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Autore Discussione: MARCO BRESOLIN “Triton è una missione dell’Italia, non tocca a noi cambiare rego  (Letto 1884 volte)
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« inserito:: Luglio 16, 2017, 05:25:05 pm »

“Triton è una missione dell’Italia, non tocca a noi cambiare regole”

La portavoce di Frontex: «Coinvolgere gli altri Stati? Complicato». Ma Roma chiede di usare i porti stranieri. Oggi summit a Varsavia

Pubblicato il 11/07/2017

MARCO BRESOLIN
INVIATO A BRUXELLES

«Il piano operativo di Triton dice che l’Italia è il Paese ospitante della missione. Se qualche altro Stato volesse aggiungersi, da un punto di vista teorico la possibilità ci sarebbe. Ma mi pare uno scenario molto complicato, anche perché le attività sono tutte guidate dalla Guardia Costiera Italiana». Dal quartier generale di Frontex, la portavoce dell’agenzia Ue Ewa Moncure ripete concetti che da quelle parti sembrano scontati. «Tutte le attività di Triton - spiega - sono coordinate dalla Guardia Costiera, che decide come distribuire le imbarcazioni. Su tutte le navi e su tutti gli elicotteri che partecipano all’operazione, poi, sono sempre presenti ufficiali italiani. Triton non funziona in modo autonomo, ma è come se operasse per conto dei confini italiani».
 
Oggi però il governo si presenterà alla riunione di Varsavia con i rappresentanti degli altri Paesi portando una richiesta chiara: «Bisogna regionalizzare l’attività di Triton». Regionalizzare vuol dire una cosa ben precisa: consentire alle navi che operano nell’ambito di Triton di attraccare anche in altri porti europei dopo i salvataggi in mare.
 
Soluzione che non sembra trovare sostegno tra gli altri Paesi Ue, in primis Spagna e Francia. E la mossa del governo raccoglie anche le critiche di Antonio Tajani, presidente dell’Europarlamento: «C’è un trattato sottoscritto e il ministero pensa si debba cambiare. Noi prima facciamo gli errori e poi cerchiamo sempre di chiedere di cambiare le cose».
 
«Triton è una delle tante operazioni di Frontex - prosegue Moncure -, non è l’unica. E funziona esattamente come le altre che abbiamo in Spagna (Hera, Indalo e Minerva, ndr) o in Grecia (Poseidon, ndr). Ogni operazione ha un Paese che la ospita, nel caso di Triton è l’Italia. Che quindi si fa carico degli sbarchi. Non c’è niente di speciale in questo: è stato deciso così nel momento in cui è stata avviata», nel 2014.
 
È tutto scritto nero su bianco, nell’Allegato numero 3 del piano operativo di Triton: «Le unità partecipanti (alla missione, ndr) sono autorizzate dall’Italia a sbarcare nel proprio territorio tutte le persone intercettate e arrestate nelle sue acque territoriali, nonché nell’intera area operativa oltre le sue acque territoriali».
 
Nel capoverso successivo viene specificato che le persone salvate devono essere «portate in un posto sicuro in Italia» e che «nessuna delle persone salvate (…), anche fuori dall’area operativa, può essere fatta sbarcare sul territorio di un Paese Terzo».
 
Le righe successive chiariscono meglio una questione che spesso viene messa in discussione, vale a dire il ruolo di Malta: «In caso di un salvataggio nelle acque territoriali e zone contigue di Malta, o per assicurare la salvaguardia delle vite di persone in difficoltà, è possibile sbarcare a Malta». È possibile, dunque. Non obbligatorio.
 
Secondo il piano di Triton, voluto dall’Italia, gli sbarchi «possono» anche avvenire a Malta. Ma come eccezione e solo in determinati casi particolari, non come regola.
 
L’Italia però vuole rimettere in discussione tutto. E chiede quindi di «regionalizzare» gli sbarchi negli altri porti mediterranei dell’Ue. «Non spetta a noi decidere su questo - continua la portavoce di Frontex -, ma serve una discussione tra gli Stati che partecipano a Triton. Vediamo cosa uscirà dalla riunione».
 
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Da - http://www.lastampa.it/2017/07/11/esteri/triton-una-missione-dellitalia-non-tocca-a-noi-cambiare-regole-SUbZxaoER0OCvLG9DCPF1J/pagina.html
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