WALTER VELTRONI ...

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POLITICA

Franceschini in pole position come "vicario", un altro sarebbe ds

Nel programma ci sarà anche l'elezione diretta del premier

"Con me due vice, e resto sindaco"

Le condizioni di Walter per il Pd "Ne parlerò con voi, ne parlerò con Prodi. Ma poi decido io"

di GOFFREDO DE MARCHIS

 
ROMA - Questione di ore, al massimo di giorni. È vicinissima l'ora X per un annuncio ormai scontato: Walter Veltroni scioglie la riserva e si candida alla guida del Partito democratico. È filato liscio il colloquio con Romano Prodi. E Palazzo Chigi ha molto apprezzato che nella girandola di incontri e di telefonate, il sindaco di Roma si sia ritagliato uno spazio per un faccia a faccia con il Professore. È andato altrettanto bene quello serale a Via Nazionale con lo stato maggiore dei Ds: Piero Fassino, Massimo D'Alema e Maurizio Migliavacca. In quella sede Veltroni ha già parlato da segretario del Pd togliendosi la soddisfazione di essere stato invocato da chi lo aveva combattuto dentro quelle stanze. Ha offerto dettagli sul suo impegno, parlando a viso aperto e ricostruendo in un'ora un rapporto di solidarietà piena con il suo partito. Da una posizione di forza, però. "Il cerchio è chiuso, i tasselli per la tua candidatura sono tutti al loro posto. Abbiamo finito il nostro compito - gli ha detto il suo sponsor Goffredo Bettini al telefono ieri pomeriggio -. Adesso decidi tu come gestire questo passaggio".

Veltroni già pensa a impostare il "come", non più a riflettere sul "se". Ai Ds ha spiegato che le voci su un vicesegretario della Margherita (e tutti gli indizi portano a Dario Franceschini) sono vere a metà. I vicari potrebbero diventare due e uno sarebbe di provenienza diessina. Ma la sua libertà di scelta dev'essere assoluta. "Ne parlerò con voi, ne parlerò con Prodi. Ma poi decido io", ha spiegato ai leader della Quercia. La marea che è montata in suo favore, il pressing evidente che lo ha spinto a dire di sì, gli permette di porre delle condizioni, di chiedere e avere le mani libere. Una squadra, per il nuovo segretario del Pd, sembra indispensabile. Serve perché l'altra condizione messa da Veltroni è rimanere sindaco della Capitale per un lungo periodo. Forse non fino alla scadenza del mandato, ma "devo rispettare il consenso che ho avuto dai cittadini".

I vicesegretari serviranno a costruire il partito, che fanno notare i veltroniani "non c'è, non ha dirigenti, non ha sezioni, non ha una struttura". A tutto questo penseranno i vice. Veltroni darà una politica (e un'anima) al Pd. Lo farà già a partire dal suo annuncio pubblico, presentandosi con una piattaforma, come gli chiedono i prodiani infastiditi da questa investitura solenne dei partiti e anche i leader dei Ds. Veltroni sceglierà questo tipo di "presentazione" anche perché il modo più diretto di presentarsi ai cittadini. In questo progetto ci sarà sicuramente il tema chiaro, semplice ed efficace della riforma elettorale e costituzionale così come Veltroni lo ha sempre presentato: il sindaco d'Italia. Cioè l'elezione diretta del premier. Lo ha detto anche durante la riunione dei 45 l'altra sera, quando gli altri avevano bocciato la sua frenata sulle primarie. "Vedo con piacere che siete tutti favorevoli all'elezione diretta del segretario. Quindi adesso vi piacerebbe questo sistema anche per il premier, presumo. È un discorso che possiamo aprire?", ha chiesto ironico Veltroni. Parisi lo ha rimbeccato: "Riaprire, semmai". E Veltroni: "Riaprire, basta che lo facciamo seriamente". Questa è una battaglia su cui il Pd dovrà impegnarsi sin dall'inizio, ma non per infilarsi nelle astruse discussioni sulle riforme. Ma perché il premierato significa un governo che può decidere.

Sullo sfondo resta il tema della coabitazione tra Prodi e Veltroni, l'intreccio tra governo e partito. Per molti un segretario forte può rafforzare l'esecutivo. Ma un segretario forte è anche una rete di protezione per il centrosinistra in caso di altre difficoltà per Palazzo Chigi. Quella rete che oggi non esiste, ma anche dal 14 ottobre avrebbe un indirizzo certo. Sono problemi del futuro, è vero. Come è di là da venire la questione degli assetti. I vicesegretari per esempio non saranno certo annunciati insieme con la candidatura. Verranno dopo l'appuntamento di autunno. E se Franceschini andrà al Pd, al suo posto come capogruppo salirà Sergio Mattarella. Piero Fassino potrebbe entrare nell'esecutivo in qualità di vicepremier. Ma questo è il dopo. Oggi si pensa solo allo sbarco del sindaco. Che ha cercato e ottenuto il consenso di tutti, ma poi si presenterà "nudo" al popolo dell'Ulivo. Lui e il suo programma. Come sul palco della lectio magistralis sulla "bella politica".

(21 giugno 2007) 

da repubblica.it

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POLITICA

Nel colloquio col premier discusso anche il rischio di falsare le primarie

Bindi: se scende in campo lo sosterrò, se no io mi presento

Pd, Veltroni consulta Prodi candidatura ad un passo dal sì

"Deciderò presto". Fassino e D'Alema: tutti i Ds con lui

di GIANLUCA LUZI

 

ROMA - Fassino spera che dica sì e gli assicura l'appoggio di tutta la Quercia. D'Alema lo definisce "un punto di riferimento forte". L'Ulivo lo invoca sperando che i sondaggi di popolarità si traducano in una iniezione rivitalizzante per il centrosinistra. Tutto è pronto per la candidatura di Walter Veltroni alle primarie del Partito democratico, manca solo la risposta definitiva del sindaco di Roma che - lo dice lui stesso - non si farà attendere a lungo.

Il pressing su Veltroni è forte e la decisione è imminente: ieri ha avuto un colloquio di tre quarti d'ora a tutto campo con Prodi sul Pd e quindi si è recato nella sede dei Ds dove ha parlato per un'ora con il segretario. All'incontro ha partecipato all'inizio anche il vicepremier D'Alema. La candidatura di Veltroni alla segreteria del Partito democratico sarebbe difficilmente battibile il 14 ottobre, ma proprio questo è un possibile problema emerso nell'incontro "buono, positivo, cordiale e aperto" a Palazzo Chigi: se devono essere primarie vere, infatti, una candidatura del sindaco di Roma potrebbe rendere inutile, falsare, la gara tra i candidati.

Dopo l'"incoraggiamento" di D'Alema a Ballarò, ieri è stato il segretario della Quercia Fassino a dare il via libera dei Ds alla candidatura di Veltroni. "Mi auguro che Walter, che in questo momento sta riflettendo su una sua eventuale candidatura, risolva questa riflessione scegliendo di candidarsi". Per Fassino la candidatura sarà "naturalmente sostenuta da tutti i Ds con grandissima convinzione. Ma soprattutto sarebbe una candidatura attorno alla quale si potrebbe raccogliere un consenso politico e sociale molto largo nella società italiana".

Sulla stessa lunghezza d'onda anche il sostegno di D'Alema: "E' evidente che in una situazione abbastanza complessa, Veltroni può rappresentare un punto di riferimento forte, rilanciare il rapporto con l'opinione pubblica e dare un segno di novità che il Pd rappresenta". Quella che attende Veltroni è "una scelta delicata e complessa, che richiede anche delle consultazioni, ma non credo che Veltroni lascerà passare troppo tempo". Se si candiderà, D'Alema si dice convinto "che darà un grosso peso politico al ruolo di segretario e che ha deciso di mettersi in gioco subito per investire sulla costruzione del Pd".

L'eventuale candidatura di Veltroni riscuote consenso anche nella Margherita. Rosy Bindi annuncia che se il sindaco di Roma si candida farà una lista per sostenerlo, ma in caso contrario lei sarà in gara. E anche Franceschini, capogruppo dell'Ulivo alla Camera, è pronto a votare Veltroni. Ma al momento, nei Ds, il discorso delle candidature resta aperto in attesa di sapere cosa farà Veltroni. Anna Finocchiaro, capogruppo dell'Ulivo al Senato, ricorda che i "candidabili" sono tanti "e tra questi ci sono anch'io". Per la Finocchiaro "occorre che qualcuno faccia un passo avanti e magari che qualcun altro faccia un passo indietro". Mentre per Luciano Violante "Veltroni è una personalità che riscuote la fiducia non solo di Ds e Margherita". Il presidente del Senato Marini, invece, non ha voluto commentare l'ipotesi Veltroni. Però è tornato sull'argomento del peso politico del segretario del Pd. "Sono contento, hanno deciso di fare un segretario forte. Era una necessità. Sono contento solo di questo".

(21 giugno 2007) 

da repubblica.it

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21/6/2007
 
Walter pensaci bene
 
 
LUCIA ANNUNZIATA
 
La vita delle persone non ci appartiene - per cui è difficile dare consigli a chi si trova davanti a una svolta importante del suo destino. Ma di fronte ai dilemmi privati che diventano pubblici allora forse non è indiscreto avventurarsi in qualche consiglio. In questo caso si tratta di un affettuoso ma netto: «Walter pensaci bene». Il che non è detto a dispetto dello straordinario numero di inviti arrivati ieri al sindaco di Roma a candidarsi alla guida del Partito Democratico; casomai, a causa di.

C’è infatti un che di sorprendente e per certi versi poco trasparente in questa improvvisa rincorsa a fare complimenti e a giurare lealtà a un personaggio politico come Veltroni che ha inquietato i sogni di quasi tutti i capi del centro-sinistra. Che la maggior parte delle mosse politiche, e delle lacerazioni cui abbiamo assistito negli ultimi anni in questa area politica avessero la propria origine nel desiderio di esorcizzare la presenza (e forza) del sindaco Veltroni, non è un segreto di Stato. È così poco un segreto che lo stesso «uomo del destino» - in queste ore di fronte alle sue scelte - fa sapere di temere che i grandi consensi nascondano una trappola.

Tuttavia il consiglio non ha nulla a che fare né con complotti, né con trappole: è piuttosto una cautela che nasce dalla necessità di capire fino in fondo cosa abbia provocato l’improvviso cambiamento di umori. Cambiamento così repentino da poter esser considerato una vera e propria svolta: poche settimane fa, Fassino chiedeva per sé il posto di guida del Pd, D’Alema faceva sapere che sarebbe sceso in campo, Rutelli preparava la sua battaglia e, soprattutto, Prodi ostacolava in tutti i modi l’idea di un segretario «forte» che facesse ombra al suo governo. Il metodo preferito di elezione del futuro segretario era di conseguenza la scelta in assemblea costituente. Stando alla testimonianza su web di una delle partecipanti al comitato dei 45, leader debole e leader forte è stato il tormentone della prima riunione dei saggi. Pochi giorni dopo, lunedì 18, è stato ribaltato: elezione diretta e luce verde a Walter Veltroni, con il ritiro di tutti gli altri, da D’Alema, a Fassino e, soprattutto, a Prodi.

Una brusca inversione di rotta, appunto, di fronte alla quale, proprio per il suo impatto, non riusciamo a glissare: cosa l’ha provocata? Cosa ha spinto uomini così ambiziosi a mettere improvvisamente da parte le aspirazioni di anni? Nella risposta a queste domande c’è in queste ore, per gli elettori dell’Ulivo, oltre che per Veltroni, la chiave per comprendere la natura delle cose, per capire, nello specifico, se il cambiamento è un’operazione di maturità piuttosto che di fuga, di scelta piuttosto che di obbligo. Insomma se siamo di fronte a un momento di costruzione, o a una raccolta di cocci.

Naturalmente non staremmo qui a sprecar parole se non si avesse il timore che si tratti di cocci. L’unico vero avvenimento intercorso infatti fra le due riunioni del comitato dei 45 è la pubblicazione delle intercettazioni. E non solo quelle con Consorte, in cui si sentivano parlare D’Alema e Fassino, ma l’intera ondata di verbali e documenti, e aperture d’inchieste che hanno continuato a macinare la nostra vita pubblica. I verbali di Ricucci, quelli del governatore Fazio, le nuove inchieste aperte sul contropatto della Bnl. Una montagna di carte in cui sono stati fatti quasi tutti i nomi più rilevanti della Repubblica, in aggiunta a quelli dei leader Ds: Bersani, Prodi, Rovati, Costamagna, Casini, Letta, Berlusconi, e banchieri e imprenditori vari. Tutti hanno negato e si sono rifugiati dietro la perfetta liceità delle mosse fatte, o le hanno addirittura negate. Il cerino, come spesso succede, è rimasto in mano a chi ha l’accento peggiore: Ricucci.

Eppure - anche a voler prendere per buono, come sempre si deve prima delle prove di colpevolezza - il terremoto inchieste deve aver scavato da qualche parte un limite profondo con il periodo precedente. Il comitato dei saggi non ne ha mai discusso, scegliendo le regole del futuro partito in un aureo isolamento (così ci dicono le testimonianze interne), ma si può davvero immaginare che non siano state nella mente di tutti i riuniti? Quale elemento più potente delle tensioni intorno ai leader del centro-sinistra per spingere a decisioni drastiche? Non è azzardato, dunque, dire che le intercettazioni hanno costituito la dinamite che ha finalmente fatto esplodere quella rete di reciproche interdizioni che da anni paralizzavano la sinistra. Del resto è stato proprio D’Alema, il più attaccato, ad ammetterlo, affermando in un solo fiato il suo diritto a occuparsi delle questioni economiche del Paese e il suo ritirarsi dalle ambizioni di segretario e premier eletto a furor di popolo. Meglio essere chiari: questo ritiro è l’equivalente di vere e proprie dimissioni. Segno per altro che, dopotutto, all’uomo non sono venute meno le sue sensibilità politiche.

Ma se D’Alema ha ammesso errori (non colpe) è azzardato sostenere che il mettere in campo Veltroni, il ritirarsi degli altri, ha un identico significato? Insomma, Fassino, Prodi e tutti gli altri, dando la luce verde al sindaco romano, alla fine stanno in qualche modo prendendo atto della gravità della crisi che li ha investiti. È così? È questo il significato di tanto onorevole farsi da parte? Perché di questo si tratta: finché questo governo dura un ruolo l’avranno, ma non comparabile al potente riconoscimento di segretario-premier. È così? Tutto ciò è frutto di una forte crisi?

Rilevante avere una risposta. Perché se riconoscimento di una crisi c’è, il modo migliore per uscirne non è un giro di valzer di titoli. Ma una seria e pubblica discussione. In assenza della quale, il futuro leader non rischia complotti, ma il peso di una eredità ingestibile. «Pensaci, e bene, Walter» .
 
da lastampa.it

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Buone notizie

Antonio Padellaro


La candidatura che Walter Veltroni annuncerà a Torino mercoledì prossimo, ma che viene già data per sicura, è prima di tutto una buona notizia per il nascente Partito democratico per tre ragioni almeno. Primo: non da oggi Veltroni è in testa ai sondaggi di gradimento tra gli elettori del centrosinistra, soprattutto come leader da opporre alla destra. Secondo: anche quando sembrava pura utopia, Veltroni è stato tra i primi a battersi per la nascita di un partito nuovo che mettesse insieme le diverse culture riformiste del Paese. Diciamo che conosce la materia. Terzo: sul nome di Veltroni si sono detti d’accordo D’Alema, Fassino, Rutelli, Finocchiaro, Franceschini, ovvero tutti gli esponenti ulivisti che avrebbero potuto competere per l’incarico di segretario del Pd. Questa convergenza ha fatto storcere il naso a qualcuno che teme o la «sciagura dell'unanimismo» («Corriere della sera») o il «plebiscito» frutto di «manovre preventive di negoziato interno», con la conseguente negazione dello spirito delle primarie («La Repubblica»). Tutte preoccupazioni rispettabili ma un po’ affrettate visto che la candidatura Veltroni dovrà poi essere sostenuta dal voto popolare (ci auguriamo il più ampio) del prossimo 14 ottobre. E non sarà certamente colpa di Veltroni se (come teme Parisi) non si troverà a competere con altre candidature di spicco. Non vorremmo invece che con gli improvvisi timori di «unanimismo» poteri più o meno forti cercassero di suggerire al nuovo segretario del Pd il programma delle cose da fare e da non fare.

In molti commenti a caldo ci si interroga, poi, sui motivi della scelta. Se cioè Veltroni non rappresenti la carta migliore giocata nel momento peggiore.

È probabile che la candidatura sia figlia di uno stato di necessità (la bufera intercettazioni sui Ds, la crisi di consensi del governo Prodi) che ha reso indispensabile sia una svolta d’immagine (Veltroni sicuramente lo è) sia un forte investimento sul futuro del Pd. Si dice che Prodi tema la coabitazione con un segretario di così forte peso politico. E che il sindaco avrebbe preferito correre direttamente per l’incarico di candidato premier del Pd alle prossime elezioni politiche, piuttosto che scendere subito in campo come “semplice” segretario del Pd.

È comprensibile che Walter tema di logorarsi se le difficoltà del governare logoreranno la maggioranza. Ma è possibile, al contrario, che l’asse Prodi al governo e Veltroni al partito dia più stabilità alla coalizione e alla lunga rafforzi entrambe le entità. È una svolta, infine, che avrà ripercussioni sul resto del quadro politico. Per la sinistra radicale, che ha scommesso sul fallimento del Pd e che adesso dovrà rifare i conti. Per la sinistra di Mussi e Salvi che con il Pd hanno rotto e con il Pd di Veltroni potrebbero costruire un dialogo.

Per Berlusconi, infine, l’arrivo di Veltroni è una pessima notizia. Anche a destra, finalmente, si comincerà a guardare il caro proprietario per quello che è: un ingombrante avanzo del passato. E forse non è un caso se da ieri il cavaliere ha smesso di parlare di elezioni anticipate. Con un avversario del genere, avrà pensato, meglio non rischiare.

Una cosa è certa. Giocata la carta Veltroni non si può più sbagliare. Il primo ad esserne consapevole è il protagonista di cui tra qualche giorno ascolteremo le decisioni, le condizioni, gli obiettivi e il programma. Comincia da Torino perché è la città del lavoro. Punta al 35 per cento dei voti. Sulla carta tutto è possibile. Comunque, si volta pagina.


Pubblicato il: 22.06.07
Modificato il: 22.06.07 alle ore 8.33   
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Bindi: pronta a scendere in campo
Wanda Marra


Siamo tra il “Gattopardo” e l'eterogenesi dei fini». Con la sensazione che si stia arrivando al 14 ottobre con tutto già deciso e che lo stesso centrosinistra possa arrivare a causare la caduta del governo Prodi, è una Rosy Bindi più passionale e arrabbiata che mai quella che critica quanto si sta muovendo intorno alla candidatura di Veltroni alla leadership del Pd. Candidatura che appoggia, anche se non esclude di presentarsi in prima persona.

Ministro, lei ha criticato duramente le regole per le candidature. Perché?
Mi sembra di rivedere una pagina del “Gattopardo: "Tutto cambi perché tutto resti com'è". Il 14 ottobre si rischia di ratificare il leader, il vice leader. E poi che altro? Andiamo con le liste bloccate, addirittura con un ticket precostituito con Franceschini deciso dai capocorrente di un partito... Qualcuno mette anche in dubbio che ci possano essere più liste. E poi, dov'è la famosa svolta del Pd verso le donne?

Dunque, cosa propone lei?
Un po'di libertà, per favore! Sono contenta della candidatura di Veltroni, sono stata una delle prime a dire "benissimo", un ulivista della prima ora, capace di interpretare tutti, ecc. Ma così, questo partito parte di già stigmatizzato dagli equilibri dei partiti fondatori. Francamente non capisco dove sia la novità. Mi sta benissimo che ci sia un leader naturale, che ottenga grande forza con una grande partecipazione al voto, anche senza una competizione per la leadership. Ma non ci si presenti l'organigramma già fatto! Senza Veltroni, ci sarebbero stati tanti candidati, che almeno ci siano tante liste..

Barbi, tra gli altri, sostiene che andare alle primarie con tante liste sarebbe il trionfo delle correnti. Cosa risponde?
Il trionfo delle correnti si impedisce con la competizione delle liste. Per me va bene, un'unica lista, nazionale, purché frutto di autocandidature e con il voto di preferenza. Oppure tante, ma tante liste in competizione tra loro, che sostengano l'unico candidato. E senza sbarramenti. L'organigramma si sceglie dopo. Prima vorrei parlare di valori, idee, programmi. E ancora una volta vedo la mortificazione delle donne.

Lei è pronta a candidarsi anche in prima persona?
Assolutamente sì. Infatti, spero mi sia data almeno la possibilità di fare una lista. Altrimenti non so che andiamo a fare il 14 ottobre. È meglio evitare lo spreco di energie e risorse. Così si riproduce il sistema: c'è un candidato Ds e un vicecandidato Dl, in caso c'è un altro vice donna di un'altra appartenenza diessina. Potevamo decidere ai nostri 2 congressi ed eravamo a posto.

Scenderebbe in campo come leader contro Veltroni, come sembra voler fare Bersani?
Aspetto il discorso di mercoledì.

La candidatura di Veltroni non le sembra una possibilità di cambiamento?
È una grande possibilità. Allora, che corra libero, vediamo dove si va, fidiamoci del mondo, dei nostri iscritti, dei nostri elettori e potenziali simpatizzanti. Proviamoci una volta. Chi sta prendendo decisioni per tutti sono gli stessi che decidono tutto da almeno 30 anni. Vogliamo vedere se c'è qualcuno che ha qualche idea che possa servire? Faccia lui la sua corsa e facciamo fare la corsa a tanti. Decidiamo una cosa nuova: facciamola davvero.

Si sta delineando come "effetto collaterale" della discesa in campo di Veltroni la più rapida caduta del governo Prodi. Lei cosa ne pensa?
Questa sarebbe l'eterogenesi dei fini. Se c'è un motivo per cui il Pd deve nascere ora è proprio quello di accompagnare con una politica forte e rilanciare l'azione del governo. E poi ci vuole il tempo per una nuova legge elettorale. Altrimenti, rischiamo di far morire il governo e far nascere morto il Pd.

In molti credono che questo governo sia troppo litigioso per andare avanti. Non crede che Veltroni spariglierebbe?
Veltroni spariglierebbe adesso? Con questa legge elettorale? Bisognerà che questo governo vada avanti. Oppure pensiamo che un viatico per il nuovo partito sia una fase di decantazione istituzionale? Ma che, stiamo scherzando? Serve il tempo per vedere gli effetti positivi del governo, che peraltro già ci sono: il Pil che cresce, l'extragettito da distribuire, il debito che rientra nei parametri di Mastricht, l'accordo con le parti sociali, un Dpef che sarà di sviluppo ed equità. E noi facciamo cascare il governo con le nostre mani?

Berlusconi sostiene che tenere Veltroni nella posizione di candidato Premier per più di un anno significa bruciarlo e che si andrà al voto il prossimo aprile...
Berlusconi può fare tutte le congetture che vuole. Credo che la miglior carta di presentazione per Veltroni, oltre alla sua persona e a un partito forte alle prossime elezioni, sia, lo ripeto, il rilancio dell'azione del governo e una nuova legge elettorale.

E allora, che tempi prevede? L'intera legislatura?
Quanto serve: 2 anni? 3? 4? Vediamo.

Pubblicato il: 23.06.07
Modificato il: 23.06.07 alle ore 15.17   
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