Concita DE GREGORIO

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29/07/2010 21:55


Le domande semplici

Un giorno o l'altro bisognerà riraccontare tutta questa storia da capo, nella giusta prospettiva, facendo le domande che servono a capire senza lasciarsi distrarre.

Senza lasciarsi distrarre dai professionisti della disinformazione che tendono sempre lo stesso tranello, arrivano al momento giusto con il solo scopo di distogliere l'attenzione dal cuore del problema. Usano armi di distrazione di massa, la sparano il più grossa possibile, mentono senza scrupoli, sanno di poter contare su una soglia di attenzione bassissima: la gente non ne può più, chi sa sa e chi non sa non ha interesse a sapere, resta impressa l'ultima battuta, lo slogan più efficace, l'accusa più greve o maliziosa. Cosa avrà voluto dire? Mah, vai a sapere. Tanto sono tutti uguali, il più pulito ha la rogna. Ecco, questo è quel che si dice il giorno dopo al caffè del mattino, prima di passare alle svago di giornata. La cocaina e le ragazze. Belen. Le coatte di Ostia. Una doccetta. Un calippo.

Così di nuovo, ancora all'infinito. Mentre il Pdl si sfarina in un clima di congiure e di complotti, coi giornali di famiglia del Cavaliere impegnati a cercare nelle vite private dei "nemici" la pagliuzza che faccia dimenticare le travi in casa propria, ecco che anche Denis Verdini, il "toscanaccio simpatico" diventa un martire, vittima di una campagna ostile, ecco che in suo soccorso si schierano i dipendenti e gli amici mettendo sul piatto, se occorre, reputazioni costruite negli anni in difesa di un garantismo a senso unico.
Le domande fondamentali, quelle semplici, le fanno solo alcuni magistrati e pochissimi giornalisti subito oggetto della successiva aggressione, è il caso di Claudia Fusani.
Questa del Credito cooperativo fiorentino, dell'irresistibile ascesa di Verdini, dei suoi rapporti con Carboni è semplicemente una questione di soldi, e di soldi bisognerebbe parlare. Com'è che una piccola banca di provincia diventa cruciale nel sistema di potere che sta al centro della rete di affari e di appalti mossi dalla cricca? Com'è che un politico di quarta fila scala in pochi anni i vertici di un partito fino a diventarne custode delle chiavi e crocevia delle trame? Com'è che Flavio Carboni, faccendiere di lungo corso con base in Sardegna, finanzia di sua tasca un giornale locale toscano di scarsa fortuna, di proprietà del piccolo banchiere oggi grand commis di partito di nome Verdini? Avete mai provato, voi, ad incassare - negoziare, trasferire, compiere una qualsiasi operazione - un assegno firmato da un prestanome di chi versa il denaro ed intestato ad altri da chi lo riceve? - fate la prova nella vostra filiale di fiducia.

Intorno alla piccola banca di Verdini ruota una rete di affari, di relazioni e di ricatti che sono solo parzialmente emersi dalle intercettazioni che ora Berlusconi e i garantisti beneficiari di quei soldi vorrebbero eliminare come strumento d'indagine. È una storia di denaro, dalla quale bisogna distrarre l'attenzione. Così come nessuno si è più chiesto quali fossero i reali rapporti tra Berlusconi ed Elio Letizia, il cui nome riaffiora dalle quindicimila pagine dell'inchiesta sulla P3. Noemi è venuta dopo, anche anagraficamente. Per avere risposte alle domande semplici bisogna prima di tutto farle, poi non avere paura delle aggressioni che seguono se tocchi il nervo scoperto di Cesare.

Che non sono le donne nè la politica ma gli affari, fin dal principio sono i soldi ed il modo più veloce per farli.

http://concita.blog.unita.it//Le_domande_semplici_1453.shtml

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Finocchiaro: «Un patto per la Repubblica»

di Concita De Gregorio


Lo stallo. La palude. Anna Finocchiaro vede il rischio di un pantano politico da cui più passa il tempo più sarà difficile uscire, più passa il tempo più grande sarà il senso di scoramento dei cittadini esausti. Da qui parte la rotta che prova a tracciare, e che tocca tutti i nodi sul tappeto. Il voto e il governo tecnico, le alleanze, Fini e Nichi Vendola, il Terzo polo, la sinistra, le primarie. La disillusione degli elettori, prima di tutto.

«Cominciamo da questo. Sento forte il pericolo che anche nel nostro popolo si diffonda lo smarrimento. Vorrei dire con molta chiarezza: non siamo nelle condizioni di nutrire scoramento né smarrimento. Siamo a una svolta che porta buone notizie. Si chiude oggi, più rapidamente del previsto, una fase della vita politica segnata da un attacco senza precedenti alle forme del vivere democratico. Illegalità, furberie, pratiche illecite come sistema: è questo che entra in crisi. Immondizia da spazzare via».

Con il voto? Il Pd è pronto al voto o lo teme?
«Un partito è pronto alle elezioni per definizione. Abbiamo un segretario eletto da poco con milioni di voti, 320 fra deputati e senatori, migliaia e migliaia di quadri e amministratori.
Un popolo che è pronto a mobilitarsi solo che lo si chiami. Sul terreno delle alleanze abbiamo una crisi di abbondanza: siamo il secondo partito del paese, il primo di opposizione. Poi, aggiungo però: vogliamo andare a votare con una legge elettorale che priva i cittadini della possibilità di scegliere gli eletti? Io dico di no. Fare una nuova legge elettorale è una responsabilità da assumersi di fronte al Paese, non una scusa per evitare il voto».

Dunque serve un governo di servizio che faccia la riforma elettorale, lei dice.
«Sarebbe opportuno, sì, ma non è questione che stia nelle nostre mani. La scelta è nelle mani del presidente della Repubblica, sempre che si verifichino alcune condizioni.
Per prima cosa Berlusconi si deve dimettere. Il premier agirà come ha sempre fatto: per il suo interesse. Gli conviene avere un parlamento fatto di signorsì, la democrazia non lo interessa, direi che sovente lo infastidisce. Se dovesse temere un logoramento, visto lo stato, potrebbe rimettere il mandato. A quel punto toccherà al presidente della Repubblica agire con il senso di responsabilità che ha esercitato in questi anni. Certo una delle questioni centrali per sbloccare la perdita di rappresentanza nel rapporto fra elettori ed eletti è proprio la legge elettorale. Se si dovesse andare ad un ‘governo del presidente’, io preferisco chiamarlo così, l'opposizione dovrà decidere se sostenerlo».

Crede davvero che la Lega voglia una nuova legge elettorale? Sono molti coloro ai quali conviene tenere questa.
«Non all'Italia. La Lega vuole un sistema dove i cittadini chiedano conto direttamente agli amministratori. Questo deve valere oltre che a livello locale anche sul piano nazionale, se c'è coerenza. Bossi pure farà quello che gli conviene. Vuole ottenere il federalismo fiscale, ha sopportato nell'attesa l'oltraggio di sostenere il governo degli affari di quella che chiamava la Roma ladrona. Anche i suoi elettori posso perdere la pazienza».

Torniamo al governo del presidente. Si parla di Tremonti. Non crede che se il Pd lo appoggiasse potrebbe alienarsi una quota del suo elettorato?
«La discussione sui nomi è surreale. L'incarico lo dà il presidente della Repubblica. Un governo tecnico ha un mandato circoscritto: non deve governare, deve fare una cosa.
Sarebbe difficile anche per me dal punto di vista simbolico e politico accettare un eventuale governo che non segni discontinuità col passato, ma bisognerebbe per una volta non pensare alle convenienze di partito: dovremmo pensare a quel che serve per voltare pagina. Misurerei le scelte non sulla cabala dei nomi ma sulle esigenze dell'Italia».

Quale legge elettorale, eventualmente? Lei crede che la Triplice, l'alleanza tra Fini Casini e Rutelli, segni la fine del bipolarismo?
«Lo si vedrà col tempo. E', questo, un centro dove Casini sta nel solco della tradizione, Rutelli si approssima all'Udc. Fini è piuttosto l'uomo di quella destra liberale che l'Italia non aveva. Prima di pensare al numero di poli chiederei piuttosto, subito, un'alleanza per la Repubblica. Chiamiamo forte all'appello tutti coloro che sono fedeli ai principi della Costituzione. Prendiamo noi l'iniziativa. Sulla libertà di stampa, sul diritto di sciopero, sulla difesa delle istituzioni e della magistratura: abbiamo scherzato? Se è questo che vogliamo difendere allora vediamo chi è disposto a dire: chiunque vinca questi principi non si toccano».

Potrebbe essere un elenco che va da Fini a Beppe Grillo. Anche Grillo sostiene la necessità di un governo tecnico, ha sentito.
«C'è molta confusione sotto il sole. Proviamo a vedere chi è davvero pronto a sottoscrivere un patto per la Repubblica. Fini sono convinta che lo farebbe, Di Pietro se smette gli abiti del caudillo che attacca il Capo dello stato, Vendola certamente, e i movimenti».

Vendola si è candidato alle primarie. El País oggi scrive che è l'unico in grado di sconfiggere Berlusconi. Anche lei come D'Alema non lo voterebbe?
«Le primarie si fanno se si fa una coalizione. Se si decide, sulla base di un programma, di fare un’alleanza che si presenti al voto allora si parla di primarie. Altrimenti, di nuovo, è un dibattito surreale. Non siamo a questo. Siamo al punto in cui chi davvero sente il dovere di evitare che Berlusconi torni a governare deve trovare la via efficace per ottenerlo.
Il resto è demagogia, un danno che alimentando chiacchiere ci facciamo da soli. Cerchiamo piuttosto di sottrarci al rischio che la difesa dei principi democratici diventi una clausola di stile. Contiamoci su questo: chi sta dalla parte delle regole che servono al Paese. Cominciamo a farlo subito, nei dibattiti in tutta Italia, nelle feste dell'Unità, in ogni luogo».

C'è anche il tema del rinnovamento della classe dirigente, molto sentito dagli elettori.
«Certo, e c'è prima ancora il tema delle prospettive che vogliamo dare ai giovani di questo paese, che siano dirigenti o non lo siano. Per rinnovare non basta mettere cinque quarantenni in lista. Bisogna fare leggi che favoriscano l'accesso al lavoro e alla vita attiva dei ragazzi. Il primo punto del programma sia questo».

06 agosto 2010
http://www.unita.it/news/italia/102129/finocchiaro_un_patto_per_la_repubblica

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26/08/2010 22:34

Le primarie nei collegi

Penso, e in questo credo di somigliare a una moltitudine di persone che ancora guardano all'opposizione politica con qualche speranza, che la gara ad azzopparsi reciprocamente dei leader politici che l'opposizione incarnano sia la principale causa di disaffezione, in qualche caso di disgusto, comunque di insofferenza da parte di chi guarda. Credo che sia una delle principali ragioni dell'astensionismo di sinistra: la delusione che nasce quando alla richiesta di unità (ricordate le invocazioni di piazza delle ultime piazze popolate da milioni?) si risponde con la replica di protagonismi rivendicativi che affondano radici in anni remoti, gli anni della giovinezza di coloro che dalla competizione personale e dal desiderio di rivincita non sanno liberarsi, anni in cui molti di noi non erano nati, le torri gemelle erano lì, la cinquecento non era la replica ma l'originale, il vaccino antipolio lasciava il segno sul braccio e in tv davano Sandokan.

Penso che da questo senso di saturazione a volte rabbiosa salga l'invocazione unanime di rinnovamento della classe dirigente - il «tutti a casa» dei commenti che gli elettori lasciano nelle nostre caselle di posta e nei blog, che le persone in carne ed ossa ti dicono stringendoti un braccio per strada, che ingrossa le fila dei popoli viola e dei grillini, che offre il terreno ad una nuova area politica che si nutre e cresce sul disprezzo di una "certa" sedicente sinistra, quella degli accordi sottobanco e dei pizzini rivendicando per sé verginità, purezza di intenti, libertà intellettuale, durezza nello scontro con il Caimano e con il caimanesimo, lo spirito rapace e corrotto di questi anni. Di questo - del rinnovamento - dirò qualcosa tra un attimo, condividendone la necessità: qualcosa che non sia una protesta ma una proposta.

Lasciatemi prima però fare due sole osservazioni. La prima: si vince non sulla base delle alleanze ma su un programma. Molto semplicemente: vorremmo tutti sapere per che cosa si lavorerà un minuto dopo aver, eventualmente, vinto. Lo scriviamo da mesi, da mesi facciamo l'elenco dei bisogni: voglio qui ricordare solo un punto. Non sarà più democratica una società che dia due soldi in più di sussidio a chi ha bisogno, lo sarà quella che abbia una scuola migliore. Una società della conoscenza, sapiente e realmente solidale, dove partiti e sindacati sappiano tutelare con la stessa forza gli occupati e i pensionati che costituiscono il loro corpo elettorale e gli inoccupati, i precari, i disoccupati e i lavoratori flessibili che non sono (più? Ancora?) né loro iscritti né elettori e che si avviano ad essere, se non lo sono già, la maggioranza del paese.

La seconda: non vedo differenze sostanziali tra la proposta di Bersani, quella di Franceschini, di Veltroni, di Zingaretti e di Rosi Bindi. Nei tempi, forse. Nel modo di presentare un progetto. Tutti dicono, mi pare: uniamoci, uniamo tutte le forze di opposizione di centro sinistra. Potrebbe essere sufficiente. Se non lo fosse allora stringiamo alleanze elettorali con chi può garantire la sconfitta del Caimano. Più avanti, questo. Vedremo.

La proposta, infine. C'è davvero bisogno di un rinnovamento della classe dirigente. Davvero questa generazione politica non ha saputo né voluto dare voce ai suoi fratelli minori, ai suoi figli. Li ha soppressi sul nascere, spesso, o li ha usati a fini di propaganda elettorale. Allora. Se andremo a votare con questa legge elettorale - sempre che la paura di votare di Berlusconi lo consenta - poiché è una legge, questa, che dà ai partiti la facoltà di nominare gli eletti (la sottrae agli elettori, certo. E ai partiti, a tutti i partiti, in fondo fa comodo) facciamo le primarie in ogni circoscrizione perché siano i cittadini a dire chi vogliono in lista. Ribaltiamo nei fatti la logica aberrante dell'imposizione dall'alto, antidemocratica. Siate voi, siamo noi a scegliere chi deve essere candidato, si presentino le liste in ordine gerarchico in base ai risultati ottenuti dal voto: risulteranno eletti coloro che sono stati preferiti dalla base elettorale. Se la base vuole il rinnovamento lo avremo.

È possibile, in qualche caso - a livello locale - lo si è fatto. Diciamolo subito: se si va ad elezioni sarete voi a scegliere i candidati. Posso sbagliare, ma sarà un banco di prova: per gli elettori soprattutto. Li chiameremo a decidere, conteremo quelli che davvero vogliono sconfiggere il caimano, isoleremo quelli che agitano le acque contro il nemico presunto nella stessa metà campo senza mai ricordare - in buona o cattiva fede - l'avversario qual è.

http://concita.blog.unita.it//Le_primarie_nei_collegi_1533.shtml

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18/09/2010 21:58

Le vanita' inessenziali

Alfredo Reichlin, 85 anni, condivide lo stato d'animo dei più giovani e appassionati tra i nostri lettori i quali - una moltitudine - ci hanno scritto negli ultimi due giorni per chiedere, direbbe Benigni in altri termini, "cosa diavolo sta succedendo" e soprattutto perchè. Reichlin si dice "sorpreso, preoccupato, allibito". Chiede "su cosa ci dividiamo? Sulle ambizioni personali?". Quindi ci consegna una lunga riflessione, che trovate integrale nel giornale on line.
 

Inizia così: «Siamo entrati in una fase politica nuova e molto delicata che può riaprire la strada a una svolta democratica, ma può spingere le forze più reazionarie all'avventura. E' in gioco la speranza che l'Italia resti una repubblica unita e una democrazia parlamentare mentre, dal fondo limaccioso del Paese, tornano a emergere tentazioni di tipo peronista. Io non so come andrà a finire. So, però, che è troppo grande lo scarto tra i rischi di disgregazione della compagine italiana e la debolezza della politica... Pesa non poco la vanità e l'inconcludenza di tanta parte delle polemiche che lacerano la sinistra».

La vanità e l'inconcludenza. Nemmeno io so come andrà a finire: se l'Italia resterà una repubblica unita e democratica o se la cricca dei corruttori e la "maggioranza sonnambula" di cui parla oggi Goffredo Fofi la consegnerà a un destino di melmosa tirannica decadenza dalla quale, in altri tempi, solo una guerra avrebbe potuto riscattarla. So però che se questo accadesse - se davvero ancora una volta non trovassimo un antidoto al grande banchetto finale così chiaramente annunciato - gran parte della responsabilità sarebbe di quella vanità e di quell'inconcludenza. Della sinistra, in una parola. Dell'opposizione che di fronte a un momento che la storia - quella scritta sui libri - definirà in forma postuma cruciale e decisivo, non ha saputo far meglio che consumare fino in fondo i suoi privati rancori, i suoi risentimenti. Vengo da due giorni trascorsi in Emilia. Teatri, piazze, persone. Volti e mani di gente che racconta storie di vita: la scuola a pezzi, la distruzione del sapere, il lavoro soggetto a ricatti, miserie e tragedie quotidiane, inciviltà di ritorno persino nei rapporti familiari, fra generazioni e fra generi, fra persone. La soglia di pericolo è tangibile. L'Italia sta cambiando, è cambiata già.

La pazienza è finita, l'esasperazione è cresciuta, la tensione è sul punto di esplodere. Fra chi ancora reagisce, certo. La maggioranza sonnambula è già in sonno da molto: il risultato di un lavoro certosino dei maestri dell'ipnosi. C'è anche però un residuo di speranza. C'è, si sente: si vede negli occhi di chi si avvicina e chiede "che possiamo fare?". E' a queste persone che bisogna rispondere: farlo adesso. Leggete i nostri servizi sulla scuola: i nuovi schiavi pronti a lavorare gratis nelle private pur di avere punteggio, i maestri delle elementari soppresse che fanno lezione a casa. Qual è il punto, nello scontro a sinistra? Davvero le candidature alle prossime politiche, i criteri con cui saranno scelti gli eletti?

E allora vedete quanto la nostra proposta di farli scegliere ai cittadini, i candidati, il nostro suggerimento per le primarie di collegio tocchi il nervo scoperto? Coraggio. Ritrovate la voce. E' questo il momento di dire basta. Non saranno i giornali e nemmeno le tv a cambiare il corso delle cose: se ne sarete capaci, sarete voi.

http://concita.blog.unita.it//Le_vanita__inessenziali_1582.shtml

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Minuscole maiuscole

di Concita De Gregorio


Tra i milioni di giovani italiani senza Papi in paradiso - siano tri bi o monolingua, diplomati o laureati, maschi o femmine, di bella o chirurgicamente migliorabile presenza - uno su tre è senza lavoro. Chi non gode dei favori del generoso leader, il quale se non tocca con mano non eroga denari, è destinato ad un ingiusto avvenire di stenti. Nessuna politica di governo, difatti, si occupa della moltitudine di giovani di bel talento e scarsa fortuna. Il governo si occupa semmai personalmente di aiutare quanti, fra costoro, accedano personalmente in villa: meglio se disponibili a slacciare il reggiseno, terza misura minimo. Una gestione politica figlia di uno stile di vita spacciato come “vincente” nel corso del recente ventennio. Fai carriera se ti scelgono e se sei disponibile, servile, cortigiano. Ne consegue il Paese che abbiamo attorno, del quale ecco di seguito alcuni fotogrammi di giornata in ordine sparso - politica, sesso e mercato, fa lo stesso, son sinonimi. Luca Barbareschi fra la spola fra Berlusconi e Fini i cerca del miglior offerente. Le famiglie italiane si indebitano per fare il seno nuovo alle figlie, se c’è da spendere spendiamo bell’a’papà. La mamma di Noemi Letizia, antenata di tutte le minorenni di Arcore, incassa denaro dal ragionier Spinelli agente pagatore di Silvio B. detto “Spin” dalle ragazze del condominio Olgettina. Spin è anche il presidente della società editrice del Foglio di Ferrara, neoeditorialista di Sallusti che invece dirige in condomino (metaforico, questo) con Daniela Santanchè il Giornale con la G maiuscola, per cui quando esce la notizia poi smentita che il Cav ha dato incarico a Santanchè medesima di armare le piazze e Ferrara commenta che Silvio B. “ha problemi con lo Spin” tutti pensano alla maiuscola, invece è minuscola: spin nel senso di agenda del presidente, ce l’ha con Bonaiuti. Presto sugli schermi un nuovo gioco a premi, “Il contratto”: un’azienda mette in palio un posto di lavoro i concorrenti si sbranano in tv in una gara di sottomissione. In un liceo di Napoli gara di fellatio in classe fra sedicenni ripresa dai compagni fra le risate collettive, per la serie che male c’è, le gare di sesso orale a ricreazione in bagno sono molto in voga come gli affranti insegnanti sanno. Un parlamentare del Pdl sorpreso a cercare puttane sul catalogo nell’Ipad durante il voto di sfiducia a Bondi, è Simeone di Cagno Abbrescia, si giustifica dicendo che “il dibattito non era emozionante”. Aperto un fascicolo su Frattini, che ha chiesto carte a Santa Lucia senza che nessuno (Nessuno, con la maiuscola) glielo avesse chiesto. Aperta indagine anche sulla fuga di notizie dal Csm, che uno penserebbe essere un posto sicuro non fosse che è popolato da persone come Matteo Brigandì. (Solidarietà alla collega del Giornale perquisita, se uno lavora al Giornale del resto sa come funziona, le carte o i nastri arrivano sovente direttamente dall’editore. A rifiutarsi si rischia di finire tra i concorrenti del nuovo reality). Non sappiamo se sia stato Brigandì a passare al Giornale le carte su una vicenda (archiviata) di trent’anni fa che riguarda Ilda Boccassini, che non era e non è presidente del Consiglio: sappiamo che lui, membro laico del Csm, le aveva chieste in visione una settimana prima. Brigandì, il leghista che commentò l’elezione di Scognamiglio al Senato con «È stato meglio di una scopata», da quando è al Csm ha fatto aprire una pratica per incompatibilità ambientale contro due magistrati torinesi che si sono occupati di lui in altrettanti processi (una condanna in primo grado per una storia di assegni familiari e una in appello per diffamazione). In caso di condanna definitiva decadrebbe dal Csm. Forse però. Non è detto. Potrebbe sempre cambiare la legge, minuscola.

da - concita.blog.unita.it

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