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Autore Discussione: VICENZA L’omicidio dell’eremita ambientalista «Era un puro, difendeva il bosco»  (Letto 2042 volte)
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« inserito:: Giugno 05, 2017, 12:05:23 pm »

VICENZA

L’omicidio dell’eremita ambientalista «Era un puro, difendeva il bosco»
Mauro Pretto è stato ucciso a fucilate sull'uscio di casa, nella Val di Gazzo, Colli Berici.
La fidanzata: «Curava la valle come se fosse sua e lottava contro il taglio selvaggio degli alberi. Era un puro». Il procuratore: nessun indagato. Sentiti cacciatori e conoscenti

Di Andrea Pasqualetto inviato a Zovencedo (Vicenza)

Mauro Pretto, ucciso nella sua casa nella Val di Gazzo Mauro Pretto, ucciso nella sua casa nella Val di Gazzo

ZOVENCEDO (Vicenza) - Abitava nell'ultima casa della vallata, fra i castagni del bosco di Gazzo. Luogo incantato e selvaggio, dove tutto sa di terra, pace e natura. Qui, fra le dolci pendici dei Colli Berici di Zovencedo, Basso Vicentino, Mauro aveva trovato la solitudine che cercava. Fino a venerdì 12 maggio. Quella sera è spuntato qualcuno dal buio del bosco, ha bussato alla sua porta e, quando si è aperta, ha fatto fuoco. Un colpo di fucile al cuore, forse due, sparati a bruciapelo, tanto che Mauro non è riuscito a muovere un passo. L’hanno trovato la mattina dopo sull’uscio di casa steso a pancia in su, le ciabatte ai piedi, la camicia intrisa di sangue. Il quarantasettenne Mauro Pretto è morto così, davanti ai suoi cani e al suo killer.

«Non accettava le logiche della città»
Una fine violenta, che sembra non c’entrare nulla con la sua vita. Ambientalista e animalista rigoroso, Pretto rifiutava il sistema e si era ritirato nel suo eremo collinare, dove faceva un po’ il boscaiolo, un po’ il falegname, un po’ il giardiniere a chiamata. «Si prendeva cura della vallata come se fosse sua e cercava di impedire il taglio incontrollato del bosco, che difendeva con tutte le sue forze», ricorda oggi con un nodo in gola Anna, la fidanzata vicentina che nella casetta del delitto ha vissuto tre anni per poi tornare in città. «Non ce l’ho fatta, troppo dura la vita lassù e Mauro non sarebbe mai venuto giù. Anche se negli ultimi anni, dovendo pagare le bollette, lavorava per il fratello che allestisce stand alle fiere. Ma gli pesava molto perché odiava il cemento e le logiche della città. Mauro sognava solo di fare il pastore. Io non ci vedevo un futuro anche se amavo il suo modo di essere, vero, puro, libero. Non avevo mai conosciuto una persona così. Forse non esiste nemmeno. Lui aiutava tutti senza avere nulla in cambio».
 
Il testimone: era passato per un caffè
Di lui, che girava solo a piedi e in bicicletta, restano i ricordi dei pochi vicini di casa. Come Davide e Sanja, sposi trentenni, che vivono a un centinaio di metri in una vecchia fattoria dalle porte sempre aperte. «Era passato da noi la sera prima, alle otto, ha preso un caffè, sembrava tranquillo. Eravamo d’accordo di vederci la mattina dopo alle 6. Dovevo portargli su del legno — precisa Davide — perché voleva fare i box per i cani. Il giorno dopo, visto che non arrivava, sono andato su a vedere cos’era successo e l’ho trovato lì, così…». Sanja ha gli occhi lucidi: «Quando ero diventata calva per la chemio e lui mi ha visto piangere è andato a casa ed è tornato con i capelli tagliati per farmi sorridere».
Il maestro di didgeridoo
Più giù c’è l’amico suonatore di didgeridoo, che non vuole essere citato ma ricorda come Taliban l’avesse aiutato l’anno scorso, quando suo padre stava per morire: «Se gli chiedevi dieci euro te li dava anche se aveva solo quelli, se li chiedeva lui te li restituiva sempre». Da un’altra casa del bosco si affaccia Gino Bertese: «Raccoglieva anche i mozziconi di sigaretta e fermava chi correva in moto sulla stradina sterrata, che però non era sua ma pubblica e quindi quelli avevano diritto di correre». Ma Mauro non conosceva le regole del mondo. Conosceva solo quelle della natura. «Forse a volte esagerava per intransigenza ma grazie a lui questo posto era diventato pulito e accogliente e di sicuro non ha mai fatto del male a nessuno». Bertese ha notato una stranezza nei giorni successivi al delitto: «Vede laggiù, c’era un pescatore con una canna. Peccato che nel torrente non ci sia acqua. Boh».
Le ipotesi
Chi l’ha ucciso, dunque? «Non possiamo escludere ancora nulla», taglia corto il procuratore di Vicenza, Antonino Cappelleri. Il Ris sta esaminando alcuni reperti, i carabinieri hanno sentito cacciatori e conoscenti. Al bar Kamasutra, dove ultimamente Taliban si faceva vedere per un bicchiere di rosso e un contatto con la civiltà, si fanno varie ipotesi, alcune improbabile. «Forse ha visto qualcuno che nascondeva della refurtiva». «Sarà stato Igor in fuga verso la Serbia». «Aveva litigato con un cacciatore». Anna si stupisce: «Non mi risulta». Nel registro di Cappelleri non ci sono indagati e gli investigatori parlano di poche certezze. «Una c’è: hanno ammazzato il mio Mauro, un uomo speciale», sussurra Anna cercando di vincere la commozione. Un uomo che viveva per un bosco e sognava una valle con venti pecore. Non era di questo mondo. E così qualcuno ha preso un fucile e l’ha ucciso.

2 giugno 2017 (modifica il 3 giugno 2017 | 17:34)
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Da - http://www.corriere.it/cronache/17_giugno_03/delitto-dell-eremita-ambientalista-vicenza-zovencedo-fucile-79baea5c-47c2-11e7-b4db-9e2de60af523.shtml?refresh_ce-cp
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