LA-U dell'OLIVO
Novembre 25, 2024, 09:01:56 pm *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: 1 2 3 [4] 5 6 ... 9
  Stampa  
Autore Discussione: DIARIO VENETO (1)  (Letto 99347 volte)
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #45 inserito:: Marzo 04, 2008, 11:28:17 pm »

Calearo: destra e sinistra? Ormai non esistono più 

«Potete chiederlo ai miei operai, vedrete che mi voteranno» Stoccata alla Lega: federalismo fiscale importante, ma non è tutto
 
Isola Vicentina
NOSTRO INVIATO


«Che Dio ce la mandi buona, alta bionda e con la minigonna».

Massimo Calearo fa affidamento alla fortuna, con la quale afferma di avere buon feeling: ne ha bisogno perché il passo che si è deciso a compiere è di quelli belli tosti. Da presidente di Federmeccanica e dell'associazione industriale più potente d'Italia, a capolista del Partito Democratico per la Camera in Veneto. Da infrangibile muro nelle trattative con gli operai, a rappresentante designato di quegli stessi che voteranno per il PD. «Ma non esistono più destra e sinistra - sbuffa nella sala riunioni dell'azienda di famiglia -. Chiedete ai miei operai se non mi voteranno. E io sono sicuro che lo faranno in molti». È il primo giorno da candidato, e ha voluto attorno a sè mamma, moglie e figli: decisione sofferta ma condivisa, almeno in famiglia. «Ho sciolto la riserva anche dopo una miriade di telefonate di molte persone estranee al mondo confindustriale. Vorrei rappresentare il mondo della piccola e media impresa del Nordest». Una scelta per la quale ringrazia Confindustria e ciò che ha imparato in quasi cinque anni di presidenza a Vicenza e in Federmeccanica.

Racconta, Calearo, della serie di richieste arrivategli dai partiti. La Lega lo voleva sindaco (ma il senatore Stefano Stefani smentisce), così come poi l'Udc che in alternativa gli offriva un posto al Senato, e per ultimo è arrivato Fini che pubblicamente a Vicenza la scorsa settimana gli ha aperto le porte del Pdl. Ma il presidente di An avrebbe commesso un "passo falso" che ha spinto Calearo tra le braccia di Veltroni: «Alla domanda se il centrodestra avrebbe nominato nel suo governo un ministro veneto, ha risposto che non lo sapeva, che doveva pensarci, che doveva parlarne con Berlusconi. E questo mi ha fatto molto pensare», spiega Calearo. Il quale a dire il vero rivela come con Veltroni non sia poi andata tanto diversamente: «Dieci giorni fa ci siamo incontrati a Roma e gli ho detto che avrei accettato solo se poteva garantire che nel suo governo ci sarà un ministro veneto. Mi ha detto che ci avrebbe pensato; poi giovedì mi ha chiamato e mi ha detto "si può fare"».

E allora, si è fatto. Nonostante Montezemolo sabato a Cortina abbia riservato una frecciata non da poco agli imprenditori-politici: «Meglio un politico in meno e un imprenditore valido in più», aveva suggerito il presidente di Confindustria che poi domenica si è sentito al telefono con Calearo e ieri ha corretto il tiro auspicando altre discese in campo, magari anche in altri partiti. «Ha capito la mia scelta - dice l'ormai ex presidente di Federmeccanica -, oggi destra e sinistra non esistono più e verso il centro i programmi sono sufficientemente convergenti. E poi trovo giusto e doveroso che qualcun altro dei miei colleghi si impegni dall'altra parte». Conferma di non aver mai votato per il centrosinistra, di non aver votato per Prodi alle ultime elezioni, ma anche di non aver mai votato per Forza Italia. Forse per la Lega, visto che non più tardi di tre mesi fa contro l'aumento delle tasse dichiarava che «lo sciopero fiscale è anche plausibile perché a mali estremi, estremi rimedi»? «Ho sempre detto che la Lega spesso riesce a captare meglio di altri i sentimenti dei cittadini; ma poi questo viene espresso in modo sbagliato. Ritengo che il federalismo sia importantissimo soprattutto per una regione come il Veneto, presa tra l'incudine e il martello di Friuli e Trentino. Ma il federalismo fiscale tout court non è la soluzione: bisogna pensare all'Italia, al mondo».

Per il programma, c'è ancora tempo: troppo fresco il distacco dal mondo confindustriale per non avere ancora la mente lì. E per non aver voglia di togliersi qualche sassolino dalla scarpa: «Le mie dimissioni dalla presidenza di Vicenza doveva servire a rasserenare gli animi, ho lasciato il campo libero agli imprenditori vicentini affinché scelgano in maniera democratica il mio successore e spero che lo facciano velocemente». A sbrogliare la matassa ci dovrà pensare il presidente regionale Andrea Riello, che peraltro non sembra aver apprezzato particolarmente la scelta politica di Calearo: «Ho letto le sue dichiarazioni, e non mi stupisco - è la replica velenosa del neo candidato democratico -. Ma potrei mostrare il messaggio che mi ha inviato sul cellulare una settimana fa, quando sono comparse le prime indiscrezioni su una mia possibile candidatura: "Sono proprio felice, spero che tu accetti". Anch'io speravo che lui accettasse di candidarsi per un altra parte, visto che mi dicono che gli interessa tanto entrare in politica... Dopo tre anni di silenzio per il bene comune, adesso dico che molto spesso non ho condiviso il suo modo di operare ma ho taciuto nella speranza di fare sistema».

Ario Gervasutti
 
da gazzettino.quinordest.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #46 inserito:: Marzo 08, 2008, 04:47:43 pm »

Il leader accolto dal sindaco Cacciari prima del suo intervento a Porto Marghera

Veltroni: «Nuova sintonia con il Veneto»

«Primo provvedimento sarà per la lotta alla precarietà» «Mai come oggi Pd e Nordest si possono incontrare»

 
PORTO MARGHERA (Venezia) - «In caso di vittoria il primo provvedimento che presenteremo per ridare fiducia nel futuro ai nostri ragazzi sarà quello per la lotta alla precarietà, il provvedimento sul compenso minimo legale». Lo ha detto Walter Veltroni, parlando ad una manifestazion3e pubblica a Mestre. «È una cosa - ha aggiunto - che deve adeguarsi ai paesi europei: un precario non deve guadagnare meno di 1.100 euro al mese. Poi bisogna aiutare le aziende che stabilizzano». Il leader del Pd affronta così il difficile terreno del Nord-Est. Dopo le polemiche, poi rientrate, con il sindaco di Venezia sulla questione della candidatura in Veneto del presidente di Federmeccanica, Massimo Calearo, il leader del Pd nella tappa di Porto Marghera, ha trovato ad accoglierlo proprio Massimo Cacciari. Stretta di mano, anche un abbraccio, e poi Cacciari ha ascoltato il discorso del leader del Pd alla compagnia dei lavoratori portuali di Venezia.

SOSTEGNO ALLE DONNE - «Tra i primissimi provvedimenti che porteremo al primo Consiglio dei ministri ci sarà un ddl con «misure a sostegno della partecipazione della donna alla vita politica, economica e sociale del paese» ha annunciato il candidato del Pd Walter Veltroni nel corso del suo intervento al Teatro Toniolo di Mestre. Veltroni ha spiegato che nel disegno di legge si prevede: il credito d'imposta sulle spese per la cura dei figli; l'agevolazione per le imprese che assumono donne; il bollino rosa per le imprese; l'obbligo di garantire una rappresentanza delle donne nelle imprese pubbliche; più congedi parentali; l'istituzione del congedo di paternitá al pari di quello della maternità; incentivi di flessibilitá nell'orario per le donne e 2.500 euro di dote per ogni figlio che nasce.

NUOVA SINTONIA TRA VENETO E PD - «Mai come oggi ci può essere sintonia in questa area, tra il Veneto e il Partito democratico. Mai come oggi Pd e Nordest si possono incontrare». ha detto Veltroni a Porto Marghera. «Prima non era possibile - ha aggiunto - perché avevamo la condizione di una alleanza che creava molti problemi all'idea di sviluppo e di crescita. Ora siamo nelle condizioni di vincere la nostra sfida riformista».

A PORTO MARGHERA SERVE UNA SOLUZIONE - «È una situazione molto difficile nella quale si rischiano 5 mila posti di lavoro e il Paese rischia di perdere una parte importante di produttività» ha poi detto il leader del Pd. «Questo - ha aggiunto Veltroni - è quello di cui ho parlato anche con il presidente del Consiglio, Prodi: si deve fare in modo di trovare il prima possibile una soluzione perchè non si può perdere l'occasione di un investimento di rilancio».


08 marzo 2008

da corriere.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #47 inserito:: Marzo 14, 2008, 05:43:36 pm »

Nordest, la Lega in affanno non attrae più gli elettori

Gigi Marcucci


Vogliono che Treviso diventi una «città aperta», sono stanchi del «risolino» che allunga le labbra degli interlocutori quando si parla della loro città. Che non è solo la patria di Giancarlo Gentilini, il sindaco «sceriffo» che voleva usare gli immigrati per migliorare la mira dei cacciatori. La Marca è soprattutto terra di lavoro e immigrazione legata al lavoro. Il 10% della popolazione è straniera e il fenomeno non è recente. Quest´anno 1.700 cittadini extracomunitari hanno ottenuto la cittadinanza italiana: segno, spiega Giancarlo Cavallin, a lungo dirigente del Centro stranieri della Cgil, che vivono in quel Treviso da almeno tre o quattro anni.

Forse è anche l´opinione delle 4.152 persone che hanno aderito all´appello «Treviso città aperta» - sottoscritto, tra gli altri, dal poeta Andrea Zanzotto e dall´attore Marco Paolini - a rendere lenti e meno fragorosi del solito i movimenti della Lega. Il testo è rimbalzato su Le Monde, che con il New York Times, aveva già acceso i riflettori sulla piccola patria leghista. Tra le firme ci sono quelle di imprenditori (52), sacerdoti (25) docenti universitari, commercianti, insegnanti, operai, pensionati. Il documento ha valore «di testimonianza personale», spiega chi lo ha promosso, non è «un sondaggio elettorale, né un trampolino di lancio per candidature politiche». Mette però in evidenza qualche segno di ruggine nell´armatura leghista. E nonostante la dichiarata distanza dall´impegno politico diretto, aiuta a capire come mai, tre giorni fa, 2000 persone siano andate ad ascoltare Walter Veltroni, il primo leader nazionale del centrosinistra a esaltare in campagna elettorale il rischio d´impresa, il primo a cercare di aprire una breccia breccia nel solidissimo «muro» delle partite Iva.

Impossibile fare previsioni sui risultati elettorali, ma per la prima volta il centrodestra sembra a corto di argomenti. La Lega richiama all´ordine Gentilini che, alle prossime amministrative, non vuole correre con il Pdl e forse, per la seconda volta, dovrà accontentarsi di fare da spalla a Giampaolo Gobbo, attuale sindaco della città. E a Vicenza, l´altra città dove si vota per le comunali, sembra che Manuela Dal Lago, presidente della autostrada Brescia-Padova, stia per lasciare il campo a Lia Sartori, europarlamentare di Forza Italia.

Sicuramente la Lega soffre l´alleanza con Berlusconi,dice Alessandro Naccarato, già parlamentare dell´Ulivo ed esponente del Pd. «Quando ci parlano di infrastrutture, noi replichiamo che se vincono faranno il ponte sullo Stretto, mentre noi vogliamo fare la Pedemontana, il Passante e l´Alta velocità. Persino sui rifiuti sono in difficoltà e non riescono ad attaccarci: in Veneto ci sono tre termovalorizzatori, a Padova, Marghera e Schio, dove ci sono tre amministrazioni di centrosinistra». Ma il nuovo corso del Pd, la candidatura di Massimo Calearo, ex falco di Federmeccanica, schieratosi con Veltroni a dispetto delle previsioni di tutti e in particolare delle sue, non sembrano ancora costituire la chiave di volta per incrinare l´orientamento a destra di gran parte del Veneto. E non ci sono solo problemi problemi come l´ok del governo Prodi all´allargamento della base americana di Vicenza a creare un diaframma piuttosto robusto l´elettorato e il centrosinistra.

Così almeno la pensa Mario Carraro, presidente di un gruppo industriale produce ed esporta nel mondo assali e trasmissioni, trattori e scavatrici, e che nel 2008 realizzerà un fatturato di un miliardo di euro. Figlio del sindaco della Liberazione di Campodarsego, cresciuto, come spiega lui stesso, alla scuola del Mondo di Mario Pannunzio, ha tentato vent´anni fa, insieme a Massimo Cacciari, di lanciare a sinistra una politica federalista: «Perché la stessa riforma non funziona in Veneto come in Calabria». «Per superare i ritardi del centrosinistra rispetto a questa terra», aggiunge, non basterebbero dieci anni». Strada in salita, dunque, anche se a Carraro riconosce a Veltroni il merito di «aver concentrato su due partiti forti l´attenzione degli elettori, costringendo anche la destra a rinnovarsi e dando finalmente lo spazio che meritano alle riforme istituzionali».

Carraro vede «mercati in continua evoluzione», spiega che i «ragazzi di oggi non saranno gli operai di domani», ma imprenditori, professionisti. «Ci sono cambiamenti importanti su cui non abbiamo disegni». Carraro Group ha aperto stabilimenti in Cina, India, Polonia. Alla Cgil spiegano che il motto dell´industriale è internazionalizzare, non delocalizzare: l´apertura di nuovi stabilimenti all´estero non ha comportato la perdita di posti di lavoro in Italia. Ma Carraro ammette: «Sono più contento di avere operai in Polonia e in India, piuttosto che portarli qua e pagarli come italiani». Perché i salari italiani, dice Carraro, saranno anche tra i più bassi d´Europa, ma il costo del lavoro rimane troppo alto, perché «appesantito da contributi e tasse». Certo, la Lega è a corto di argomenti, una delle ultime parole d´ordine, «l´aeroporto del nord», fa acqua da tutte le parti. Quello di Verona, spiega Carraro, è l´aeroporto più occidentale del Veneto, ma sono pochissime le partenze internazionali che passano per Malpensa, tutte le altre fanno tappa a Monaco e Francoforte. Ma la perdita di appeal della destra non comporta necessariamente un successo del centrosinistra. «Con mercati internazionali in continua crescita ci vuole molta innovazione nelle aziende per mantenere i posti di lavoro in Italia. Quindi ci vogliono riforme della scuola che non durino solo lo spazio di una legislatura. Moderninazzare non significa solo produrre azioni che favoriscano direttamente le industrie. Per essere più competitivi bisogna concentrarsi sull´aumento delle conoscenze e sulla scuola».

Pubblicato il: 14.03.08
Modificato il: 14.03.08 alle ore 10.42   
© l'Unità.
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #48 inserito:: Marzo 30, 2008, 04:20:19 pm »

Vicenza

 
(D. V.) Nuova base Usa più vicina.

Il comando Setaf ieri ha reso noto che è stato aggiudicato l'appalto per la costruzione delle strutture americane al Dal Molin.

La commissione giudicatrice ha scelto il progetto presentato dall'impresa Joint Venture C. M. C. di Ravenna - Consorzio cooperative Costruzioni di Bologna. L'appalto è stato aggiudicato dal comando del Genio della marina Usa per un importo complessivo di 245 milioni di euro.

I lavori delle "coop rosse" inizieranno l'estate prossima secondo una tabella di marcia che dovrebbe chiudersi entro la metà del 2012.

Si legge in una nota della Setaf: «L'impresa Joint Venture C. M. C. di Ravenna - Consorzio cooperative costruzioni si assume l'onore di costuire all'aeroporto Dal Molin, distante circa 5 chilometri dalla caserma Ederle, le strutture di supporto necessarie al consolidamento della 173. brigata aviotrasportata, attualmente dislocata in tre sedi separate tra l'Italia e la Germania. Il sedime aeroportuale del Dal Molin è stato offerto dal governo italiano perchè è area di proprietà del demanio militare italiano più vicina alla Ederle che risponde ai requisiti di spazio necessari per la riunificazione della brigata. Il 19 novembre 2007 il progetto e la relativa opzione localizzativa hanno ricevuto all'unanimità parere favorevole del Comitato misto paritetico della Regione Veneto. La nuova installazione resterà territorio italiano, sotto il controllo delle autorità militari italiane, nel rispetto delle leggi italiane e regolata dagli accordi internazionali vigenti».

Il presidio No Dal Molin ha criticato la scelta delle ditte vincitrici l'appalto: «Inutile ricordare i legami stretti tra queste cooperative rosse e molti membri del Governo Prodi e del commissario Costa. Il ministro Bersani era stato presidente della CMC di Ravenna».
 
da gazzettino.quinordest.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #49 inserito:: Aprile 29, 2008, 05:37:57 pm »

Il vento cambiato, il nostro sogno è realtà

Achille ha sconfitto la Sartori con il 50.48% dei voti
 

Con il voto di 27.645 vicentini, il 50.48%, Achille è diventato il decimo sindaco della città di Vicenza, battendo la sua sfidante Amalia Sartori. 

"Avevano detto che Vicenza - ha ricordato Achille parlando ai cittadini che si sono radunati in piazza dei Signori sin dal tardo pomeriggio per festeggiare i risultati -  è una città di destra, e invece non è così. Avevano detto che non se ne sarebbero andati via da Palazzo Trissino, e invece se ne andranno.

Avevano detto che noi non avevamo speranza di vincere, e invece abbiamo vinto. E da oggi, io sarò il sindaco di tutti i cittadini, di quelli che mi hanno votato e di quelli che non mi hanno votato.

Farò del Comune una casa di vetro, in cui ogni cittadino potrà guardare.

E sarò, da sindaco, vicentino tra i vicentini, pronto ad ascoltare e a dare voce a chi, in tutti questi anni, non ha avuto ascolto e non ha avuto voce".



ripreso da achillevariati.it

Nel sito  www.vicenzaperilpd.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #50 inserito:: Maggio 01, 2008, 10:38:23 am »

Ora il centrodestra

Potrà essere lo stesso prefetto. A Milano il prefetto - commissario ha funzionato poco perché - come i suoi colleghi - non aveva le spalle coperte dal governo. Con Maroni al Viminale la musica dovrebbe essere diversa. Le espulsioni dovrebbero moltiplicarsi e insieme con esse dovrebbe partire il piano di controllo e di riqualificazione delle periferie. Il problema, ovviamente, non è solo romano. Nei giorni del 'ponte' del 25 aprile, Gianfranco Fini era a Lampedusa mentre vi sbarcavano centinaia di immigrati. Gli è stato detto che le nostre motovedette li hanno presi a bordo 27 miglia al di fuori delle nostre acque territoriali. Fuori, non dentro. Drammatico dilemma: i confini della pietà sono compatibili con quelli della sicurezza?Sarebbe tuttavia riduttivo limitare le ragioni della sconfitta di Francesco Rutelli alla sottovalutazione che il centrosinistra ha fatto del problema sicurezza. (Ma come avrebbe potuto l'ex ministro affrontare radicalmente il problema con una vice sindaco di Rifondazione comunista?). Il voto di Roma è in realtà perfettamente in linea con quello nazionale. Berlusconi ha vinto al Nord con Bossi, al Sud con Lombardo e a Roma con Fini. La sua è una indiscussa leadership nazionale. Come ha confermato una ricerca del Censis pubblicata ieri, gli italiani vogliono maggiori investimenti nelle infrastrutture, nei trasporti, nella raccolta dei rifiuti. Una spesa pubblica più razionale e naturalmente una giustizia e un controllo dell'ordine pubblico più efficienti. Per ottenere quel che vogliono, possono votare partiti diversi da un'elezione all'altra e addirittura - è accaduto a Roma - dentro la stessa cabina elettorale. I giornali stranieri possono tranquillamente parlare della conquista del Campidoglio da parte di un fascista. Ma ancora una volta non hanno capito nulla dell'Italia, di quanto sia frastagliato il voto borghese e popolare, di come la classe dirigente protetta nei quartieri residenziali possa permettersi indulgenze inammissibili nelle periferie degradate. Così è nata la rivoluzione politica romana, incredibile in una città in cui la struttura di potere costruita in quindici anni non sembrava scalfibile. Non esistono più rendite di posizione per nessuno. Il buonsenso popolare è implacabile e punisce ciclicamente gli errori commessi da destra e sinistra.

Stavolta, tuttavia, siamo un po' oltre il ricambio ciclico delle classi dirigenti. Ieri, all'apertura del Parlamento, il panorama faceva pensare a quello di New York senza le Torri Gemelle: sei partiti (i quattro della Sinistra l'Arcobaleno, la Destra e i socialisti) spariti nel nulla. 140 parlamentari scomparsi d'un colpo. Cinque gruppi parlamentari alla Camera invece di 32.Il centrodestra non ha più alibi. Ha il governo nazionale e i sindaci di Roma e di Milano, per la prima volta nella storia. Ha suscitato molte speranze, ma il giudizio degli elettori sarà implacabile. Come lo è stato con Francesco Rutelli, un uomo di notevole prestigio politico che ha pagato a Roma l'eredità di Veltroni così come a livello nazionale Veltroni ha pagato l'eredità di Prodi.Se il centrodestra è atteso alla prova del governo, il Partito democratico dovrà affrontare una svolta difficile. La resa dei conti non sarà immediata, ma ci sarà. La componente Margherita è in sofferenza, la componente Ds è divisa all'interno delle sue stesse correnti. Rutelli guarda a Casini e al dopo Berlusconi. Che ha l'aria di arrivare con la tempestività del nemico all'assalto della fortezza Bastiani nel Deserto dei Tartari. Quando tutto il dramma si sarà consumato.

Bruno Vespa


------------


Il Senatùr

Vera o falsa che sia, la convinzione di tanti cittadini romani è questa, e questa tra le tante è una delle micidiali toppe in cui è incorsa la pur rodatissima e blasonata macchina comunicativa rutelliana. E siccome i giornali sono già pieni di analisi di taglio politologico sulla svolta al Comune di Roma, sulle sue ripercussioni tanto nel centrodestra che si ritrova con un'onda di consensi superiore alle aspettative, quanto (soprattutto) nel Partito Democratico che ha dov

uto cedere le chiavi del suo ultimo bastione, una rassegna dei simboli, delle strategie comunicative, e degli elementi di personalizzazione della campagna elettorale romana è utile per aggiungere legna al fuoco della discussione politica:1) Nuovo/vecchio. Giriamola come vogliamo, la storia, ma una delle carte vincenti della destra è stata quella di presentarsi con l'acceleratore spinto sul pedale della novità. Nuove facce, nuovi programmi, nuove promesse rispetto alla bomboniera spettacolar-glamour messa in piedi da Walter Veltroni, affascinante epperò fragilissima, come s'è visto, ovvero incapace di sopravvivere al suo creatore trasferendo il suo appeal su Rutelli. Ha vinto il messaggio di discontinuità, di rupture con il passato, mentre la coalizione e il candidato piddini sono stati interpretati sia come il vecchio quindicennale blocco di potere sia come la riproposizione dello schema-Unione (centrosinistra e sinistra unite) che ha affondato il governo Prodi.

2) Roma città sicura/ Roma bronx. I romani non si sono fidati della continua riproposizione dell'immagine di una città sicura, persino sicurissima come ha scritto il New York Times. Sicura forse nei quartieri centrali o borghesi, pervasa di un senso comune impaurito nel resto, peraltro sterminato, del territorio metropolitano. In più Alemanno ha dichiarato che non ama l'idea delle ronde, un modo diverso per dire che non seguirà pulsioni per così dire radicali. Alla fine anche Rutelli, immergendo il tutto nella metafora (troppo comoda) del vento di destra che si è abbattuto sull'Italia, ha ammesso il ritardo culturale del Partito Democratico nell'affrontare responsabilmente il tema sicurezza. Troppo tardi.

3) Alemanno vincolato da Berlusconi. Il messaggio di un candidato del Popolo della Libertà eccessivamente legato a ipotetici diktat berlusconiani, al limite, avrebbe potuto funzionare con altri personaggi. Ma la storia del governo Berlusconi 2001-2006 reca il ricordo di un Alemanno in posizione defilata rispetto alla cerchia di opliti del Cavaliere. E lo stesso Berlusconi, in più occasioni, ha avuto modo di sottolineare che il neosindaco è un rompiballe. Buona pubblicità, dunque.4) Touts sauf Alemanno. Ve lo ricordate il leit motiv della campagna scatenato lo scorso anno contro il sarkozismo dalla sinistra? Tutto tranne Sarkozy. E sappiamo come è finita, la competizione presidenziale francese. Negli ultimi giorni di confronto Rutelli ha tentato il tutto per tutto, cercando di spingere quei romani che avevano scelto il Partito Democratico al Parlamento e il candidato di centrodestra al Comune a tornare sui propri passi, per non regalare il Campidoglio a colui su cui si è scatenata una campagna denigratoria dai toni via via sempre più forti, fino a far girare la voce, o il terribile sospetto che la recente aggressione di un romeno a una studentessa di colore fosse in qualche modo legata a oscuri disegni elettoralistici. Fantapolitica horror che non ha arrecato granché vantaggio al centrosinistra.

5) La mobilitazione antifascista. C'è stato anche questo, negli ultimi scorci di campagna elettorale. C'è stato il tentativo di rituffare Alemanno nei simboli del suo passato. Un tentativo, insomma, di spingere la sinistra più o meno radicale a recarsi alle urne con il naso turato e la matita in mano. Non ha funzionato. Sul passato di Alemanno non vigono segreti, lui, a dire il vero, non lo ha mai né rigettato né edulcorato, preferendo l'ha detto Paolo Mieli, noi citiamo intraprendere un più complesso, e magari doloroso, percorso di maturazione politica, che del vecchio attivista conserva solo la dimensione positiva del militante dedito con abnegazione al perseguimento degli obiettivi che si propone. Lo abbiamo visto, plasticamente, il giorno prima del voto: Alemanno in giro per Roma a stringere mani e galvanizzare i suoi sostenitori, Rutelli al mare a ostentare relax. Grave errore comunicativo.

Riassunto. La conquista di Roma da parte del centrodestra è senza dubbio un evento epocale, date le conseguenze che produrrà sul governo della Capitale e sui precari equilibri della giovane figura del Partito Democratico. E per chi ritiene che in democrazia la circolazione delle élite sia un fatto salutare, un buon esempio di virtuosità della competizione.


Angelo Mellone

-----------------------

La sicurezza

Chi ha puntato sulla Sicurezza, considerandola un nodo da sciogliere e risolvere,almeno al Nord e poi a Roma ha vinto la partita delle urne. Su quest'indicazione elettorale i dubbi stanno a zero.E anche gli sconfitti, di fronte alla forza dei numeri, ammettono ormai apertamente di non aver saputo cogliere appieno questo forte richiamo della gente.E così la lotta al crimine nelle sue più variegate forme, percepito come fenomeno immanente su tutti o realmente vissuto e subìto in larghe zone del Paese (è paradossale ma sembrano lamentarsene meno là dove esso è più crudo, diffuso e crudele) è entrato da protagonista assieme alla crisi economica nell'agenda della politica della sedicesima legislatura.Il governo Berlusconi ha le idee chiare sul tema: nel senso che ha promesso di prendere il toro per le corna e di piegarne ogni resistenza.

I fatti ci diranno se gli impegni solenni - non si rintracciano esaltanti esempi per il passato, da una parte e dall'altra - sapranno tradursi in realtà non soltanto percepibili ma anche concretamente apprezzabili.Purtroppo, non basta dire, basta al crimine per dare concretezza a un'azione che dev'essere vasta, incisiva, ricca di intenzioni e di procedure adeguate ma anche -scusate il "ma anche" - di mezzi e di uomini all'altezza della sfida.

Mentre il leader della Lega Umberto Bossi, con il suo linguaggio di carta vetrata, rubava la battuta al premier in pectore sul nome del futuro ministro dell'Interno (Maroni, e chi altri sennò?) il ministro uscente dal Viminale, Giuliano Amato ammetteva la propria insoddisfazione su come il governo di cui fa parte ha trattato il tema.E ha spiegato che da parte della "sua" maggioranza c'è stata la propensione (sempre "sottile" il linguaggio del ministro) a identificare la sicurezza solo come criminalità organizzata e a vedere la criminalità diffusa come un problema da affrontare solo in chiave sociale. Bella sintesi. Di fatto è sfuggita la comprensione di fatti che pure erano sotto gli occhi di tutti.

Non sarà difficile constatare se il cambio di stagione politica e insieme il cambio di rotta sapranno prendere la giusta direzione con la necessaria determinazione.Dice Antonio Manganelli, capo della Polizia di Stato, con una felice immagine che non si deve parlare di poliziotti fuori dagli uffici per mandarli per le strade ma di mandare fuori dagli uffici gli adempimenti burocratici.E tuttavia il governo pronto a durare per i prossimi cinque anni, con la forza per farlo, dovrà decidere anche di dotare la fabbrica della sicurezza dei mezzi necessari, se è vero che la gran parte del parco macchine è obsoleto, che la benzina alle Volanti viene distribuita con il contagocce e gli organici non riescono a rispettare neppure il turn over.

La sicurezza è il bene più prezioso ma il costo è alto: da qui bisognerà partire.E poi dovrà essere l'intera macchina a rimettere le giuste cinghie di trasmissione. La macchina giudiziaria, strangolata dai suoi formalismi, dalle sue lentezze e dalle sue lungaggini, finisce per essere, oggettivamente, la complice più affidabile dei criminali.Arrestati, incarcerati e restituiti in massima parte alla libertà quasi subìto, aspettando di un processo che chissà quando si farà e in attesa del quale tutto consiglierà di delinquere ancora. Dentro questo bubbone la parte più infetta è rappresentata da quella immigrazione clandestina che non sa dove sbattere la testa e viene fatalmente risucchiata dalla fitta rete di traffici illeciti.

E, dentro questa, c'è ancora presente e pressante una criminalità irriducibile, che viene dall'Est e spadroneggia nella presunzione di non essere stata mai vista, registrata, osservata: questa è la più pericolosa in assoluto, questa mette davvero paura e su questa la mannaia della legge dovrà cadere senza inciampare in un garantismo che stravolge l'evidenza e lascia che s'accrediti l'idea che qui, da noi, tutto è possibile. Straordinari sono i successi investigativi e pochi i delitti senza colpevoli scoperti e catturati.Ma i colpevoli non devono restare colpevoli e impuniti. La certezza della pena deve cessare d'essere uno slogan e diventare dato giuridico e giudiziario.

Su questo, tra Amato e Maroni dovrà verificarsi quella discontinuità nei fatti (sulle intenzioni Amato ha poco da rimproverarsi) che i cittadini hanno chiesto con il voto nazionale e poi con quello per la guida della Capitale.

Paolo Graldi


da gazzettino.quinordest.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #51 inserito:: Maggio 01, 2008, 07:48:38 pm »

SAREGO

Accertamenti dopo la dispersione di acido cromico dalla Cromatura Dal Grande.

I valori supererebbero di gran lunga i limiti di legge 

Nube tossica, analisi mediche per cento famiglie 

L’Ulss ha richiesto l’esame delle urine dei residenti a rischio contaminazione.

Distribuite in municipio 250 provette 
 

Esame delle urine per la popolazione residente nei pressi della Cromatura Dal Grande di Meledo, l'azienda dalla quale la notte tra il 20 e 21 aprile scorsi è fuoriuscita una nube contenente acido cromico.Ieri in municipio a Sarego erano in attesa della consegna da parte dell'Ulss di 250 provette da distribuire.

Sono un centinaio spiega il sindaco di Sarego, Vittorino Martelletto le famiglie che abitano nell'area interessata. L'esame delle urine delle persone a rischio contaminazione, concordate con i rappresentanti dell'Arpav e dell'Ulss, è stato deciso in via cautelativa, anche per tranquillizzare la popolazione. Le risposte delle analisi dovrebbero essere pronte già nella giornata di venerdì.Al momento non si ha notizia di persone che si siano rivolte alle strutture sanitarie lamentando sintomi collegabili alla nube tossica. Non mi risulta prosegue il primo cittadino siano stati segnalati casi del genere, anche se so che qualche persona nei giorni scorsi ha mangiato insalata raccolta nell'orto. Vittorino Martelletto lunedì, una volta portato a conoscenza di quanto era accaduto, s'è affrettato ad emettere un'ordinanza che vieta il consumo del prodotto degli orti nel raggio di 500 metri con centro la Cromatura dal Grande.

I primi riscontri delle analisi eseguite dai tecnici dell'Arpav hanno comunque evidenziato che l'inquinamento non arriva più in là di 200 metri dall'azienda. La distribuzione delle provette d'urina, per non lasciare nulla al caso, riguarderanno i residenti che abitano entro un raggio di 300 metri.

Se l'area contaminata è ristretta, destano però preoccupazione i primi responsi, cominciati a circolare in maniera ufficiosa ieri in paese, delle analisi eseguite sui campioni raccolti dai tecnici dell'Arpav, con valori che superano di gran lunga i limiti di legge. Anche l'esame dell'acqua piovana, raccolta da privati nei giorni scorsi, aveva messo in luce la presenza di cromo esavalente in quantità superiore rispetto a quella consentita in acque superficiali per gli scarichi industriali. Il lavoro del personale dell'Azienda regionale di prevenzione e protezione ambientale, è proseguito anche ieri. Oltre al terreno ed alla flora, dove l'impatto del cromo esavalente è ben visibile per il disseccamento di piante, erba e ortaggi, i tecnici stanno indagando anche sulle acque dei pozzi privati, e su quelle dalla falda. Sotto la lente di ingrandimento ovviamente anche l'azienda, dove su ordine del sostituto procuratore Vartan Giacomelli sono stati posti sotto sequestro i macchinari del ciclo produttivo, quelli incriminati per la fuoriuscita, al momento addebitata ad un guasto dell'impianto di abbattimento dei fumi/aerosol a servizio delle vasche di cromatura, della nube contenente una soluzione di acido cromico. Con tutta probabilità nei prossimi giorni il pm sentirà a verbale anche i residenti che hanno dato l'allarme. Alcuni avrebbero già presentato un esposto.

Giorgio Zordan
 
da gazzettino.quinordest.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #52 inserito:: Maggio 01, 2008, 09:56:16 pm »

Caro Direttore,

non è la prima volta che il Presidente Galan parla di Padova senza sapere come stanno realmente le cose.

Approfitto dell'occasione per spiegare a lui e ai lettori del Gazzettino la vicenda della moschea, che la destra prova a strumentalizzare con argomenti privi di ogni fondamento.

Non è affatto vero, come sostiene Galan, che l'Amministrazione comunale "vuole regalare degli immobili e terreni pubblici a un'associazione islamica che intende creare una scuola coranica".

Dopo aver liberato le palazzine di via Anelli, dove c'era una mini moschea, abbiamo prima spostato la sala di preghiera in un ex supermercato, concesso in uso gratuito dal proprietario, che ha dimostrato di essere una persona aperta e generosa.


Ecco la verità

Poi, dovendo liberare quei locali, abbiamo proposto all'associazione Rahma di ristrutturare a loro spese un edificio rurale pericolante, di proprietà del comune, per installarvi la moschea, pagando un affitto all'Amministrazione. Si tratta di un'operazione a costo zero per la collettività e consente a diverse migliaia di cittadini di religione islamica di avere un luogo dove pregare e professare la loro religione.

Una scelta di civiltà, a mio avviso, e - contemporaneamente - un contributo alla creazione di un clima di rispetto reciproco, che necessita del riconoscimento a tutti dei diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione e del rispetto da parte di tutti dei doveri e delle leggi che regolano la nostra convivenza civile.

Si tratta quindi di una decisione perfino ovvia, che qualcuno sta tentando di strumentalizzare per raccattare qualche voto in più, senza pensare alle conseguenze delle proprie parole, che hanno come unico obiettivo quello di soffiare sulle paure della gente e di parlare agli istinti più bassi delle persone.

Nel farlo, oltretutto, si mente sapendo di mentire, ci si nasconde dietro un dito per non dire cosa realmente si pensa, e cioè che chi professa una religione diversa dalla nostra farebbe bene a pregare nel chiuso della sua casa e non in un luogo aperto a tutti i fedeli.

Credo che questo atteggiamento non ci porti da nessuna parte, oltre ad essere in aperta contraddizione con quanto predicano gli stessi leader nazionali del centrodestra, visto che oggi l'On. Fini, nel suo discorso di insediamento come Presidente della Camera, ha auspicato un rapporto positivo tra la cultura ebraico - cristiana dell'Occidente e l'Islam, nel segno del reciproco rispetto tra identità diverse.

Un auspicio che io condivido pienamente e che ha bisogno di atti concreti, come quello di consentire a chi arriva nelle nostre città a vivere e lavorare di poter professare liberamente la propria religione.

Qualcuno invece intende garantire la sicurezza dei cittadini con la demagogia e la propaganda, facendo la faccia feroce e trattando gli immigrati onesti con diffidenza e pregiudizio. Io sono convinto del contrario, credo che la sicurezza si garantisca certamente con la repressione della criminalità e con la pretesa del rispetto rigoroso della legalità, ma sono altrettanto necessarie politiche di inclusione e di solidarietà, che combattano la marginalità sociale ed evitino la ghettizzazione di persone che hanno una cultura diversa dalla nostra.

Comprendo i timori dei cittadini su una questione così delicata, ma posso rassicurarli: l'Amministrazione non ha assunto le decisioni con leggerezza o superficialità, abbiamo chiesto e ottenuto dall'associazione Rahma non solo il rispetto delle leggi, ma anche la condanna di qualunque atteggiamento fondamentalista, che rappresenta un autentico rischio per la nostra democrazia. E' questa la logica con la quale ci stiamo muovendo a Padova, e lo abbiamo fatto anche affrontando la questione della moschea.

Flavio Zanonato

(*Sindaco di Padova)
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #53 inserito:: Maggio 04, 2008, 09:48:46 pm »

SOCIETA’ DI IMPRENDITORI 

Il Polesine ci riprova: «Vogliamo noi la base Usa»
 
 
E' bastata la vittoria di Achille Variati alle comunali di Vicenza per rinfocolare le speranze dell'Altopolesine, che torna a candidare la base missilistica dismessa di Zelo come sito per il possibile insediamento militare Usa contestato a Vicenza.

Un gruppo di imprenditori rodigini ne è convinto (o lo spera): secondo loro la vittoria del Pd a Vicenza e l'annunciato referendum potrebbero trasformarsi in un colpo mortale per la nuova base americana di Dal Molin. E così ripropongono la chance polesana. Tanto ch è già nata un'associazione, chiamata "Progetto Polesine", per dare gambe all'idea di accogliere tra Adige e Po il mare di investimenti che il capoluogo berico tentenna ad accettare.

Quando ne avevano avanzato l'ipotesi l'allora parlamentare della Margherita Gabriele Frigato e l'assessore regionale di Forza Italia Renzo Marangon, la trasversalità partititica dell'idea non era bastata ad evitarle l'etichetta di forzata ricerca di visibilità per i suoi sostenitori. Adesso che il neosindaco vicentino Achille Variati ha già annunciato di volere un referendum sull'allargamento della caserma Ederle al Dal Molin, un gruppo di imprenditori altopolesani vuol cogliere la palla al balzo.

"Con Progetto Polesine - hanno spiegato Antonio Monesi e Sergio Osti, due dei promotori dell'iniziativa - vogliamo suscitare la partecipazione attiva della politica e delle amministrazioni locali sulla grande opportunità di avere questo insediamento in Altopolesine. Cercheremo l'appoggio anche della Provincia e della Regione. Organizzeremo incontri con la gente e con gli organismi che si occupano della questione, a cominciare dal commissario Paolo Costa. E' nostra intenzione mettere in atto ogni iniziativa per la verifica della fattibilità del progetto che riteniamo straordinario per il Polesine".

E' già disponibile una casella di posta eletronica che risponde all'indirizzo progettopolesine@gmail.com dove far confluire idee, adesioni, osservazioni e proposte. Dai promotori sono state messe in luce anche le peculiarità logistiche dell'area interessata che gode, oltre allo spazio dell'ex base dismessa, anche di agevolati collegamenti con tutto il Nord Italia dalla Valdastico sud alla prossima Nogara mare, dall'A13 all'allacciamento con il Brennero.

"Per la base americana si parla di investimenti in logistica e servizi militari di almeno un miliardo e mezzo di euro più una cifra simile per fabbricati e servizi per le famiglie - ha sottolineato Monesi - Sarebbe la svolta per un'area che è sull'orlo della stagnazione economica e sociale". Quanto alle riserve sulla creazione di un sito "sensibile" sul territorio provinciale, Osti getta acqua sul fuoco: "Pericoli? No, sono da escludere. Anzi la presenza soprattutto culturale di un popolo tanto avanzato come quello statunitense, sarà un volano di crescita per l'intera società locale".
 
da gazzettino.quinordest.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #54 inserito:: Maggio 05, 2008, 10:56:24 pm »

CRONACA

I servizi segreti: "Il Veneto zona a più alta densità di naziskin del Paese"

La passione per il pugilato, i richiami ai legionari romani e le croci uncinate

Teste rasate e antisemiti allarme nel Nord Est

Giovani dalla doppia militanza: dai "boot party" le aggressioni del sabato e alla tifoserie della domenica dove il campo di battaglia diventa la curva

di ALBERTO CUSTODERO
 

 ROMA - È il Nord Est, secondo i servizi segreti italiani (l'Aisi), "la zona a più alta densità di militanti naziskin del Paese". Secondo il rapporto dell'Agenzia informazioni e sicurezza interna, proprio nel bacino fra Verona (la città dove è stato aggredito Nicola Tommasoni), Vicenza, Padova e Treviso, il "fronte skinheads-Vfs, costituito a Vicenza negli anni Ottanta e ispirato al modello britannico, conta su alcune centinaia di giovani attivisti". Il loro è il look del "guerriero metropolitano". Fanno pugilato, thai box e sollevamento pesi, e si riconoscono nei valori fondanti dello skin style individuati nell'appartenenza di classe e nel sentimento nazionalista". La dimensione ideologica, come il richiamarsi ai legionari romani, c'entra poco, ma è utile "per saldare gli atteggiamenti improntati alla forza fisica ad un ruolo socio politico".

"Quando perquisiamo le loro case - racconta un alto funzionario della Digos - nelle stanze, sulla testata del letto, troviamo bandiere con la svastica o la croce celtica. Ma il loro livello culturale, molto basso, ci porta a parlare di bullismo con la testa rasata". Il credo naziskin è infatti - secondo gli esperti dell'intelligence - una sorta di sottocultura violenta, teppistica, xenofoba, razzista e antisemita, che si manifesta in scala crescente, dalla strada al quartiere, fino alla curva dello stadio. E trova proseliti soprattutto fra le "fasce di giovani culturalmente meno preparate che eleggono a loro passatempo preferito del sabato sera il boot party", come vengono sarcasticamente chiamate le aggressioni fini a se stesse. Il violento pestaggio di Verona non ne è che l'ultimo, tragico, esempio. Le teste rasate sono giovani dalla doppia militanza: nell'antagonismo il sabato per "fare casino in piazza", e fra le tifoserie la domenica dove il campo di battaglia diventa la curva. I richiami politici - osservano i servizi segreti - sono poco più che simbolici.

Nel mucchio degli ottantamila ultrà d'Italia, il grumo eversivo, secondo il ministero dell'Interno, è di circa ventimila tifosi, e proprio negli ultimi anni la gran parte sono diventati di destra (63 gruppi, circa 15 mila sostenitori), mentre la componente di sinistra, molto forte negli anni Settanta, è oggi ormai una minoranza, 35 associazioni per circa 5 mila persone. Sono state proprio le curve degli stadi - osserva l'intelligence - i luoghi nei quali la "tifoseria oltranzista ha assorbito l'esperienza di lotta della "cellula politica" con l'acquisizione di schemi organizzativi, slogan ossessivi, strategie di militarizzazione". È così che negli stadi sono comparsi, ad esempio, striscioni antisemiti o xenofobi (ora vietati dopo le norme sulla sicurezza negli stadi del ministro Amato). Al di là dei divieti di esporre bandiere o slogan dal contenuto ideologico, gli ultrà-naziskin si sono organizzati in "strutture stabili e complesse", con tanto di gadget, tesseramento. E sono capaci, pur appartenendo a squadre diverse divise da rivalità secolari (come Roma e Lazio), di allearsi per assaltare le caserma della polizia e la sede del Coni, come avvenuto nella Capitale nel novembre scorso qualche ora dopo la morte del tifoso laziale, Gabriele Sandri.

Ma l'allarme naziskin non riguarda solo le aggressioni boot party, le violenze negli stadi e le guerre fra tifoserie durante le trasferte. L'allarme del Viminale riguarda anche il risveglio dell'antisemitismo in Italia, con profanazione di tombe ebraiche e la comparsa sui muri di tutta Italia di scritte inneggianti il Duce, Hitler e i forni crematori. Su questo fronte dell'intolleranza razziale, si assiste ad un fenomeno del tutto nuovo: gli slogan antisemiti sono di moda non solo fra i naziskin e gli ultrà, ma anche fra i movimenti antagonisti dell'estrema sinistra e in alcuni ambienti di studenti leghisti "antagonisti padani".

(5 maggio 2008)

da repubblica.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #55 inserito:: Maggio 05, 2008, 11:01:02 pm »

5/5/2008 (7:4) - RETROSCENA IL «BIONDINO» E LE RONDE IN CENTRO

Una sola ideologia: guerra al "diverso"
 
Il pm: picchiavano anche chi aveva i capelli lunghi

PAOLO COLONNELLO
VERONA


Il biondino e i suoi amici si muovevano come una banda di Arancia Meccanica negli ambienti degli skinheads fronte Veneto e dei neofascisti, sperando d’incontrare se non proprio il plauso della città, per lo meno la sua indulgenza. Chè Verona si sa, è sempre stata una città nera. E ricca. E gelosa di sè. E se anche il sindaco leghista Falvio Tosi adesso invoca «pene esemplari» , si capisce che il Biondino e i suoi amici in fondo erano funzionali a una certa cultura.

«Che poi è un modo di pensare - dice il procuratore Guido Papalia - molto diffuso di questi tempi che esclude il diverso, chi non si veste come noi, non mangia come noi, non parla con il nostro accento, in difesa di un sistema ritenuto semplicemente migliore di altri e dunque da difendere anche con la violenza. E’ un modo di sentirsi rassicurati ancorandosi a cose che invece andrebbero analizzate più approfonditamente. Non è un problema solo di polizia. E’ questione di educazione che dovrebbe portare a pensare che è l’inclusione quella che paga. Non l’esclusione».

Invece il Biondino e gli amici stavano proprio in questa logica. Anche loro di ronda - che oggi va tanto di moda - per punire «i diversi», «quelli che sporcano», quelli che offendono «il decoro del nostro bel centro». Quelli che non ci garbano, in definitiva. Che, come si sa, sono sempre tanti e affollano impuniti le nostre paure. E allora, giù botte. Come a Nicola Tommasoli il grafico di 29 anni massacrato a pugni e calci e ridotto in fin di vita per essersi rifiutato l’altra notte di offrire una sigaretta.

«Anche lui - spiega il procuratore aggiunto di Verona, Mario Schinaia - era stato individuato come un diverso. A loro bastava trovare qualcuno che magari aveva semplicemente i capelli lunghi e volavano schiaffi».

Quasi ogni sabato, con la bella stagione, a pattugliare strade e piazze storiche, a prendere a schiaffi «i negri» ma anche «i terroni», come i tre parà picchiati mesi fa perchè «parlavano meridionale». O il ragazzo con la maglietta del Lecce massacrato di botte «perché terrone». O quello picchiato in piazza delle Erbe perché sedendo su alcuni gradini «danneggiava l’immagine di Verona, città di classe». O la vita resa impossibile ai venditori di khebab. Tutte scuse, per nascondere il vero obiettivo: la violenza fine a se stessa.

«Una violenza programmata, per difendere quello che consideravano il loro territorio - sottolinea Schinaia - sono tutti di una certa area ma alla fine l’ideologia o l’appartenenza a gruppi politici definiti conta poco. La cosa vera che li unisce è la caccia al “diverso” da loro. Ed è questa l’unica ideologia. Tanto che per questo ripetersi delle aggressioni, avevamo ipotizzato l’esistenza di un nuovo gruppo organizzato, ancor più pericoloso di altri per questo fine esclusivo di violenza».

La scorsa estate la banda di neofascisti era stata fermata dalla Digos e identificata: 17 giovani in tutto, alcuni rampolli della buona borghesia, altri figli di operai. Molti legati agli ultrà dell’Hellas Verona, quasi tutti trovati con simboli nazisti e fascisti in casa. Il Biondino, ovvero R.D., 19 anni, studente, capelli castani chiari, si era distinto come uno tra i più attivi e violenti, destinatario perfino di una diffida a non entrare allo stadio. La notte del primo maggio R.D. non era nemmeno ubriaco. «Noi non ci droghiamo, non beviamo, siamo gente a posto», ha raccontato nell’interrogatorio-confessione reso ieri dalle 8 alle 12 nella questura di Verona. Ma sì, un bravo ragazzo senza vizi, come tanti da queste parti. Come i due di Ludwig, ricorda ancora il procuratore Schinaia, anche loro «figli della buona borghesia, laureati, perbene. Pensavano di ripulire il mondo uccidendo le persone».

Il pm Rombaldoni, il capo della Digos e il colonnello dei carabinieri aspettavano R.D. da qualche ora. Individuato dalle indagini, pressato dai genitori, incalzato dal suo legale, dopo aver passato tre giorni fuori casa, non si ancora bene aiutato da chi, sentendosi il fiato sul collo, alla fine si è costituito. Si è presentato col suo legale, Roberto Bussinello, candidato sindaco per Forza Nuova alle scorse elezioni. Per confessare ma solo in parte, ammettendo di aver dato pugni e calci ma senza ricordare «di aver colpito quel ragazzo quand’era a terra»; confermando i nomi di almeno due dei complici, già individuati, ma senza fare il nome degli altri due perchè «di loro non voglio parlare». Eppure ha esordito dicendosi «dispiaciuto», «spaventato dalle conseguenze» del suo gesto.

da lastampa.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #56 inserito:: Maggio 13, 2008, 04:43:21 pm »

La capitale nera

di Paolo Tessadri


A Verona skinheads, ultras picchiatori, militanti secessionisti ed estremisti cattolici sono alleati in nome della intolleranza. In questo clima maturato l'assassinio del giovane Nicola Tommasoli  Il luogo dell'aggressione a Nicola TommaselliLe vittime erano scelte a caso, bersagli su cui scaricare la violenza. Ragazzi che del nazismo conoscono solo gli slogan e il richiamo alla forza, come si potrebbero incontrare in qualunque curva. Ma è difficile trovare un'altra città italiana dove le ideologie che predicano intolleranza e antisemitismo siano così radicate, unendo in un'unica trama fili neri che vengono dal passato più oscuro. Estremisti cattolici e militanti secessionisti, skinhead e ultras picchiatori. Tutti che si sentono, più o meno direttamente, rappresentati dai modi sbrigativi del sindaco Flavio Tosi che ha fatto di Verona uno degli avanposti della sicurezza fai-da-te e delle ronde popolari.

La morte di Nicola Tommasoli adesso costringe la città a fare i conti con il suo presente. E con una storia recente che si vuole dimenticare a tutti i costi. Perché quando si parla di violenza fine a se stessa, di ragazzi bene che uccidono per noia, vagheggiando ideali hitleriani, è difficile non citare Ludwig, la sigla del terrore che nascondeva due ventenni veronesi, figli di professionisti. Lo scorso 23 aprile Marco Furlan ha lasciato il carcere ed è stato affidato ai servizi sociali: è stato condannato a 27 anni per 15 omicidi, è rimasto in cella per meno di 12. Il suo complice, Wolfgang Abel, è in una casa di lavoro in Abruzzo per scontare 'una pena accessoria'. Non sono ancora formalmente liberi, ma la coppia che rivendicava i delitti scrivendo "la nostra fede è nazismo, la nostra democrazia è sterminio" non ha certo scontato una pena esemplare. E adesso Verona si trova di nuovo davanti allo stesso choc, con assassini giovanissimi e una vita distrutta senza un perché.

Nicola Tommasoli è stato ucciso da una gang di cinque ragazzi: facce da adolescenti, canti da Hitlerjugend. Uno di loro, Raffaele Dalle Donne, è già un capetto: ultrà dell'Hellas Verona, con a carico un Daspo, il provvedimento di allontanamento dagli stadi; indagato con altri 16 picchiatori per una serie di pestaggi avvenuti fra il 2006 e il 2007.
Colpivano sempre in centro a Verona, contro chiunque fosse diverso da loro. Anche Guglielmo Corsi è altri due del branco erano assidui della curva sud. "Non militanti di gruppi neonazisti organizzati, anche se praticano le stesse ideologie e usano gli stessi simboli", precisa la Procura.

Simboli che non sono alieni ai sostenitori del sindaco. Con Tosi si sentono rappresentati gli estremisti di destra della Fiamma tricolore, Forza nuova, Veneto fronte skinhead e gli integralisti cristiani. Questi ultimi non sono una presenza folcloristica. Ci sono gruppi come il Sacrum Imperium di Maurizio Ruggiero e Famiglia e civiltà di Palmarino Zoccatelli; varie altre sigle che spuntano secondo necessità, come Comitato Principe Eugenio, Comitato per le Pasque Veronesi, Gruppi di famiglie cattoliche. Zoccatelli è anche responsabile del Sindacato Libero e del blog 'Traditio, sito ufficiale delle associazioni cattoliche tradizionaliste di Verona'. A unirli sono soprattutto i nemici comuni. Come il procuratore capo di Verona Guido Papalia e altri magistrati, spesso attaccati dalla Associazione per la giustizia e il diritto Enzo Tortora, sempre diretta da questo gruppo.

Le mosse di Tosi sembrano avere premiato i volti più puliti di questo estremismo politico-religioso, quelli impegnati nella destra sociale. Anzitutto ha nominato capogruppo in Comune della sua lista personale Andrea Miglioranzi, 35 anni, skinhead, iscritto alla Fiamma tricolore, già attivista del Veneto fronte skinheads e componente della banda Gesta Bellica che dedicava canzoni a Erik Priebke, 'il capitano' e a Rudolf Hess, 'vittima della democrazia'. Miglioranzi è stato il primo a scontare tre mesi di galera per istigazione all'odio razziale. Appena eletto sindaco, Tosi lo voleva nell'Istituto storico per la resistenza, ma ci fu una sollevazione e non se ne fece nulla.

L'alleanza nera esce allo scoperto il 15 dicembre dell'anno scorso. Pochi giorni prima era stato ferito un attivista di estrema destra da aggressori tuttora sconosciuti. La Fiamma tricolore di Miglioranzi e Piero Puschiavo organizza lamanifestazione di solidarietà. Vi aderiscono Forza Nuova, Fronte veneto skinhead, in testa al corteo si vedono Piero Puschiavo con Tosi e quasi tutta la giunta comunale. Il disagio dei moderati del Popolo della libertà è interpretato da Elio Mosele, presidente della Provincia: "A quel corteo io non avrei partecipato". Poche ore dopo, passata la mezzanotte, tre partecipanti alla manifestazioni pestano a sangue tre parà della Folgore, con frasi "terroni, andate via da qui, puzzate". Sì, destra contro parà, perché meridionali. Due dei picchiatori erano già indagati per l'assalto al figlio del consigliere del Pdci Graziano Perini, che ha subito tre aggressioni e ha la casa sotto protezione dalla polizia. Giusto per capire il clima.

La saldatura fra Tosi e l'integralismo cristiano avviene con Maurizio Ruggiero del Sacrum Imperium. Ogni giorno Ruggiero va al gruppo consiliare della Lega Nord in comune, dove occupa un ufficio, e fra un incontro politico e una messa in latino propone una "marcia sulla Sinagoga", perché il cardinale e segretario di Stato "Tarcisio Bertone ha moltiplicato gli atti di zerbinaggio verso gli israeliti" e "ha dato sfogo alla sua vena più clownesca sulle montagne del Cadore, dove ha fatto visita a Benedetto XVI". Legato a Tosi e Ruggiero è anche l'altro integralista Palmarino Zoccatelli, consulente del sindaco nella commissione di valutazione dei dirigenti del comune. Ruggiero e Zoccatelli nel 2005, in occasione degli arresti contro i presunti estremisti neri autori dell'accoltellamento a San Luca di Verona, utilizzano le sigle Giustizia giusta e Associazione Enzo Tortora per protestare contro i pm. "La custodia cautelare in carcere è assurda, una forma di coercizione psicologica. La magistratura di Verona è persecutoria nei confronti della destra". Miglioranzi e Zoccatelli annunciano la visita in carcere ai cinque arrestati per il raid e comunicano alla stampa che all'iniziativa partecipa Flavio Tosi.

Ma in città la comunanza tra tradizionalismo cristiano e destra reazionaria è consacrata da quasi 15 anni di militanza. Già nel '94 la magistratura avvia un'indagine per presunta violazione della legge Mancino: in quel momento tornano gli slogan contro Papalia cari agli Autonomi del '77. Ma a pronunciarli sono le teste rasate. E il clima, ancora oggi, non è cambiato. Poche settimane fa Nicola Greco, presidente della corte d'appello di Venezia, dichiara: "A Verona sono stati registrati atti di matrice criminale con una deriva xenofoba che vedono coinvolti giovani e giovanissimi".

Le leve del neonazismo sono anche il lato oscuro degli ultras dell'Hellas Verona. E anche in questo caso il sindaco non disdegna. Due anni fa Tosi, allora assessore regionale, presenta Alberto Lomastro come nuovo iscritto della Lega, proveniente da Forza nuova. Tutti in curva sud conoscono Lomastro: durante una partita appese al cappio un manichino di colore.


(12 maggio 2008)


da espresso.repubblica.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #57 inserito:: Maggio 24, 2008, 10:38:26 pm »

Calearo: «Sono del Pd perché non è di sinistra»


La sua candidatura aveva già fatto storcere il naso a molti, che l’avevano digerita con la necessità di un “patto tra i produttori”. Ma ora che siede in Parlamento, l’ex presidente di Federmeccanica, Massimo Calearo, si sbottona: «Il Pd? Non lo considero di sinistra». Ecco perché ha accettato un posto a Montecitorio: «Sono un uomo di centro che ha trovato spazio in un partito riformista», spiega in un’intervista a Libero.

E non usa giri di parole per rispondere alla domanda: «Che diavolo ci fa uno come lei nel Pd?». «L'ho appena spiegato ad alcuni colleghi molto potenti in Confindustria – ribatte – “Dovreste solo ringraziare di avere uno che la pensa come voi che ha contribuito in maniera importante a lasciare a casa la Sinistra arcobaleno e che, stando dall'altra parte, può mantenere anche nella minoranza le idee dell'impresa e del mercato"».

Insomma, lui e Confindustria la pensano allo stesso modo, «io – dice – resto imprenditore dalla punta dei capelli alla punta dei piedi». Peccato che il discorso di insediamento della neo presidente Emma Marcegaglia abbia raccolto soprattutto i favori di Berlusconi, che si è congratulato dicendole: «È il nostro programma».

Spiega di non essersi candidato con An per il semplice fatto che Fini aveva glissato sull’ipotesi di fare un ministro veneto. Alla fine, il governo, di ministri veneti ne ha tre: Maurizio Sacconi, trevigiano, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali; Renato Brunetta, veneziano alla Funzione Pubblica; Luca Zaia di Conegliano, titolare delle Politiche agricole. Chissà se Calearo si sta mangiando le mani. Di certo, promette, non esiterà a votare i provvedimenti della maggioranza che lo dovessero convincere, in particolare in materia di impresa: «Grazie a Dio viviamo in una democrazia». Dove i candidati, ahinoi, non si possono scegliere.

Pubblicato il: 24.05.08
Modificato il: 24.05.08 alle ore 15.18   
© l'Unità.
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #58 inserito:: Maggio 24, 2008, 10:45:33 pm »

22 maggio 2008,


Lavori usuranti: Daniela Sbrollini sostiene l’appello di Damiano


Daniela Sbrollini, deputata vicentino del Partito Democratico, aderisce all’appello lanciato dall’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, a non lasciar cadere il decreto del governo Prodi che individuava, dopo anni di tentativi falliti, le categorie dei lavori usuranti.

“E’ indispensabile – spiega Daniela Sbrollini – che non si lasci scadere il termine del 31 maggio, data di decadenza della delega al Governo per l’emanazione di questo fondamentale decreto legislativo che interessa migliaia di lavoratori vicentini e veneti, oltre che tantissime imprese private e pubbliche.

Vista la larga convergenza di opinioni favorevoli che ha accompagnato questo provvedimento nel suo iter nella scorsa legislatura, ci preoccupano oggi le più recenti prese di posizione del Governo Berlusconi che sembrano andare in direzione opposta su questa delicata materia”.

L’appello lanciato da Damiano è stato sottoscritto tra gli altri da Pier Paolo Baretta, Sergio D’Antoni, Donata Gottardi, Enrico Letta, Giorgio Benvenuto, Franca Donaggio, Tiziano Treu.

Sul nostro sito il testo integrale dell’appello. (more…)



Lavori usuranti: Daniela Sbrollini sostiene l’appello di Damiano
Giovedì 22 Maggio 2008 | pubblicato da staff |
Daniela Sbrollini, deputata vicentino del Partito Democratico, aderisce all’appello lanciato dall’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, a non lasciar cadere il decreto del governo Prodi che individuava, dopo anni di tentativi falliti, le categorie dei lavori usuranti.
“E’ indispensabile – spiega Daniela Sbrollini – che non si lasci scadere il termine del 31 maggio, data di decadenza della delega al Governo per l’emanazione di questo fondamentale decreto legislativo che interessa migliaia di lavoratori vicentini e veneti, oltre che tantissime imprese private e pubbliche. Vista la larga convergenza di opinioni favorevoli che ha accompagnato questo provvedimento nel suo iter nella scorsa legislatura, ci preoccupano oggi le più recenti prese di posizione del Governo Berlusconi che sembrano andare in direzione opposta su questa delicata materia”. L’appello lanciato da Damiano è stato sottoscritto tra gli altri da Pier Paolo Baretta, Sergio D’Antoni, Donata Gottardi, Enrico Letta, Giorgio Benvenuto, Franca Donaggio, Tiziano Treu. Sul nostro sito il testo integrale dell’appello.

Dopo vari tentativi andati a vuoto negli anni passati, il Governo Prodi ha varato nel mese di aprile la disciplina sui lavori usuranti, in attuazione del protocollo del Welfare, ora legge 247/07.
Il beneficio interessa quattro categorie di lavoratori:
a) Lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti come da decreto Salvi (lavori in galleria, cave o miniere, in cassoni ad aria compressa, lavori svolti da palombari, lavori ad alte temperature, lavori di asportazione dell’amianto, ecc.)
b) Lavoratori notturni 1)lavoratori impegnati in lavori a turni 2) lavoratori impegnati per l’intero anno lavorativo;
c) Lavoratori addetti alle linee a catena;
d) Conducenti di veicoli, di capienza complessiva non inferiore a nove posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo.
I lavoratori di cui alle lettere a), b) n.2, c), d) conseguono il diritto al trattamento pensionistico con un’età anagrafica inferiore di tre anni.
I lavoratori impegnati in lavoratori a turni conseguono il diritto al trattamento pensionistico con un anticipo di:
a) Dodici mesi per coloro che svolgono l’attività lavorativa nel periodo notturno per un numero di giorni all’anno compreso tra 64 e 71;
b) Ventiquattro mesi per coloro che svolgono l’attività lavorativa nel periodo notturno per un numero di giorni all’anno compreso tra 72 e 77;
c) Trentasei mesi per coloro che superano 77 giorni all’anno.
Per ottenere il beneficio che parte dal 1° luglio 2009, occorre presentare idonea documentazione.
Il decreto, varato in prima lettura dal Consiglio del Ministri del Governo Prodi, dalla Conferenza Stato-Regioni e dalla Commissione Lavoro della Camera, non ha ricevuto il via libera dalla Commissione Lavoro del Senato a causa della mancanza di numero legale.
Il Governo Prodi, in fase di conclusione del suo mandato, ha consegnato al futuro Governo questo importante provvedimento a vantaggio dei lavoratori e delle imprese, che è stato approvato e certificato sotto il profilo dei costi previsti dal protocollo sul Welfare (circa tre miliardi di euro nei prossimi dieci anni) dalla Ragioneria dello Stato.
Chiediamo che esso venga definitivamente approvato per non correre il rischio di vanificare un’importante conquista sociale.


----------------



 
Vicenza  20-05-2008 16:00


Intervento di Claudio Rizzato all’Assemblea Provinciale del 17 Maggio 2008

Veltroni ha fatto un’ottima campagna elettorale che ci ha fatto recuperare buona parte del nostro elettorato deluso. Tuttavia abbiamo pagato l’impopolarità del Governo Prodi. Siamo un Paese nel quale i cittadini se ne fregano del debito pubblico o di Almunia se non arrivano alla fine del mese, e la cosiddetta sinistra radicale ha ostacolato Prodi persino nell’approvazione del protocollo sul Welfare che conteneva provvedimenti a favore delle famiglie che non arrivavano a fine mese e che non riescono tuttora ad arrivarci.

Alcuni temi non sono stati neppure affrontati in campagna elettorale: l’efficienza del sistema sanitario pubblico e la sostenibilità della spesa di fronte a forti processi di riorganizzazione che potrebbero metterne in discussione l’universalità sancita dall’articolo 32 della Costituzione; l’esigenza di avviare il fondo della non autosufficienza per aiutare centinaia di migliaia di famiglie con anziani non autosufficienti; i Diritti e i Servizi Sociali per un moderno Welfare. Cito queste materie perché hanno avuto centralità indiscussa, assieme ai temi economici, nella campagna elettorale del 2006 in contrapposizione alle volontà di privatizzazione e monetizzazione dei servizi e delle prestazioni manifestata dal centrodestra.

Abbiamo parlato di modifiche della legge elettorale solo con riferimento alla stabilità di governo e poco sottolineato che deve essere cambiata una legge che umilia la qualità della rappresentanza, la democrazia effettiva e la sovranità del popolo; accentua il distacco tra politica e società; viola l’essenza e il valore di un sistema elettorale rappresentato dal diritto degli elettori di scegliere direttamente gli eletti.

E’ palese nel risultato che è stato scarso l’allargamento dell’elettorato DS/Margherita e poco rilevante il nuovo voto giovanile . La maggioranza dei lavoratori, dei pensionati e dei giovani hanno votato per la LEGA o per il Popolo delle Libertà ( ma questa non è una novità,piuttosto una realtà che abbiamo sempre nascosto a noi stessi). Avremmo dovuto attrarre il voto dei giovani e dei lavoratori autonomi ma ciò è avvenuto. La Lega e’ una forza popolare che si affronta non blandendola, ma sfidandola sul terreno dell’autonomia reale dei territori nelle decisioni e nell’utilizzo responsabile delle risorse da essi prodotte, continuando a sostenere l’attuazione del titolo quinto della Costituzione vigente che consente forme e condizioni particolari di autonomia,del quale ora la Lega si sta appropriando per fare quello che noi, per carenze culturali della classe dirigente del Vecchio Centrosinistra romano-centrico, non abbiamo avuto il coraggio di fare. La Lega ha prodotto e diffuso una ideologia,una visione del mondo un modo di essere.. Noi non possiamo contrastarla scimmiottandola o inseguendola sullo stesso terreno. Dobbiamo costruire una cultura diversa solida e solidale, mettere in campo competenze riconosciute e proposte credibili; praticare una politica concreta che recuperi il divario tra tempi delle decisioni ed i tempi di risposta ai cambiamenti sociali e alla forte competizione in atto tra sistemi sociali ed economici. Concordo con alcune osservazioni del Segretario Regionale circa l’esigenza di far diventare protagonisti i dirigenti territoriali che la credibilità se la sono conquistata nel campo. Per questo le categorie di vecchio e nuovo sono astratte e inadeguate e se applicate senza tenere conto dei meriti,delle capacità e delle competenze , persino dannose. Il rinnovamento dei gruppi dirigenti è fondamentale ma non è solo un fatto anagrafico; infatti in misura sostanziale esso consiste nel ricambio nelle istituzioni ponendo il limite dei mandati ai vari livelli istituzionali . Concordo anche con un’altra considerazione di Giaretta, che l’unico punto di crisi( certo fondamentale ma non l’unico) nella campagna elettorale è stata la formazione delle liste troppo centralizzata e distante dal territorio . Vi faccio altri due esempi di come alcune scelte o decisioni del Governo Prodi hanno dimostrato la distanza dai territori o dalle realtà economico-sociali del Nord. Con la finanziaria 2006 fu introdotto il ticket di 10 euro a visita specialistica. Come è stata accolta una simile scelta nel Veneto nel quale noi abbiamo condotto per anni una battaglia ( con uno slogan diventato nazionale: No Tagli,Tasse e Tickets) contro la Giunta Galan che aveva applicato le une e gli altri? L’altro esempio di demenza politica è stato il manifesto ‘anche i ricchi piangono’ di Rifondazione, il cui significato consisteva in questo. I poveri che ridevano erano i lavoratori dipendenti che beneficiavano di 3 euro al mese di riduzione delle tasse, bruciate dai tickets di cui parlavo prima ; i ricchi che piangevano erano gli altri lavoratori dipendenti con un reddito superiore a 40.000 euro che pagavano più tasse( pur avendole sempre pagate e magari avendo votato Prodi perché aveva promesso di ridurle) . Da aggiungere che a cancellare i difensori dei poveri sarebbero stati i poveri stessi, votando per i ricchi. Non illudiamoci di recuperare consenso e di diventare forza maggioritaria solo con scorciatoie organizzative e non agendo nel profondo della società italiana. La sconfitta ha ragioni che vanno ben più in là del giudizio sul Governo Prodi.

Noi siamo ancora dentro e siamo vittime dei ritardi culturali e politici della Sinistra, che hanno oscurato e minimizzato il grande cambiamento del sistema politico avviato con la nascita del PD e la decisione di presentarci senza alleanze pasticciate. Tuttavia non è il pragmatismo l’unica risposta; è necessario riuscire a mobilitare tutte le energie con una riscossa culturale , un nuovo pensiero politico, una politica rinnovata.

E’ a questo livello la sfida. Sbaglieremmo se nei confronti della Lega e del PDL pensassimo di mantenere la sfida e il confronto solo parlando alla pancia, perché per vincere dobbiamo costruire uno stile di vita, una visione del mondo, un sistema di valori alternativi a quelli della Lega e del Centro Destra. Prendiamo la questione sicurezza. La nostra battaglia deve comprendere tolleranza zero verso i clandestini e chi delinque,inclusione e solidarietà per gli stranieri. Cioè città sicure e aperte,non sicure in quanto chiuse e non solidali.

Dalla lezione delle urne deve venire una decisa volontà di rialzarci perché abbiamo tante potenzialità, persone che vogliono fare politica con passione, per dare il loro contributo e far crescere le nostre comunità; organizzare l’attività politica e amministrativa a partire dai nostri circoli, con spirito di servizio e competenza, per accrescere la qualità della vita in ogni territorio. Dobbiamo partire dalle esigenze delle persone e delle realtà locali e confrontarci con tutti per trovare le soluzioni migliori ai problemi.

Insomma bene internet, ma per avere consenso il dialogo va fatto con le persone in carne e ossa.

Un partito nuovo si afferma quando ha ideali e valori forti; quando è utile perché fa una politica che aiuta la gente a vivere meglio, a risolvere i suoi problemi materiali, quelli che la politica e l’amministrazione possono risolvere. Dopo la fase costituente un po’ convulsa , con una campagna elettorale concomitante, il nostro Statuto,il Manifesto dei Valori e il Codice Etico, costituiscono le basi sulle quali erigere la nostra organizzazione politica che trova nei circoli territoriali il fulcro fondamentale.

Ora dobbiamo proseguire nella costruzione del partito federale nella forma ,nazionale ed europeo per i valori e gli ideali che ne costituiscono l’identità. Costruire il partito come si coltiva una pianta, che si deve far crescere con cura in ogni territorio. Un partito nel quale non c’è chi è addetto solo alla semina e chi invece raccoglie quello che altri hanno seminato,ma un partito nel quale tutti possono seminare e tutti possono raccogliere.

Voler vincere non significa sapere perché si vuole vincere , per quale idea di società.

Forse Vicenza insegna questo: semplicemente che Variati,il PD,la lista Variati, la lista Giuliari e tutti noi siamo riusciti a spiegare perché volevamo vincere e gli elettori hanno capito.

La vittoria di Vicenza può diventare una pozione magica per le amministrazioni locali che si rinnoveranno nel 2009, se Vicenza diventerà finalmente il Capoluogo che non è mai stato e che può diventare con Variati Sindaco.

 
da www.claudiorizzato.eu
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #59 inserito:: Giugno 29, 2008, 06:41:56 pm »

SCUOLA & GIOVANI

Treviso, sorpresa nei bagni di una media a scattarsi immagini piccanti con il videofonino

Inviava mms ai compagni in cambio di 5-10 euro. Il provveditore: "Sono preoccupata"

A dodici anni vende le sue foto nuda "Volevo comprare vestiti alla moda"


 TREVISO - Si fotografava nuda nei bagni della scuola e vendeva le foto ai compagni per comprarsi abiti firmati. Ha appena 12 anni la studentessa di una scuola media di Treviso sorpresa da un professore mentre usava il videofonino per scattare piccanti immagini da vendere per 5 o 10 euro.

"Lo facevo per comprarmi i vestiti firmati che mamma e papà non mi vogliono regalare". Chiamata in direzione, la ragazzina ha confessato. Inviava le immagini con mms ai compagni di classe.

La direttrice dell'Ufficio Scolastico di Treviso Maria Giuliana Bigardi è preoccupata: "La crescente disattenzione delle famiglie nei confronti dei figli è allarmante". Possibile che in casa non si fossero accorti di quegli abiti costosi che indossava la ragazzina?

Dal prossimo anno, la dodicenne non frequenterà più quella scuola media: i genitori hanno preferito trasferirla in un altro istituto e affidarla ad uno psicologo.

(28 giugno 2008)

da repubblica.it
Registrato
Pagine: 1 2 3 [4] 5 6 ... 9
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!