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Autore Discussione: EUROPA.  (Letto 30712 volte)
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« Risposta #60 inserito:: Marzo 25, 2022, 07:26:24 pm »

EUROPA ORE 7

L'Ue aveva promesso a sé stessa più autonomia strategica e lo Strategic compass doveva essere lo strumento per guidare la politica di difesa e sicurezza del prossimo decennio verso un futuro di indipendenza europea. I ministri degli Esteri e della Difesa oggi si riuniscono per approvare lo Strategic compass (in italiano "Bussola strategica"), prima della benedizione formale dei capi di stato e di governo durante il Consiglio europeo di giovedì e venerdì. Ma la guerra di Vladimir Putin contro l'Ucraina ha modificato in modo sostanziale l'orientamento dello Strategic compass: la Nato e dunque gli Stati Uniti tornano a essere centrali per la sicurezza dell'Ue, secondo l'ultima bozza che è stata discussa venerdì dagli ambasciatori dei ventisette. “La partnership strategica dell'Ue con la Nato è essenziale per la nostra sicurezza euro-atlantica, come dimostrato ancora una volta nel contesto dell'aggressione militare della Russia contro l'Ucraina nel 2022”, si legge nel documento: “L'Ue resta pienamente impegnata a rafforzare ulteriormente questo partenariato fondamentale anche per promuovere il legame transatlantico”.

La guerra di Putin ha costretto funzionari del Servizio europeo di azione esterna e diplomatici degli stati membri a rivedere in profondità l'ultima bozza (la quarta) dello Strategic compass. La prima frase del documento è significativa: “Il ritorno della guerra in Europa, con l'aggressione ingiustificata e non provocata della Russia contro l'Ucraina, così come i grandi cambiamenti geopolitici stanno mettendo alla prova la nostra capacità di promuovere la nostra visione e difendere i nostri interessi”. In questo contesto, "le relazioni transatlantiche e la cooperazione Ue-Nato (...) sono fondamentali per la nostra sicurezza globale". L'Ue intende rafforzare la cooperazione con la Nato su "dialogo politico, condivisione delle informazioni, operazioni di gestione delle crisi, sviluppo delle capacità militari e mobilità militare. Approfondiremo il nostro lavoro comune per migliorare la sicurezza marittima e contrastare le minacce ibride, compresa la manipolazione delle informazioni straniere e la protezione del cyberspazio". L'Ue vuole anche ampliare la collaborazione su "tecnologie emergenti e dirompenti, cambiamenti climatici e difesa, resilienza e spazio". La Nato rimane “il fondamento della difesa collettiva”, mentre “gli Stati Uniti restano il partner strategico più fedele e importante dell'Ue e sono una potenza globale che contribuisce alla pace, alla sicurezza, alla stabilità e alla democrazia nel nostro continente”.

Concretamente cosa significa? Nello Strategic compass l'Ue indica diversi strumenti per rafforzare la partnership con la Nato: organizzare riunioni congiunte di alto livello frequenti, avere incontri regolari tra il suo Comitato politico e di sicurezza e il Consiglio Nord Atlantico, effettuare scambi di personale, condividere valutazioni dell'ambiente di sicurezza e scambiare informazioni non classificate e classificate. Dal punto di vista militare, lo Strategic compass vuole andare oltre le esercitazioni parallele e coordinate attuali e passare a esercitazioni congiunte e inclusive come "vero motore" per una maggiore cooperazione Ue-Nato “così da creare fiducia, migliorare l'interoperabilità e approfondire il nostro partenariato”. La Nato è spesso citata nel documento anche a proposito delle minacce ibride, le interferenze straniere e la cyber-difesa. Per l'interoperabilità, il documento cita esplicitamente la necessità per gli stati membri dell'Ue di essere in linea con gli standard della Nato.

La prima bozza dello Strategic compass iniziava con una frase a effetto: “L'Europa è in pericolo”. Oggi “l'Europa è ancora più in pericolo”, ci ha detto un alto funzionario dell'Ue. Con la guerra di Putin “in gioco non c'è solo la sopravvivenza dello stato ucraino, ma l'ordine di sicurezza dell'Europa”. Il testo dello Strategico compass ha subìto altre modifiche significative per tenere conto della guerra in Ucraina su spesa per la difesa, uso della Peace facility per fornire armi a paesi terzi, cyber-difesa, mobilità degli armamenti. Quello che doveva essere il simbolo del rilancio dell'Europa della difesa – la creazione di una forza d'intervento rapido fino a 5 mila uomini – è ancora presente nello Strategic compass, ma la sua portata è significativamente ridimensionata dalla sfida alla sicurezza collettiva posta da Putin. “Servirà per evacuazioni e altre piccole operazioni sotto comando dell'Ue”, ci ha spiegato un diplomatico di uno stato membro. Ma lo Strategic compass sarà la risposta all'invasione russa?  “No” ha risposto il diplomatico: “Ci permetterà di fare più operazioni nel limite inferiore dello spettro” militare. Per quello superiore, l'Ue non può fare a meno della Nato. In un editoriale Il Foglio spiega perché alla difesa dell'Ue serve una nuova Triplice: Francia, Germania e Italia.

Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di lunedì 21 marzo, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

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Michel vuole un Fondo di solidarietà per l'Ucraina - Per una volta il protagonista del prossimo Consiglio europeo sarà un leader non europeo. Giovedì i riflettori saranno puntati su Joe Biden, che arriverà a Bruxelles non solo per la riunione con i capi di stato e di governo dell'Ue, ma anche per i vertici straordinari di Nato e G7. Nel frattempo, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha rilanciato la sua proposta di una conferenza internazionale dei donatori per l'Ucraina. Dopo una conversazione telefonica con Volodymyr Zelensky, Michel ha espresso sostegno per "la creazione di un Fondo di solidarietà per l'Ucraina per fornire servizi di base e andare incontro alle necessità immediate dei cittadini". In effetti il governo di Kyiv non è più in grado di finanziare sui mercati il suo sforzo di guerra Il Fondo - secondo Michel - dovrebbe dare "liquidità per continuo sostegno alle autorità e nel lungo periodo servire come spina dorsale per la ricostruzione di un'Ucraina libera e democratica quando le ostilità si saranno fermate. I partner potrebbero contribuire al Fondo di solidarietà dell'Ucraina attraverso una conferenza internazionale dei donatori". Il tema sarà affrontato dai leader al Consiglio europeo.

La Germania vuole rilanciare il Ttip - Il ministro tedesco delle Finanze, Christian Lindner, ha lanciato un appello per resuscitare i negoziati sul Ttip, l'accordo di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti che era stato seppellito dall'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. "Dovremmo riprendere i negoziati su un accordo transatlantico di libero scambio", ha detto Lindner a Handelsblatt. "Soprattutto ora nella crisi (ucraina), sta diventando chiaro quanto sia importante il libero scambio con partner in tutto il mondo che condividono i nostri valori", ha spiegato Lindner: "L'attuale crisi dimostra che Usa e Germania, e Unione europea, sono partner indispensabili".

L'Ue pronta al via libera ad altri 500 milioni di armi all'Ucraina - I ministri degli Esteri dell'Ue oggi dovrebbero dare il via libera politico a sbloccare altri 500 milioni di euro della Peace facility per finanziare le forniture di armi all'Ucraina. La decisione dovrebbe essere formalizzata in settimana, dopo che mercoledì il Bundestag avrà autorizzato il governo di Olaf Scholz ad approvare la proposta dell'Alto rappresentante, Josep Borrell. La decisione sul raddoppio degli stanziamenti all'Ucraina è stata preceduta da una serie di polemiche. Alcuni stati membri si sono lamentati che Charles Michel e Borrell abbiano fatto l'annuncio sui 500 milioni aggiuntivi al vertice di Versailles, senza che ci fosse stata una discussione tra i 27. Alcuni paesi, tra cui la Germania, si sono lamentati che i primi 500 milioni non erano ancora stati interamente spesi. “In termini di validazione” delle forniture che possono essere finanziate dalla Peace facility “siamo sotto i 500 milioni, ma ci arriveremo presto”, ci ha detto una fonte dell'Ue. “Per questo è importante avere già pronti ulteriori fondi”.

Il quinto pacchetto di sanzioni si svuota –
Venerdì, diversi diplomatici hanno cercato di ridimensionare le aspettative sul quinto pacchetto di sanzioni che l'Ue potrebbe adottare questa settimana. “Non sarà un pacchetto vero e proprio”, ci ha detto una fonte di uno stato membro: “Ormai è un lavoro continuo. La priorità è chiudere le falle per evitare che le sanzioni siano aggirate”. I Paesi Bassi insistono per un'azione dell'Ue per reprimere i trust, nei quali gli oligarchi possono piazzare i loro beni prima vengono congelati dalle sanzioni. Per il momento, solo Polonia e paesi Baltici sono favorevoli a un embargo sull'energia. “E facile dire sanzioni sul petrolio, ottenere un articolo sui giornali. Ma poi dietro c'è un mondo complicato di cui tenere conto”, ci ha detto un altro diplomatico. Tuttavia, tutto potrebbe cambiare in caso di un attacco chimico o nucleare da parte di Putin o un massacro su vasta scala di civili. Nell'Ue sta crescendo il livello di allerta per questa possibilità.

Johnson paragona la resistenza dell'Ucraina al voto della Brexit - Le parole del primo ministro britannico, Boris Johnson, alla conferenza di primavera del partito Tory hanno provocato dure polemiche nell'Ue. Johnson ha spiegato che con la guerra di Putin il mondo è confrontato a una scelta tra "libertà e oppressione" e che non si devono fare compromessi "con la tirannia". Tutto bene, salvo che poi Johnson ha aggiunto questa frase: "So che è l'intento del popolo di questo paese, come del popolo dell'Ucraina, di scegliere ogni volta la libertà. Vi possono dare un paio di esempi famosi recenti. Quando i britannici hanno votato a favore della Brexit, non penso che sia stato perché erano ostili agli stranieri. E' perché volevano essere liberi". Il parallelo tra l'Ue e la tirannia non è piaciuto a nessuno oltre Manica, tanto più che l'Ucraina ha chiesto una procedura di adesione rapida all'Ue. "Boris Johnson paragona la lotta degli ucraini al voto dei britannici per la Brexit. Mi ricordo ancora l'entusiasmo di Putin e Trump dopo il referendum. Boris, le tue parole offendono gli ucraini, i britannici e il buon senso", ha risposto su Twitter l'ex presidente del Consiglio europeo e attuale leader dell'opposizione in Polonia, Donald Tusk. "Il paragone di Johnson della coraggiosa battaglia dell'Ucraina con la Brexit è folle", ha detto l'europarlamentare di Renew, Guy Verhofstadt: "Gli ucraini vogliono più libertà e vogliono entrare nell'Ue!".

Il fronte del "no" al tetto del prezzo del gas - Oggi o domani la Commissione presenterà una serie di opzioni per tentare di tenere sotto controllo i prezzi dell'energia. Ma non aspettatevi troppo. Non ci saranno proposte, perché ciascuna opzione comporta costi e rischi. Politicamente, per la Commissione è impossibile trovare una via di mezzo tra due gruppi di paesi che spingono in direzioni diverse sul tetto al prezzo del gas al mercato all'ingrosso. Italia e Spagna sono in prima fila per chiedere questa misura. Ma Germania, Paesi Bassi, Finlandia, Danimarca, Finlandia ed Estonia sono contrari. Secondo le nostre fonti, almeno metà degli stati membri sono scettici su un tetto al prezzo del gas. “Trovare soluzioni sarà estremamente difficile”, ci ha detto un diplomatico. Germania e Paesi Bassi sono anche contrari a disaccoppiare i prezzi del gas da quelli dell'elettricità, perché metterebbe a rischio gli investimenti nelle rinnovabili.

L'Austria reintroduce l'obbligo di mascherine al chiuso - Il governo austriaco ha deciso di reintrodurre da mercoledì l'obbligo di mascherina Ffp2 al chiuso, dopo il recente aumento di casi di Covid-19. L'Austria è il primo paese dell'Ue a imporre nuove restrizioni di fronte all'attuale ondata della pandemia. Il ministro della Sanità, Johannes Rauch, ha ammesso che alcune delle restrizioni erano state tolte troppo presto. Tuttavia il governo austriaco ha anche allentato alcune regole sull'isolamento del personale sanitario positivo per evitare problemi di gestione negli ospedali.

Da - https://mailchi.mp/ilfoglio/nato-centro-strategic-compass?e=fbfc868b87
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« Risposta #61 inserito:: Marzo 28, 2022, 10:52:32 am »


Europa ore 7

A una settimana dalle elezioni politiche in Ungheria, Viktor Orbán sembra sicuro di ottenere la quarta vittoria consecutiva e prolungare il suo lungo regno. Ma la deriva del primo ministro ungherese verso Vladimir Putin, la sua politica pro Cina e la contestazione sempre più aperta della democrazia liberale e dello stato di diritto stanno compromettendo le relazioni di Orbán con i suoi alleati storici nell'Unione europea. Il gruppo dei quattro di Visegrad (il V4 come viene chiamata l'alleanza informale tra Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia) si sta sfaldando.
 
Nel corso del 2021 i governi di Praga e Bratislava avevano preso le distanze da Budapest e Varsavia sullo stato di diritto. Tuttavia Orbán poteva ancora contare sulla relazione speciale con il premier polacco, Mateusz Morawiecki, e il Partito Legge e Giustizia (PiS) al governo in Polonia, grazie alla causa comune nel braccio di ferro comune contro Bruxelles nello stato di diritto. La guerra in Ucraina ha lasciato Orbán completamente isolato. Il veto dell'Ungheria alle sanzioni contro gas, petrolio e carbone e il rifiuto del premier ungherese di fornire e far transitare armi sul suo territorio hanno provocato una rottura difficilmente sanabile sia con la Polonia sia dentro il V4.
 
Venerdì è stata la ministra della Difesa della Repubblica ceca, Jana Černochová, ha sparare una salva politica contro Orbán annunciando il boicottaggio di una riunione del V4 in Ungheria per protestare contro le scelte del premier ungherese sull'Ucraina. “Non andrò personalmente in Ungheria per un incontro dei ministri della Difesa del V4 mercoledì e giovedì”, ha spiegato  Černochová su Twitter. La ministra è esponente del Partito democratico civico di centrodestra (Ods), diretto dal primo ministro ceco, Petr Fiala, che aveva deciso di partecipare al viaggio in treno a Kiev per incontrare Volodymyr Zelensky organizzato da Morawiecki.
 
Černochová ha lasciato intendere che l'incontro del V4 è a fine di propaganda elettorale: “Hanno le elezioni la prossima settimana e non è giusto che io partecipi alla campagna lì. Ho sempre sostenuto il V4”, ma “mi dispiace molto che il petrolio russo a buon mercato sia più importante per i politici ungheresi del sangue ucraino”, ha detto Černochová. La scorsa settimana, Orbán ha annunciato il veto su un embargo dell'Ue su petrolio e carbone russi perché metterebbero “a repentaglio la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Ungheria”.

Giovedì, come spiega Paola Peduzzi sul Foglio, era stato Zelensky ad attaccare direttamente Orbán durante il suo straordinario intervento al Consiglio europeo. Rivolgendosi ai capi di stato e di governo, il presidente ucraino ha ringraziato uno per uno ventisei stati membri dell'Ue per il sostegno più o meno intenso all'Ucraina di fronte all'aggressione di Putin. Poi è arrivato al ventisettesimo. “Ungheria, mi voglio fermare qui ed essere onesto. Una volta e per tutte. Tu devi decidere da solo con chi stai. Sei uno stato sovrano”, ha detto Zelensky rivolgendosi a Orbán. “Sono stato a Budapest. Adoro la tua città. L'ho visitata molte volte. E' bellissima e che accoglienza la gente. Avete avuto momenti tragici della nostra storia. Ho visitato il memoriale, le scarpe sulla riva del Danubio sulle uccisioni di massa”, ha detto Zelensky: “Ascolta Viktor, sai cosa succede a Mariupol? Per favore, se puoi, vai sulla riva del fiume. Guarda quelle scarpe. E vedrai come le uccisioni di massa possono accadere di nuovo. E' quello che fa la Russia oggi. Le stesse scarpe, A Mariupol, ci sono gli stessi esseri umani. Adulti e bambini, nonni e sono migliaia. E migliaia sono morti. E  tu esiti a imporre sanzioni o no? Esiti a far passare delle armi? Esiti a fare commercio o meno? Non è tempo di esitare. E' tempo di decidere”, ha concluso Zelensky.
 
Orbán ieri ha reagito screditando il presidente ucraino. “Sono un giurista, che lavora con le conoscenze che ho raccolto nel  mondo del diritto. Qualcuno che è un attore lavora con le conoscenze che ha raccolto come attore”, ha detto Orbán. L'opposizione in Ungheria ha reagito con un comunicato: “Secondo Orbán, Zelensky è un attore. Secondo noi, è uno statista. Secondo Orbán, lui è un giurista. Secondo noi è un ladro”. Il clima è quello di campagna elettorale.
 
Il candidato dell'opposizione Péter Márki-Zay, sta cercando di presentare il voto di domenica come un referendum tra Putin e l'Ue. Márki-Zay ha accusato il primo ministro di aver tradito gli ungheresi scegliendo Putin al posto dell'Ue e della Nato. “Non lasciate che l'Ungheria venga dirottata” dal suo percorso occidentale. “Il 3 aprile scegliamo l'Europa!”, ha detto Márki-Zay. Gli ultimi sondaggi, che risalgono a un mese fa, davano il Fidesz leggermente in testa sulla coalizione dell'opposizione. Ma, per come sono stati disegnati i collegi elettorali, Márki-Zay avrebbe bisogno di vincere con almeno 4 punti percentuali di vantaggio per ottenere la maggioranza assoluta dei deputati.

Macron contro Biden sul macellaio Putin - Il presidente americano, Joe Biden, aveva partecipato ai vertici di Nato, G7 e Ue per mostrare l'unità del fronte occidentale. Ma un paio di frasi di troppo di Biden durante la sua visita in Polonia sabato hanno provocato nuove fessure. Prima il presidente americano ha definito Vladimir Putin un "macellaio". Poi Biden ha detto che "questo uomo non può restare al potere" (costringendo anche la Casa Bianca a chiarire che l'obiettivo non è un cambio di regime). A Varsavia e in altre capitali dell'Europa orientale, Biden è stata applaudito. Ma nell'Europa occidentale le sue parole sono state accolte con grande freddezza. "Non utilizzerò questo tipo di espressioni perché continuo a discutere con il presidente Putin", ha detto Emmanuel Macron. "Non bisogna lanciarsi nell'escalation, né con le parole né nell'azione", ha detto Macron. Il presidente francese ha annunciato che nei prossimi giorni parlerà con Putin per cercare di convincerlo a dare il via libera a una missione umanitaria organizzata da Francia, Turchia e Grecia per evacuare Mariupol.

Von der Leyen e Trudeau lanciano una colletta per i rifugiati ucraini - La Commissione e il governo del Canada hanno annunciato sabato il lancio di una campagna mondiale per raccogliere fondi a favore delle persone che fuggono dall'invasione dell'Ucraina, in partenariato con l'organizzazione Global Citizen. L'obiettivo della campagna - battezzata "Agire per l'Ucraina" - è di mobilitare governi, istituzioni, artisti, imprese e cittadini privati. "L'Ue risponde ai bisogni di milioni di rifugiati che accoglie. E faremo ancora di più. Ma i bisogni sono talmente importanti" che serve "la solidarietà dei cittadini e dei governi del mondo intero", ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.

I leader lanciano una consultazione pubblica sull'energia - I capi di stato e di governo venerdì hanno passato quasi otto ore a discutere di come rispondere all'aumento dei prezzi dell'energia. Tra scontri, minacce di alzarsi dal tavolo e mediazioni, alla fine è uscita una dichiarazione finale molto ambigua. Il Consiglio europeo ha dato mandato alla Commissione e ai ministri dell'energia di contattare con urgenza gli attori del settore energetico e “discutere, se e come, le opzioni di breve periodo presentate dalla Commissione (…) contribuiscano a ridurre il prezzo del gas e affrontare il suo effetto contagio sui mercati dell'elettricità”. Quali opzioni? Bonus ai consumatori, riduzioni fiscali, acquisti comuni, riduzione di accise e Iva, tetto ai prezzi, misure regolamentari. Le decisioni dovrebbero non dovrebbero arrivare prima di maggio. Come spieghiamo sul Foglio, uno degli ostacoli principali a una svolta sulle politiche dell'Ue sull'energia è la Germania. Il governo di Olaf Scholz vuole uscire dalla dipendenza dagli idrocarburi (“è irreversibile”, ha detto il cancelliere), ma teme la recessione e lo smantellamento dell'attuale mercato europeo dell'energia con i suoi incentivi per il Green deal. Nel dibattito a porte chiuse, Mario Draghi e Pedro Sánchez hanno espresso tutta la loro irritazione verso le posizioni di Germania e Paesi Bassi.

La Spagna strappa una piccola concessione sull'elettricità - Almeno al Consiglio europeo è stata raggiunta un'intesa sulla proposta della Commissione di stoccaggio di gas per l'inverno (80 per cento entro il primo novembre e 90 per cento dell'anno prossimo) e la possibilità di acquisti congiunti volontari (in particolare per il Gas naturale liquefatto). Il premier spagnolo, Pedro Sánchez, tuttavia ha ottenuto una piccola concessione e una possibile eccezione per la penisola Iberica sul sistema del prezzo marginale che lega il prezzo dell'elettricità a quello del gas. Ma le condizioni sono talmente strette che non è detto che la Commissione accetti l'eccezione iberica. Lorenzo Consoli, storico giornalista della sala stampa dell'Ue, su Askanews ha tutti i dettagli della vittoria dimezzata di Sanchez.

Accordo sul nucleare molto vicino (o forse no) - Sabato l'Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, ha detto che un'intesa con l'Iran per salvare l'accordo nucleare del 2015 è "molto vicino". "Spero sarà possibile", ha detto Borrell al Doha Forum, spiegando che l'intesa potrebbe essere "una questione di giorni". Ieri il vicesegretario generale del Servizio europeo di azione esterna, Enrique Mora, era a Teheran per incontrare il capo-negoziatore iraniano, Bagheri Kani, e cercare di chiudere gli ultimi dettagli. Nelle stesse ore, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, era in Israele per rassicurare il premier, Yair Lapid, che i due paesi "continueranno a  lavorare insieme per impedire un Iran nucleare". Ed ecco che, sempre ieri, il ministro degli Esteri della Repubblica islamica, Hossein Amir-Abdollahian, in un successivo incontro ha detto a Mora che la mancanza di una decisione politica degli Stati Uniti sulla fine delle sanzioni rappresenta un ostacolo per l'intesa.

Il laburista Abela vince le elezioni a Malta - Il primo ministro maltese, Robert Abela, ieri ha rivendicato la vittoria per il suo Partito laburista nelle elezioni legislative a Malta. Il vantaggio sul partito nazionalista guidato da Bernard Grech sarebbe ulteriormente aumentato rispetto alle precedenti elezioni del 2017, malgrado i diversi scandali che hanno colpito il predecessore di Abela, Joseph Muscat, compreso l'assassinio della giornalista Daphne Caruana Galizia. I risultati definitivi sono attesi in mattinata. Davanti a una folla di migliaia di persone, Abela ha promesso "umiltà" alla guida del prossimo governo. Abela ha anche chiesto all'opposizione e ai suoi sostenitori di "lavorare insieme in spirito di unità nazionale per continuare a portare avanti il nostro paese".
 
La Spd di Scholz strappa il Saarland alla Cdu - La Spd di Olaf Scholz ieri ha trionfato nelle elezioni regionali del Saarland strappando questo Land al confine con la Francia alla Cdu per la prima volta in 23 anni. Secondo i risultati preliminari, la Spd ha ottenuto il 43,5 per cento dei voti, il 13,9 per cento in più di cinque anni fa, mentre la Cdu si è fermata al 28,5 per cento, 12,2 punti in meno rispetto al 2017. Tra gli altri partiti solo l'estrema destra di Alternativa per la Germania ha superato la soglia di sbarramento con il 5,7 per cento, mentre i Verdi e i liberali della Fdp non avrebbero superato il 5 per cento per pochi voti. Per Scholz è il primo successo dopo le elezioni federali di settembre. La perdita del Saarland è uno schiaffo enorme per il nuovo leader della Cdu, Friedrich Merz, e il premier uscente del Land, Tobias Hans, che dovrà lasciare il posto alla socialdemocratica, Anke Rehlinger.

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« Risposta #62 inserito:: Marzo 30, 2022, 02:50:44 pm »

ARLECCHINO Euristico.
Pubblicato da Gianni Gavioli   · 01tm4u9ip0aofs0o0r ehl  ·

Esistono diversi modi di "fare male" all'Europa:
Massacrarne una parte importante, invadendola, non importa se possederla tutta e subito. Basta fare danni e ricattarla con armi improprie per un mondo civile che non esiste.


Farla invadere da milioni di profughi provenienti da paesi più diversi, a loro volta vittime di guerrafondai.

Lasciare che la malavita organizzata l'invada di droghe d'ogni tipo e con il ricavato si infiltri nei segmenti produttivi.

Ma l'Europa soffre anche di una malattia interna, la carenza di personalità da grande Potenza confederata dotata di precise configurazioni unitarie.

Nelle ammucchiate umane c'è sempre qualcuno, poco sensibile all'igiene personale, che disturba.
Nell'Unione Europea ci sono Stati che l'armonia di intenti pensano sia il tintinnare dei soldi, che carpiscono, dal mucchio.

Esattamente come certe Regioni in Italia.
ciaooo


da – Meta del 30 marzo 2022
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« Risposta #63 inserito:: Aprile 03, 2022, 11:55:18 pm »

L'ho pensato appena ho espresso questo pensiero su come uscire dalla guerra di Putin.
Neutralità dell’Ucraina garantita con pesanti penali per chi la infrange.

Che poi è ovvio visti i vicini che si ritroveranno.
Avevo anche aggiunto che uno dei garanti al tavolo della Pace Ucraina dovesse essere la CINA.

Non so se sono visibili i post di cui parlo, ne ho avuto diversi cancellati o mai pubblicati da Meta/FB .
Ma non importa lo scrivo di nuovo adesso.

Speriamo si faccia!
ciaooo
da Fb/Meta Marzo 2022
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« Risposta #64 inserito:: Aprile 12, 2022, 11:37:44 am »


A una settimana dalle elezioni politiche in Ungheria, Viktor Orbán sembra sicuro di ottenere la quarta vittoria consecutiva e prolungare il suo lungo regno. Ma la deriva del primo ministro ungherese verso Vladimir Putin, la sua politica pro-Cina e la contestazione sempre più aperta della democrazia liberale e dello stato di diritto stanno compromettendo le relazioni di Orbán con i suoi alleati storici nell'Unione europea. Il gruppo dei quattro di Visegrad (il V4 come viene chiamata l'alleanza informale tra Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia) si sta sfaldando.
 
Nel corso del 2021 i governi di Praga e Bratislava avevano preso le distanze da Budapest e Varsavia sullo stato di diritto. Tuttavia, Orbán poteva ancora contare sulla relazione speciale con il premier polacco, Mateusz Morawiecki, e il Partito Legge e Giustizia (PiS) al governo in Polonia, grazie alla causa comune nel braccio di ferro comune contro Bruxelles nello stato di diritto. La guerra in Ucraina ha lasciato Orbán completamente isolato. Il veto dell'Ungheria alle sanzioni contro gas, petrolio e carbone e il rifiuto del premier ungherese di fornire e far transitare armi sul suo territorio hanno provocato una rottura difficilmente sanabile sia con la Polonia sia dentro il V4.
 
Venerdì è stata la ministra della Difesa della Repubblica ceca, Jana Černochová, ha sparare una salva politica contro Orbán annunciando il boicottaggio di una riunione del V4 in Ungheria per protestare contro le scelte del premier ungherese sull'Ucraina. “Non andrò personalmente in Ungheria per un incontro dei ministri della Difesa del V4 mercoledì e giovedì”, ha spiegato Černochová su Twitter. La ministra è esponente del Partito democratico civico di centrodestra (Ods), diretto dal primo ministro ceco, Petr Fiala, che aveva deciso di partecipare al viaggio in treno a Kiev per incontrare Volodymyr Zelensky organizzato da Morawiecki.
 
Černochová ha lasciato intendere che l'incontro del V4 è a fine di propaganda elettorale: “Hanno le elezioni la prossima settimana e non è giusto che io partecipi alla campagna lì. Ho sempre sostenuto il V4”, ma “mi dispiace molto che il petrolio russo a buon mercato sia più importante per i politici ungheresi del sangue ucraino”, ha detto Černochová. La scorsa settimana, Orbán ha annunciato il veto su un embargo dell'Ue su petrolio e carbone russi perché metterebbero “a repentaglio la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Ungheria”.

Giovedì, come spiega Paola Peduzzi sul Foglio, era stato Zelensky ad attaccare direttamente Orbán durante il suo straordinario intervento al Consiglio europeo. Rivolgendosi ai capi di stato e di governo, il presidente ucraino ha ringraziato uno per uno ventisei stati membri dell'Ue per il sostegno più o meno intenso all'Ucraina di fronte all'aggressione di Putin. Poi è arrivato al ventisettesimo. “Ungheria, mi voglio fermare qui ed essere onesto. Una volta e per tutte. Tu devi decidere da solo con chi stai. Sei uno stato sovrano”, ha detto Zelensky rivolgendosi a Orbán. “Sono stato a Budapest. Adoro la tua città. L'ho visitata molte volte. E' bellissima e che accoglienza la gente. Avete avuto momenti tragici della nostra storia. Ho visitato il memoriale, le scarpe sulla riva del Danubio sulle uccisioni di massa”, ha detto Zelensky: “Ascolta Viktor, sai cosa succede a Mariupol? Per favore, se puoi, vai sulla riva del fiume. Guarda quelle scarpe. E vedrai come le uccisioni di massa possono accadere di nuovo. E' quello che fa la Russia oggi. Le stesse scarpe, A Mariupol, ci sono gli stessi esseri umani. Adulti e bambini, nonni e sono migliaia.

E migliaia sono morti.
E tu esiti a imporre sanzioni o no? Esiti a far passare delle armi? Esiti a fare commercio o meno? Non è tempo di esitare. È tempo di decidere”, ha concluso Zelensky.
 
Orbán ieri ha reagito screditando il presidente ucraino. “Sono un giurista, che lavora con le conoscenze che ho raccolto nel mondo del diritto. Qualcuno che è un attore lavora con le conoscenze che ha raccolto come attore”, ha detto Orbán. L'opposizione in Ungheria ha reagito con un comunicato: “Secondo Orbán, Zelensky è un attore. Secondo noi, è uno statista. Secondo Orbán, lui è un giurista. Secondo noi è un ladro”. Il clima è quello di campagna elettorale.
 
Il candidato dell’opposizione Péter Márki-Zay sta cercando di presentare il voto di domenica come un referendum tra Putin e l'Ue. Márki-Zay ha accusato il primo ministro di aver tradito gli ungheresi scegliendo Putin al posto dell'Ue e della Nato. “Non lasciate che l'Ungheria venga dirottata” dal suo percorso occidentale. “Il 3 aprile scegliamo l'Europa!”, ha detto Márki-Zay. Gli ultimi sondaggi, che risalgono a un mese fa, davano il Fidesz leggermente in testa sulla coalizione dell'opposizione. Ma, per come sono stati disegnati i collegi elettorali, Márki-Zay avrebbe bisogno di vincere con almeno 4 punti percentuali di vantaggio per ottenere la maggioranza assoluta dei deputati.

Macron contro Biden sul macellaio Putin - Il presidente americano, Joe Biden, aveva partecipato ai vertici di Nato, G7 e Ue per mostrare l'unità del fronte occidentale. Ma un paio di frasi di troppo di Biden durante la sua visita in Polonia sabato hanno provocato nuove fessure. Prima il presidente americano ha definito Vladimir Putin un "macellaio". Poi Biden ha detto che "questo uomo non può restare al potere" (costringendo anche la Casa Bianca a chiarire che l'obiettivo non è un cambio di regime). A Varsavia e in altre capitali dell'Europa orientale, Biden è stata applaudito. Ma nell'Europa occidentale le sue parole sono state accolte con grande freddezza. "Non utilizzerò questo tipo di espressioni perché continuo a discutere con il presidente Putin", ha detto Emmanuel Macron. "Non bisogna lanciarsi nell'escalation, né con le parole né nell'azione", ha detto Macron. Il presidente francese ha annunciato che nei prossimi giorni parlerà con Putin per cercare di convincerlo a dare il via libera a una missione umanitaria organizzata da Francia, Turchia e Grecia per evacuare Mariupol.

Von der Leyen e Trudeau lanciano una colletta per i rifugiati ucraini - La Commissione e il governo del Canada hanno annunciato sabato il lancio di una campagna mondiale per raccogliere fondi a favore delle persone che fuggono dall'invasione dell'Ucraina, in partenariato con l'organizzazione Global Citizen. L'obiettivo della campagna - battezzata "Agire per l'Ucraina" - è di mobilitare governi, istituzioni, artisti, imprese e cittadini privati. "L'Ue risponde ai bisogni di milioni di rifugiati che accoglie. E faremo ancora di più. Ma i bisogni sono talmente importanti" che serve "la solidarietà dei cittadini e dei governi del mondo intero", ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.

I leader lanciano una consultazione pubblica sull'energia - I capi di stato e di governo venerdì hanno passato quasi otto ore a discutere di come rispondere all'aumento dei prezzi dell'energia. Tra scontri, minacce di alzarsi dal tavolo e mediazioni, alla fine è uscita una dichiarazione finale molto ambigua. Il Consiglio europeo ha dato mandato alla Commissione e ai ministri dell'energia di contattare con urgenza gli attori del settore energetico e “discutere, se e come, le opzioni di breve periodo presentate dalla Commissione (…) contribuiscano a ridurre il prezzo del gas e affrontare il suo effetto contagio sui mercati dell'elettricità”. Quali opzioni? Bonus ai consumatori, riduzioni fiscali, acquisti comuni, riduzione di accise e Iva, tetto ai prezzi, misure regolamentari. Le decisioni dovrebbero non dovrebbero arrivare prima di maggio. Come spieghiamo sul Foglio, uno degli ostacoli principali a una svolta sulle politiche dell'Ue sull'energia è la Germania. Il governo di Olaf Scholz vuole uscire dalla dipendenza dagli idrocarburi (“è irreversibile”, ha detto il cancelliere), ma teme la recessione e lo smantellamento dell'attuale mercato europeo dell'energia con i suoi incentivi per il Green deal. Nel dibattito a porte chiuse, Mario Draghi e Pedro Sánchez hanno espresso tutta la loro irritazione verso le posizioni di Germania e Paesi Bassi.

La Spagna strappa una piccola concessione sull'elettricità - Almeno al Consiglio europeo è stata raggiunta un'intesa sulla proposta della Commissione di stoccaggio di gas per l'inverno (80 per cento entro il primo novembre e 90 per cento dell'anno prossimo) e la possibilità di acquisti congiunti volontari (in particolare per il Gas naturale liquefatto). Il premier spagnolo, Pedro Sánchez, tuttavia ha ottenuto una piccola concessione e una possibile eccezione per la penisola Iberica sul sistema del prezzo marginale che lega il prezzo dell'elettricità a quello del gas. Ma le condizioni sono talmente strette che non è detto che la Commissione accetti l'eccezione iberica. Lorenzo Consoli, storico giornalista della sala stampa dell'Ue, su Askanews ha tutti i dettagli della vittoria dimezzata di Sanchez.

Accordo sul nucleare molto vicino (o forse no) - Sabato l'Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, ha detto che un'intesa con l'Iran per salvare l'accordo nucleare del 2015 è "molto vicino". "Spero sarà possibile", ha detto Borrell al Doha Forum, spiegando che l'intesa potrebbe essere "una questione di giorni". Ieri il vicesegretario generale del Servizio europeo di azione esterna, Enrique Mora, era a Teheran per incontrare il capo-negoziatore iraniano, Bagheri Kani, e cercare di chiudere gli ultimi dettagli. Nelle stesse ore, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, era in Israele per rassicurare il premier, Yair Lapid, che i due paesi "continueranno a lavorare insieme per impedire un Iran nucleare". Ed ecco che, sempre ieri, il ministro degli Esteri della Repubblica islamica, Hossein Amir-Abdollahian, in un successivo incontro ha detto a Mora che la mancanza di una decisione politica degli Stati Uniti sulla fine delle sanzioni rappresenta un ostacolo per l'intesa.

Il laburista Abela vince le elezioni a Malta - Il primo ministro maltese, Robert Abela, ieri ha rivendicato la vittoria per il suo Partito laburista nelle elezioni legislative a Malta. Il vantaggio sul partito nazionalista guidato da Bernard Grech sarebbe ulteriormente aumentato rispetto alle precedenti elezioni del 2017, malgrado i diversi scandali che hanno colpito il predecessore di Abela, Joseph Muscat, compreso l'assassinio della giornalista Daphne Caruana Galizia. I risultati definitivi sono attesi in mattinata. Davanti a una folla di migliaia di persone, Abela ha promesso "umiltà" alla guida del prossimo governo. Abela ha anche chiesto all'opposizione e ai suoi sostenitori di "lavorare insieme in spirito di unità nazionale per continuare a portare avanti il nostro paese".
 
La Spd di Scholz strappa il Saarland alla Cdu - La Spd di Olaf Scholz ieri ha trionfato nelle elezioni regionali del Saarland strappando questo Land al confine con la Francia alla Cdu per la prima volta in 23 anni. Secondo i risultati preliminari, la Spd ha ottenuto il 43,5 per cento dei voti, il 13,9 per cento in più di cinque anni fa, mentre la Cdu si è fermata al 28,5 per cento, 12,2 punti in meno rispetto al 2017. Tra gli altri partiti solo l'estrema destra di Alternativa per la Germania ha superato la soglia di sbarramento con il 5,7 per cento, mentre i Verdi e i liberali della Fdp non avrebbero superato il 5 per cento per pochi voti.
Per Scholz è il primo successo dopo le elezioni federali di settembre. La perdita del Saarland è uno schiaffo enorme per il nuovo leader della Cdu, Friedrich Merz, e il premier uscente del Land, Tobias Hans, che dovrà lasciare il posto alla socialdemocratica, Anke Rehlinger.

Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di lunedì 28 marzo, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

Da - https://mailchi.mp/ilfoglio/orban-affossa-v4-per-putin?e=fbfc868b87
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« Risposta #65 inserito:: Aprile 26, 2022, 11:38:32 am »

La Francia e la Slovenia ieri hanno scelto l'Europa, infliggendo un duro colpo ai sostenitori della democrazia illiberali che vorrebbero minare l'Ue dall'interno. In Francia Emmanuel Macron ha superato nettamente Marine Le Pen nel secondo turno delle presidenziali. Il presidente uscente ha ottenuto il 58 per cento contro il 42 per cento della candidata del Rassemblement National. In Slovenia un nuovo partito ecologista e liberale, il Movimento per la libertà di Robert Golob, ha ottenuto la maggioranza relativa in Parlamento e dovrebbe riuscire a cacciare dal potere il primo ministro uscente, il populista di destra Janez Jansa. Il Movimento per la Libertà ha conquistato il 34 per cento e 40 seggi sui 90 del Parlamento sloveno contro il 24 per cento e 28 seggi del Partito democratico sloveno di Jansa (il Partito popolare cristiano ha ottenuto 8 seggi, i Socialdemocratici 7, la Sinistra 5, le minoranze 2). Fuori dai confini francesi e sloveni ci sono un vincitore e due sconfitti dopo i voti di ieri. A vincere è l'Ue, che avrà in Macron un leader europeista per i prossimi cinque anni, potenzialmente in grado di far avanzare ulteriormente il progetto comunitario. A perdere sono Vladimir Putin e Viktor Orbán. Il presidente russo non è riuscito a destabilizzare le elezioni in Francia. Il premier ungherese non solo ha scommesso sul cavallo sbagliato per l'Eliseo, ma vede ridursi il gruppo dei suoi potenziali alleati dentro il Consiglio europeo con l'uscita di Jansa.

Nelle ultime due settimane, l'Ue aveva iniziato a prendere seriamente il rischio di un successo di Le Pen e del terremoto che avrebbe provocato. Il sollievo per la vittoria di Macron è diventato subito evidente dalle dichiarazioni che sono state pubblicate appena uscite le proiezioni ieri. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, sono stati i più rapidi a fare le congratulazioni. "Un bravo caloroso caro Emmanuel Macron. In questo periodo tormentato, abbiamo bisogno di un'Europa solida e di una Francia totalmente impegnata per un'Ue più sovrana e più strategica", ha detto Michel. "Mi rallegro di poter continuare la nostra eccellente cooperazione. Insieme faremo avanzare la Francia e l'Europa", ha detto von der Leyen. Anche la presidente del Parlamento europeo, Roberto Metsola, ha voluto detto di non vedere "l'ora di continuare a lavorare nell'ambito della presidenza francese del Consiglio dell'Ue e al di là per affrontare le sfide di un mondo sempre più incerto e inquietante". Sintomo del rischio sistemico che una vittoria di Le Pen in Francia avrebbe potuto rappresentare per la zona euro, anche la presidente della Bce, Christine Lagarde, si è congratulata spiegando che "la forte leadership (di Macron) è essenziale in questi tempi incerti e la (sua) dedizione instancabile sarà molto necessaria per affrontare le sfide che abbiamo di fronte in Europa".

Quasi tutti i capi di stato e di governo dei ventisette si sono congratulati ieri sera con Macron. Per il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, gli elettori francesi hanno inviato un messaggio di "impegno forte per l'Europa".  Il premier olandese, Mark Rutte, si è rallegrato di poter proseguire "l'ampia e costruttiva cooperazione in seno all'Ue e alla Nato e rafforzare l'eccellente relazioni tra i nostri paesi". Secondo il premier belga, Alexander De Croo, i francesi hanno fatto "una scelta forte: hanno optato per delle certezze e per dei valori illuministici". Il presidente lituano, Gitanas Nauseda, ha detto di voler continuare a lavorare con Macron "per rafforzare ulteriormente l'europa e la Nato e difendere i valori democratici". Per il premier portoghese, Antonio Costa, “è cruciale contare sulla Francia per difendere il multilateralismo, la sicurezza, la lotta contro il cambiamento climatico e per impegnarsi nella costruzione di un'Europa umanista, più giusta, verde e prospera”. Fuori dall'Ue, anche il premier britannico, Boris Johnson, che con Macron ha avuto una relazione difficile a causa dei conflitti sulla Brexit, si è detto "felice di continuare a lavorare" con lui, spiegando che la Francia è uno degli alleati "più vicini" al Regno Unito.

La vittoria di Macron non risolve i problemi della Francia. Le Pen ha ottenuto il miglior risultato di sempre di un candidato dell'estrema destra. Per poter governare con le mani libere, Macron ha bisogno di una maggioranza anche all'Assemblea nazionale. Le elezioni legislative di giugno si annunciano ancor più combattute delle presidenziali. I partiti tradizionali sono praticamente scomparsi. Il panorama politico francese è diviso in tre blocchi di dimensioni simili: i centristi di Macon, l'estrema destra attorno a Le Pen ed Eric Zemmour e l'estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon. Ieri sera ai Campi di Marzo, Macron ha inviato un messaggio proiettato al futuro, circondandosi di bambini e giovani prima di salire sul palco davanti alla Tour Eiffel per il suo discorso di vittoria. Gli elettori hanno "fatto la scelta di un progetto umanista, ambizioso per l'indipendenza del nostro paese e per l'Europa", ha detto Macron. Ma, appena rieletto, il presidente ha promesso "una nuova era" che "non sarà la continuità" degli ultimi cinque anni. "Nessuno sarà lasciato sul bordo della strada", ha assicurato Macron. Il suo prossimo governo potrebbe essere orientato molto più a sinistra dei due precedenti.

Anche la Slovenia dovrebbe spostarsi a sinistra, ma partendo da molto più a destra, quella di Janez Jansa, che in questi ultimi due anni di premier è stato accusato di minare le fondamenta della democrazia e dello stato di diritto del suo paese. Golob, il leader del Movimento per la libertà che ha sorpreso tutti superando di 10 punti il Partito democratico sloveno di Jansa, ha spiegato che "i cittadini vogliono davvero cambiare". Lo conferma il dato sull'affluenza che, al 68 per cento, è inusualmente alto per la Slovenia. Il Movimento per la libertà, che è nato solo a gennaio, dovrebbe allearsi con il Partito socialdemocratico o la Sinistra per formare il prossimo governo. Golob ha promesso di migliorare la sanità e una transizione a un'economia più verde. Soprattutto la Slovenia dovrebbe riallinearsi nell'Ue ai governi europeisti. La sconfitta di Jansa è quella del sovranismo orbanista. "I risultati sono quello che sono. Congratulazioni al vincitore relativo", ha detto ieri Jansa.

Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di lunedì 25 aprile, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.


In arrivo il sesto pacchetto di sanzioni dell'Ue contro la Russia - Superate le elezioni presidenziali in Francia, questa settimana la Commissione dovrebbe inviare ai governi dell'Unione europea la sua proposta per il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia. Secondo le nostre fonti, tra le nuove misure dovrebbero esserci alcune restrizioni sulle importazioni di petrolio, anche se un embargo totale e immediato è improbabile. La Commissione ha lavorato a diverse opzioni sul petrolio: da un'uscita graduale (come accaduto per il carbone) a limitazioni per il greggio trasportato via mare e via terra (per preservare gli oleodotti che arrivano in Germania e alcuni paesi dell'est). Un'altra ipotesi è utilizzare una forma di tetto per il prezzo del petrolio russo, anche se la misura è di difficile applicazione. Un aiuto al campo anti embargo è arrivato dal segretario al Tesoro, Janet Yellen, che ha lanciato un avvertimento contro un divieto totale immediato perché “avrebbe un impatto dannoso sull'Europa e su altre parti del mondo”. Il sesto pacchetto di sanzioni dell'Ue potrebbe colpire anche Sberbank, una delle due banche con Gazprombank che finora non sono state escluse dal sistema di pagamenti internazionali Swift.

Michel ritiene che Putin non sia informato dalla sua cerchia - Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, venerdì mattina ha avuto una telefonata di novanta minuti con il suo omologo russo, Vladimir Putin. La discussione è stata “difficile”, ci ha detto una fonte dell'Ue, sottolineando che Michel è stato “inequivocabilmente chiaro” sul fatto che l'Ue fornirà “tutto il sostegno possibile all'Ucraina”. In un editoriale Il Foglio spiega che finalmente l'Ue ha deciso di parlare il linguaggio della forza con Putin. Fatto degno di nota: Michel ha elencato a Putin gli errori di calcolo che, a suo avviso, la Russia ha commesso e le perdite subite nell'offensiva contro l'Ucraina. Il presidente del Consiglio europeo è convinto che “non tutte le informazioni sono state condivise in modo trasparente con Putin” dai suoi sottoposti, ci ha detto la nostra fonte dell'Ue. Michel ha spiegato “le conseguenze brutali dell'aggressione sulla società russa. L'impressione è che non riceva le stesse informazioni dalle persone che lo circondano”, ha spiegato la fonte dell'Ue.

Gli europei pronti a offrire una garanzia di sicurezza limitata all'Ucraina - Nella sua conversazione con Putin, Michel ha anche testato il terreno sulla disponibilità del presidente russo ad accettare la neutralità dell'Ucraina e garanzie di sicurezza da parte degli occidentali in caso di accordo di pace. A quanto ci è stato riferito non c'è stata una risposta chiara di Putin. Ma siamo riusciti a capirne di più su che tipo di garanzia di sicurezza gli europei sono pronti ad offrire a Kyiv. Come spieghiamo sul Foglio, non sarà una clausola di difesa stile Nato in caso di aggressione, ma la promessa di fornire armi per permettere all'Ucraina di difendersi da sola.

Ue e Stati Uniti minacciano conseguenze per la Cina - Unione europea e Stati Uniti intendono continuare “a esortare la Cina a non eludere o indebolire le sanzioni contro la Russia e a non fornire alcuna forma di sostegno all'aggressione della Russia contro l'Ucraina”. Lo hanno detto il vicesegretario di Stato americano, Wendy Sherman, e il segretario generale del Servizio europeo di azione esterna, Stefano Sannino, in una dichiarazione congiunta al termine delle loro discussioni di giovedì e venerdì. Ma la frase più interessante del comunicato è quella successiva: Ue e Stati Uniti riaffermano “che tale sostegno avrebbe conseguenze sulle nostre rispettive relazioni con la Cina”.

Von der Leyen corteggia Modi con negoziati di libero scambio - La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, potrebbe offrire al primo ministro indiano, Narendra Modi, di rilanciare i negoziati su un accordo di libero scambio per tentare di allontanarlo dalla Russia di Vladimir Putin. Ieri von der Leyen ha iniziato una visita di due giorni in India. L'incontro con Modi è previsto per oggi. Secondo Bloomberg, con l'offerta dell'Ue di rilanciare i negoziati commerciali, permetterebbe di offrire un'alternativa all'India per diversificare la sua economia e le sue catene di approvvigionamento. Von der Leyen dovrebbe proporre anche la creazione di un consiglio tecnologia per discutere di protezione dei dati personali e digitalizzazione.

Kyiv irritata con l'Austria per il “no” allo status di candidato - Un portavoce ministero degli Esteri ucraino ieri ha espresso il suo disappunto per la possibilità che l'Austria metta il veto alla concessione dello status di paese candidato. Secondo diversi media, in un discorso sabato, il ministro degli Esteri austriaco, Alexander Schallenberg avrebbe detto di essere contrario alla concessione dello status di candidato al Consiglio europeo di giugno e all'adesione dell'Ucraina, preferendo altre forme di associazione con l'Ue.

Anche la Moldova ha risposto al questionario sull'adesione - Dopo l'Ucraina, venerdì anche la Moldova ha risposto alla prima parte del questionario sottoposto dalla Commissione sulla sua domanda di adesione all'Unione europea. “Facciamo un passo per avvicinarsi alla candidatura di adesione all'Ue”, ha detto la presidente moldava Maia Sandu, dopo aver consegnato il questionario all'ambasciatore dell'Ue, Janis Mazeiks. “Siamo pronti a fare la nostra parte rapidamente e diligentemente per dare alla Moldova una chance di un futuro migliore, più sicuro e più prospero”, ha detto Sandu.

Accordo sul Digital Services Act! - I negoziati del Parlamento europeo e la presidenza francese del Consiglio dell'Ue hanno raggiunto un accordo politico sul regolamento del Digital Services Act (Dsa), che insieme al Digital Markets Act (Dma) fisserà le nuove regole per operare nel settore digitale nell'Ue. "Con il Dsa aiutiamo a creare un ambiente online sicuro e responsabile. Le piattaforme dovranno essere trasparenti sulle loro decisioni di moderazione dei contenuti, impedire che la disinformazione pericolosa diventi virale ed evitare che prodotti non sicuri vengano offerti sui mercati", ha spiegato la vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager: "Con l'accordo di oggi garantiamo che le piattaforme siano ritenute responsabili dei rischi che i loro servizi possono comportare per la società e i cittadini". Per la relatrice del Parlamento europeo, la socialista danese Christel Schaldemose, "i cittadini avranno un migliore controllo sul modo in cui i loro dati saranno utilizzati sulle piattaforme online e dalle grandi società digitali". "Con il Dsa, l'epoca in cui le grandi piattaforme online si comportano come se fossero 'troppo grandi per preoccuparsene' sta volgendo al termine", ha detto il commissario al Mercato interno, Thierry Breton: "Il Dsa non sarà una tigre di carta" e "siamo il primo continente a farlo". Il testo dell'intesa che deve essere confermata dalla plenaria del Parlamento europeo e dai governi al Consiglio.

Cosa prevede il Digital Services Act - Il Dsa si applicherà sia alle piattaforme (dai social network come Meta ai marketplace come Amazon) sia ai motori di ricerca (come Google), che dovranno adottare una serie di misure per proteggere gli utenti contro i contenuti, i prodotti e i servizi illeciti. Secondo il testo dell'intesa, i giganti del digitale dovranno reagire più rapidamente per ritirare i contenuti illeciti. I marketplaces come Amazon dovranno assicurarsi che i venditori forniscano informazioni affidabili e condurre maggiori controlli. Le piattaforme, compresi i motori di ricerca, dovranno essere più trasparenti sui sistemi di raccomandazione dei contenuti agli utenti e mettere a disposizione almeno un sistema di raccomandazione di contenuti che non sia basato sulla profilazione. La pubblicità mirata fondata su dati sensibili (orientamento sessuale, religione o origine etnica) sarà vietata, così come quella diretta ai minori. Il Dsa contiene anche nuovi obblighi sui contenuti pericolosi e la disinformazione: le  grandi piattaforme dovranno valutare e attenuare i rischi sistemici e sottoporsi ad audit indipendenti. In caso di crisi - come una minaccia alla sicurezza o alla salute pubblica - la Commissione potrà chiedere alle grandi piattaforme di circoscrivere la minaccia per un periodo limitato a tre mesi.  Le piattaforme e i motori di ricerca rischiano una multa fino al 6 per cento del fatturato mondiale, in caso di non rispetto delle regole. Per le grandi piattaforme con più di 45 milioni di utenti nell'Ue, sarà la Commissione ad avere il potere esclusivo di far rispettare le regole. Per le piccole e medie imprese online sono previsti tempi più lunghi per adeguarsi alle regole.



Il calendario della settimana in Europa

Lunedì 25 aprile
•   Commissione: la presidente von der Leyen in India incontra il premier Narendra Modi e interviene al Raisinia Dialogue
•   Commissione: la vicepresidente Jurova a Ginevra incontra l'Alto commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet
•   Commissione: discorso del commissario Breton all'Industrial Forum
•   Commissione: il commissario Varhelyi a Zagabria
•   Commissione: il commissario Sinkevičius in Colombia (fino al 27 aprile)
•   Parlamento europeo: audizione dei commissari Urpilainen e Lenarcic alla commissione Sviluppo
•   Banca centrale europea: discorso di Fabio Panella alla Columbia University a New York
•   Eurostat: dati sulla produzione nel settore delle costruzioni; dati sul commercio extra-Ue delle materie prime nel 2021; dati sul trasporto modale nel 2020
Martedì 26 aprile
•   Commissione: il vicepresidente Timmermans e la commissario Johansson ricevono il sindaco di Firenze, Dario Nardella
•   Commissione: discorso del vicepresidente Schinas al Wilfried Martens Centre su come è cambiata la sicurezza europea dopo gli attacchi terroristici di Parigi e Bruxelles
•   Commissione: il commissario Breton a Roma
•   Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza
•   Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sulla durata massima dei controlli alle frontiere interne di Schengen); sentenza sulla direttiva sul diritto d'autore)
•   Corte dei conti dell'Ue: rapporto speciale sulla protezione della proprietà intellettuale nell'Ue
•   Eurostat: pubblicazione delle eurostatistiche e dell'inflazione nel 2021; dati sul commercio internazionale di auto nel 2021; dati sulle cause di morte per gruppo di età nel 2019
Mercoledì 27 aprile
•   Commissione: riunione settimanale del collegio dei commissari
•   Servizio europeo di azione esterna: l'Alto rappresentante Borrell in Cile (fino al 1 maggio)
•   Commissione: il commissario Varhelyi a Skopje
•   Commissione: il commissario Sinkevičius in Brasile (fino al 30 aprile)
•   Commissione: discorso della commissaria McGuinness alla Convenzione annuale dei mercati finanziari del Consiglio economico tedesco
•   Consiglio: riunione del Coreper
•   Corte di giustizia dell'UE: sentenza su Airbnb e la trasmissione dei dati sul volume d'affari delle transazioni turistiche)
•   Comitato delle regioni: sessione plenaria (dibattito sull'Ucraina con i sindaci di Mariupol e Melitopol, i commissari Ferreira e Lenarcic e il sindaco di Roma Gualtieri; dibattito sui rapporti con il Regno Unito con il commissario Sefcovic)
•   Eurostat: dati sulla mortalità e l'aspettativa di vita nel 2020
Giovedì 28 aprile
•   Commissione: il vicepresidente Timmermans riceve il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri
•   Commissione: la commissaria Johansson a Varsavia
•   Commissione: il commissario Varhelyi a Tirana
•   Parlamento europeo: conferenza dei presidenti con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg
•   Parlamento europeo: dibattito alla commissione Economica sul rapporto annuale della Bce con il suo vicepresidente Luis de Guindos
•   Parlamento europeo: audizione del vicepresidente Sefcovic davanti alla commissione Affari costituzionali
•   Parlamento europeo: audizione della commissaria Dalli davanti alla commissione Occupazione e affari sociali
•   Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza
•   Comitato delle regioni: sessione plenaria (dibattito sulla promozione dei valori democratici con la commissaria Suica)
•   Banca centrale europea: pubblicazione del rapporto annuale 2021
•   Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sul trattamento dei dati personali da parte di Meta; sentenza sui vini importanti dalla Moldavia)
•   Eurostat: dati sui conti delle famiglie nel quarto trimestre del 2021; tasso di occupazione nel 2021; dati sulla fertilità nel 2020; dati sulle scuole nel 2020
Venerdì 29 aprile
•   Conferenza sul futuro dell'Europa: sessione plenaria (a Strasburgo)
•   Consiglio: riunione del Coreper
•   Eurostat: stima flash dell'inflazione ad aprile; stima flash del Pil della zona euro e dell'Ue nel primo trimestre del 2022; dati sui prezzi dell'elettricità e del gas nel secondo semestre del 2021; dati sulla disoccupazione regionale nel 2021; rapporto mensile sull'asilo a gennaio del 2022; dati sul trasporto aereo nell'agosto del 2021
•   Eurostat: webinar sulle statistiche nel mercato del lavoro
Sabato 30 aprile
•   Conferenza sul futuro dell'Europa: sessione plenaria (a Strasburgo)
Domenica 1 maggio
•   Servizio europeo di azione esterna: l'Alto rappresentante Borrell a Panama (fino al 3 maggio)



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« Risposta #66 inserito:: Aprile 27, 2022, 06:25:35 pm »

Nonostante la vittoria di Emmanuel Macron su Marine Le Pen domenica, l'Unione europea si prepara ad altri due mesi di batticuore in vista di quello che in Francia chiamano “il terzo turno delle presidenziali”.
I francesi torneranno alle urne il 12 e 19 giugno per eleggere la nuova Assemblea nazionale. Il terzo turno delle presidenziali sono i due turni delle elezioni legislative. Con la nuova configurazione emersa dal voto presidenziale, con tre poli costituiti dal centro, dall'estrema destra e dall'estrema sinistra, la paura è che Macron si ritrovi costretto alla coabitazione con un governo antisistema o con un'Assemblea senza maggioranza. “La coabitazione sarebbe un problema per l'approvazione di alcune misure faro della legislatura europea”, ci ha detto ieri una fonte dell'Ue.
La Francia si troverebbe rappresentata da Macron al Consiglio europeo e da ministri di tendenze completamente diverse al Consiglio dell'Ue, che deve approvare le singole misure legislative. “Il pericolo è la paralisi”, ci ha spiegato la nostra fonte. Un esempio: è difficile immaginare che un governo guidato da Marine Le Pen o Jean-Luc Mélenchon accetti di dare il via libera a un accordo di libero scambio concluso dall'Ue. Ma il pericolo appare fortemente esagerato.

Il primo sondaggio sul terzo “turno delle presidenziali” è stato realizzato da Harris Interactive per Challenges. Al primo turno delle legislative, La République En Marche di Macron dovrebbe ottenere il 24 per cento, davanti al Rassemblement National di Le Pen con il 23 per cento e la France Insoumise di Mélenchon con il 19 per cento. Più indietro arrivano i gollisti dei Républicains con (8 per cento), i Verdi (8 per cento), la Reconquete di Eric Zemmour (7 per cento) e il Partito socialista (3 per cento). Il risultato in termini di seggi potrebbe sembrare sorprendente alla luce del primo turno delle presidenziali, ma non per chi conosce le meccaniche elettorali in Francia. Ci sono due scenari. Nel primo, senza alleanze tra i vari partiti dei tre poli, La République En Marche otterrebbe tra i 328 e i 368 seggi. Il Rassemblement National si fermerebbe a 75-105 seggi. I Républicains avrebbero 35-65 seggi. La France Insoumise strapperebbe solo 25-45 seggi, poco più del Partito socialista con 20-40 seggi. Nel secondo scenario, con alleanze compatte attorno ai tre poli, i centristi di Macron (con i gollisti) otterrebbero tra i 326 e i 366 seggi. Il polo di estrema destra attorno a Le Pen (con Zemmour) avrebbe 117-147 seggi. Il polo di estrema sinistra di Mélenchon (con i socialisti e i Verdi) si fermerebbe a 73-93 seggi. Sul Foglio Mauro Zanon racconta come alle legislative destra e sinistra radicali vogliono la rivincita contro Macron. Ma, in entrambi gli scenari, Macron avrebbe la maggioranza assoluta all'Assemblea nazionale.

Due mesi sono lunghi e tutto può cambiare. Ma anche a livello europeo i timori di Macron con le mani legate da una coabitazione potrebbero essere esagerati. Il presidente siede comunque al Consiglio europeo e ha libertà di scegliersi il primo ministro e il ministro degli Esteri. La politica estera e i grandi orientamenti sull'Ue rimarrebbero di prerogativa di Macron. Sul Foglio spieghiamo che la rielezione di Macron apre le porte a un nuovo periodo di ristrutturazione dell'Ue. Ci sono i cantieri già aperti su impulso del presidente francese. Anche i più scettici si sono convinti della necessità dell'autonomia strategica. Ci sono nuovi cantieri da aprire, compresa l'ipotesi di una riforma dei trattati sull'onda della Conferenza sul futuro dell'Europa. In campagna elettorale, Macron non ha delineato le sue intenzioni europee. Le nuove proposte di Macron sull'Ue potrebbero arrivare il 9 maggio, festa dell'Europa e giorno di chiusura della Conferenza sul futuro dell'Europa. Il momento è doppiamente simbolico, e probabilmente dunque anche i contenuti. Quel giorno Vladimir Putin farà sfilare i carri-armati per le strade di Mosca per celebrare la Giornata della Vittoria in piena guerra contro l'Ucraina.

Nel frattempo in Francia si discute molto di come sarà il secondo mandato di Macron sul piano nazionale. Sul Foglio Paola Peduzzi spiega come il presidente ambisca al monopolio dei cuori percorrendo la strada dei dibattiti per ricucire una Francia a pezzetti. Sempre sul Foglio Marina Valensise ha interrogato Nicolas Baverez: il politologo spiega che per federare le anime diverse dei francesi e colmare le fratture della società serve meno Jupiter e più proximité. Fuori dai confini francesi e dell'Ue, il premier britannico, Boris Johnson, ieri ha lasciato intendere di volere un reset delle relazioni con Macron. "Condividiamo una prospettiva comune, molto simile, e l'unità dell'Occidente, l'unità della Nato, è assolutamente vitale per la posizione che abbiamo preso contro Putin. E questo ora continuerà", ha detto Johnson. Ma non sarà una nuova intesa cordiale. "La nostra prima sfida non è la relazione tra il Regno Unito e la Francia", ha già detto il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire.



Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di martedì 26 aprile, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.



La Commissione aspetta il nuovo governo in Slovenia prima di congratularsi - Contrariamente a quanto accaduto per Emmanuel Macron, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, non ha inviato un messaggio di congratulazioni al vincitore delle elezioni in Slovenia. Robert Golob, con il suo neonato Movimento per la libertà, è riuscito a cacciare il premier nazionalista, Janez Jansa, liberando l'Ue di un orbaniano. Una fonte ci ha spiegato che la Commissione intende aspettare la formazione del nuovo governo sloveno prima di congratularsi. Così vuole la prassi. Il caso francese è diverso perché l'elezione del capo dello stato avviene per suffragio universale diretto e non c'è bisogno di un voto di fiducia in Parlamento.
 
Per Lavrov il pericolo di un conflitto nucleare è "reale" - La Russia di Vladimir Putin è tornata ieri a minacciare implicitamente un conflitto nucleare con l'occidente per il suo sostegno all'Ucraina, come sempre a modo suo, attribuendo ad altri la responsabilità. "Non voglio alzare questi rischi artificialmente. Molti lo vorrebbero", ha detto il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, in un'intervista televisiva, secondo la trascrizione fornita dal suo ministero. "Il pericolo è serio, reale. E non dobbiamo sottovalutarlo", ha detto Lavrov, aggiungendo che la Russia vuole ridurre i rischi di conflitto nucleare. Sul Foglio Cecilia Sala spiega che nel Donbas l'offensiva della Russia va a rilento, in una ripetizione degli errori della prima fase della guerra di Putin.
 
Esplosioni in Transnistria - Alcune esplosioni hanno colpito ieri la sede dei servizi di sicurezza della Transnistria, due giorni dopo che la Russia ha parlato della possibilità di un intervento in questa regione separatista della Moldova denunciando l'oppressione dei russofoni. La Transnistria è controllata da separatisti pro-russi e ospita basi e depsoiti di armi russe al confine occidentale dell'Ucraina. Sul Foglio Micol Flammini spiega i rischi di trascinare anche la Moldova nella guerra contro l'Ucraina.
 
La candidatura di Finlandia e Svezia alla Nato a metà maggio - La guerra della Russia contro l'Ucraina sta spingendo Finlandia e Svezia a correre sempre più veloce per proteggersi sotto l'ombrello di sicurezza della Nato. Secondo il quotidiano finlandese Iltalehti, i governi di Finlandia e Svezia potrebbero presentare la loro domanda di adesione alla Nato a partire dal 16 di maggio per poter ottenere il via libera al vertice dell'Alleanza atlantica di giugno. Nel frattempo, secondo il giornale svedese Aftonbladet, la Svezia avrebbe ottenuto da Stati Uniti e Regno Unito garanzie di sicurezza nel lasso di tempo che interverrà tra la domanda di adesione e l'ingresso effettivo nella Nato.

La leader della Spd chiede a Schröder di dimettersi dal partito - La leader della Spd in Germania, Saskia Esken, ha chiesto all'ex cancelliere Gerhard Schröder di lasciare il partito, dopo che in un'intervista al New York Times l'ex cancelliere ha confermato di non avere l'intenzione di dimettersi dalla presidenza di Rosneft e Nord Stream. Dimettersi da questi incarichi "sarebbe stato necessario per salvare la sua reputazione di ex cancelliere", ha detto Esken alla Deutschlandradio: "Purtroppo non ha seguito questo consiglio". A Esken è stato chiesto se Schröder debba rinunciare alla sua iscrizione alla Spd. "Dovrebbe", è stata la risposta. Secondo Esken, "Schröder ha agito per diversi anni come uomo d'affari e dobbiamo smettere di considerarlo come un vecchio statista, un ex cancelliere. Ha guadagnato soldi con il lavoro per le imprese di stato russe e la sua difesa di Vladimir Putin dall'accusa di crimini di guerra è assolutamente assurda", ha spiegato Esken, che condivide la leadership della Spd con Lars Klingbeil. In un editoriale Il Foglio spiega che la Spd si è finalmente svegliata su Schröder, ma dovrebbe svegliarsi anche su Olaf Scholz.

Un nuovo mandato a Eurojust per i crimini di guerra - La Commissione ieri ha proposto di modificare il regolamento Eurojust per dare all'agenzia la possibilità di raccogliere, conservare e condividere prove di crimini di guerra. La proposta arriva nel contesto della guerra della Russia contro l'Ucraina. Secondo la Commissione, a causa del conflitto, è difficile stoccare e conservare le prove in sicurezza in Ucraina ed è dunque meglio portarle fuori dal paese per permettere di sostenere le inchieste e i procedimenti delle autorità giudiziarie europee e internazionali contro i responsabili di crimini di guerra. “Dobbiamo rafforzare Eurojust affinché disponga degli strumenti necessari per far fronte all'ampiezza delle atrocità commesse in Ucraina”, ha detto la vicepresidente della Commissione, Vera Jourová. Il mandato di Eurojust sarà modificato anche per permettere all'agenzia di cooperare direttamente con la Corte penale internazionale.

Von der Leyen corteggia l'India con la carta rivalità con la Cina - L'esito della guerra della Russia contro l'Ucraina “non determinerà solo il futuro dell'Europa, ma avrà un impatto profondo anche sulla regione Indo-Pacifico”, ha detto ieri la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, in una visita a Nuova Delhi per rafforzare i legami tra l'Ue e l'India. Nei suoi incontri con il premier Narendra Modi e in un discorso pubblico, von der Leyen ha giocato la carta della rivalità con la Cina per cercare di allontanare l'India dalla Russia. “La Russia e la Cina hanno forgiato un patto senza restrizioni”, ha spiegato von der Leyen: “Hanno dichiarato che la loro amicizia è senza limiti (…)”. Ue e India “sono le due più grandi democrazie al mondo” e “dobbiamo tutti scegliere se vogliamo che una Terra Nova sia un luogo selvaggio, pericoloso e invivibile o una casa migliore per tutta l'umanità. Sono convinta che le democrazie avranno un ruolo cruciale da svolgere nella definizione del mondo di domani”, ha detto von der Leyen nel suo discorso al Raisina Dialogue.

Von der Leyen offre a Modi un Consiglio commercio e tecnologia - Nel loro incontro di ieri von der Leyen e Modi hanno annunciato un accordo per lanciare un Consiglio Ue-India per il commercio e la tecnologia. Fatto simbolico: “Questo è il secondo Consiglio commercio e tecnologia dopo quello con gli Stati Uniti”, ha spiegato la portavoce della Commissione: “Questo dimostra l'importanza che diamo alla relazione con l'India”. Questo meccanismo di coordinamento strategico dovrebbe consentire a entrambi i partner di discutere le sfide legate al commercio, alle nuove tecnologie e alla sicurezza sicurezza, rafforzando in tal modo la cooperazione in questi settori. Secondo il comunicato della Commissione, von der Leyen e Modi hanno “riconosciuto come il rapido evolversi del contesto geopolitico evidenzi la necessità di un impegno strategico congiunto e approfondito” tra Ue e India: “L'istituzione del Consiglio Ue-India per il commercio e la tecnologia è un passo fondamentale nella direzione di un partenariato strategico rafforzato”. Il portavoce della Commissione, tuttavia, non ha precisato quando e come verrà lanciato il nuovo Consiglio Ue-India.

Il Twitter di Musk alla prova del Dsa - Elon Musk da ieri sera è il nuovo e unico proprietario di Twitter, dopo che il consiglio di amministrazione del social network ha accettato un'offerta da 44 miliardi di dollari. Musk ha subito twittato il suo programma: "La libertà di parola è il fondamento di una democrazia funzionante, e Twitter è la piazza digitale dove questioni vitali per il futuro dell'umanità sono dibattute". Musk vuole migliorare Twitter con nuove funzioni, rendere gli algoritmi open source per aumentare la fiducia, sconfiggere i bot che spammano e autenticare tutti gli utenti umani. "Twitter ha un potenziale tremendo", ha detto Musk. Ma sulle due sponde dell'Atlantico c'è preoccupazione che la libertà di parola versione Musk si trasformi in libertà di disinformazione, propaganda e odio. La trasformazione di Twitter con Musk potrebbe rivelarsi il primo banco di prova del Digital Services Act (Dsa), su cui Parlamento europeo e governi hanno appena trovato un'intesa. "Ci sono cose interessanti in quello che Musk vuole fare per Twitter, ma ricordiamo che il Dsa - e dunque l'obbligo di lottare contro la disinformazione, l'odio online, eccetera - si applicherà a prescindere dall'ideologia del suo proprietario", ha detto il segretario di stato francese per la Transizione digitale, Cédric O.

La Commissione approva 2 miliardi di aiuti di stato per la 5G in Italia - La Commissione ieri ha approvato un regime da 2 miliardi di euro di aiuti di stato che l'Italia ha messo a disposizione attraverso il piano nazionale per la ripresa e la resilienza per la diffusione di reti mobili 5G ad alte prestazioni. Grazie a questi aiuti “i consumatori e le imprese potranno accedere a servizi 5G di alta qualità, contribuendo alla crescita economica del paese e agli obiettivi strategici dell'Ue relativi alla transizione digitale”, ha detto la vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager. Gli aiuti, validi fino al 2026, assumeranno la forma di sovvenzioni dirette a favore dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica per finanziare la realizzazione di reti di backhaul e delle stazioni di base necessarie alla fornitura di servizi mobili 5G.

Veicoli a motore e giocattoli in cima alla lista dei prodotti pericolosi - Il commissario alla Giustizia, Didier Reynders, ieri ha presentato la relazione annuale sul Safety Gate, il sistema di allarme rapido dell'Ue per i prodotti non alimentari pericolosi. In base alle segnalazioni notificate nel 2021, per la prima volta le automobili figurano in cima all'elenco dei prodotti pericolosi, seguite dai giocattoli e dagli apparecchi e dispositivi elettronici. Lo scorso anno, le segnalazioni nel sistema Safety Gate sono state 2.142. Per i veicoli a motore si è fatto prevalentemente ricorso al richiamo del prodotto a causa di problemi tecnici, mentre per i giocattoli ci si è incentrati sulla presenza di sostanze chimiche pericolose e di pile a pastiglia. I problemi più comuni segnalati per gli apparecchi e dispositivi elettrici riguardavano parti in tensione esposte e surriscaldamento. Inoltre, secondo la Commissione, nel contesto della pandemia di Covid-19, i dispositivi di protezione come le mascherine rappresentano ancora una parte considerevole dei prodotti pericolosi. In questo contesto, e dato il ruolo che giocano le piattaforme nelle vendite online, la Commissione  anche annunciato un nuovo strumento di vigilanza elettronica chiamato "web crawler" che aiuterà le autorità nazionali a intercettare le offerte online dei prodotti non sicuri segnalati nel Safety Gate.

La produzione nel settore delle costruzioni in crescita in febbraio - Da gennaio a febbraio la produzione nel settore delle costruzioni è cresciuta del 1,9 per cento nell'area euro e dell'1,1 per cento nell'Ue a 27, secondo i dati pubblicati ieri da Eurostat. Tra gli stati membri, gli aumenti maggiori sono stati registrati in Ungheria (+13,3 per cento), Slovenia (+8,4 per cento) e Austria (+5,3 per cento). L'Italia ha segnato un aumento del 3,9 per cento. Per contro la produzione nel settore delle costruzioni è scesa in Svezia (-11,4 per cento), Polonia (-6,0 per cento) e Germania (-0,7 per cento).


Da - https://mailchi.mp/ilfoglio/ue-terzo-turno-francia?e=fbfc868b87
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« Risposta #67 inserito:: Maggio 10, 2022, 12:21:53 am »

Roberto Cocchis ha commentato.
CroniStoria

30 Aprile 1943

Durante la Seconda guerra mondiale va in scena l'Operazione Mincemeat: il sottomarino britannico HMS Seraph emerge nel Mediterraneo al largo della costa spagnola rilasciando un cadavere con addosso falsi piani di invasione e vestito con un'uniforme da ufficiale del controspionaggio britannico
Ideata dal capitano della marina britannica Ewen Montagu, il quale pare si ispirò ad un racconto di Ian Fleming al tempo suo collega nel servizio segreto navale di Sua Maestà, l'Operazione Mincemeat, tradotta dall'inglese "Carne trita", fu un piano condotto dai Servizi segreti britannici allo scopo di far credere all'esercito nazista l'imminenza di sbarchi alleati in Grecia e Sardegna e che la Sicilia sarebbe stata utilizzata a sua volta come semplice diversivo per distrarre le forze dell'asse dai veri obiettivi principali degli anglo-americani. Il piano inglese e statunitense consistette nel far giungere alla deriva, sulla costa Spagnola nei pressi di Huelva, il corpo esanime di quella che sembrava la vittima di un incidente aereo, un tale "William Martin" (il corpo in realtà era quello del suicida gallese, Glyndwr Michael, morto per avvelenamento da topicida) vestito con la divisa di maggiore dei Royal Marines ed appartenente al Combined Operation Command alleato e con indosso alcuni documenti top-secret, chiaramente dei falsi, nella speranza che i servizi segreti nazisti abboccassero all'inganno e fossero depistati. I due documenti chiave che dovevano essere ritrovati dai nazisti e che vennero creati appositamente per confezionare l'inganno erano due lettere: la prima, il documento principale, era quella del vicecapo di stato maggiore imperiale Archibald Nye indirizzata al comandante del 18º Gruppo di Armate Harold Alexander e faceva riferimento ad un'offensiva contro la Grecia e indicava falsamente come finto obiettivo la Sicilia.

Inoltre, in aggiunta, vennero indicati due (falsi) assalti chiamati operazione Husky (nome che venne dato poi effettivamente all'operazione di sbarco in Sicilia e che invece nella lettera veniva associato alla Grecia in modo che se i tedeschi avessero intercettato dei messaggi contenenti tale nome, avrebbero pensato ad un'operazione nel paese balcanico) ed operazione Brimstone (totalmente inventata e riferita ad un non precisato punto del Mediterraneo); la seconda, una missiva inviata dall'ammiraglio Louis Mountbatten, capo del Combined Operations, all'ammiraglio Cunningham, comandante navale alleato del Mediterraneo e nella quale Martin veniva indicato come un esperto di guerra anfibia in prestito all'esercito fino a quando "l'assalto è finito". Il documento inoltre conteneva una goffa battuta sulle sardine, che Montagu aveva inserito appositamente nella speranza che i tedeschi avessero visto questa come un riferimento a una probabile invasione della Sardegna. Infine, per rendere più credibile la messinscena sul cadavere vennero aggiunti numerosi effetti personali falsificati appositamente come le lettere della falsa fidanzata Pam, del padre e addirittura una falsa lettera di sollecito della Lloyds Bank.
La gendarmeria spagnola, una volta recuperato il cadavere, provvide a fare delle copie degli incartamenti che il presunto cadavere conteneva in una cartelletta legata alla cintura del suo trench e inviò tali documenti all'Abwehr Alolf Clauss che, consideratili autentici, provvide immediatamente ad informare i suoi diretti superiori. L'intero bluff ebbe successo e i nazifascisti disposero parte delle loro difese proprio come speravano gli alleati lasciando in parte sguarnita la Sicilia: il 14 maggio 1943 l'ammiraglio Karl Dönitz incontrò Hitler per discutere delle questioni relative all'avanzamento della guerra e della recente incontro avuto con il leader italiano Benito Mussolini e riferendosi ai documenti rinvenuti in Spagna ed appartenenti al maggiore William Martin come "ordine anglosassone", registrò che:
"Il Führer non è d'accordo con Mussolini che il punto di invasione più probabile è la Sicilia. Inoltre, ritiene che l'ordine anglosassone scoperto confermi l'assunto che gli attacchi pianificati saranno diretti principalmente contro la Sardegna e il Peloponneso"

Hitler, infatti, comunicò all'alleato italiano che la Grecia, la Sardegna e la Corsica dovevano essere difese "a tutti i costi" e che le truppe tedesche sarebbero state nella posizione migliore per svolgere tale lavoro. Verso la fine di giugno, il contingente delle truppe tedesche in Sardegna era raddoppiato a 10.000 unità, con aerei da combattimento come supporto; due divisioni panzer furono trasferite nei Balcani dal fronte orientale e siluri tedeschi furono trasferiti dalla Sicilia alle isole greche.

Infine, Sette divisioni tedesche si trasferirono in Grecia, portando il numero presente a otto, e in totale dieci divisioni furono inviate nei Balcani, portando il numero complessivo a diciotto. Il 9 luglio del 1943 gli alleati invasero la Sicilia dando il via all'Operazione Husky. Sembrerebbe che per un periodo considerevole successivo allo sbarco Hitler fosse ancora convinto dell'imminenza di un attacco alleato diretto ai Balcani e alla fine di luglio inviò il generale Erwin Rommel a Salonicco per preparare la difesa dell'intera regione. Quando l'Alto Comando tedesco comprese l'errore, era ormai troppo tardi per correre ai ripari.

Da Fb del 30 aprile 2022
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« Risposta #68 inserito:: Maggio 21, 2022, 09:10:37 pm »

Dibattito:
La Ue e i Balcani: la scommessa dell'allargamento
I Balcani Occidentali richiedono un grande impegno dell’Europa e dell’Italia

Lodovico Sonego
Già Presidente della Delegazione parlamentare italiana presso la Central European Initiative

Oltre il desiderio e la retorica
Il CeSPI propone un aggiornamento sui Balcani Occidentali con un documento che, premesse varie affermazioni, sollecita il dibattito con alcune domande. Fra le affermazioni vi è: “Una piena appartenenza della Serbia all’Unione europea potrà evitare il rischio che Belgrado sia attratta in altre orbite”, e poi “E’ l’inclusione europea che sollecita Serbia e Kosovo a normalizzare le loro relazioni.”. Le asserzioni citate vanno discusse.
L’europeismo dei paesi fondatori, a volte collocato in un’area che sta tra desiderio e retorica, ritiene che l’ingresso nelle istituzioni comunitarie sia di per sé un fattore stabilizzante e di adesione ai valori liberaldemocratici dell’Occidente. Gli anni più recenti e le esperienze di Polonia, Ungheria, Cechia hanno svelato che per i longevi governi eletti in quei paesi l’Ue è certamente una scelta di campo occidentale, ma non liberaldemocratica. Ancor più recentemente si è realizzato che vi sono paesi - i Frugali, Olanda in primis - che considerano certamente l’adesione all’Unione come una scelta di campo occidentale, liberaldemocratica, di utile partecipazione al più grande mercato unico ma assai meno come condivisione di un comune progetto propriamente politico. Oggi, in altri termini, ciò che davvero accomuna senza riserve i ventisette dell’Ue è l’opzione occidentale e del mercato unico; per unione politica e liberaldemocrazia ci sono geometrie e sfumature variabili.


È tuttora vero che The Balkans produce more history than they can consume, ossia che quella regione d’Europa è in grado di esportare consistenti criticità nell’intero continente ed è per questo, volendo invertire la bilancia commerciale della politica, che si cerca di indurre i Balcani ad importare l’opzione occidentale e la liberaldemocrazia tramite il processo di adesione all’Ue. Serbia e Bosnia Erzegovina, in misura minore il Kosovo per ragioni che vedremo, sono il banco di prova di questo programma di integrazione.
Serbia
Dal 1° marzo 2012 il Paese gode dello status di candidato all’Ue e dei 35 capitoli dell’istruttoria 2 sono stati provvisoriamente chiusi, 17 sono aperti e in corso d’esame; un processo da incoraggiare e sostenere. Molto difficile fare previsioni sul timing dell’intera istruttoria perché dipende dalla celerità delle riforme domestiche. Vi è tuttavia un’ulteriore questione, non formalizzata ma non per questo meno cogente. L’accesso all’Ue di tutti i paesi dell’ex blocco sovietico e della disciolta Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia è sempre stato preceduto dalla membership della NATO, l’unica eccezione è la Bulgaria che compie le due adesioni lo stesso giorno. L’ingresso in Europa è sempre preceduto cioè da un’opzione occidentale – transatlantica - netta e formalizzata ed è per questa ragione che oggi l’Unione appare divisa su molti aspetti ma non sull’appartenenza al blocco geostrategico di riferimento.
La Serbia non entra nella NATO perché non lo vogliono i cittadini e nemmeno le élite, la memoria dei bombardamenti su Belgrado comandati dal quartier generale di Mons ha del resto il suo peso, ma vi è di più; per varie ragioni che non vengono qui nemmeno richiamate il sentiment diffuso non è tale da consentire la scelta occidentale e la collocazione del Paese è pertanto quella di una discutibile neutralità, non certamente la neutralità dell’Austria di cui non è dubitabile la collocazione occidentale. Belgrado ha firmato accordi di collaborazione con la NATO ma la cooperazione militare con Mosca è molto più operativa e si traduce in forniture di alcuni MIG 29, vari carri T72 ed altro ancora. Gli incontri fra i due capi di stato e i due governi sono frequenti. Da un punto di vista formale accesso all’UE e adesione alla NATO sono del tutto disaccoppiati, ma quel decoupling è destinato ad esaurirsi man mano che l’Unione procede sulla strada di una politica estera comune che per forza di cose implica anche un’unica politica della sicurezza: e il momento della convergenza tra vecchi e nuovi requisiti di adesione potrebbe essere meno lontano di quanto si pensi.

Lo scorso 17 giugno il Consiglio dell’Unione Europea ha varato ambiziose Conclusions on Security and Defence: lecito prevedere che in assenza della Gran Bretagna quel programma potrà camminare con meno ostacoli e se paesi come gli ex Patto di Varsavia o Slovenia e Croazia lo criticheranno lo faranno semmai chiedendo maggiore assertività. La questione occidentale come argomento geostrategico assumerà un ruolo crescente nella vicenda serba e balcanica.
Bosnia ed Erzegovina
Dayton 1995 ha miracolosamente stabilizzato l’intera area dei Balcani occidentali dopo la stagione dei genocidi e della guerra guerreggiata. In realtà quell’intesa fu l’esito del massiccio ricorso NATO alla forza delle armi che consentì, in particolare, la complessa composizione dei rapporti nazionali e istituzionali che organizzano l’odierna statualità della Bosnia ed Erzegovina: due entità, la Federazione di Bosnia ed Erzegovina, la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina e poi il Distretto di Brčko. Il miracolo Dayton si sta progressivamente esaurendo perché la complicata ingegneria istituzionale del Paese, frutto dell’accordo, impedisce qualsiasi evoluzione politica, economica, sociale, istituzionale. L’ordinamento costituzionale è tale, per fare solo un esempio, da permettere alla Republika Serpska di impedire l’adesione della BIH alla NATO invocando certe competenze demaniali che stanno in capo esclusivamente a ciascuna delle due entità. In queste condizioni sarà proibitivo dare corso alle riforme per entrare nell’UE il cui accesso è stato chiesto il 15 febbraio 2016.
La situazione non può che deteriorarsi. La Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina che raccoglie la quasi totalità dei serbi del Paese è rilevante per il ruolo interno ma merita attenzione pure per l’influenza che esercita su Belgrado; la Serbia e il suo Capo di stato Aleksandar Vučić sono i tutori della confinante entità serba ma volendo e dovendo svolgere questa funzione - anche quando il leader di quell’entità Milorad Dodik esaspera la contesa - finiscono per essere prigionieri della politica di Banja Luka per evitare di apparire troppo poco nazionalisti. Ne esce un legame abbastanza inestricabile tra le dinamiche bosniaco erzegovesi e quelle serbe, è una prigionia che indebolisce Vučić che qualche anno fa veniva percepito come un conservatore evoluzionista.
Dunque, una parte della vicenda serba si declina in Bosnia Erzegovina e mette in luce che anche per questa ragione i due grandi nodi dei Balcani occidentali stanno a Belgrado e Sarajevo.
Lungimiranza suggerisce che il secondo vada affrontato con un Dayton-2 che riscriva la costituzione della Bosnia Erzegovina; si tratta naturalmente di un notevole grattacapo che tuttavia è meno problematico del lento ma esiziale deterioramento che si è menzionato. Una nuova Dayton richiede un consistente ruolo politico dell’Europa ma, come nel 1995, l’imprescindibile ruolo politico, e non solo, degli Stati Uniti che confermano anche in questo modo la loro rilevanza nella regione. Di questo dirò qualcosa al punto successivo.
Le diplomazie
Lo scorso 10 luglio la questione kosovara è stata oggetto di un video vertice fra il Presidente francese Emmanuel Macron, la Cancelliera Angela Merkel, il Presidente serbo Aleksandar Vučić e il Primo ministro kosovaro Avdullah Hoti in supplenza del Presidente Hashim Thaci, chiamato in causa dalla Corte Penale Internazionale dell’Aia per crimini di guerra (l’azione della Corte dell’Aia è la ragione che ha causato il rinvio sine die del vertice convocato per il 27 giugno scorso a Washington dall’Inviato Speciale Presidenziale Richard Grenell. Vi avrebbero dovuto partecipare Aleksandar Vučić e Hashim Thaci. Il secondo ha rinunciato al viaggio proprio a causa dell’inchiesta penale internazionale). La conversazione non ha prodotto esiti se non un programma di ulteriori incontri che si svolgeranno con il patrocinio dell’alto rappresentante UE Josep Borrell e la collaborazione del suo inviato speciale Miroslov Lajcak. Viste le complessità l’esito era previsto, ma giova notare che il summit segna un utile rilancio del dialogo. Necessaria invece qualche presa d’atto di contesto.
In primo luogo, il tandem franco tedesco assume la guida del processo di normalizzazione ed integrazione dei Balcani. Ciò accade, in maniera apparentemente paradossale, poco dopo la “gaffe” con cui nel 2019 la Francia impresse una brusca frenata al processo di adesione, suscitando nell’Europa del Sud Est un sentimento antifrancese e disillusione verso l’Europa. In realtà, alla luce delle considerazioni espresse al punto 2, lo stop francese assume il significato del realismo e della prudenza a cui ha poi fatto seguito, e significativamente proprio su proposta francese, un nuovo approccio della Commissione europea, che il 5 febbraio 2020 lancia una politica per Rafforzare il processo di adesione - Una prospettiva europea credibile per i Balcani occidentali.


Il tandem franco tedesco non esclude il Processo di Berlino ma certamente lo ridimensiona con conseguenze che riguardano anche la funzione politica dell’Italia, che pure nei Balcani ha una presenza economica importante a cominciare dal ruolo dei propri gruppi bancari, di Terna, di varie imprese manifatturiere.
In altri termini si pone la questione di un profilo italiano che, ferma restando la condivisibile impostazione di fondo, sia più assertiva; ciò richiede alla guida politica del MAECI un’autorevolezza che negli anni è stata intermittente. Cancelleria, MAECI e Bundestag hanno utilmente riscoperto la crucialità dei Balcani nel 2014 dopo anni di negligenza motivata dalla presunzione che Dayton avesse risolto l’argomento; Berlino ha ripreso l’impegno ma a volte con conoscenza e comprensione discutibili. È accaduto per esempio che Cancelleria ed entrambe le ali del Bundestag appoggiassero con un filo di ingenuità la proposta di Aleksandar Vučić che puntava ad un’area di libero scambio tra Albania e i paesi dell’ex Jugoslavia non ancora Ue. Uno Zollverein propedeutico all’Ue. Ipotesi del tutto propagandistica se solo si pensa che implicava il riconoscimento serbo del Kosovo oppure l’esclusione di questi dall’accordo con vari risvolti, fra cui un problema in Albania. L’Austria, al contrario, esprime da sempre competenza e comprensione per le dinamiche balcaniche nonché uno sforzo organizzato per la propria presenza economica nella regione. L’elezione di Donald Trump con la ritirata degli Stati Uniti da molti scenari esteri ha fatto temere il disimpegno di Washington dal Sud Est europeo. In realtà il deep state di Pentagono e Dipartimento di Stato, nonché entrambi gli schieramenti del Congresso, hanno da subito confermato alle rappresentanze diplomatiche americane dell’area la continuità dell’impegno USA. A rafforzare l’ingaggio vi è stata la nomina due special envoy: l’Inviato Speciale Presidenziale Richard Grenell e il rappresentante Speciale per I Balcani occidentali Matthew Palmer. Entrambi molto attivi.
Vale la pena di aggiungere che nell’affollata varietà dei format diplomatici presenti nell’area vi è il 16+1 che include fra i sedici tutti i paesi del Sud Est Europa accanto agli stati membri Ue dell’ex blocco sovietico, e dove il +1 è Xi Jinping in persona, nonché la Three Seas Initiative nata su impulso di Croazia e Polonia e che ora include Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. La TSI è nata per iniziativa dei due paesi europei ma è ben presto stata molto influenzata dagli Stati Uniti: il Partito Repubblicano e il Presidente Donald Trump vi attribuiscono una considerevole importanza.
L’Unione Europea non apprezza, la Germania nemmeno, e a ragione.
Il Presidente della Commissione Romano Prodi completò con successo e sulla base di un percorso accelerato l’adesione di tutta la regione europea centro-orientale; l’allargamento, effettivamente assai rapido, fu poi criticato sotto più aspetti e il rimprovero riemerge anche oggi quando con riferimento ai newcomers si discute dello stato di diritto. La vera molla che spinse Prodi a quell’accelerazione fu il desiderio tutto politico di includere quei paesi di neonata democrazia nel contesto istituzionale, economico, di mercato regolamentato, valoriale dell’Unione Europea per evitare che diventassero una vasta regione del continente inclusa nello schema di un liberismo senza freni di tipo statunitense e dominato direttamente dalla leadership di Washington. Una grande regione europea che agisce da succursale USA. La TSI a guida americana si ripropone oggi quell’obiettivo in chiave anti Ue ed antirussa trovando orecchie attente per entrambi gli scopi.
NATO
Torniamo brevemente sulla questione dell’opzione occidentale discussa al punto 2. La NATO non è solo un’intesa difensiva, è una coalizione politico-militare in cui l’aspetto politico del binomio manifesta il rilievo della scelta di campo occidentale. In questa luce l’adesione all’Alleanza di Albania (2009), Montenegro (2017) e Macedonia del Nord (2020) costituisce una facilitazione per l’ingresso dei tre paesi nell’Ue. Comprensibile l’irritazione di Mosca per la scelta di Podgorica e soprattutto di Skopje.
Kosovo
Viene solitamente trascurato il fatto che il Paese sta faticosamente transitando dalla fase bellica a quella di una difficile pacificazione democratica grazie all’indispensabile supporto stabilizzante della lunga presenza militare NATO, la Kosovo Force. Il contingente attuale è composto da truppe di ventisette paesi per un totale di 3.500 effettivi, le due aliquote più numerose sono quelle americana (660) e italiana (550). Dal settembre 2013 il comando della KFOR è stabilmente italiano dopo la fase dei comandi a rotazione. Le autorità kosovare stanno da tempo cercando di dare vita ad una propria piccola forza armata ma la cosa suscita vari contrasti, fra cui la scontata contrarietà di Belgrado, sottolineando ulteriormente la funzione del contingente multinazionale che gestisce fra l’altro l’importante emittente radiofonica Radio KFOR, che trasmette in diretta h24 fornendo intrattenimento ma anche preziosa informazione slegata dalle fazioni serba e skipetara.


L’Islam
Il conflitto serbo bosgnacco degli anni Novanta provoca un mutamento dell’identità dell’Islam dei Balcani Occidentali; si assiste infatti all’introduzione di elementi di radicalismo che contrastano con una lunga tradizione di secolarizzazione diffusa. Il fenomeno riguarda, con modalità e toni differenti, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord e anche Albania. L’argomento è motivo dell’interesse del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza e dei suoi rapporti al Parlamento. Fra i vari aspetti che connotano la questione va richiamato il ruolo degli investimenti esteri effettuati nella regione da soggetti che rimandano al mondo islamico: spesso ONG ma anche direttamente schemi finanziari conducibili ad organizzazioni statali. L’intento degli investimenti è duplice: promuovere il mutamento della natura di un antico Islam europeo, ciò che accade soprattutto su sollecitazione del Wahhabismo, ed esercitare un ruolo geopolitico dentro l’Europa. In tale contesto si assiste anche ad una competizione tra l’Islam influenzato da Ryad e quello riconducibile ad Ankara. Volendo sintetizzare si può dire che nell’area vi è un eccesso di investimenti islamici e che il fenomeno è oggetto di attenzione da più parti. Dal canto loro le autorità degli Stati interessati replicano senza nascondere l’approccio mercantile dicendo che per ciò che non ottengono da Bruxelles possono sempre rivolgersi alla Turchia, al Golfo, alla Cina; un altro argomento di riflessione per l’Ue.
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« Risposta #69 inserito:: Giugno 02, 2022, 03:25:30 pm »

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I vertici delle nazioni e delle varie combriccole salvapoltrone devono mettersi nella condizione di capire che, se il fine ultimo e lo scopo principale del NOM (nuovo ordine mondiale) consiste nella creazione di POLI di influenza, economica condivisi, per arrivare alla PACIFICAZIONE TRA NAZIONI, alla SALVEZZA DELL'AMBIENTE e alla ELIMINAZIONE DELLE INGIUSTIZIE NELL'UMANITÀ, non è importante come si definisce una nazione, perché il suo popolo l'ha scelta come tale.

Importante che tutte le nazionalità che formano i Poli siano coerenti in azioni e opere a quanto determinato nel Nuovo Ordine Mondiale.
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« Risposta #70 inserito:: Giugno 02, 2022, 03:30:42 pm »

Gianni Gavioli ha condiviso un link.
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Nazioni Zecche piccole e meno piccole, invadono a turno, lo spezzatino Europa.

L'Europa incapace di una disinfestazione salutare, rischia di essere impreparata quando, nel dopo Putin, si dovranno formare, sia il Polo EuroAfricano, sia una eventuale Federazione CentroEuropea radunata intorno all'Ungheria o all'Ucraina a seconda delle condizioni finali, in ogni caso, tremende in cui si troverà.

Bruxelles deve progettare rapidamente il futuro prossimo dell'Europa di migliore condizione, eliminando, sia le suddette Zecche succhiasangue, sia le cicatrici delle infezioni provocate dagli infiltrati ProPutin.
Senza la vicinanza e "comprensione" degli Usa non sarà facile per i popoli europei rasserenarsi senza affidarsi con le elezioni a Vertici di Stato forti e determinati verso Democrazie Autorevoli.

ggiannig


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« Risposta #71 inserito:: Giugno 02, 2022, 03:34:46 pm »

Gianni Gavioli ha condiviso un link.
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  · ntsedoproSu03:a97h3I5u4 1010li050 rilhe1emc  ·

Sempre più difficoltoso e aperto a ricatti, per l'Europa, l'agire insieme!

Questo condizionerà in negativo la formazione di un POLO EUROPA-NORDAFRICA, nel Nuovo Ordine Mondiale.

Con questa incapacità costruttiva, il rischio d'essere compressi tra POLI ORIENTALI e POLO USA, INGHILTERRA e Altri, sarà inevitabile.

Compressi e divisi, sarà sempre più difficile mantenere l'indipendenza, dei singoli Stati.

ggiannig
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« Risposta #72 inserito:: Giugno 18, 2022, 11:16:50 pm »

Crimea: la resistenza dei tatari
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Mustafa Džemilev, storico leader dei tatari di Crimea - Review News / Shutterstock.com

A seguito dell'occupazione russa della Crimea la comunità tatara è sotto forte pressione. Un'analisi della situazione attraverso uno sguardo al passato e l'opinione dei rappresentanti tatari eletti recentemente nel parlamento ucraino

09/08/2019 - Martina Napolitano

(Questo articolo è frutto di una collaborazione editoriale tra OBCT e EastJournal  )
I tatari di Crimea sono una comunità nazionale turcofona e musulmana che vive almeno dal XV secolo sulla costa settentrionale del Mar Nero e, in particolare, nella penisola della Crimea. Il Khanato di Crimea ebbe il suo momento di massimo splendore tra XV e XVIII secolo sotto la dinastia, discendente di Gengis Khan, dei Giray. Lo stato era allora protetto dall’Impero ottomano: quando quest’ultimo entrò in conflitto con l’Impero zarista in espansione fu la fine per questa grande potenza e raffinata cultura. Da allora perseguitata e repressa, la comunità che ancora oggi vive nella penisola rifiuta strenuamente l’occupazione russa del proprio territorio.

I tatari di Crimea nel nuovo Parlamento ucraino
La comunità tatara, nonostante l'occupazione della Crimea da parte della Russia, sta mantenendo una propria rappresentanza nelle istituzioni dell'Ucraina. Ci sono infatti anche tre rappresentanti della comunità tatara di Crimea  tra i deputati eletti nella nuova Rada, il parlamento ucraino, lo scorso 21 luglio. "Per noi è una conquista: nella scorsa legislatura gli interessi dei tatari di Crimea al parlamento erano rappresentati solo da me e Refat Čubarov”, dichiara Mustafa Džemilev, il settantacinquenne che è guida e leader dei tatari di Crimea fin dall’epoca sovietica.

Čubarov, presidente del Mejlis (il più alto organismo di rappresentanza dei tatari, vietato in Russia, e quindi in Crimea, dal 2016 in quanto ritenuto “estremista”), questa volta è rimasto fuori: il partito con cui si era candidato, Sila i Čest’ (Forza e Onore), non ha superato la soglia di sbarramento del 5%.

Džemilev e il vice-presidente del Mejlis Achtem Čijgoz sono invece tra i 24 deputati eletti del partito dell’ex-presidente Petro Porošenko, "Solidarietà europea". Rustem Umerov, delegato del Kurultaj (assemblea del popolo tataro) e terzo rappresentante dei tatari di Crimea nella nuova Rada, si era invece candidato con il partito Holos (Voce) del rocker Svjatoslav Vakarčuk.

"Avevamo solo un unico principio in questa tornata elettorale: non candidarci assolutamente con il partito filorusso 'Piattaforma di opposizione - Per la vita' - afferma con decisione Džemilev - tutti gli altri partiti invece li abbiamo sentiti". Il leader tataro non ha avuto molti dubbi nel presentarsi ai suoi elettori al fianco del presidente uscente Porošenko, per il quale nutre profonda stima e di cui apprezza molto l’operato, soprattutto a livello internazionale: "Penso che il presidente Porošenko sia riuscito a risolvere in maniera ottimale tutte le questioni più importanti; dal nulla ha creato un esercito e ha saputo edificare una potente coalizione internazionale filoucraina".

L’importante, per Džemilev e gli altri rappresentanti tatari, è che il neo-eletto presidente Zelenskij e la sua squadra di governo non invertano il corso politico per l’Ucraina inaugurato da Porošenko: la desovietizzazione, il rafforzamento militare, l’orientamento a ovest verso Ue e Nato. "Tutto ciò permetterà una più rapida liberazione della Crimea”, afferma dal canto suo Achtem Čijgoz. Aggiungendo: "Certamente, un ruolo di non poca importanza gioca l’ottenimento per la Crimea dello status di autonomia nazionale", un punto su cui da tempo i rappresentanti tatari insistono.

"Sono felice che Zelenskij abbia dichiarato l'intenzione di creare un Comitato per la liberazione dei territori ucraini. Sarebbe un passo importante - continua Džemilev - tuttavia alcune affermazioni di Zelenskij mi sconcertano. Ad esempio, l’idea di indire un referendum sull’adesione alla Nato. Ma quale referendum: il corso euroatlantico sta ben scritto nella Costituzione ucraina!".

Mustafa Džemilev e la lunga repressione dei tatari di Crimea
Mustafa Džemilev è uno dei più noti dissidenti e difensori dei diritti umani della storia sovietica, famoso soprattutto per uno sciopero della fame durato 303 giorni, il più lungo nella storia dei movimenti per i diritti civili. Nel 2016 un giovane regista tataro, Ahmed Sarychalil, ha dedicato un documentario alla sua affascinante figura, titolato "Mustafa".

Džemilev ha consacrato la propria vita alla lotta per i diritti del suo popolo, in primo luogo quello di tornare nella propria terra, scontando per questo oltre quindici anni nei gulag sovietici. Oggi la sua missione non è cambiata: una volta lasciata nel novembre del 2013 la carica di presidente del Mejlis, che guidava dal 1991, ha continuato a rappresentare la voce dei tatari di Crimea a Kiev (dal 1998 è membro della Rada) e, soprattutto, dal 2014 porta avanti una nuova lotta - quella di riportare la sua terra, annessa forzatamente dalla Russia - all'Ucraina. Da allora gli è vietato l’ingresso in Crimea (così come in Russia); il suo nome è sulla lista - rinnovata lo scorso inverno - delle persone bandite dalla penisola e dalla Federazione russa.

Non è tra i soli che hanno lasciato la Crimea occupata dal 2014, forzatamente o meno: si stimano tra i 15.000 e i 30.000 i tatari di Crimea che hanno abbandonato da allora la propria casa. Nonostante l’apparente riconoscimento dei diritti alla comunità (la lingua tatara è riconosciuta sulla carta, ad esempio, come ufficiale, accanto a russo e ucraino), la repressione nei loro confronti continua. Sono circa 130 i prigionieri politici tatari oggi nelle carceri russe; arresti e perquisizioni continuano ogni giorno. "Se confrontiamo le procedure di perquisizione dei tempi sovietici con quelle di oggi, noteremo molte differenze - racconta Džemilev - da me sono venuti a perquisire una decina di volte in epoca sovietica, ma almeno allora arrivavano e dicevano: ‘Ecco l’autorizzazione del procuratore o del giudice, abbiamo tutte le ragioni di ritenere che lei abbia della letteratura antisovietica. Le chiediamo di consegnarcela volontariamente, altrimenti procederemo con la perquisizione’. Mentre ora non ci sono autorizzazioni: fanno irruzione nelle case, tutti a terra e iniziano a cercare arrecando danni materiali; anche se le porte sono aperte preferiscono scavalcare. Visto da fuori, pare che abbiano scovato un covo di terroristi, mentre in realtà si tratta di gente comune".

Nato nel 1943, Džemilev all’età di sei mesi venne deportato con la famiglia dalla Crimea all’Asia Centrale, in Uzbekistan. Sono oltre 183.000 i tatari di Crimea cui venne riservato in quegli anni lo stesso destino. Furono la comunità nazionale più colpita tra quelle che vennero accusate (o solo sospettate, è lo stesso) di alto tradimento ai danni dello stato sovietico. Per tutte la pena fu la stessa: il trasferimento forzato sugli Urali e in Asia Centrale con il divieto di far ritorno nella propria terra. Il 46% dei deportati tatari morì durante il tragitto o subito dopo. La deportazione puntò a distruggere, a cancellare la cultura del popolo tataro, la sua stessa identità. A tal proposito, oggi viene contestato un manuale di storia utilizzato nelle scuole della Crimea russa, nel quale i tatari vengono definiti dei collaborazionisti durante la Seconda guerra mondiale e conseguentemente nemici dello stato sovietico. Un modo per giustificare la loro deportazione: il 18 febbraio scorso il consiglio dei tatari di Crimea si è rivolto al governatore della regione Aksionov affinché il manuale venga ritirato.

Gli anni Sessanta, epoca di quel disgelo breve e precario inaugurato da Nikita Chruščiov, risvegliarono gli animi anche della comunità tatara; si iniziò a parlare di genocidio. Cinquemila tatari si trasferirono nella seconda metà del decennio a Mosca per tener vivo il movimento di rinascita, per far sentire più forte la propria voce nel centro del potere sovietico. E ottennero alcuni risultati: nel 1967 venne emanato il decreto che riabilitò i tatari di Crimea; eppure, nella loro penisola, nel frattempo ripopolata di nuovi cittadini sovietici, non riuscirono a rientrare e le repressioni non si arrestarono. Notizie sulla situazione dei tatari di Crimea cominciarono intanto a giungere oltrecortina, grazie alle voci di dissidenti (soprattutto russi).

Il 6 luglio 1987 fu una giornata importante per i tatari di Crimea: furono circa 150 in piazza Rossa a manifestare (ma le testimonianze sono discordanti e parlano anche di 500 persone) e il sit-in durò tutta la notte. Tra loro c’era anche la moglie di Mustafa, Safinar. L’evento portò i suoi frutti e i rappresentanti dei manifestanti vennero convocati da Andrej Gromyko in persona, allora presidente del presidium del Soviet Supremo dell’Urss.

Nel 1989 la repressione dei tatari di Crimea venne ufficialmente riconosciuta come “illegale e criminale”. Džemilev, eletto quell’anno capo del Movimento nazionale dei Tatari di Crimea, tornò nella penisola, seguito da altri 250.000 membri della comunità.

Prima o poi la Crimea tornerà ucraina
La fontana di Bachčisaraj, immortalata dal sommo poeta russo Aleksandr Puškin nell'omonimo poema (1824), era ridotta a un “tubo di ferro arrugginito” quando il poeta visitò il leggendario palazzo dei Khan nei primi anni Venti dell’Ottocento. La splendida e raffinata residenza dei sovrani tatari era stata distrutta nel 1736 dall’“orda” dei russi, i conquistadores della penisola di Crimea. Puškin se ne rammaricò e fece rivivere la perduta bellezza nel suo poema, rendendo eterna - grazie alla sua poesia - la civiltà tatara, checché ne pensassero i suoi compatrioti.

"L’unica possibilità perché vengano sollevate le sanzioni alla Russia è l’instaurazione a Kiev di un governo pronto ad accettare l’occupazione e a riconoscere la Crimea come russa. A Putin questo non è riuscito e speriamo non ci riesca mai - conclude Mustafa Džemilev - per questo, prima o poi, la Crimea tornerà ucraina”.

Da https://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucraina/Crimea-la-resistenza-dei-tatari-195916?fbclid=IwAR1e8UYZCCWviropqPTKqhky-fyFmNe1rYui4rW71HfdT2NJDSWa-Nsxxt0
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« Risposta #73 inserito:: Luglio 06, 2022, 11:37:37 pm »


Per la prima volta dal 1991 la Germania registra un deficit mensile della bilancia commerciale a causa dell'aumento dei costi delle importazioni energetiche e della perturbazione degli scambi con Russia e Cina. La cifra pubblicata ieri dall'agenzia federale delle statistiche non è da capogiro: il deficit commerciale tedesco a maggio è stato di meno di un miliardo di euro. Le esportazioni della Germania sono calate dello 0,5 per cento tra aprile e maggio per un valore di 125,8 miliardi. Per contro, il valore delle importazioni è cresciuto del 2,7 per cento a 136,7 miliardi. Ma, anche se limitato, il dato rappresenta uno choc per il motore economico dell'Europa, la cui crescita è stata alimentata dalle esportazioni e da un saldo estremamente positivo della bilancia dei pagamenti. Di chi è la colpa? Si può darla alle sanzioni, alla guerra o all'abilità di Vladimir Putin di usare il gas come arma contro l'occidente. Ma dietro a tutto questo c'è l'azzardo morale della Germania, che non ha mai voluto tenere conto delle potenziali conseguenze economiche negative della sua dipendenza energetica dalla Russia.

“Azzardo morale” era l'accusa che la stessa Germania lanciava contro la Grecia e gli altri paesi del sud durante la crisi del debito sovrano della zona euro. Protetti dai bassi tassi di interessi che erano garantiti dall'appartenenza all'euro, i vari governi di Atene, Roma, Madrid e Lisbona avevano lasciato correre la spesa pubblica, incuranti delle conseguenze di ritrovarsi con debiti insostenibili. Con i governi di Gerhard Schröder e Angela Merkel, la Germania ha fatto la stessa cosa con la Russia sul fronte energetico: interi settori industriali, così come la politica climatica, sono stati costruiti su misura sul gas russo. Anche la scelta di abbandonare le centrali nucleari si era fondata sulla convinzione che la Russia non avrebbe mai chiuso il rubinetto del gas. Gli avvertimenti degli Stati Uniti e dei paesi dell'est sono caduti nel vuoto. Ancora oggi alcuni diplomatici tedeschi sostengono che “a Putin non conviene tagliare il gas”, perché la Russia si ridurrebbe da sola le entrate. Ma, contrariamente alle leadership tedesche, il presidente russo non dissocia progetti politici ed economici. Nord Stream 1 e 2 sono sempre stati immaginati dalla Russia come armi per esercitare la sua influenza sulla Germania.


L'attuale cancelliere, Olaf Scholz, oggi si ritrova di fronte a una crisi senza precedenti. Nord Stream 1 sarà in manutenzione dalla prossima settimana e alcuni temono che non rientrerà in funzione. Il prossimo passo dei piani di emergenza del governo di Berlino è il razionamento. Nel frattempo, Scholz sta valutando due misure fino a poco tempo fa impensabili: il salvataggio di Uniper, una delle grandi utility (e principali clienti di Gazprom) i cui conti sono in profondo rosso a causa dell'aumento del prezzo del gas; e l'imposizione di una tassa straordinaria sui consumatori per compensare gli aumenti dei costi per i fornitori di energia. Ma le conseguenze delle scelte della Germania sul gas russo si ripercuoteranno sul resto dell'Ue. Se le industrie tedesche si fermeranno per penuria di gas o per prezzi troppo alti, i loro fornitori in Italia saranno costretti a fare altrettanto. Eppure il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, continua a rigettare gli appelli ad adottare un approccio meno rigido sia sulle regole sul debito interno alla Germania sia sulla possibilità di un nuovo strumento di debito dell'Ue per fronteggiare le ripercussioni economiche della guerra.

Oltre al ministero delle Finanze tedesco, anche la Bundesbank si oppone ad altri strumenti straordinari per aiutare i paesi più in difficoltà. Parliamo della Banca centrale europea, che nella prossima riunione del Consiglio dei governatori dovrebbe lanciare il nuovo strumento anti-frammentazione per evitare un'impennata degli spread di Italia, Grecia e altri paesi del sud. Secondo Reuters, nella riunione straordinaria del Consiglio dei governatori che si è tenuta il 15 giugno, il presidente della Buba, Joachim Nagel ha espresso la sua opposizione al nuovo scudo anti-spread. Ieri Nagel ha confermato tutte le sue perplessità, chiedendo che lo strumento anti-frammentazione sia usato solo "in circostanze eccezionali e sotto condizioni strettamente definite". Il presidente della Buba si è detto "cauto" di fronte alla possibilità di usare "strumenti di politica monetaria per limitare il premio del rischio". Secondo Nagel, è "virtualmente impossibile" stabilire se un aumento dello spread tra membri della zona euro sia giustificato o meno. La riunione del Consiglio dei governatori del 21 luglio si annuncia surriscaldata, anche se la posizione di Nagel sembra essere minoritaria.


Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di martedì 5 luglio, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.


L'Ucraina chiede 750 miliardi per la ricostruzione - Il primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, ieri ha chiesto 750 miliardi di dollari per finanziare la ricostruzione del paese, nel momento in cui la comunità internazionale ha iniziato a discutere della strategia per rimettere in piedi l'Ucraina nella Conferenza di Lugano. Secondo Shmyhal, è la Russia che deve pagare il conto della guerra. "Le autorità russe hanno scatenato questa sanguinosa guerra e causato questa massiccia distruzione, e dovrebbero esserne ritenute responsabili", ha detto il premier ucraino, spiegando che l'obiettivo del suo governo è di “costruire un nuovo paese”. Shmyhal ha delineato un piano in tre fasi per la ripresa: una fase immediata incentrata sulla ricostruzione di infrastrutture chiave; una seconda fase che prevede la costruzione di scuole e alloggi temporanei; e una fase finale mirata alla trasformazione di lungo periodo dell'Ucraina e della sua economia. Restano tuttavia da trovare i soldi.

Von der Leyen offre una piattaforma stile Recovery (ma niente soldi) - Alla Conferenza di Lugano, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ieri non è stata in grado di offrire impegni finanziari per la ricostruzione dell'Ucraina. L'annuncio più importante di von der Leyen è la proposta di creare una “piattaforma per la ricostruzione” gestita dalla stessa Commissione per combinare soldi, riforme e investimenti sul modello del Recovery fund (ma i soldi dovrebbero arrivare anche da molti altri donatori). Il vicepresidente, Valdis Dombrovskis, ha spiegato che la piattaforma dovrebbe essere "un organo di governo strategico per coordinare e dare priorità agli sforzi e alle risorse di ricostruzione". I suoi compiti dovrebbero essere di lavorare sui finanziamenti per la ricostruzione, progettare i veicoli, le istituzioni e gli strumenti, sviluppare la governance e creare meccanismi di responsabilità per aumentare la trasparenza e ridurre i rischi di uso improprio dei fondi. "La piattaforma monitorerà anche i progressi nell'attuazione del piano di ripresa dell'Ucraina", ha detto Dombrovskis. In un editoriale Il Foglio spiega che la ricostruzione deve essere un'occasione per ancorare e far entrare l'Ucraina nell'Ue.

Oggi la firma del protocollo di adesione di Finlandia e Svezia alla Nato - La Finlandia e la Svezia ieri hanno completato i negoziati di adesione alla Nato, dopo il via libera dei leader dell'Alleanza atlantica nel vertice di Madrid. Entrambi i paesi hanno formalmente confermato la loro volontà e capacità di rispettare gli obblighi e gli impegni politici, giuridici e militari derivanti dall'adesione alla Nato. Oggi i membri della Nato firmeranno i protocolli di adesione per la Finlandia e la Svezia presso la sede della Nato. Prima dell'ingresso effettivo, i protocolli dovranno essere ratificati dai Parlamenti di ciascuno stato membro della Nato. Il segretario generale, Jens Stoltenberg, terrà una conferenza stampa oggi con i ministri degli Esteri di Finlandia e Svezia, Pekka Haavisto e Ann Linde. Nel frattempo ieri Stoltenberg ha partecipato alla cerimonia di insediamento del nuovo Comandante alleato supremo in Europa, il generale americano Christopher Cavoli, che prende il posto del generale Tom Wolters. “Ti unisci a noi in un momento di svolta per la sicurezza transatlantica, segnato dalla crescente concorrenza strategica e dal ritorno di un conflitto brutale in Europa”, ha detto Stoltenberg a Cavoli: "So che continuerai a servire la Nato con la stessa leadership e dedizione che hai sempre dimostrato".

La Norvegia aumenta la produzione di gas - La Norvegia ha approvato un aumento della produzione di gas dei suoi principali giacimenti per aiutare l'Ue a compensare la riduzione delle forniture dalla Russia. Il ministero norvegese dell'Energia ieri ha annunciato di aver concordato la revisione dei permessi per i giacimenti di Troll, Gina Krog, Duva, Oseberg, Asgard e Mikkel in modo da mantenere la produzione a pieno regime fino al prossimo anno. "La cosa più importante che la Norvegia può fare nella difficile situazione energetica odierna per l'Europa e il mondo è facilitare le aziende che estraggono in modo che possano mantenere l'elevata produzione odierna", ha detto il ministro del Petrolio e dell'energia, Terje Aasland.

Il primo rimpasto di Macron senza maggioranza e senza fiducia - Il presidente francese, Emmanuel Macron, alla fine ha scelto di fare un rimpasto di governo quasi tutto macronista, dopo che gli altri partiti si sono rifiutati di entrare in una coalizione con la sua maggioranza. Sul Foglio Mauro Zanon spiega che Macron e il suo primo ministro hanno dato maggio peso solo agli alleati del Modem e di Horizons. La principale novità per l'Ue è il trasloco di Clément Beaune, prima consigliere di Macron all'Eliseo sull'Europa e poi ministro per gli Affari europei. Al suo posto è arrivata la capo-economista dell'Ocse, Laurence Boone. Beaune è stato nominato ministro dei Trasporti. Il primo ministro, Elisabeth Borne ha annunciato che non sottoporrà il governo a un voto di fiducia all'Assemblea nazionale. Troppo alto il rischio di una maggioranza assoluta contro. Il suo governo cercherà una maggioranza "testo dopo testo", ha detto il nuovo portavoce, Oliver Véran, dopo una riunione del consiglio dei Ministri. Nel frattempo, la France insoumise di Jean-Luc Mélenchon ha annunciato che presenterà una mozione di censura. Per far cadere il governo avrà bisogno dei voti di tutti i partiti d'opposizione.

La Bulgaria svela le mazzette russe per giornalisti e politici - Il governo bulgaro nel fine settimana ha accusato la Russia di pagare 2 mila euro al mese a personalità pubbliche, giornalisti e politici per diffondere la propaganda russa nel paese. Lena Borislavova, portavoce del governo e capo dell'ufficio del primo ministro, ha spiegato a Darik radio che i servizi segreti bulgari hanno dati che dimostrano i pagamenti da parte di Mosca. Tra i destinatari, oltre a politici e giornalisti, ci sono analisti, scienziati politici e altre personalità che sono regolarmente ospitate nei media. Euractiv ha tutti i dettagli di queste presunte rivelazioni, che arrivano mentre la Bulgaria attraversa una crisi politica interna (che ha portato alle dimissioni del premier Kiril Petkov) e un conflitto diplomatico con la Russia (con la minaccia di Mosca di chiudere l'ambasciata dopo l'espulsione di 70 diplomatici russi).

Un'altra candidata per il posto di Segretario generale del Pe - Ieri vi abbiamo spiegato che Alessandro Chiocchetti è il favorito nella corsa per prendere il posto di Klaus Welle come segretario generale del Parlamento europeo. E in serata l'Ufficio di presidenza (Bureau) dell'istituzione si è riunito per aprire il bando per il posto. Non sono escluse sorprese. Politico.eu ha scritto che "la reazione da parte dell'amministrazione e di alcuni deputati è stata così negativa che i gruppi, in particolare Verdi, Renew e la Sinistra che devono sostenere l'accordo, potrebbero abbandonare la nave" che sostiene Chiocchetti. Ci sono altri due uomini potenzialmente candidati: il vicesegretario generale del Parlamento europeo, il tedesco Markus Winkler (area socialista), e il direttore generale della Comunicazione, lo spagnolo Jaume Duch (area popolare). Una fonte ci ha detto che una donna potrebbe entrare nella corsa: il direttore generale per l'Interpretazione e le Traduzioni, Agnieszka Walter-Drop. Problema: gli interpreti sono appena entrati in sciopero per le loro condizioni di lavoro durante la pandemia e non garantiscono più l'interpretazione per chi interviene da remoto. In termini procedurali, sarà la presidente Roberta Metsola a fare la proposta al Bureau, che poi potrà accettarla per consenso o votare a maggioranza semplice.

La Corte dei Conti chiede più azione contro le frodi nella Pac - La Politica agricola comune (Pac), che costituisce nel suo complesso la maggiore componente di spesa a carico del bilancio dell’Ue, comprende alcuni regimi di spesa particolarmente esposti ai rischi di frode, secondo una relazione pubblicata ieri dalla Corte dei conti, che chiede alla Commissione di essere più proattiva nel settore. Per i giudici contabili dell'Ue, "i frodatori potrebbero sfruttare le debolezze presenti nei controlli degli stati membri". I principali rischi individuati dalla Corte sono connessi all’occultazione, da parte dei beneficiari, di violazioni delle condizioni di ammissibilità, alla complessità delle misure finanziate e alle forme illegali di “accaparramento dei terreni” (falsificazione di documenti, coercizione, uso di influenze politiche o informazioni privilegiate, manipolazione delle procedure o pagamento di tangenti). La Corte dei conti raccomanda alla Commissione di migliorare il monitoraggio delle misure antifrode nazionali, di fornire orientamenti più concreti e di promuovere l’uso delle nuove tecnologie per prevenire e individuare le frodi.

I prezzi della produzione industriale crescono dello 0,7 per cento a maggio - Tra aprile e maggio i prezzi della produzione industriale sono cresciti dello 0,7 per cento nell'area euro e dello 0,8 per cento nell'Ue, secondo le stime pubblicate ieri da Eurostat. A livello di stati membri l'incremento maggiore è stato registrato in Finlandia (+5,5 per cento), Estonia (+5,4 per cento) e Lituania (+4,9 per cento). Per contro un calo è stato osservato in Irlanda (-19,4 per cento), Slovacchia (-4,4 per cento) e Paesi Bassi (-0,8 per cento). In Italia è stato registrato un aumento dello 0,3 per cento. Rispetto a maggio del 2021, i prezzi della produzione industriale sono cresciuti del 36,3 per cento nell'area euro e del 36,4 per cento nell'Ue.

EuroNomine - L'agenzia dei guardia frontiere dell'Ue, Frontex, ieri ha annunciato che il Consiglio di amministrazione ha deciso di mantenere la lettone Aija Kalnaja come direttore esecutivo ad interim dopo le dimissioni di Fabrice Leggeri. Il bando per la nomina del nuovo direttore esecutivo è stato pubblicato dalla Commissione europea il 21 giugno e la scadenza per presentare le candidature è stata fissata al 19 di luglio. Sarà il Consiglio di amministrazione di Frontex a nominare il nuovo direttore esecutivo sulla base di una lista di candidati presentata dalla Commissione.



Accade oggi in Europa
•   Parlamento europeo: sessione plenaria (dibattiti sull'azione salute mentale nel mondo del lavoro digitale; le iniziative per affrontare l'aumento del costo della vita; il piano d'azione per l'economia sociale; la Cop15 sulla biodiversità; la tassonomia; i rapporto della Commissione su Bosnia e Erzegovina, Serbia e Kosovo)
•   Parlamento europeo: discorso del primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis
•   Parlamento europeo: conferenze stampa dei presidenti dei gruppi politici
•   Parlamento europeo: conferenza stampa del deputato Bas Eickhout sulla tassonomia
•   Parlamento europeo: conferenza stampa dei deputati Christel Schaldemose e Andrea Schwab sul Dsa e il Dma
•   Commissione: riunione del collegio dei commissari
•   Commissione: conferenza stampa della commissaria Gabriel sul nuovo programma europeo di innovazione
•   Nato: conferenza stampa del segretario generale Stoltenberg con i ministri degli Esteri di Finlandia e Svezia, Pekka Haavisto e Ann Linde
•   Eurostat: bilancia dei pagamenti nel primo trimestre del 2022; dati sui conti di famiglie e imprese nel primo trimestre del 2022

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« Risposta #74 inserito:: Agosto 11, 2022, 04:41:48 pm »

Mario Corti
Per l'ucraino. cittadini che desiderano firmare, il link nel primo commento.
"Al consiglio internazionale di Amnesty International

Noi, società civile ucraina, attivisti, volontari, giornalisti e difensori dei diritti umani, ci indigniamo per una serie di passi irresponsabili di Amnesty International, che ci mettono alla grande la vita e quella di milioni di altri ucraini er pericolo in mezzo all'aggressione russa in corso. Chiediamo le dimissioni immediate del Segretario Generale di Amnesty International Agnes Callamard, altri dipendenti dell'organizzazione responsabile dell'incidente, oltre a fare una serie di passi per evitare che si verifichi una situazione simile di nuovo nel futuro.

Noi, la società civile dell'Ucraina, attivisti, volontari, giornalisti e difensori dei diritti umani, abbiamo lavorato instancabilmente per promuovere e stabilire lo stato di diritto, l'uguaglianza dei diritti umani e la sovranità dell'Ucraina. Eravamo in prima linea nella rivoluzione della dignità del 2014 per difendere il diritto di vivere in un'Ucraina democratica e libera senza violenza della polizia e limitazioni dei diritti umani fondamentali. Nonostante le continue persecuzioni, abbiamo creduto in quello che stavamo facendo e passo dopo passo abbiamo costruito un paese democratico dove lo stato di diritto e l'uguaglianza dei nostri diritti stanno guadagnando il rispetto universale. Le nostre campagne contro la corruzione, la violenza della polizia, i crimini d'odio, l'uguaglianza di genere e queer, la distruzione ambientale, le indagini giornalistiche, la promozione delle riforme, la creazione di progetti artistici ed educativi, il volontariato - questo non è stato solo il tuo lavoro, ma la nostra vocazione.

Con l'inizio della guerra su vasta scala della Russia contro l'Ucraina, non ci siamo fermati. Continuiamo a fare quello che facciamo anche quando sembra impossibile. Non ci hanno fermato né i continui allarmi aerei, né le notti insonni nei rifugi antibomba, né i bombardamenti delle città ucraine, né i terribili crimini di guerra commessi dalla Russia sui territori ucraini occupati. Perdiamo parenti, cari e amici, siamo costretti a lasciare le nostre case e tutto ciò che avevamo, ma continuiamo ancora a credere nell'Ucraina e nella nostra causa. Evacuiamo le persone dal fronte, aiutiamo i rifugiati, raccogliamo fondi per sostenere le forze armate dell'Ucraina, documentiamo crimini di guerra, informiamo il mondo sugli eventi nel nostro paese, andiamo a proteste in tutto il mondo affinché le voci ucraine non vengano dimenticate e ignorato durante il genocidio. Crediamo nell'Ucraina e che la giustizia e lo stato di diritto prevalgano.

Ecco perché l'ultimo rapporto di Amnesty International, che accusa l'Ucraina di mettere in pericolo la vita dei propri cittadini, non è altro che uno sputo in faccia al popolo ucraino che rischia la vita ogni giorno. Le discussioni sull'imparzialità o la neutralità non hanno senso, dato che la relazione ignora completamente il contesto militare e umanitario ucraino. Inoltre, la mancata spiegazione della metodologia di ricerca da parte di Amnesty International e di fornire prove significative ha ulteriormente minato la sicurezza di milioni di Ucraini e ha dato all'aggressore una potente giustificazione formale e ideologica per il furt i suoi crimini di guerra. Il testo della relazione sposta chiaramente la responsabilità a chi si difende. Questa vittima non ha nulla a che vedere con la tutela dei diritti umani. Il rapporto ha attirato le critiche diffuse da parte di leader dello stato ucraino, giornalisti, difensori dei diritti umani, oltre a un'ampia gamma di politici internazionali, attivisti ed esperti di diritto internazionale. Il volume di tali critiche professionali e imparziali, e non solo degli ucraini, è già impossibile da ignorare.

Siamo anche indignati che la leadership di Amnesty International abbia ignorato l'opinione e l'esperienza della propria squadra ucraina, e abbia pubblicato il rapporto contro la loro protesta - esponendo irresponsabilmente il personale ucraino e i nostri colleghi a un pericolo maggiore minando il loro lavoro per documentare i crimini di guerra russi.
Separatamente, vorremmo menzionare il tweet del Segretario Generale di Amnesty International, Agnes Callamard, in cui ha disumanizzato un'ampia gamma di società ucraina, e chiunque abbia criticato il rapporto, chiamandoci "troll" e "bot. "A parte un disprezzo coloniale indiscusso per l'opinione della società civile ucraina, questo è anche un atto di umiliazione di una persona che respinge le critiche indigene dalla sicurezza e dal comfort del proprio ufficio occidentale. Il capo di un'organizzazione internazionale per i diritti umani non ha il diritto di raccogliere fondi in nome dell'Ucraina rifiutandosi di sentire e capire gli ucraini. Questo è segno di mancanza di compassione. Un segno di incompetenza. Un segno di ignoranza su chi le organizzazioni per i diritti umani dovrebbero davvero servire con il loro lavoro.

Amnesty International ha la possibilità di redimersi agli occhi della società civile ucraina e servire da esempio ad altre organizzazioni internazionali su come affrontare le critiche pubbliche in modo responsabile. Una serie di passi concreti e urgenti possono garantirlo, illustrare la responsabilità e rappresentare veramente i valori al centro del movimento per i diritti umani in tutto il mondo.
Pertanto, noi, la società civile ucraina, chiediamo le dimissioni immediate del Segretario Generale di Amnesty International, Agnes Callamard, e degli altri membri dello staff responsabili della relazione, nonché un'indagine interna pubblica all'interno della L’organizzazione per sistemare la cultura organizzativa e prevenire un simile grave incidente succederà di nuovo nel futuro.

Cordialmente,
Il gruppo di iniziativa della società civile ucraina:”

da – FB del 11 agosto 2022 (FB mi ha impedito di condividere questo Post di Mario Corti, lo copiato e posto qui per LAU)
 
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