Poi il lavoro, l’impegno aziendalista che in Olivetti ho imparato ad amare, ...
Arlecchino:
Gentile signora Natalia (ma anche Natascia e Natasha penso),
ti ho letto con interesse, ma sul vaccino sì, vaccino ma o vaccino forse, difficile ci sia tra noi un dialogo, ma l'ascolto sì.
Mi spiego, ho ottant'anni e da anni parlando in casa con i miei due figli Gilberto e Gabriella, con Giovanna la compagna di Gilberto, ho avuto modo, più volte, di affermare che conosco perfettamente d'essere nella fase di Fine Vita.
Con questa consapevolezza tutto mi "appare" come prima, ma soltanto perché ne sono consapevole senza soffermarmi, nella indiscutibile condizione, al punto di non vivere il tempo che mi resta.
Ho scritto appare, non a caso, perché ci sono particolari che vivo meglio di prima: l'attenzione al particolare, il piacere delle piccole cose che piacciono e su cui prima sorvolavo (io ho sempre sorvolato molto su eventi, cronache, persone) senza neppure accorgermi.
Contava solo come vivevo il lavoro, da olivettiano, amandolo senza amore, naturalmente, con la naturale, fredda, risolutezza (non determinazione che non è naturale) per ottenere un risultato che dovevo raggiungere.
Con questa "naturalezza" ho fatto le scelte operative fondamentali, anche quando le scelte me le offrivano gli altri. Coloro che erano nella condizione di offrirmi opportunità di scelta.
Sono nato a Milano il 20 agosto alle 10, mamma mi diceva spesso come fossimo, durante il dolorosissimo parto (per lei) sotto i bombardamenti.
Nel 1945 sfollati a Finale Emilia (Papà in ritirata dalla Russia) stavo facendo colazione seduto in un balconcino o alla finestra, non ricordo, quando vidi i tedeschi (poi seppi in ritirata pure loro) che piazzavano le mitragliatrici all’incrocio di 4 vie, avvisai calmo i parenti e chi ci ospitava; immediatamente mi strapparono dalla visione, scappando tutti in una sorta di magazzino al piano terra.
Ci siamo stati tutta la notte anche lì sotto bombardamenti, mi dicono meno intensi di quelli di Milano, ma rumorosi, fumosi, polverosi e maleodoranti.
Eravamo in guerra, avevo quattro anni, non potevo fare scelte a quell’età ma per mia fortuna ci fu chi le fece per me, mia madre.
Anni dopo ci fu un pescatore che scelse di tuffarsi per salvarmi, nelle acque di un porto diventato mio parco giochi.
Cara, sono le scelte che ci reggono, come il bastone che usa mia moglie per sperare di riuscire a camminare, oppure io che uso la stampella canadese, per farlo alla meno peggio.
Le scelte!
Essere capaci di scegliere toglie di torno un sacco di sì, ma, però.
Regalarsi consapevolezza sul da farsi, rischiando anche di morire nell’incerta certezza di non aver provocato la morte, ad altri.
Scegliere se stare nella nostra società, durante una pandemia, magari tentando di contribuire a migliorarla un poco, oppure non starci.
In questa democrazia incompleta e molliccia è facile NOstarci.
Sono offerti decine di nascondigli in cui celare le nostre povertà umane.
Scegliete e fate scegliere, usando tutte le cautele del caso, sarete sereni nell’evitare e far evitare ad altri, la Brutta Morte.
Le auguro e ti auguro, una serena notte.
Gianni Gavioli - 3 dicembre 2021
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