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Autore Discussione: LA SOCIETÀ FEUDALE È UNA SOCIETÀ SENZA STATO.  (Letto 2878 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Aprile 06, 2023, 11:02:49 pm »

Capitolo 6
Carlo Magno e il feudalesimo
Lezione 1
Il Regno dei franchi
IL CONCETTO CHIAVE
Il Regno dei franchi è un regno forte dominato dai maestri di palazzo. Uno di questi, Pipino il Breve, si fa riconoscere re dal papa e gli dona i territori dei longobardi sconfitti.

I FRANCHI SI CONVERTONO ALLA FEDE CATTOLICA
I franchi erano uno dei tanti popoli germanici che si erano stanziati nei territori dell’Impero Romano d’Occidente. Nel V secolo, sotto la guida di Meroveo, essi avevano costituito un regno romano-germanico tra la Gallia settentrionale e le regioni del basso Reno (gli odierni Paesi Bassi). Nel 496 il loro re Clodoveo (481-511), abbandonò il paganesimo e si convertì alla fede cattolica. Questa scelta ebbe una grande importanza politica per due ragioni. Rese più forte il regno perché i franchi professavano la stessa religione della popolazione gallo-romana sottomessa; inoltre, da quel momento i franchi furono i più fedeli alleati del papa.

I FRANCHI ESPANDONO IL LORO REGNO
Tra la fine del V secolo e il VI secolo i franchi combatterono con successo contro visigoti e alamanni; il loro regno ormai si estendeva sui territori oggi compresi tra Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera e Germania occidentale.
Come tutti i re germanici, anche i re franchi consideravano il regno una proprietà personale: alla loro morte, il regno veniva diviso tra gli eredi maschi. Spesso gli eredi entravano in lotta tra loro, e così la potenza del regno si indeboliva. Fu quello che successe alla morte di Clodoveo, avvenuta nel 511: il grande regno fu diviso tra i suoi figli. Nacquero i regni di Austrasia, Neustria, Borgogna e Aquitania, ognuno con un proprio sovrano.

I CAROLINGI PRENDONO IL POTERE
I successori di Clodoveo furono dei sovrani deboli e vennero perciò detti “re fannulloni”. Di fatto il potere fu esercitato dai maestri di palazzo o “maggiordomi”, grandi proprietari terrieri e alti funzionari della corte del re.
I maestri di palazzo del Regno di Austrasia si mostrarono particolarmente abili: uno di loro, Pipino di Héristal, nel 687 ricostruì l’unità del Regno dei franchi. Alla sua morte gli succedette nella carica di maestro di palazzo il figlio Carlo Martello. Carlo consolidò il suo potere e nel 732 a Poitiers sconfisse un esercito arabo proveniente dalla Spagna. Infine, Pipino il Breve, figlio di Carlo, depose l’ultimo sovrano merovingio. Nel 751 si fece proclamare re e diede inizio a una nuova dinastia, che verrà in seguito chiamata dei carolingi, dal nome del suo più importante sovrano: Carlo Magno.


NASCE IL PRIMO NUCLEO DELLO STATO DELLA CHIESA
Pipino aveva bisogno di essere riconosciuto re da un’autorità superiore e chiese quindi appoggio al papa. Papa Stefano II si recò in Francia per incoronarlo; in cambio chiese e ottenne l’aiuto dei franchi contro i longobardi.
Il re longobardo Astolfo, infatti, stava cercando di sottomettere tutta l’Italia: aveva già conquistato i territori bizantini attorno a Ravenna (l’“Esarcato”) e minacciava il Lazio. Chiamato dal papa, nel 754 Pipino il Breve scese in Italia con un forte esercito e dopo un’aspra lotta sconfisse Astolfo. I territori dell’Italia centrale sottratti dai franchi ai longobardi vennero donati da Pipino al papa: Roma e il Lazio, le città sulla costa adriatica da Ancona a Rimini e l’Esarcato di Ravenna, che comprendeva anche Bologna e Ferrara, costituirono il Patrimonio di San Pietro, primo nucleo del futuro Stato della Chiesa.

PROTAGONISTI E TESTIMONI
CARLO MARTELLO, DIFENSORE DELLA CRISTIANITÀ
Il maestro di palazzo Carlo di Héristal fu soprannominato “Martello” per le sue capacità di guerriero.
Infatti, il soprannome deriva da Marte, il dio romano della guerra, e in effetti Carlo passò buona parte della sua vita a combattere.
Il suo successo più famoso fu quello della battaglia di Poitiers del 732, in cui Carlo sconfisse una spedizione di soldati arabi che provenivano dalla Spagna e si erano inoltrati nel territorio dei franchi. Carlo e il suo esercito furono presentati dai cronisti franchi e iberici come i campioni e i difensori della cristianità.
Questa interpretazione è presente anche nel quadro dipinto da Charles de Steuben nel 1837, oltre 1000 anni dopo la battaglia. Carlo Martello è raffigurato su un cavallo bianco, con l’ascia in mano, mentre con i suoi soldati difende una grande croce di pietra, simbolo appunto della cristianità.

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Lezione 2
Carlo Magno e il Sacro romano impero
IL CONCETTO CHIAVE
Carlo Magno fonda il Sacro romano Impero. L’Impero è amministrato da conti e marchesi, ma la sua forza si basa sui legami di fedeltà personale con i vassalli.

CARLO MAGNO ESPANDE I CONFINI DEL REGNO FRANCO
Dopo la morte di Pipino nel 768, il Regno franco passò nelle mani del figlio Carlo, che per l’importanza delle sue imprese fu detto “Magno” (in latino “grande”). In quarantasei anni di regno e di guerre, Carlo Magno riuscì quasi a raddoppiare l’estensione dei territori del regno. Carlo sconfisse i sàssoni che occupavano la Germania nord-orientale. Vinse i bàvari, abitanti dell’odierna Baviera. La campagna militare contro gli àvari, un popolo seminomade che viveva di razzìa ai confini orientali del regno, fruttò un enorme bottino che venne trasportato con decine di carri. Carlo si spinse anche in Spagna, occupata dagli arabi, fino al fiume Ebro.
In Italia, Carlo strinse dapprima un’alleanza con i longobardi, sposando la principessa Ermengarda, figlia di re Desiderio. Ma, nel 774, discese nuovamente nella penisola con il suo esercito e pose fine al dominio longobardo nell’Italia settentrionale.

Dopo quest’altra impresa di Carlo, l’Italia era dunque così divisa:
il nord era sotto il dominio franco;
il centro era governato dal papa;
il sud era ancora in parte nelle mani dei bizantini e in parte (Ducato di Benevento) nelle mani dei longobardi.
I possedimenti dei franchi erano ormai molto vasti: andavano dalla Spagna al mar Baltico, dal Mediterraneo al Mare del Nord: si era costituito un dominio che poteva essere definito un “impero”.

NASCE UN NUOVO IMPERO NEL CUORE DELL’EUROPA
Il giorno di Natale dell’anno 800 a Roma il papa Leone III incoronò Carlo “imperatore dei romani”. Dopo secoli, in Europa era rinato un impero, che si ispirava a quello romano e cristiano di Costantino e Teodosio. Infatti, Carlo Magno proteggeva Roma e la sua Chiesa: riteneva che la religione fosse un elemento che poteva tenere uniti i popoli dell’Impero. Egli non era solo un conquistatore, ma anche un evangelizzatore, perché favoriva – o imponeva con la forza – la conversione dei popoli vinti al cattolicesimo. Il nuovo impero venne perciò detto “sacro” perché consacrato dalla benedizione del papa ed è chiamato dagli storici Sacro romano Impero.

NELL’IMPERO DI CARLO SONO PRESENTI LE CULTURE DELL’EUROPA DI OGGI
L’Impero di Carlo unificò sotto uno stesso potere politico e un’unica cultura molti territori e popolazioni diverse. Questi territori e queste popolazioni, di origini latina, germanica e slava, sono il nucleo fondamentale dell’attuale Europa. Le parole “Europa” ed “europei” cominciarono a essere utilizzate proprio in documenti dell’VIII secolo. Nell’Impero di Carlo si fondevano diverse eredità:
la cultura latina e l’ammirazione per la passata grandezza di Roma; la lingua latina continuò a essere usata come lingua della cultura, mentre le popolazioni di numerose aree dell’Impero parlavano lingue derivate dal latino: francese, italiano, spagnolo ecc.;
il cristianesimo, la religione che unificava tutti i popoli dell’Impero;
la cultura germanica, cioè le lingue, le abitudini, i modi di vivere e di governare dei popoli cosiddetti “barbari”.
Il centro politico e culturale dell’Europa non si trovava più sul Mediterraneo, ormai terra di confine con gli arabi, ma sul Reno, il fiume che per secoli aveva rappresentato il confine tra i romani e i “barbari”.

SOCIETÀ E MENTALITÀ
IMPERATORE O PAPA: CHI HA IL POTERE?
Nell’VIII secolo, chi aveva il diritto di governare le terre dell’Europa occidentale era l’imperatore bizantino, perché era l’unico erede degli imperatori romani. Ma ai tempi di Carlo l’Impero bizantino era retto da una donna, Irene, la madre dell’imperatore Costantino VI. Irene aveva deposto il figlio, lo aveva fatto accecare e lo aveva mandato in esilio. Per la mentalità dell’epoca una donna, per giunta usurpatrice, non poteva legittimamente esercitare il potere imperiale. Allora, sia il papa Leone III sia Carlo decisero di cogliere l’occasione: l’incoronazione di Carlo rappresentava un vantaggio per entrambi. Leone III, infatti, pensava che il potere religioso fosse superiore a quello dell’imperatore: incoronando Carlo faceva comprendere che era lui, il papa, a concedere il potere all’imperatore. Carlo, invece, riteneva che il potere fosse dell’imperatore, e che il papa dovesse obbedirgli, ma aveva bisogno del suo appoggio.

L’IMPERO CAROLINGIO SI BASA SU RAPPORTI PERSONALI DI FEDELTÀ
A differenza dell’Impero Romano, l’Impero di Carlo Magno non possedeva una vera e propria organizzazione amministrativa.
Il territorio era diviso in contee, che l’imperatore affidava ai conti. Questi ultimi erano i suoi compagni d’armi, che gli giuravano fedeltà e in suo nome amministravano la giustizia, riscuotevano i tributi e reclutavano i soldati in caso di guerra. Quando una contea si trovava nei pressi di un confine e doveva essere protetta dai pericoli di un’invasione straniera, prendeva il nome di marca ed era affidata a un marchese, un capo con ampi poteri militari.
I conti e i marchesi erano i vassalli del re, cioè i suoi uomini fedeli. Quando uno di loro moriva, l’imperatore lo sostituiva con un’altra persona di sua fiducia. L’organizzazione politica dell’Impero era quindi basata sul rapporto di fedeltà e di dipendenza tra il re e i suoi vassalli. I vassalli dell’Impero potevano essere anche religiosi, vescovi e abati, che proprio come i conti ricevevano dall’imperatore il compito di amministrare un territorio o addirittura di seguirlo in battaglia durante le campagne militari. Le contee e le marche erano abbastanza autonome e avevano proprie leggi e istituzioni. L’Impero era composto quindi da tanti piccoli poteri autonomi, che solo l’autorità e il prestigio dell’imperatore riuscivano a tenere assieme. L’imperatore passava la maggior parte del suo tempo viaggiando con la sua corte da un dominio all’altro e controllando conti e marchesi. Non esisteva neppure una vera e propria capitale dell’Impero, anche se Aquisgrana (l’odierna Aachen, nella Germania occidentale) era uno dei luoghi di soggiorno prediletti da Carlo.

CARLO SI SERVE DI FUNZIONARI PER CONTROLLARE I TERRITORI DELL’IMPERO
Per controllare e amministrare i propri domini, però, non era sufficiente che Carlo viaggiasse continuamente, perché l’Impero era molto vasto. L’imperatore allora si faceva aiutare da alcuni funzionari con mansioni particolari: si chiamavano missi dominici, che in latino vuol dire “inviati del signore”.
Questi funzionari dovevano sorvegliare i territori dell’Impero e informare l’imperatore su quanto accadeva. Ogni anno, all’inizio della primavera, l’imperatore convocava un’assemblea alla quale erano tenuti a partecipare tutti i suoi più importanti vassalli. In questa occasione venivano annunciati i progetti delle campagne militari e si emanavano quelle leggi, dette capitolari, che per volontà del sovrano erano valide in tutti i territori dell’Impero.

CARLO FAVORISCE LA RINASCITA DELLA CULTURA
Carlo Magno era convinto dell’importanza della cultura. Egli, infatti, aveva bisogno che i governanti da lui scelti fossero colti e istruiti, per applicare le leggi e fare le scelte giuste. Egli, quindi, raccolse attorno a sé dotti di ogni nazione e costituì con essi la Scuola palatina, cioè “del palazzo”.
Inoltre, stabilì che nei vescovadi e nei monasteri si aprissero delle scuole in cui si insegnava a leggere, scrivere e far di conto. Si appoggiò alle sedi religiose sia perché erano già centri culturali importanti, e spesso gli unici presenti, sia per la loro larga diffusione, che permetteva quindi di avere una scuola in ogni regione dell’Impero.
Sotto il regno di Carlo nacque anche un nuovo tipo di scrittura, più facile da leggere, che si chiamò scrittura “carolina”.

PAROLE DELLA STORIA
Vassallo
Uomo fedele al re al quale veniva affidato un territorio da amministrare.
Missi dominici
Funzionari che controllano i territori dell’Impero e informano l’imperatore su quanto accade.
Capitolare
Legge dell’imperatore valida in tutto l’Impero.

ARTE E CULTURA
CHE COSA È LA “RINASCITA CAROLINGIA”?
Con l’espressione “rinascita carolingia” gli storici indicano la ripresa della cultura promossa dall’azione di Carlo Magno. Carlo era semianalfabeta: sapeva leggere ma, secondo quanto ci racconta il suo biografo Eginardo, non imparò mai a scrivere correttamente. Tuttavia dimostrò una grande considerazione per l’istruzione e la cultura. L’azione di Carlo portò a una vera e propria “rinascita” perché giunse dopo un lungo periodo di decadenza della cultura, in un momento in cui sempre meno persone erano in grado di leggere e scrivere. Il centro culturale più importante della rinascita carolingia fu la città di Aquisgrana e in particolare il palazzo imperiale, di cui ci rimane oggi solo la Cappella palatina. Nel palazzo vennero riuniti alcuni dei migliori intellettuali europei del tempo, guidati da Alcuino di York, che formarono la Scuola palatina. Fu qui che venne elaborato un programma scolastico valido per tutto l’Impero e fu ideata una nuova scrittura, la carolina. Questa scrittura, caratterizzata da lettere ben separate tra loro e chiaramente leggibili, fu adottata dai monaci copisti nei monasteri e da tutti i funzionari dell’Impero, finendo per costituire un modello per i futuri caratteri a stampa.

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Lezione 3
Il feudalesimo
IL CONCETTO CHIAVE
Il governo dell’Impero si basa sul sistema feudale. La società dell’Alto Medioevo è divisa in tre ordini: il clero, l’aristocrazia e i contadini.

IL RAPPORTO TRA L’IMPERATORE E I SUOI VASSALLI È ALLA BASE DEL FEUDALESIMO
Come abbiamo visto, l’imperatore aveva diviso il territorio in contee che venivano amministrate autonomamente dai vassalli.
Il vassallo prestava un giuramento di fedeltà al sovrano: si impegnava per tutta la vita a difenderlo e a servirlo. Questo rapporto di fedeltà al proprio signore era detto vassallaggio. Il giuramento di fedeltà era un vero e proprio rito, chiamato investitura.
In cambio, il vassallo otteneva dal suo signore un territorio e la sua protezione. Il territorio assegnato dall’imperatore al vassallo era chiamato feudo, e chi lo governava era chiamato feudatario. Per questo il sistema di potere nel Sacro romano Impero, una rete di rapporti personali che legava signori e loro sottoposti, venne detto dagli storici “feudale” o “feudalesimo”. Al tempo di Carlo Magno, però, i vassalli non erano proprietari del feudo: lo avevano solo in concessione. Questo significa che alla morte di un vassallo il feudo non passava a suo figlio, ma tornava al signore. Era eventualmente il signore a decidere di riaffidare il feudo al figlio del vassallo, ma questo doveva rinnovare il giuramento di fedeltà. Il vassallaggio si richiama a due diverse tradizioni. Presso i franchi, un guerriero si poneva alle dipendenze di un signore, gli giurava fedeltà, gli forniva aiuto militare e in cambio riceveva il possesso di terre. Nel diritto romano, invece, vi era il beneficio, che indicava proprio una terra concessa non in proprietà ma solo per un certo periodo di tempo. L’unione delle due tradizioni diede origine al vassallaggio.

SOCIETÀ E MENTALITÀ
COME SI DIVENTA VASSALLO
La cerimonia pubblica che istituiva il rapporto di vassallaggio si svolgeva secondo regole precise, caratterizzate da parole e gesti di forte valore simbolico. Ricostruiamoli attraverso alcune miniature medioevali.
Dapprima il signore posa la spada sul capo o sulla spalla del vassallo, che è in ginocchio di fronte a lui. Questo atto, chiamato prova, deriva da una tradizione germanica: quando un giovane diventava guerriero, il capo del clan gli assestava un colpo fortissimo sulla spalla, per accertarsi che l’addestramento a combattere lo avesse reso robusto.
Segue l’omaggio: il vassallo unisce le mani e le mette tra quelle del signore: indica così che mette la propria sorte nelle mani del signore. Il vassallo, inoltre, pronuncia ad alta voce una formula con la quale dichiara la sua volontà di obbedire al signore e di prestargli aiuto.


Infine, il signore consegna al vassallo un oggetto (una zolla di terra, oppure un ramo, o uno scettro o, come in questo caso, un vessillo) che rappresenta il feudo affidato al vassallo.

IL VASSALLAGGIO REGOLA ANCHE I RAPPORTI TRA I NOBILI
Il vassallaggio non regolava solo i rapporti tra l’imperatore e i suoi vassalli, ma anche quelli tra tutti i nobili. Infatti, i vassalli a loro volta potevano avere sotto di sé altri nobili, chiamati valvassori e valvassini, ai quali chiedevano fedeltà in cambio di porzioni di territorio da governare.
Questi ultimi, a loro volta, potevano affidare parti del loro feudo ai signori locali, che si sottomettevano alla loro autorità.

LA SOCIETÀ FEUDALE È UNA SOCIETÀ SENZA STATO
Il feudalesimo, organizzazione del potere tipica dell’Impero carolingio, non nasce dal nulla. Nel periodo che precede e segue la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, questo tipo di rapporti personali si diffonde sempre più. Dopo il V secolo, infatti, in Occidente l’autorità statale era molto indebolita o addirittura non esisteva più e, nei vari regni romano-germanici, la vita dei gruppi sociali più deboli, in mancanza di uno Stato che facesse rispettare le leggi, si svolgeva in un clima di grande insicurezza. I contadini senza terra, gli artigiani fuggiti dalle città, i piccoli mercanti diventati poveri per la crisi dei commerci avevano cercato protezione nelle curtes.
Qui avevano affidato la propria sicurezza personale ed economica nelle mani dei grandi proprietari terrieri, rinunciando ai propri beni e talvolta anche alla propria libertà, diventando servi della gleba.
Già da diversi secoli, quindi, la società si fondava non sull’autorità di un governo e sulla certezza delle leggi, ma sui rapporti privati di protezione, di obbedienza e di fedeltà. Carlo Magno utilizzò questa organizzazione della società̀ per costruire il sistema di governo del suo impero.

PAROLE DELLA STORIA
Investitura
Rito dove il vassallo giura fedeltà al signore in cambio di un territorio da governare.

Feudo
Il territorio affidato al vassallo con l’investitura.

Gleba
In latino “zolla di terra”, è il campo, la terra.


I TRE ORDINI: AL VERTICE DELLA SOCIETÀ È IL CLERO
I legami di vassallaggio e di dipendenza personale divennero sempre di più il cemento della società. Nella società feudale vi erano tre gruppi principali: il clero, l’aristocrazia e i contadini. I tre gruppi sociali, detti anche ordini, erano molto diversi per condizione economica e per prestigio.
Il gruppo più importante era il clero (gli oratores, cioè “coloro che pregano”): vescovi, preti, abati e monaci. Essi non si occupavano solo delle questioni religiose e del culto, ma avevano anche funzioni politiche. I vescovi, infatti, erano spesso i capi politici, i signori delle città. I vescovati e le abbazie erano inoltre proprietari di vasti territori: il clero disponeva quindi anche di un notevole potere economico. Altro compito molto importante del clero era quello di trasmettere la cultura.

PAROLE DELLA STORIA
Ordine
Gruppo sociale che forma un corpo a sé e ha interessi comuni.

VI È CHI COMBATTE E CHI LAVORA
Il secondo gruppo era l’aristocrazia (i bellatores, “coloro che combattono”). Era formata dai capi dell’esercito e dai grandi proprietari terrieri non religiosi. Facevano parte dell’aristocrazia i cavalieri, cioè coloro che combattevano a cavallo. L’aristocrazia deteneva la maggior parte dei feudi: per questo motivo l’aristocrazia controllava il potere politico. Al posto più basso della società feudale si trovavano i contadini (i laboratores, “coloro che lavorano”). A loro toccava coltivare i terreni dei signori feudali e, di fatto, provvedevano al mantenimento dell’intera società.
Questa suddivisione sociale rimase quasi invariata nel corso dell’Alto Medioevo. Il commercio e l’artigianato, infatti, avevano poca importanza nella vita economica altomedievale: erano attività cittadine, quasi scomparse con la crisi delle città. Soltanto dopo l’anno Mille, con la rinascita delle città, si svilupperà un nuovo e importante ceto produttivo, che metterà in crisi la struttura sociale ed economica del sistema feudale e darà origine alla borghesia.

LA CHIESA LIMITA LA VIOLENZA DEI CAVALIERI
Nel corso del IX secolo (per ragioni che analizzeremo nella prossima lezione), i feudi divennero ereditari, trasformandosi in un possesso che passava dal padre al primogenito. I figli minori, chiamati cadetti, erano invece esclusi dall’eredità. Ai cadetti restavano allora due possibilità: entrare a far parte del clero o cercare di guadagnare un proprio feudo sottomettendosi all’autorità di un altro signore. Chi non riusciva a seguire nessuna di queste due strade conduceva una vita errabonda: diventava un cavaliere senza terra, che esercitava la rapina e il brigantaggio per sopravvivere.

I cavalieri fuorilegge erano un pericolo per la società. La Chiesa intervenne per limitare le loro violenze. Stabilì dei periodi in cui era vietato usare le armi e favorì la diffusione di una cerimonia, l’investitura a cavaliere, per attribuire loro un soddisfacente ruolo sociale. Le energie e le ambizioni dei cadetti cavalieri furono così spostate verso imprese considerate degne, come la difesa dei poveri o, al tempo delle crociate, la lotta contro i musulmani.

 Il mestiere del cavaliere
PASSATO E PRESENTE
TUTTI UGUALI DI FRONTE ALLA LEGGE
La società medievale, soprattutto nei secoli prima del Mille, fu contraddistinta dall’immobilità sociale. Chi nasceva contadino, per esempio, lo rimaneva per tutta la vita e così accadeva ai suoi figli. Questa struttura fu codificata nell’XI secolo da Adalberone, vescovo di Laon (Francia), che divise la società medievale in tre ordini rigidamente separati. Di conseguenza, la legge non era uguale per tutti ma era diversa a seconda dell’ordine di appartenenza: un nobile accusato di un delitto poteva essere giudicato solo da un tribunale formato da altri nobili.
Le prime dichiarazioni di uguaglianza tra tutti gli uomini risalgono a molti secoli dopo, alla fine del Settecento. Nella Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America (1776), si legge: «Noi teniamo per certo che queste verità siano di per sé stesse evidenti: che tutti gli uomini sono creati uguali». E la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, emanata dall’Assemblea costituente francese nel 1789, all’articolo 1 afferma: «Gli uomini nascono e vivono liberi e uguali nei diritti».
Queste dichiarazioni riguardavano singoli Stati: solo nel 1948, con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, si arrivò a un’affermazione di carattere universale: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti».

da - https://www.pearson.it/libroliquido/demo/2016/Storia_SSPG_9788869103056/01_h_unit.html#:~:text=Il%20giuramento%20di%20fedelt%C3%A0%20era,lo%20governava%20era%20chiamato%20feudatario.
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