"La nuova Italia chiede un cambiamento radicale, il Pd serve anche a fissare i riformisti al principio dell'alternanza" dice Veltroni

17:53  "La sicurezza non è di destra e non è di sinistra"
"Nessuno definisca razzista un padre che si preoccupa di una figlia in un quartiere che non riconsce più. La sicurezza non è di destra e non è di sinistra. Ciascuno rispetti la legge a prescindere dalla nazionalità. Più forze dell'ordine in strada di questo c'è bisogno"

17:51  Veltroni: "Pagare meno e tutti"
"Pagare meno, pagare tutti". Così Veltroni sintetizza quello che definisce "un nuovo patto fiscale"

17:44  Veltroni: "Ridurre le tasse"
"Ridurre le pressione fiscale nei prossimi tre anni" continua Veltroni. "Oggi esiste un grave squilibrio fra la pressione sulla rendita e la pressione sul lavoro e sull'impresa, dobbiamo operare per l'armonizzazione delle aliquote di prelievo".


17:39  Veltroni: l'evasione fiscale non si sconfigge con gli odi di classe
"L'evasione fiscale non si sconfigge con gli odi di classe" dice Veltroni - L'imprenditore che evade, il dipendente che non fa nulla o lavora in nero, sono ugualmente esecrabili"

17:37  Veltroni: "Sindacato tuteli i giovani"
"Il sindacato ha svolto un ruolo prezioso. Non puo' e non deve solo tutelare chi ha un posto di lavoro o i pensionati. Deve tutelare i giovani che faticano ad entrare nel mondo del lavoro" continua Veltroni.

17:36  Veltroni: "Spero buon esito trattativa pensioni"
Veltroni auspica ''il buon esito'' della trattativa in corso per ''l'ammorbidimento dello scalone''.

17:33  Veltroni: "La società deve muoversi"
"La nostra società deve muoversi, in una società immobile a pagare il prezzo più alto sono i ragazzi"

17:29  Veltroni: "Parlo da italiano"
"Parlo da italiano, da persona che ama il suo Paese e che mette il bene di tutti prima di ogni particolarismo" dichiara Veltroni.

17:28  Veltroni: "Quattro capitoli per l'Italia"
'La nuova italia nasce da quattro capitoli: ambiente, patto tra generazioni, formazione e sicurezza" dice Veltroni

17:27  Veltroni: "Ambientalismo del sì"
"Non si può dire no all'Alta velocità se l'alternativa è il traffico che inquina, no al ciclo di smaltimento dei rifiuti e lasciare discariche e aria irrespirabile. Pensiamo all'ambientalismo dei sì"

17:23  Veltroni cita Palme
"Senza crescita, gli obiettivi di una grande forza dell'equità sono destinati a soccombere - Veltroni cita Olof Palme - La battaglia che deve essere sostenuta non è contro la ricchezza, ma contro la povertà".

17:22  Veltroni: "Sinistra conservatrice"
'L'Europa e' andata a destra perché la sinistra e' apparsa vecchia e conservatrice - ammonisce Veltroni - Non dobbiamo lasciare che l'Unione sia spinta al largo dal vento dell'euroscetticismo, che soffia molto forte".


17:21  Veltroni: "Nasce una forza riformista"
"Nasce una forza riformista che l'Italia non ha mai avuto, che dovrà rivolgersi ad un campo ampio e pluralistico. Serve un pluralismo democratico" spiega Veltroni.

17:20  Veltroni: "Sostenere il governo"
"Il primo compito di questo partito è sostenere il governo Prodi" dice Veltroni.

17:19  Veltroni: "Sistema fiscale che non va"
Veltroni parla di un "sistema fiscale in cui convivono una pressione troppo alta e sacche di illegalità".

17:16  Veltroni: "Lotta alla precarietà"
"La lotta alla precariertà è la frontiera del Partito democratico" annuncia Veltroni. La platea applaude.

17:14  Veltroni: Una testa, un voto"
"Il 14 ottobre è una giornata Importante per la vita politica italiana. Nasce un partito nuovo partito secondo la formula una testa, un voto" dice Veltroni.

17:13  Veltroni: "Follia la guerra in Iraq"
Duro il giudizio di Veltroni sulla guerra in Iraq: "E' una follia"

17:11  Veltroni: "Uniamo le forze riformiste del Paese"
"Unire culture e forze riformiste del Paese" è l'invito che Veltroni scandisce dal palco.

17:08  Veltroni: "Nasce il partito del nuovo Millennio"
"Serve un partito del nuovo Millennio, che non nasce dal nulla ma nello stesso tempo tutto nuovo. Per questo si è speso il fondatore dell'Ulivo, Romano Prodi"

17:04  Veltroni inizia a parlare: "Fare un'Italia nuova"
"Fare un'Italia nuova è questo il senso del Partito democratico - queste le prime parole di Veltroni dal palco - Il Pd è il partito che dovrà dare una spallata ai conservatorismi di destra e di sinistra. Il Pd nasce per "unire gli italiani, ciò che oggi viene contrapposto: nord e sud, giovani e anziani, lavoratori autonomi e dipendenti"

16:57  Applausi per Fassino
Il segretario dei Ds, Piero Fassino, ha fatto poco fa il suo ingresso nella Sala gialla del Lingotto. Fassino è stato salutato dalla platea con un applauso.


16:57  Parisi: "Prima il partito poi il leader"
"La scommessa che si è aperta è la costruzione di un partito che sceglie un leader e non di un leader che sceglie il partito" dice il ministro della Difesa, Arturo Parisi.

16:53  Franceschini: "Giornata importante"
"Oggi e' una giornata importante, non solo per il Partito democratico, ma per tutto il Paese" dice il capogruppo dell'Ulivo alla Camera, Dario Franceschini.

16:42  Assalto al posto in platea
Spintoni, urla, corsa al posto. Aperte le porte della Sala Gialla il pubblico da una parte e i giornalisti dall'altra hanno preso d'assalto tutti i posti disponibili. In pochi istanti i posti gratuiti per i cittadini sono stati occupati e chi è rimasto fuori, ignorando l'indicazione "riservato stampa" si è seduto. Unica eccezione i 180 posti assegnati ai Vip.

16:38  La gente davanti al maxischermo
Già ci sono diverse persone davanti al maxi-schermo allestito all'interno del lingotto di torino per tutti coloro che non riusciranno a seguire il discorso di Walter veltroni, all'interno della sala Gialla.


16:32  Un "gobbo" elettronico per il discorso
Per leggere il discorso Veltroni dovrebbe usare un 'gobbo' elettronico dove scorrerà il testo.

16:27  Ressa davanti alla sala Gialla
C'è ressa davanti alla sala Gialla. A nulla servono le rassicurazioni
dell'organizzazione per convincere alcune decine di persone ad allontanarsi dall'ingresso "Fuori i giornalisti", continua ad urlare la gente inviperita: "Conta il popolo di sinistra, non i giornalisti".


16:05  Veltroni: "Sono sereno"
"Emozionato? No, sono sereno" dice Veltroni al suo arrivo all'hotel Le Meridien di Torino.

15:23  D'Alema: "Candidatura Veltroni giova al governo"
Massimo D'Alema, da Vienna, esprime un esplicito apprezzamento per la candidatura di Walter Veltroni alla guida del Partito democratico: "Non può che giovare al governo del Paese"

15:21  Gente davanti alla sala Gialla
Sono alcune centinaia ora le persone in coda davanti all'ingresso della sala Gialla del Lingotto, a Torino, dove tra poco il sindaco Walter Veltroni terra' il suo discorso. "Aprite, aprite", gridano scandendo le parole con il battito delle mani. L'apertura delle porte, prevista per le 15.30 e' stata posticipata alle 16. In piu" di un'occasione la folla ha chiamato a gran voce il primo cittadino, urlando "Veltroni, Veltroni".


15:19  Veltroni al Lingotto
Walter Veltroni è arrivato pochi minuti fa al Lingotto. Ad attenderlo il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino.

14:50  Berlusconi: "Dialogo, ma senza sinistra estrema"
E' "ancora presto", ma Silvio Berlusconi, ragionando sulla discesa in campo di Walter Veltroni. La premessa è che "con questa sinistra estrema non si può governare, blocca il Paese e tiene sotto ricatto il governo". E quindi è possibile, in futuro, una cooperazione con Veltroni senza l'apporto della sinistra radicale? "Vediamo - risponde l'ex premier - è presto.
Vediamo come andranno le cose. Certo che è possibile, io non sono contro nessuno in particolare e, quindi, nemmeno contro Veltroni. Voglio solo il bene del Paese".

14:49  Attese tremila persone
Al Lingotto di Torino sono attese oltre tre mila persone. Tra gli assenti annunciati: il ministro degli esteri, Massimo D'Alema e il leader della Margherita, Rutelli a Washington per incontri politici, il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo


14:46  Veltroni è arrivato a Torino
Walter Veltroni e il segretario nazionale dei Ds Piero Fassino sono arrivati a Torino, dopo aver viaggiato sullo stesso volo Alitalia atterrato intorno alle 14,20 all'aeroporto di Caselle.

14:46  La preparazione al Lingotto
Sarà la musica di Edward Elgar la colonna sonora dell'appuntamento di Veltroni al Lingotto. Sul podio c'e' anche un leggio, ma si tratta solo di una "controfigura" di quello trasparente in plexiglas che sorreggerà alle 17 le circa 30 pagine con le linee guida del futuro Partito Democratico. Sono accesi anche i quattro schermi sullo sfondo che, quando Veltroni parlerà, mostreranno immagini riferite ai temi toccati dal sindaco.

da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Giugno 27, 2007, 06:19:55 pm »

Consigli a Veltroni

Paola Gaiotti de Biase


Dunque sembra che ci siamo. La candidatura di Veltroni appare avere più segni positivi: una condivisione larga nei vertici che esclude competizioni esasperate e rinascita di personalismi, una soddisfazione diffusa nel Paese, che si esprime anche con i sondaggi, la previsione ragionevole di un partito aperto, che sa dar voce alle sue mille facce, senza arroccamenti, un’apertura verso il domani che ci risparmia timori per il futuro. Avevo scritto che avrei preferito un mandato più per un coordinatore organizzativo che per il leader del futuro.

Questo per non indebolire Prodi, ma questa è una candidatura che lo rafforza.

E tuttavia non mancano timori, da ultimi Pasquino sull’Unità e Bodrato su Europa, che vanno raccolti: una candidatura così forte, praticamente garantita, può rischiare, quasi come se così tutto fosse deciso, di ridurre le spinte, le ragioni della partecipazione diffusa, di cui il Pd ha bisogno come del pane? La concentrazione dell’attenzione sul leader può trascinare la caduta d’interesse sull’elezione dei membri della Costituente, sulle loro opzioni e, in sostanza sulla qualità della nuova classe dirigente, riducendo il tutto a un vecchio procedimento paraburocratico? Può avere interesse Veltroni a non avvertire umori diffusi che temono nella situazione data, una sorta di omologazione generale, in cui si rivelano inutili le nuove spinte dal basso, e l’iniziativa dei cittadini?

È per questo che vorrei rivolgere una richiesta a Veltroni. Il Comitato dei 45 non ha deciso ancora definitivamente le regole della consultazione. Fra queste, l’ho già scritto più volte, una mi pare capitale: tenere separati il voto per il segretario e il voto per le liste, eludere sia il collegamento obbligatorio con un’unica lista e il suo candidato leader, sia il possibile collegamento del leader con più liste, prevedere insomma l’ipotesi di un voto disgiunto che lasci in piedi la libertà della formazione delle liste, il desiderio di articolare il progetto Pd secondo varie sensibilità, eventualmente predisponendo due schede separate. Questo non pregiudicherebbe il risultato finale, e Veltroni stesso potrebbe farsene carico di proporlo nel Comitato dei 45. I tifosi della «novità» del partito democratico, gliene sarebbero grati.

Dicevo: il Pd ha bisogno di nascere con una partecipazione alta. Esso deve accreditarsi come lo strumento principe di una riforma del sistema politico, di un superamento della transizione, di una modifica radicale dei sistemi di selezione della classe politica, troppo segnati dalle cooptazioni oligarchiche, che non feriscono solo la società civile, feriscono anche i migliori già impegnati nei partiti, i più liberi e che hanno idee più chiare e non omologabili.

C’è una volontà collettiva, generale di dare forza a queste esigenze; ma il suo esito è legato a due passaggi, la qualità delle regole proposte, l’attivazione delle responsabilità personali; l’una e l’altra stanno insieme, insieme cadono, insieme si rafforzano.

Tutte le provvisorie e forse provocatorie riflessioni che seguono nascono da questo.

Per quanto ci riguarda come donne stiamo in più forme e in più siti attivandoci per questo, consapevoli come siamo (mi si lasci la civetteria di un rimando alle mie ricostruzioni storiche del rapporto donne-voto) che le donne hanno segnato la storia della Repubblica fin dagli inizi, con il loro impegno antiastensionista, determinandone gli equilibri, premiando i partiti che sono stati più attenti alla novità della loro presenza, rovesciando negli anni Settanta gli equilibri consolidati e, purtroppo, lasciandosi catturare nel 1994, da una diseducazione televisiva generale, favorita anche da una lunga pratica antiistituzionale.

La novità oggi dell’appello alle donne, in particolare a quello a cui mi sento più vicina, prima firmataria Tina Anselmi, è il nesso forte fra la domanda generale, che va al di là dei generi, di un rinnovamento della politica, e la rilevanza che in essa assume la determinazione delle donne ad esserci, in sé stessa e come simbolo, segno, di una svolta vera di una discontinuità. La cancellazione dell’ipoteca oligarchica, cooptativa, autoreferenziale sulla politica italiana è, assai più di una generica battaglia a favore delle donne, insieme la condizione e la conferma di un pieno accesso alla cittadinanza, degli uomini e delle donne, finalmente alla pari.

Ma anche per le donne la questione delle regole è ora la questione chiave. Ovviamente siamo state tutte irritate da interpretazioni di stampa che davano in movimento un’ipotesi di liste di sole donne, e non solo perché le liste di sole donne non sarebbero che l’alibi a liste di soli uomini. Ancora di più perché sappiamo di poter rappresentare donne e uomini. Ma la questione resta aperta a due livelli significativi, quello delle candidature nelle liste e quello della linea politica che le identifica.

Il primo è l’insufficienza di una generica alternanza uomo-donna; in collegi piccoli, come quelli previsti, saranno probabilmente eletti quasi solo i primi delle liste. E se fossero tutti uomini?

C’è una via d’uscita: farci promotrici di una (o al limite più) lista, ovviamente trasversali, ovviamente con alternanza uomini donne, ma con almeno la metà delle donne capolista nei singoli collegi di ogni regione (e con ampia partecipazione di giovani).

Evidentemente un tale tipo di lista, con i suoi collegamenti regionali e nazionali può e deve esprimere non solo le priorità femminili nell’agenda politica ma quei saperi delle donne maturati sui temi chiave della politica contemporanea che non sono alternativi alla cultura politica maschile ma sono in grado di integrarla, dal modo di concepire la laicità (che non più che mediazione di opposti principi ideologici è concretezza e efficacia delle ricadute sulle persone dell’azione politica) alla globalizzazione (dove la battaglia internazionale delle donne ha dato forza al principio riequilibrante dell’autonomia del governo del territorio), dalle biotecnologie (dove la critica etica agli eccessi di pervasività tecnologica non può essere unidirezionale) e, ovviamente, dal welfare al lavoro, dalle politiche scolastiche ai sostegni alle famiglie.

Certo dire ora queste cose può sembrare velleitario e prematuro. Ma esse saranno possibili e si articoleranno secondo le regole che verranno approvate. Se ogni lista dovesse avere un suo candidato esclusivo, una tale iniziativa non potrebbe che assumere, almeno come bandiera, un candidato donna, magari come simbolo di una pressione dal basso sul futuro segretario per un vice segretario donna.



gaiottidb@libero.it
Coordinamento nazionale della Rete dei cittadini per l’Ulivo

Pubblicato il: 27.06.07
Modificato il: 27.06.07 alle ore 8.58   
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« Risposta #2 inserito:: Giugno 27, 2007, 06:20:51 pm »

Il sindaco di Roma a Torino per il discorso di candidatura

Veltroni: «Fare un'Italia nuova» «Il Pd nasce per unire gli italiani.

Pieno sostegno al governo Prodi.

La priorità è la lotta alla precarietà» 
 

TORINO - «Fare un'Italia nuova: è questa la ragione e la missione del Partito democratico», che nasce «per unire gli italiani e ciò che oggi viene contrapposto: nord e sud, giovani e anziani, lavoratori autonomi e dipendenti». Così Walter Veltroni ha iniziato il suo discorso al Lingotto di Torino con il quale dovrebbe annunciare la sua candidatura per la segreteria del Pd. «Il Partito democratico - ha proseguito - nasce per quei milioni di italiani che credono nell'innovazione, nel merito. Quei milioni di italiani che spesso trovano la politica chiusa». .

«CORAGGIO» - Veltroni ha poi ringraziato il «fondatore dell'Ulivo» Romano Prodi, i Ds e la Margherita (in particolare i rispettivi leader, Piero Fassino e Francesco Rutelli) «per aver accettato la sfida mettendo in gioco se stessi». Il Pd, ha proseguito il sindaco di Roma, sarà «una forza riformista che l'Italia non ha mai avuto. Sarà il partito del nuovo millennio e della libertà, che sfiderà i conservatorismi di destra e di sinistra. Un'esperienza decisiva, resa possibile dalla confluenza di grandi storie politiche che hanno restituito la libertà e hanno consentito all'Italia di crescere nella democrazia». «Parlo da italiano, da persona che ama il suo Paese e che mette il bene di tutti prima di ogni particolarismo». «Vedo la tendenza all'illegalità diffusa, a difendere con i denti i grandi e piccoli privilegi. E vedo crescere uno stato d'animo di malessere, di stanchezza e pessimismo. Questi sono segni di un declino mentre l'Italia ha bisogno di crescita». «Dobbiamo superare gli odi - ha affermato Veltroni - i rancori e le divisioni che impediscono di guardare con lucidità alla crescita del Paese, che non è né di destra né di sinistra».

LAVORO - Veltroni ha poi puntato il dito contro la precarietà: «In un tempo fantastico per la loro vita, ai giovani viene chiesto solo di aspettare per avere un lavoro certo, un mutuo per la casa. La vita non può essere saltuaria, non può essere part-time. Spetta alla comunità rendere certo l'incerto. È la lotta alla precarietà la grande sfida del Pd».

GOVERNO - Parole di apprezzamento per l'esecutivo: dal futuro Partito democratico arriverà il «pieno, deciso e coerente sostegno al governo Prodi» a cui è anche legato «il successo del Pd».

UE - Il sindaco di Roma ha rivolto la sua attenzione anche alla politica estera. «Bisogna combattere il vento dell'euroscetticismo» ha detto.

CLIMA - «In cima alle priorità della politica c'è il futuro ambientale del Paese e dell'intero pianeta». Per questo, ha spiegato Veltroni, è necessario affrontare il tema dei grandi cambiamenti climatici e realizzare gli obiettivi del Trattato di Kyoto per limitare le emissioni di gas serra. «Combattere i cambiamenti climatici non è solo una questione etica, ma un interesse concreto - ha affermato Veltroni - il futuro ambientale e in cima alle priorità. L'Italia deve giocare da protagonista questa partita. Altrimenti non solo avremo mancato di dare il nostro contributo, ma ci troveremmo indietro rispetto agli altri Paesi anche in termini di investimenti». «Non si può però dire di no all'alta velocità se poi l'alternativa è il traffico che inquina e la qualità della vita che peggiora. Non si può dire no al ciclo di smaltimento dei rifiuti moderno ed ecologicamente compatibile e lasciare che l'alternativa siano le discariche a cielo aperto. Il nostro è l'ambientalismo dei sì».

PENSIONI - Veltroni ha poi parlato del «patto tra le generazioni». A proposito della questione-pensioni, il sindaco di Roma ha spiegato che l'innalzamento dell'età anagrafica «non è una disgrazia» e il futuro Partito democratico lavorerà per «un nuovo e solidale patto generazionale», che «modificherà profondamente» le politiche e gli strumenti previdenziali. «Il sindacato, che nel corso della nostra storia ha svolto una funzione preziosa, sta dimostrando e deve dimostrare di poter essere protagonista di questo nuovo patto, non deve tutelare solo lavoratori e pensionati, deve sapere tutelare i giovani che faticano a entrare nel mondo del lavoro».

DISPARI OPPORTUNITA' - Capitolo a parte per l'«abisso di dispari opportunità» e l'«immobilismo sociale» che «entro 10 anni» si deve «ridurre del 30%», facendo «ripartire quella mobilità sociale» di cui la società ha bisogno e di cui i primi a soffrirne l'assenza sono «i ragazzi», che vivono un vita segnata da un «orologio sociale sfasato». «Perché mai oggi un ragazzo non deve avere le stesse opportunità dei suoi coetanei inglesi?».

TASSE ED EVASIONE FISCALE - «Una politica finanziaria rigorosa non è figlia delle ideologie ma della necessità di abbattere il debito pubblico» ha affermato poi Veltroni, parlando di «un circolo virtuoso tra crescita e risanamento».

27 giugno 2007

da corriere.it
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« Risposta #3 inserito:: Giugno 27, 2007, 06:22:53 pm »

27/6/2007
 
Primo, partire dal basso
 
SERGIO CHIAMPARINO
 

Torino è una città del Nord in cui il centrosinistra ha un radicamento forte, frutto del permanere di insediamenti culturali tradizionali e di una capacità innovativa cresciuta tra gli Anni Novanta e oggi. Anche per questo può essere un buon punto di partenza per Walter Veltroni e le sfide che lo attendono. Oggi la politica italiana, la destra e la sinistra, incorpora e trasmette assai di più la strada percorsa che quella da percorrere. Il passato più del futuro. Se si vuole innovare bisogna mettere in conto che i confini e le categorie di destra e sinistra, così come oggi sono declinate, sono destinate a essere messe in discussione.

Il Nord non è una «questione», non è un problema da risolvere. È una realtà che, più immersa del resto del Paese nelle dinamiche della competizione e dell’inclusione globale, pone domande e problemi alla politica e molti di questi obbligano a rivedere profondamente i paradigmi teorici con cui si guarda a essi.

Dire sì alla Tav e alle grandi infrastrutture necessarie (non a tutte!) significa guardare al rapporto ambiente-crescita in modo nuovo, compatibile con le esigenze di sviluppo che le nostre economie hanno, anziché imboccare derive improntate alla decrescita. Il confronto con i soggetti interessati e coinvolti dalla realizzazione, come stiamo facendo dopo che il centrodestra aveva portato il progetto Tav a infrangersi sul muro di Venaus, è la strada con cui le grandi infrastrutture si fanno e non si proclamano soltanto.

Quando, secondo le statistiche, circa un terzo della popolazione italiana utilizza in forme diverse sostanze stupefacenti, delineare politiche partendo dagli stereotipi antiproibizionisti o proibizionisti rischia di favorire solo il dilagare dello spaccio con i problemi di insicurezza dei cittadini che questo porta con sé. Allo stesso modo, per la sicurezza e le politiche per l’immigrazione, dove un crinale molto stretto ma percorribile divide le politiche muscolari alla «Bossi Fini» e «ronde in piazza» tanto esibite ed esibizioniste quanto vane, dalle politiche permissivistiche (allora chiudiamo i Cpt) in cui vi è sempre qualcosa che giustifica chi compie atti illegali, piccoli o grandi che siano.

Infine, una criticità fiscale, che nasce dalla sensazione che ciò che si paga sia troppo in relazione a ciò che la politica dà, in tempi spesso troppo lunghi rispetto alle esigenze. Una percezione alimentata ulteriormente dalla babele di posizioni che spesso si manifestano sui diversi temi. C’è dunque bisogno di una politica sentita più vicina dai cittadini, una politica che, soprattutto, sappia far seguire alla necessaria discussione l’indispensabile e conseguente decisione. Questo è quel che chiede alla nuova politica l’Italia (e non solo il Nord) che fa.

*sindaco di Torino
 
da lastampa.it
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« Risposta #4 inserito:: Giugno 27, 2007, 06:23:28 pm »

27/6/2007
 
Se fossi Walter direi...
 
LUCIANA LITTIZZETTO
 
Non aspettatevi da me miracoli. Non è che adesso arrivo io e alè. Trasformo l’acqua in vino, cammino sulle acque e faccio diventare simpatico D’Alema.

Non ho i superpoteri. Però una cosa la so fare. Pensare al futuro. Quella mi viene abbastanza bene. E il primo passo è questo.

Smetterò di parlare del pantheon del nuovo partito democratico. Quel luogo simbolico che racchiude le radici ideologiche del partito e dove i miei colleghi vogliono mettere chiunque. Han fatto i nomi di tutti. Matteotti, Nenni, Togliatti, De Gasperi, Fanfani, Craxi, Berlinguer.

Tutti. Mancan solo Batman e Lupin III.

E anche Capitan Findus volendo. Pensiamo pure a mettere le radici. Ma partire da un ossario non dà tanto l’idea di futuro. Contando che come ossario ci sarebbe già Fassino. Facciam pure delle solide fondamenta. Ma poi guardiamo al domani.

Si devono sposare due partiti? La Dc e il Pci? Molto bene. Ma quando uno si sposa cosa fa? Pensa al futuro. Pensa alla casa dove andrà ad abitare, pensa a comperare la cucina nuova, pensa a che divani metterci dentro, ai figli che vorrà un domani, non pensa alle foto dei nonni morti da mettere sul comodino...

 
da lastampa.it
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« Risposta #5 inserito:: Giugno 27, 2007, 06:30:46 pm »

POLITICA
L'ANALISI

La partita del dalemismo
di MASSIMO GIANNINI

 
NEL giorno in cui il centrosinistra celebra il rito ecumenico del veltronismo, come l'epifania laica della Terza Repubblica, resta ancora da chiedersi un'ultima cosa: che ne sarà del dalemismo. Interpellare il diretto interessato non aiuta, ma dice qualcosa del suo stato d'animo. Mentre Veltroni prepara con la consueta cura la cerimonia torinese e inverte il suo collaudato cliché, anteponendo finalmente le "risposte" ai "sogni", D'Alema dice di pensare a tutt'altro.

"Sono appena tornato da Parigi. Sto partendo per Vienna. Per i miei gusti, a Roma ci sto anche troppo, e vivaddio l'Italia mi pare sempre più lontana. In agenda ho una priorità: riempirla solo di impegni internazionali...". L'alba di Walter, il leader post-moderno che unisce, quello che ha viaggiato e viaggia con bagaglio leggero tra le macerie ideologiche del '900, può davvero coincidere con il tramonto di Massimo, il leader storico che divide, quello che ha incarnato e incarna la forza dell'identità più profonda della sinistra italiana e del socialismo europeo? Il seducente soft power del primo segretario del Partito democratico può sancire davvero la sconfitta definitiva del ruvido hard power dell'ultimo presidente dei Democratici di sinistra?

Per rispondere a queste domande, bisogna prima capire come e perché, in 24 ore, il ministro degli Esteri ha deciso di chiudere la sua "partita a scacchi" col sindaco di Roma. Era cominciata nel '94, quando il vertice del Bottegone Rosso consegnò al primo le chiavi del partito, a dispetto della base che aveva votato il secondo. È finita martedì 12 giugno, quando Massimo ha fatto la cosa che nessuno si aspettava: la mossa del cavallo. "Lo faccio per il bene del centrosinistra, e lo faccio per il bene di Prodi: la nascita del Pd, con la leadership condivisa di Veltroni, è l'unica speranza che abbiamo per rafforzare questo governo...".

Eppure c'è stato un tempo non lontano, diciamo fino alle primarie dell'Unione nel 2006, in cui se andavi a parlargli alla Fondazione Italianieuropei, e gli buttavi là un "perché non schierate Veltroni subito, contro il Cavaliere?", lui ti rispondeva secco: "Non finché io sono vivo...". E c'è stato un tempo ancora più vicino, diciamo fino a 15 giorni fa, in cui se andavi a stuzzicarlo a casa la domenica pomeriggio, e gli buttavi là un "perché non candidate Veltroni a ottobre, con la costituente?", lui ti rispondeva acido: "Vedo che il circo mediatico ha già incoronato il nuovo messia, ma voi avete troppa fretta, e Walter deve stare attento. Intanto, sempre da questo tavolo deve passare. E poi, se non calibra i modi e i tempi, rischia di ritrovarsi da solo. E non parlo solo per me, ma sono i cervelli migliori, da Amato a Bersani alla Finocchiaro, che potrebbero non andargli dietro...".

Convinto di questo, due weekend fa aveva concordato con Fassino una strategia precisa in vista del Comitato dei 45 di lunedì 11 giugno: "Dobbiamo convincere Prodi ad accettare che il segretario del Pd sia eletto dal popolo. Il nostro candidato è Bersani, per la leadership di ottobre e poi anche per la premiership del 2011...". Era un modo per stanare il sindaco, e per costringerlo ad accettare subito "la sfida in mare aperto, e stavolta senza salvagente".

La fine è nota. Prodi si è convinto, e Veltroni ha raccolto la sfida. Ha capito che, se avesse perso il treno del 14 ottobre, per lui non ne sarebbero passati altri. Così quello stesso lunedì sera, cucinando un risotto a casa di amici e ripensando al dispiegamento delle pedine sulla scacchiera, il vicepremier ha deciso: "Sosteniamo Walter, non c'è altra scelta. Speriamo solo di non dovercene mai pentire, e di non dover fare le pratiche per espatriare in Svizzera...". Il giorno dopo ha formalizzato la svolta. La mattina al diretto interessato, durante un caffè nell'ufficio affacciato sulle rovine del Foro Romano. Dialogo franco e "finalmente sincero", come ha raccontato Veltroni al suo staff: "Walter, se hai deciso di candidarti sappi che io non ho nulla in contrario. Stavolta sei solo tu che devi decidere...". Nel pomeriggio all'opinione pubblica, durante la registrazione di Ballarò: "Veltroni è un potenziale segretario del Pd, ma anche candidato alla guida del governo, che forse è qualcosa di più importante...". Da quel momento, D'Alema non ha più parlato. Un silenzio che dura, e che oggi fa pensare a una scelta umanamente e politicamente "costosa".

Se si mettono in fila i fatti di quest'ultimo anno e mezzo, verrebbe da pensare a un lento crepuscolo del dalemismo. Nella parabola più recente, oltre all'eccellente lavoro alla Farnesina, l'uomo si segnala per i suoi passi indietro. La presidenza della Camera, la presidenza della Repubblica, ora la leadership del Pd. Rinunce che rivelano una generosità, ma che in qualche caso la negano. L'incoronazione di Walter poteva nascere dal gesto pubblico e solenne del king-maker, che ha fatto per decenni la dura battaglia della sinistra riformista e che ora ha pieno titolo per passare il testimone a una risorsa più fresca, al servizio di un disegno più ambizioso. La dalemiana mossa del cavallo matura invece nella stanza chiusa del Campidoglio, e tutt'al più si ratifica in modo un po' ellittico nello studio televisivo di Floris. Così una decisione seria e responsabile rischia di apparire come il sintomo di una debolezza. D'Alema lo negherà fino alla morte, rivendicando solidi argomenti morali, non solo la cinica realpolitik togliattiana o la ferrea disciplina berlingueriana: "Noi sappiamo come si sta al mondo. Noi abbiamo una grande storia alle spalle. Possiamo litigare anche in modo aspro. Ma il Pci ci ha insegnato che c'è un momento in cui un progetto conta più di ogni personalismo...". Ma l'impressione di una scelta sofferta e subìta, più che convinta e preordinata, resta lo stesso.

Se invece si valuta la visione politica, il dalemismo è più attuale che mai. Ci sono intuizioni che restano. Le regole della Bicamerale, dal premier eletto dal popolo al doppio turno alla francese alla riduzione dei parlamentari, sono oggi il cardine intorno al quale ruota il dibattito sulle riforme. Il discorso di Gargonza, la necessità di sfondare al centro e andare "oltre la sinistra" e il suo vecchio insediamento sociale, sono oggi il cuore della disputa sul riformismo. La sfida alla sinistra radicale e sindacale, dalla riscrittura del Welfare all'opportunità di non giocare solo in difesa la partita dei diritti agitando il contratto di lavoro davanti alle fabbriche (come disse a Cofferati al congresso dell'Eur del '97) resta oggi il tema-chiave del confronto sulla modernizzazione del Paese. Lo stesso progetto del Partito democratico, nato 5 anni fa da un faccia a faccia con Prodi, resta oggi l'unica speranza per un centrosinistra maggioritario, che aspira a riunire la cultura laica e cattolica dopo il crollo di tutti i Muri.
Massimo ha individuato per primo questi nodi, ma non ha avuto la forza di scioglierli. Oggi tocca a Walter provarci. E qui, al di là di tutti i mal di pancia, sta anche un altro merito di D'Alema: per quanto obbligato, il suo via libera evita la lotta intestina, esiziale per la sinistra e mortale per il Partito democratico.

Ora il sindaco è in campo. Deve metterci la faccia, e rischiare in prima persona. Deve spiegare agli italiani cosa pensa dello scalone previdenziale e delle liberalizzazioni, dell'Afghanistan e della laicità dello Stato. Intanto il Pd può finalmente nascere. E poi, come si diceva una volta, "chi ha più filo da tessere tesserà". Nel frattempo, il dalemismo ha due possibili sbocchi. O si rivela davvero una semplice "categoria dello spirito", come l'ha sempre definita con un po' di civetteria il suo stesso ispiratore. Oppure si riorganizza come "corrente" del Pd, come lasciano pensare la lista di Bersani o le parole di Latorre. Quanto a D'Alema, tutti gli sbocchi sono ancora possibili. L'uomo ha mille risorse. E se non è un Maradona, al contrario di quello che scrive un ingeneroso Peppino Caldarola è molto, molto più di un Cassano, cioè solo "talento e cattive compagnie". Qualunque sia la squadra, qualunque sia il ruolo, può sempre fare la differenza.

Resta il paradosso di un capo che, come dice Benigni nel suo show dantesco, è sempre spendibile per gli incarichi più importanti, secondo il triplice luogo comune "c'ha i baffi, c'ha la barca, è il più intelligente di tutti", ma non riesce mai a capitalizzare fino in fondo il suo potenziale sul mercato politico. Resta il paradosso di un ministro degli Esteri che era pronto per il Quirinale, e che invece oggi va in tv a dire "faccio un lavoro appassionante che per fortuna mi tiene lontano dalle piccole questioni che agitano i media di questo paese". Mentre c'è un sindaco di Roma che aveva promesso di andarsene in Africa, e invece adesso avrà in mano i destini della sinistra e presto, forse, anche quelli dell'Italia.

(27 giugno 2007) 

da repubblica.it
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« Risposta #6 inserito:: Giugno 30, 2007, 07:29:24 pm »

Tu chiamalo se vuoi Emozione

Gli amici. Le passioni. Il sistema di potere. I miti.

La famiglia. Le parole d'ordine. I rivali politici. I tic. I punti deboli. Tutto Veltroni dalla A alla Zeta 

Africa

Nel Walter-mondo è l'alternativa alla sinistra-paese normale, tutta barche, scarpe, Vissani e cinismo. Lui contrappone bidonville, discariche, ospedali, visite in Mozambico, Kenya, Ruanda, Malawi. Ma è anche il fantasma del ritiro dalla politica. "Nella mia testa e nel mio cuore c'è l'Africa. La stagione del mio impegno nazionale è finita: nel 2011 toglierò il disturbo", rivelò nel 2002. Nobile proposito, suscettibile di ironie. Corrosivo Francesco De Gregori: "Chiudi la porta e vai in Africa, Celestino!".

Auditorium

Il Tempio del veltronismo. Negli scarabei disegnati da Renzo Piano si avvicendano Leonardo DiCaprio e Pietro Ingrao, Sean Connery e Luca Cordero di Montezemolo. Sede della Festa del Cinema, la più compiuta creatura del sindaco cinefilo. Deus ex machina, il ds Goffredo Bettini, gran regista dell'operazione Veltroni.

Berlinguer

Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una persona perbene, canta Giorgio Gaber. Veltroni tra questi: "Il Pci era il posto dove si ritrovavano tante fantastiche persone perbene", si commuove. Enrico è "il simbolo dell'Italia migliore", dove si poteva essere iscritti al Pci senza essere comunisti.

Buonismo

Veltroni non si vanta, non si gonfia, non si adira. Non dice le parolacce, non coltiva rancori. Macché, provò a smascherarlo il dalemiano Claudio Velardi,"è un cattivo travestito da buono. Persegue con ferocia i suoi obiettivi". Ma Veltroni lo ha perdonato. E oggi si vogliono bene.

Canottieri Aniene

Il regno di Giovannino Malagò e il cuore del potere romano, dove girano appalti da 20 milioni di euro per una nuova piscina, opera collegata ai Mondiali di nuoto 2008, e si frequentano Montezemolo e i fratelli Vanzina, Abete e Panatta, Caltagirone e Verdone. Veltroni è socio onorario. Si candidano ad allargare il Tevere al resto d'Italia.

D'Alema

Il rivale da 30 anni, una continua gara a chi piace di più. Nel partito e nel Paese. Sotto la Quercia non c'è storia: il più amato è Massimo e Walter ne soffre. Quando uno va su, l'altro va giù, e viceversa, senza perdersi di vista. "Siamo come Gassman e Trintignant nel 'Sorpasso'. Fatto salvo il finale", ha detto il sindaco. Profetico: nel reale, infatti, non è Trintignant-Veltroni a precipitare nel burrone all'ultima curva. Anzi.

Emozioni

La parola magica del veltronismo, fin dallo slogan più fortunato: 'Non si spezza una storia, non si interrompe un'emozione'. Il cuore oltre l'ostacolo. Il sentimento che scavalca la durezza della politica. La nuova egemonia culturale, adatta ai tempi convenzionalmente liquidi: il jazz di Jan Garbarek e la poesia di Borges sui giusti che stanno salvando il mondo. Senza disprezzare Susanna Tamaro e Claudio Baglioni.

Fiocco

Cane recuperato per la gioia della padroncina e dell'intera città. Indimenticabile l'agenzia di Walter: "Veltroni: soddisfazione per il ritrovamento di Fiocco".

Flavia

"A Flavia, per i nostri ottomila giorni di emozione e di scoperta". "A Flavia piccolo principe". Nelle dediche dei suoi libri c'è lei, insieme alle figlie Martina e Vittoria. La compagna di sempre, conosciuta nel '74: Flavia Prisco, la moglie di Walter. Il lato ironico del leader. Un anno fa, l'unica uscita: per sostituire il marito al comizio finale nella campagna per la rielezione a sindaco. Veltroni era fuori uso: in ospedale per una colica renale.

Giovanni Paolo II

Il 23 dicembre 2006 Veltroni inaugura alla stazione Termini una stele dedicata al grande papa con i cardinali Camillo Ruini, Tarcisio Bertone, mentre i laici erano sul piede di guerra contro i mancati funerali religiosi di Piergiorgio Welby. Il leader è un laico devoto, gran frequentatore di celebrazioni sacre. Una volta, vedendolo tra i banchi, Giulio Andreotti non si trattenne: "Qualcosa è cambiato. Prima arrivavo a messa 15 minuti prima e non c'era nessuno. Adesso trovo sempre il sindaco...". I tempi in cui partecipò al Gay Pride sono remoti. Meglio lui, dicono in Vaticano, laico che segue la lezione di Claudio Napoleoni ("Cercate ancora") che il cattolico adulto Prodi.

Hollywood

In primavera il sindaco è volato a Los Angeles a caccia di star per la Festa del Cinema. Quelle italiane tifano tutte per lui, da Sabrina Ferilli a Lando Buzzanca. Ma anche Robert De Niro, George Clooney, Brad Pitt, Matt Demon sono di casa in Campidoglio: a cena sulla terrazza Caffarelli, affacciati dalla finestra dello studio del sindaco che dà sui Fori, in giro per Roma trasformata in set.

I Care

Il motto di don Lorenzo Milani, riscoperto al congresso dei Ds nel 2000. Oggi un marchio di fabbrica del veltronismo.

Jovanotti

Sarà il cantautore del Pd. Veltroni lo aveva adocchiato ai tempi di 'Penso positivo': "Io credo che a questo mondo esista solo una grande chiesa che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa...". Un'altra canzone di Jovanotti è diventata la colonna sonora dei comizi di Veltroni. Titolo evocativo: 'Mi fido di te'.

Kennedy

Bob, non John. Mito adolescenziale di Veltroni: "Una persona molto timida, molto introversa, con un grande coraggio". L'omicidio è il sogno spezzato, titolo di un libro cult del veltronismo.

Letta

Gianni, non Enrico. Un amico che lo ha salutato con affetto: "Da oggi non ti chiamo più sindaco, ma presidente". Anche Veltroni lo corteggia pubblicamente: "Un uomo come Letta potrebbe far parte di un governo di qualsiasi schieramento". Larghissime intese.

McEwan

Autore di 'Bambini del tempo', libro di formazione per quarantenni di sinistra. In 'Sabato', Veltroni è diventato un personaggio del romanzo: "A quiet, civilized man, with a passion for jazz".

Modello Roma

Ovvero, il veltronismo realizzato. Riformismo e radicalismo uniti, d'amore e d'accordo. Un consenso universale che va dai no global all'Opus Dei, da Nunzio D'Erme ad Alberto Michelini. Funzionerà nel resto d'Italia?

Notte Bianca

La prima rischiò di concludersi con un disastro: colpa del black out che fece piombare l'intera Penisola nel buio. Poi la kermesse è decollata: un festival del veltronismo, fonte di innumerevoli polemiche, da destra e e da sinistra.

Obama

Il nuovo punto di riferimento di Veltroni. Il carismatico senatore nero dell'Illinois che sfida Hillary. Anche se nella capitale circola una perfida battuta: "A Roma poco Obama, molte Barack".

Ppp

Pier Paolo Pasolini, fotografato in giacca jeans accanto ai ragazzi Veltroni e Nando Adornato a metà anni Settanta. Walter ha appena chiesto ufficialmente la riapertura dell'indagine sul suo omicidio.

Quel gran pezzo dell'Ubalda

tutta nuda e tutta calda. Mitico film del 1972, regia di Mariano Laurenti, con Edwige Fenech e Pippo Franco, recensito da Veltroni sul 'Venerdì' negli anni '90: "Ha aiutato a dislocare verso equilibri più avanzati il comune senso del pudore".

Rai

Seconda casa di Veltroni.

Il papà Vittorio è stato il primo direttore del tg.

La mamma Ivanka, una leggendaria funzionaria.

Mike Bongiorno ricorda di averlo tenuto sulle ginocchia da bambino.

Cresciuto, portò a casa Raitre e Tg3 per il Pci.

Oggi stima Serena Dandini, Gianni Riotta, Fabio Fazio. Più l'eterno Giovanni Minoli.


Senza Patricio

Prova narrativa del sindaco-scrittore, applaudita senza pudore dai colleghi. Ermanno Rea: "Bellissimo. Un gioiello". Andrea Camilleri: "Una sinfonia per solisti e coro". Gianni Amelio: "Un libro magico. Mi fa quasi paura, perché parla di noi, di me. Walter, mentre scrivevi non potevi saperlo, ma io sono Patricio!". Tutti sulla scia di Alessandro Baricco: "Veltroni ministro della Cultura è una sicurezza per tutti". Intellettuale organico.

Taxi

All'origine dello scontro diretto con Pierluigi Bersani. Concluso con una notte di festa dei tassisti in rivolta in piazza Venezia: cori da stadio, clacson e ringraziamenti per Veltroni mediatore. E con la promessa di 2.500 taxi in più a Roma, a partire dal 15 settembre. Dell'anno scorso.

Uomo dei sogni

Il film della vita. Gli ricorda il papà Vittorio, morto quando aveva un anno: "È stato come una fiocinata che ti colpisce al ventre".

Veltrini

Walter Verini, l'uomo-ombra del sindaco. Il consigliere più fidato, il risolutore dei problemi. Talmente legato da commuoversi fino alle lacrime mentre parla Veltroni, come al congresso Ds di Firenze. Unico strappo alla discrezione, la ristampa del suo libro-intervista con Luciano Lama 'Sinistra con Vista', dove il leader della Cgil prevedeva la nascita del Partito democratico: "Il tempo delle autosufficienze deve finire per sempre". E indicava il leader: "Veltroni è un uomo che conquista".

Zio Walter

Si faceva chiamare così all'epoca della sfida contro D'Alema (zio Massimo) per la segreteria del Pds nel '94. Ora è chiamato a diventare lo zio d'Italia, come ha scritto Marco Belpoliti: "Serio e insieme allegro, votato a una trasgressione limitata. È un parente minore, in tempi di crisi dei parenti maggiori - padri e madri - potrebbe funzionare". Zio, facci sognare.

Marco Damilano

da espressonline
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« Risposta #7 inserito:: Giugno 30, 2007, 07:30:36 pm »

Giro di Walter
di Marco Damilano

Il partito da costruire.

Lo strappo a sinistra da ricucire. E poi: i rapporti con l'opposizione, la riforma elettorale...

Ecco la fitta agenda del candidato leader 


Un uomo solo sul palco, il suo nome è Walter Veltroni. Come nelle lezioni di politica che ha portato in giro nei mesi scorsi nei teatri della penisola, da Roma a Milano a Napoli. Come nelle convention dei Democratici americani, quelle dei fratelli Kennedy, di Bill Clinton, di Barack Obama che lo hanno sempre appassionato. Anche a Torino, mercoledì 27 giugno, Walter Veltroni è salito sul podio della sala gialla a luci verdi del Lingotto da solo, per accettare la sfida politica che vale una vita. 'L'Italia ha bisogno di futuro', è lo slogan che da oggi ripeterà in ogni occasione. Alla vigilia dei suoi 52 anni, che compirà la settimana prossima, il 3 luglio, nello stesso giorno in cui il quasi coetaneo Tony Blair lascia il potere, il sindaco di Roma lancia la sua candidatura a guidare il Partito democratico oggi, e domani, chissà, l'Italia.

Un sogno che si era spezzato più volte: per esempio, nel 1998, quando il governo dell'Ulivo, quello del tandem Prodi-Veltroni, era stato sconfitto per un voto alla Camera, producendo una scia infinita di risentimenti e veleni. Oppure nel 2000, proprio a Torino, quando Veltroni aveva provato a conquistare la pancia dei Ds di cui era segretario, ma si era trovato di fronte il muro di un apparato interamente legato al vero leader del partito, Massimo D'Alema. Già: la strada per arrivare alla candidatura di oggi è stata disseminata di trappole e sconfitte, anche per Veltroni. E i prossimi mesi non saranno certo una passeggiata. Basta aprire e sfogliare l'agenda di Veltroni, il quadernino nero su cui ha appuntato piccoli pensieri di ritorno da Bucarest e alla vigilia del discorso di Torino. Saranno i temi forti della prossima campagna d'Italia del Candidato.

Primo: superare l'anti-berlusconismo. "Questo Paese", ragiona Veltroni, "ha pagato un grande prezzo per aver costruito in 13 anni di bipolarismo solo schieramenti contro. Nel palazzo del presidente del Sud Africa ci sono i ritratti di tutti i suoi predecessori, compresi i più feroci sostenitori dell'apartheid: è questa la grandezza di una nazione, avere la memoria del passato e un minimo di voglia di futuro. Quello che ora ci manca completamente". Parole che faranno piacere anche a quell'ala del centrodestra che predica il superamento del Cavaliere: Pier Ferdinando Casini, per esempio. Giusto un anno fa, alla vigilia delle elezioni del 2006, i due furono beccati a scambiarsi un bigliettino furtivo durante una cerimonia in Campidoglio. Scriveva Veltroni: "Il Paese non uscirà dai guai. Né con Caruso né con Borghezio. È il momento di scelte alte, coraggiose. Ma non mi sembra questo lo spirito del tempo".

Secondo: la riforma istituzionale. Nei mesi scorsi il sindaco ha legato la sua discesa in campo alla possibilità di avere gli strumenti per governare. Ora ripete la sua ricetta: "Le nostre istituzioni devono conoscere una nuova stagione. Il nostro sistema ha perso razionalità, equilibrio, è lento, complicato, farraginoso. Il Paese rischia di fermarsi. L'Italia ha ricominciato a produrre, lo ha detto il governatore Mario Draghi, ma non quanto potrebbe". Colpa della politica? Anche Veltroni, professionista della politica da quando è bambino, nato e cresciuto nella Federazione giovanile comunista, e poi a Botteghe Oscure fino ad arrivare alla segreteria della Quercia, indosserà i panni dell'antipolitica? Non proprio: "Antipolitica è un'espressione che trovo, questa sì, qualunquista", quasi si offende: "Non è antipolitica chiedere un sistema che decida. Siamo immersi in una profonda crisi democratica. E la democrazia è decisione, non significa dire: riuniamoci e parliamone, ma parliamone e decidiamo. La nostra è una democrazia dei veti, deve diventare la democrazia delle decisioni". Veltroni, uomo di sinistra senza tentazioni inciuciste, non esita a citare il modello francese, Nicolas Sarkozy: un altro indizio di come sarà il suo Partito democratico. Di fatto, però, la prima prova del nuovo corso sarà la riforma elettorale: ci sono i referendum in arrivo ("Sono utili, ma non risolutivi", chiarisce il sindaco) e una materia incandescente che può far saltare in aria il governo Prodi.

Walter il decisionista dovrà cominciare a fare ordine soprattutto da casa sua: il Pd. È questa la terza sfida: ridare smalto a un progetto appassito nelle divisioni tra i leader e nella mancanza di identità. Nelle ultime settimane, alle riunioni del Comitato dei 45 di cui fa parte, il sindaco è intervenuto più volte per mettere in guardia dalla 'second life' che ammorba le discussioni nel nuovo partito: "Occhio: il Pd ha rischiato finora di prendere una connotazione algida, lontana dalla vita degli italiani, dall'imprenditore al ragazzo precario, dalle esigenze di sicurezza che non sono né di destra né di sinistra, alla tutela dell'ambiente che oggi è un tema che taglia in modo trasversale le identità politiche. C'è una carnalità della vita degli italiani con cui dobbiamo restare in contatto". Un Pd carnale: ecco il partito sognato da Veltroni, l'uomo dei sentimenti, ma anche del piano regolatore con cui ha ridisegnato l'economia romana, il politico che ha elevato la malinconia a stile di vita, "quella malinconia che fa bene alla ragione, che apre porte chiuse, che disegna carte geografiche sconosciute", ma che si destreggia con agilità nei rapporti di potere. Un partito che dovrà occuparsi delle emergenze sociali, quelle denunciate da Veltroni un mese fa in una lettera a nove ministri: casa, anziani, bambini, immigrati, un patto per il nuovo welfare. Un partito che dovrà prendere corpo soprattutto al Nord, in quelle regioni dove la sinistra rischia di sparire. Per questo l'uomo solo sul palco sa che in tempi rapidi deve trasformarsi nel capo di una squadra tutta a settentrione del Po: i sindaci Sergio Chiamparino, Massimo Cacciari, Marta Vincenzi, i presidenti di regione Claudio Burlando o Riccardo Illy, ma anche giovanissimi dirigenti di partito. Come il segretario Ds della Lombardia, il bergamasco Maurizio Martina, appena ventottenne: Veltroni ha ascoltato il suo intervento all'ultimo congresso della Quercia a Firenze, si è complimentato, si è appuntato il suo nome sul solito quadernino.

Infine, recuperare i consensi perduti dal Pd, a cominciare da chi se ne è andato. L'ex minoranza Ds di Fabio Mussi, per esempio. "Se Veltroni fosse il leader del Pd sarebbe diverso. Ma è l'isola che non c'è", disse il ministro dell'Università, amico di Walter da una vita, al momento di abbandonare la Quercia. Ora l'Isola c'è, Peter Pan è arrivato, Mussi potrebbe ripensarci. Anche la Cosa bianca di Savino Pezzotta potrebbe essere attratta dalla sirena veltroniana, attentissima alle esigenze cattoliche: un altro mondo che si è sentito a disagio con il centrosinistra. Più di ogni altra cosa, ora, Veltroni sa che ogni sua parola sarà pesata in chiave nazionale. Le aspettative sono moltissime, forse troppe. Un rischio che ha individuato lui stesso nell'incipit del suo romanzo 'La scoperta dell'alba', dando la parola al protagonista Giovanni Astengo: "È una stagione difficile per me. Sono insieme alba e tramonto, speranza e delusione". Quella di Torino è per Veltroni l'alba di una nuova vita. L'uomo solo sa che questa volta non può deludere.

da espressonline
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« Risposta #8 inserito:: Luglio 09, 2007, 03:26:58 pm »

9/7/2007

Veltroni: "Avanti col referendum"
   

Il candidato alla leadership del Pd: «Siamo in una crisi democratica, il Parlamento sia responsabile»


ROMA

«Il Parlamento è di fronte ad una sfida importante. Sono convinto che oggi siano in una crisi democratica che non riguarda solo il sistema elettorale.

C’è una crisi di sistema che può essere foriera di problemi molto seri per il paese.

È un momento in cui il Parlamento deve mostrare un altissimo senso di responsabilità». Lo ha detto il sindaco di Roma, e candidato alla leadership del Pd, Walter Veltroni, che oggi ha incontrato in Campidoglio il comitato promotore del referendum.

Veltroni ha ricordato che c’è un pacchetto di misure in discussione alla commissione Affari Costituzionali della Camera e la riforma elettorale al Senato.
«Non c’è molto tempo - ha aggiunto - Il tempo delle decisioni è adesso».

da lastampa.it


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24ORE - POLITICA

Referendum, Veltroni al comitato

"Non firmo ma vi sostengo"


ROMA - "Il problema non è tanto se firmo io. Io sono candidato alla guida di un partito che ha parte importante di questa maggioranza e nel quale ci sono opinione diverse delle quali non posso non tener conto. Potrei rispondere con giri di parole, con circonvoluzioni, ma voglio essere sincero. Tutto questo non mi impedisce di esprimere il sostegno che è più importante della mia firma individuale". Lo ha detto il sindaco di Roma, e candidato alla leadership del Partito democratico, Walter Veltroni, che questa mattina ha incontrato in Campidoglio il comitato promotore del referendum. "Mi auguro - ha aggiunto il sindaco di Roma - che la raccolta delle firme per modificare la legge elettorale possa ottenere il numero necessario. Il fatto che il referendum esiste è la più grande sollecitazione al Parlamento".

(09-07-2007)

da repubblica.it
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« Risposta #9 inserito:: Luglio 10, 2007, 10:14:26 pm »

POLITICA

Dodici pagine, 16 articoli, il documento con cui domani i 45 entrano in conclave per definire le norme per eleggere la Costituente e il n°1 del Pd

2000 firme per correre come segretario

Pd: ecco le regole del nuovo partito

Ancora due i punti controversi: quando eleggere i responsabili regionali e come collegare liste e segretari.

I coordinatori: entro oggi i suggerimenti via mail

di CLAUDIA FUSANI

 
ROMA - Dodici pagine, sedici articoli, due punti chiave ancora in sospeso - elezione dei segretari regionali e collegamenti tra liste e candidati segretari - e una letterina di accompagnamento recapitata ai 45 membri del Comitato che domani dovrà fissare una volta per tutte le regole delle primarie per eleggere il segretario e l'assemblea costituente del Pd. "Se avete osservazioni da fare - scrivono i Coordinatori del Comitato 14 ottobre Mario Barbi, Maurizio Migliavacca, Antonello Soro - al fine di organizzare in modo proficuo la discussione dell'11 luglio, siete tutti pregati di inviare le vostre eventuali osservazioni entro e non oltre domani martedì alle ore 18 all'indirizzo di posta elettronica: Comitato14ottobre@ulivo.it".

Il Dna e il codice genetico del nuovo partito prende forma anche via mail, chattando e postando suggerimenti e idee. "In previsione della riunione del Comitato di mercoledì 11 luglio alle ore 17, vi trasmettiamo - scrivono Barbi, Migliavacca e Soro - la bozza di "Regolamento per l'elezione delle Assemblee costituenti dell'Ulivo-partito democratico" messa a punto con il concorso dei professori Stefano Ceccanti, Giuseppe Busia e Salvatore Vassallo. (...) la bozza di regolamento che portiamo alla vostra attenzione, nel confermare le scelte di fondo già acquisite, evidenzia nelle parti in grassetto o in corsivo gli aspetti ancora aperti a soluzioni alternative che saranno decise dal Comitato".
Questo documento, quindi, è quello con cui i 45 entreranno in conclave negli uffici di via SS. Apostoli per uscirne con la regole con cui sarà eletta la Costituente che poi dovrà scrivere Statuto e Manifesto del nuovo partito ed essere lo stesso partito fino al congresso previsto nella primavera del 2008.
Le regole già stabilite: il numero degli eletti tra 2.400 e 2.900 - Sono la maggior parte: al voto anche i sedicenni e gli immigrati, la formazione dei Comitati promotori e dell'Ufficio di presidenza, nomina e funzioni dei Garanti e degli Uffici tecnici, le modalità di voto (il 14 ottobre dalle 7 alle 20) e la ripartizione dei seggi della Assemblea nazionale che fa riferimento ai collegi e alle circoscrizioni previsti dalla legge del 1993 (per un totale di 2.400 seggi).

I punti controversi. 1/Elezione dei segretari regionali - Il primo è nel primo dei sedici articoli del regolamento. Il 14 ottobre, oltre alla elezione del segretario del pd e dell'assemblea, "saranno eletti i componenti delle assemblee regionali e i rispettivi segretari". L'opzione aperta dice: "Eleggere o no simultaneamente le assemblee regionali e i relativi segretari". Sembra una questione da poco, o molto tecnica, ma nasconde quello che sarà il cuore e l'anima del Pd. Chi crede nel partito nuovo, quello che si mescola e si reinventa da storie vecchie e sepolte, crede che eleggere il 14 ottobre i segretari regionali significhi "accettare che il vecchio si travesta da nuovo" perché è chiaro che la nomina in quel momento "può significare solo la ratifica di qualcosa già deciso prima a tavolino. Nella segreterie dei partiti". Una denuncia specifica in questo senso è arrivata anche l'altro giorno da coordinatori e dirigenti lombardi, piemontesi e emiliano-romagnoli della Margherita che hanno scritto in una lettera: "L'elezione dei segretari regionali il 14 ottobre si può trasformare in una semplice ratifica plebiscitaria di accordi di vertice già presi". Il rischio è che "il partito più grande, i Ds, fagociti quello più piccolo, la Margherita, occupando i posti chiave a livello regionale". Se l'elezione sarà invece spostata a dicembre, ci sarà più tempo di mescolare la carte in tavola.

I punti controversi. 2/ Collegamento tra liste e segretari - Sarà il cuore della riunione di domani. Nel documento si trova al punto G del comma 6 dell'articolo 7 dedicato in generale al capitolo "Candidature". Qui le opzioni sono due. La prima prevede liste senza candidato segretario, cioè "l'indicazione della persona che la lista sostiene come candidato alla carica di segretario nazionale sia eventuale per consentire anche liste che non indicano il segretario". La seconda opzione vincola il segretario a una lista: "Il candidato non può accettare più di una lista di sostegno per ogni collegio; qualora più liste presentino il mediamo collegamento è accettata come collegata solo la lista con dichiarazione di accettazione presentata per prima". Ancora una volta, la prima opzione disegna uno scenario aperto, dove chi vuole - a prescindere dall'appoggio di un partito - può provare a costruire un pezzetto di partito democratico. La seconda opzione, invece, sembra più ingessata, la ratifica di scelte già fatte, quello che ministri come Parisi e Santagata definiscono "pericoloso unanimismo" e la "riproposizione delle vecchie correnti dei partiti".

Candidati segretari - Chi vuole fare il segretario deve dirlo entro il 26 luglio ("entro quindici giorni dall'approvazione del seguente Regolamento") e presentare "una dichiarazione di intenti e un numero di firme compreso tra duemila e tremila di cui almeno cento in ognuna di cinque regioni". Non può essere candidato, a segretario o per l'Assemblea, chi è coinvolto, anche solo indagato, in inchieste giudiziarie.

Candidati all'Assemblea costituente - Sono presentate all'Ufficio tecnico amministrativo competente per territorio. Devono essere accompagnate "dalle sottoscrizioni di almeno cento e non più di centocinquanta aventi diritto nei rispettivi collegi e autenticate da almeno due consiglieri comunali o provinciali riconducili all'Ulivo".

Le donne - Le candidate donne sono obbligatorie, sia nelle liste che come capilista. "A pena di inammissibilità, le liste devono essere composte alternando candidati di sesso diverso e non più di due terzi delle liste di collegio possono avere come capolista persone dello stesso sesso".

Tassa di 5 euro e socio del Pd - Il 14 ottobre, chi andrà a votare, avrà almeno due obblighi: un'offerta di minimo 5 euro e l'obbligo di firmare una dichiarazione in cui si accetta di diventare soci fondatori del Pd.

Voto dall'estero via internet - Sono 45 i posti nell'Assemblea costituente per gli italiani residenti all'estero. Di questi 30 vengono dalla circoscrizione Europa, 9 dal sud america, 3 da america settentrionale e centrale; 3 da Africa-Asia-Oceania e Antartide. Potranno essere eletti via internet "con speciale regolamento messo a punto dall'Ufficio di presidenza".

(10 luglio 2007) 

da repubblica.it
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