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Autore Discussione: ISemplici-Cittadini ...  (Letto 16035 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Novembre 30, 2015, 03:25:16 pm »

Arlecchino De' ISemplici. -

Vorrei riuscire a "lanciare" un mio secondo modo di fare comunicazione usando un nick diverso da quello mio storico (20 anni circa).

Lo userei per portarvi temi e argomenti meno vicini alla politica perchè più legati alla cultura e alla realtà dei Semplici (ISemplici).

Mi piacerebbe riuscirci.

ciaooooo
« Ultima modifica: Novembre 24, 2016, 12:06:16 am da Arlecchino » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Novembre 30, 2015, 03:28:00 pm »

ARLECHIN BATOCIO, IL NOSTRO ARLECCHINO... ERA UN TERRONE “EMIGRATO”: D

 29 AGOSTO 2015 DI MILLO BOZZOLAN

Di Massimiliano Verde

Tutto il mondo conosce la celeberrima maschera bergamasca di Arlecchino, amatissimo dai grandi e dai piccini con i suoi sberleffi, salti, piroette e col suo abito di mille colori carnascialeschi.

Arlecchino Chi direbbe però che l’origine di questa maschera universalmente conosciuta e rappresentativa della Commedia dell’Arte sia molto più a Sud del fu Lombardo-Veneto?

Occorre infatti viaggiare a ritroso nel tempo almeno fino ai tempi delle c.d. fabulae atellanae, genere di farsa con cui le popolazioni osche della cintura di Atella (comprendente il territorio a cavallo tra gli attuali Agro Aversano ed Agro afragolese), in stretto contatto con la cultura greca delle genti dell’Italia meridionale, “peparono” le farse filiace, già molto diffuse nelle colonie doriche, in particolare a Taranto e Siracusa, con rustici contrasti tra “maschere” fisse quali quelle, tra le altre, del padrone avaro e del servo geloso, che si muovevano nel mezzo di piccanti scenette intrise di contorsioni, smorfie, acrobazie, inseguimenti, spettacolari cadute ecc.

Il servo geloso sarà poi lo “zanni” cioè il rozzo servo del Lombardo-Veneto che si evolverà nell’acrobatico Arlecchino nella Commedia dell’Arte: proprio come la Commedia dell’arte, anche l’Atellana, infatti disponeva come si é detto di maschere fisse con attori di professione che improvvisavano in base ad un semplice canovaccio dando vita a storie di beffe e di aggrovigliati inghippi, le cosiddette tricae.

Probabilmente allora, per tornare al tema del nostro Arlecchino, prima ancora che versione veneta del nome Gianni, il termine “zanni”, appunto servo del Lombardo-Veneto deriva da “Samnius”, il rozzo e sciocco Sannio ovvero il buffone ridicolo descritto da Cicerone nel De Oratore e da Vossio nelle Instituzioni Poetiche ma a sua volta forse originario dal nome di tzani, popolo asiatico definito come “rozzo” dai padri greci, cui appunto le atellane si rifacevano mettendo in scena la rozza maschera buffonesca di cui sopra.

La natura mimica e da giocoliere che connota Arlecchino, la bizzarra veste multicolore, la spada di legno ed il capo canuto si ricollega infatti almimus centunculus, cioé al mimo atellano (e poi latino) abbigliato con vestito appunto pluricolorato come ci ricorda lo scrittore e filosofo romano Apuleio (si noti inoltre che i mimi latini che “recitavano” le atellane si annerivano il viso con la fuliggine prima di entrare in scena...)

L’Atellana rappresenta anche il punto di incontro fra le arcaiche figure del proto teatro etrusco e gli archetipi di quello che sarà il teatro comico moderno : diversi studiosi infatti considerano “tracce” della maschera di Arlecchino quelle affrescate dalla mano di un pittore greco-orientale in alcune tombe etrusche, dove si materializza un personaggio dall’abito “arlecchinesco” insieme infernale e farsesco, il Phersu, probabilmente derivato sempre dal mito greco di Persefoneregina degli inferi (curiosamente Phersu significa proprio maschera…)

Infatti la maschera di Arlecchino viene considerata anche “fisicamente” pure nella sua accezione demoniaca, infernale (il ghigno diabolico, la presenza di un corno o di un bozzo, residuo di un corno; Dante ne scrive nella Divina Commedia e lo ritroviamo in questa connotazione pure in tutto il Medioevo francese) una specie di (povero) capo diavolo, traghettatore di quelle che a Napoli chiamiamo ancora oggi anime del Purgatorio  od anime pezzentelle : caratteristiche della maschera quindi, buffonesche/farsesche ed infernali ma anche di rozza primitività o bestialità e quindi satiri…che (la maschera in genere nasce per coprire i defunti ed allontanarne i demoni o per farsi beffe di questi ultimi, ridicolizzandoli od indurli al riso), connotati che contraddistinguevano appunto le maschere atellane  che grande contributo apporteranno alla nascita della Commedia dell’arte all’italiana, con la maschera di Arlecchino e non solo….

Massimiliano Verde

DA - http://venetostoria.com/2015/08/29/arlechin-batocio-il-nostro-arlecchino-era-un-terrone-emigrato-d/
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« Risposta #2 inserito:: Dicembre 07, 2015, 10:45:56 am »

Ho manipolato le Br per far uccidere Moro
Dopo 30 anni le rivelazioni del «negoziatore» Usa

09/03/2008

ROMA
«Ho mantenuto il silenzio fino ad oggi. Ho atteso trent’anni per rivelare questa storia. Spero sia utile. Mi rincresce per la morte di Aldo Moro; chiedo perdono alla sua famiglia e sono dispiaciuto per lui, credo che saremmo andati d’accordo, ma abbiamo dovuto strumentalizzare le Brigate Rosse per farlo uccidere. Le Br si erano spinte troppo in là». Chi parla è Steve Pieczenick. Un uomo misterioso, che volò in Italia nei giorni del sequestro Moro, inviato dall’amministrazione americana ad «aiutare» gli italiani. Pieczenick non ha mai parlato di quello che fece in quei giorni. Dice addirittura di essersi impegnato con il governo italiano di allora a non divulgare mai i segreti di cui è stato a conoscenza. Ed è un fatto che né la magistratura, né le varie commissioni parlamentari sono mai riuscite a interrogarlo. Finalmente però l’uomo del silenzio ha parlato con un giornalista, il francese Emmanuel Amara, che ha scritto un libro («Abbiamo ucciso Aldo Moro», Cooper edizioni) sul caso.

Le rivelazioni sono sconvolgenti. Pieczenick, che è uno psichiatra e un esperto di antiterrorismo, avrebbe avuto un ruolo ben più fondamentale in quei giorni. E che ruolo. «Ho manipolato le Br», dice. E l’effetto finale di questa manipolazione fu l’omicidio di Moro.

Il «negoziatore» Pieczenick arriva a Roma nel marzo 1978 su mandato dell’amministrazione Carter per dare una mano a Francesco Cossiga. E’ convinto che l’obiettivo sia quello di salvare la vita allo statista. Ben presto si rende conto che la situazione è molto diversa da quanto si pensi a Washington e che l’Italia è un paese in bilico, a un passo dalla crisi di nervi e dalla destabilizzazione finale.

Da come maltratta l’ambasciatore e il capostazione della Cia si capisce che Pieczenick è molto più di un consulente. E’ un proconsole inviato alla periferia dell’impero. «Il capo della sezione locale della Cia non aveva nessuna informazione supplementare da fornirmi: nessun dossier, nessuno studio o indagine delle Br... Era incredibile, l’agenzia si era completamente addormentata. Il colmo era il nostro ambasciatore a Roma, Richard Gardner. Non era una diplomatico di razza, doveva la sua nomina ad appoggi politici». Cossiga è molto franco con lui. «Mi fornì un quadro terribile dalla situazione. Temeva che lo Stato venisse completamente destabilizzato. Mi resi conto che il paese stava per andare alla deriva».

Nella sua stanza all’hotel Excelsior, e in una saletta del ministero dell’Interno, Pieczenick comincia lo studio dell’avversario. Scopre che invece sono i terroristi a studiare lui. «Secondo le fonti di polizia dell’epoca, ventiquattr’ore dopo il mio arrivo mi avevano già inserito nella lista degli obiettivi da colpire. Fu allora che capii qual era la forza delle Brigate Rosse. Avevano degli alleati all’interno della macchina dello Stato».

Una sgradevole verità gli viene spiegata in Vaticano. «Alcuni figli di alti funzionari politici italiani erano in realtà simpatizzanti delle Brigate Rosse o almeno gravitavano nell’area dell’estrema sinistra rivoluzionaria. Evidentemente era in questo modo che le Br ottenevano informazioni importanti». Così gli danno una pistola. «Ogni volta che uscivo in strada stringevo più che mai la Beretta che avevo in tasca».

Comincia una drammatica partita a scacchi. «Il mio primo obiettivo era guadagnare tempo, cercare di mantenere in vita Moro il più a lungo possibile, il tempo necessario a Cossiga per riprendere il controllo dei suoi servizi di sicurezza, calmare i militari, imporre la fermezza a una classe politica inquieta e ridare un po' di fiducia all’economia».

Ma la strategia di Pieczenick diventa presto qualcosa di più. E’ il tentativo di portare per mano i brigatisti all’esito che vuole lui. «Lasciavo che credessero che un’apertura era possibile e alimentavo in loro la speranza, sempre più forte, che lo Stato, pur mantenendo una posizione di apparente fermezza, avrebbe comunque negoziato».

Alla quarta settimana di sequestro, però, quando comincia l’ondata delle lettere di Moro più accorate, tutto cambia. Una brusca gelata. Il 18 aprile, viene diramato il falso comunicato del lago della Duchessa. Secondo Pieczenick è un tranello elaborato dai servizi segreti italiani. «Non ho partecipato direttamente alla messa in atto di questa operazione che avevamo deciso nel comitato di crisi». Il falso comunicato serve a preparare l’opinione pubblica al peggio. Ma serve soprattutto a choccare i brigatisti. Una mossa che mette nel conto l’omicidio di Moro. E dice Pieczenick: il governo italiano sapeva che cosa stava innescando.

«Fu un’iniziativa brutale, certo, una decisione cinica, un colpo a sangue freddo: un uomo doveva essere freddamente sacrificato per la sopravvivenza di uno Stato. Ma in questo genere di situazioni bisogna essere razionali e saper valutare in termini di profitti e perdite». Le Br di Moretti, stordite, infuriate, deluse, uccidono l’ostaggio. E questo è il freddo commento di Pieczenick: «L’uccisione di Moro ha impedito che l’economia crollasse; se fosse stato ucciso prima, la situazione sarebbe stata catastrofica. La ragion di Stato ha prevalso totalmente sulla vita dell’ostaggio». 

Da - http://www.lastampa.it/2008/03/09/italia/politica/ho-manipolato-le-br-per-far-uccidere-moro-btEa6zI84tWfo1sL8jizQI/pagina.html
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« Risposta #3 inserito:: Febbraio 09, 2016, 06:54:19 pm »

Oggetto del messaggio: ARLECCHINO: per non pagare TAC o RM dovete avere un cancro...

Messaggio Inviato: lun feb 08, 2016 18:30 pm

Sanità, Tac, test, risonanze: 208 prestazioni a rischio. Se inappropriati, sanzioni ai medici e costi a carico del cittadino
Presentato ai sindacati della categoria l'elenco delle prestazioni sulle quali si concentrerà la spending review del ministero: nel mirino soprattutto test allergologici e genetici, risonanze magnetiche e tac, ma la stretta colpisce un po' ovunque. Il no dei camici bianchi alle multe per le prescrizioni 'inutili': "Così si rompe il rapporto di fiducia con il paziente"


Di MICHELE BOCCI
22 settembre 2015

Sanità, Tac, test, risonanze: 208 prestazioni a rischio. Se inappropriati, sanzioni ai medici e costi a carico del cittadino ROMA - Risonanze magnetiche della colonna e delle articolazioni, tac, esami di laboratorio e genetici, test allergici. Ecco le 208 prestazioni a maggior rischio inappropriatezza, e quindi di spreco, individuate dal ministero della Salute. L'elenco, allungato rispetto alla prima ipotesi e già illustrato alle società scientifiche dei medici, è stato presentato oggi ai sindacati dei camici bianchi che hanno due giorni per fare le loro osservazioni. Una volta ottenuto il parere positivo del Consiglio superiore di sanità, che ha già dato un via libera preliminare, il testo andrà verso l'approvazione. Quando sarà in vigore, chi vorrà sottoporsi alle prestazioni incluse nell'elenco le potrà ottenere solo in certi casi a carico del servizio sanitario: se non ricorrono le condizioni elencate nel documento del ministero, dovrà pagare di tasca propria. Un esempio? L'esame per individuare il colesterolo alto nelle persone sopra i 40 anni: se è tutto a posto, i valori sono nella norma e non ci sono modifiche nello stile di vita del cittadino e nemmeno nuove terapie, potrà essere ripetuto a carico del servizio sanitario non prima di 5 anni. Altrimenti dovrà pagare l'interessato.

L'elenco integrale delle 208 prestazioni a rischio erogabilità a carico dello stato

Ma il grosso dell'operazione, il cui obiettivo è portare a un risparmio per le casse pubbliche ed alla riduzione degli sprechi, riguarda probabilmente le risonanze magnetiche, cioè gli esami più a rischio di inappopropriatezza. Sono costosi e spesso vengono svolti (a detta degli stessi radiologi) quando non ce n'è bisogno, tanto che il nostro Paese è primo in Europa nella classifica di chi fa il maggior numero di questi accertamenti. Quando il provvedimento sarà in vigore, l'esame della colonna vertebrale senza mezzo di contrasto verrà passato dal servizio sanitario solo se, in assenza di sindromi neurologiche o sistemiche, il dolore alla schiena resiste alla terapia e va avanti per almeno 4 settimane. Ovviamente l'accertamento verrà fatto anche in caso di traumi o fratture. E se non ci sono problemi, prima di poterlo rifare bisognerà comunque aspettare un anno. La risonanza alla colonna con e senza mezzo di contrasto deve essere invece legata alla patologia oncologica o a un sospetto, oltre che a problemi traumatici.

Ci sono previsioni stringenti anche per alcune tac, passate solo se giustificate da sospetti di patologie oncologiche e da traumi. Nella lista sono molte le prestazioni odontoiatriche, già oggi, comunque, molto difficili da ottenere nella maggior parte delle aziende sanitarie e ospedaliere, dove si è costretti ad attese assai lunghe. La maggior parte - ad esempio estrazioni, applicazioni di corone e inserimento di protesi - saranno a carico del sistema pubblico se il paziente è in condizioni di vulnerabilità sociale e sanitaria. Nell'elenco ci sono anche moltissimi esami di laboratorio, e anche tanti test e trattamenti allergologici e dermatologici.

Le prestazioni a rischio spreco perché non appropriate, per le quali i pazienti dovrebbero pagare, diventano dunque 208. La lista del ministero cresce di 25 voci, come rendono noto i sindacati medici, che oggi hanno avuto un incontro con il ministro Beatrice Lorenzin. L'idea alla base del provvedimento è quella di passare gratuitamente (o con il ticket) solo le prestazioni che hanno un'indicazione specifica e quindi sono davvero utili. I medici che prescriveranno accertamenti considerati inappropriati andranno incontro a una sanzione pecuniaria. E' proprio questo il punto che non piace ai sindacati dei camici bianchi, i quali oggi hanno ribadito la loro posizione. "Questo meccanismo rischia di rompere il rapporto tra i medici e i cittadini - commenta Massimo Cozza della Cgil medici - anche perché i pazienti dovranno pagare di tasca propria varie prestazioni in determinate situazioni".

Anche i medici di famiglia, cioè i professionisti che fanno il maggior numero di prescrizioni, scendono in campo: "Siamo assolutamente critici sulla previsione di sanzioni pecuniarie per i medici nell'ambito del decreto in preparazione sull'appropriatezza delle prestazioni, e alzeremo i toni della nostra protesta", dice Silvestro Scotti, della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), il sindacato più importante della categoria. "Questo provvedimento - dice Scotti - rientra nella protesta che stiamo preparando nell'ambito della mobilitazione indetta dalla Federazione degli ordini dei medici Fnomceo. Così si riduce il ruolo del medico. I colleghi del Consiglio superiore di sanità, che hanno prodotto un parere scritto favorevole a questo provvedimento, si assumeranno la responsabilità rispetto al mondo scientifico delle scelte di erogabilità e appropriatezza che hanno validato".

Dura anche Anaao, il sindacato degli ospedalieri. "Il punto debole del decreto ministeriale della Lorenzin è che mette in moto un meccanismo, quello sanzionatorio rispetto alle prescrizioni cosiddette "inappropriate", che oltre a spaventare il medico e farlo lavorare male, creano un danno al malato che vedendosi negare la Tac o l'esame rinuncerà a curarsi del tutto o andrà nel privato. Così salta il delicato e fondamentale rapporto paziente-medico"m dice Domenico Iscaro, presidente nazionale dell'associazione.

© Riproduzione riservata 22 settembre 2015

Da - http://www.repubblica.it/salute/medicin ... 123447958/
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« Risposta #4 inserito:: Febbraio 23, 2016, 10:20:33 am »

Sto pensando (non da oggi) che dovremmo riuscire ad avere una maggiore presenza attiva, nei Media (Stampa, Radio, TV) di uomini di cultura (di ogni pensiero e religione).
Contemporaneamente dobbiamo chiedere molto meno politica e quasi nessuna presenza di "questi" attuali uomini politici.

L'Italia ha problemi irrisolti da decenni, l'Europa politica unita non esiste, l'Europa economica se c'è, esiste come e quanto fa comodo a una sola parte d'essa. Di Stati Uniti d'Europa non se ne deve parlare per non passare da fessi.

Allora pensavo, ispirato dai Veri Maestri, come ECO, noi Europeisti abbiamo una sola possibilità, forte, per sostenere le nostre tesi, lavorare per la CULTURA EUROPEA coinvolgendo in questa "missione" i Maestri che abbiamo in abbondanza in Italia e in Europa. Perchè la Cultura Europea esiste già tra noi! Esiste da 2000 anni (vecchi, cari, barbari compresi).

Diamoci da fare cominciando ad individuare i Veri Maestri (di ogni pensiero e religione) che senza pretendere di farci cambiare le nostre idee ci ispirino, guidandoci con le loro opere, per "affinare" le nostre convinzioni.

ciaooo
« Ultima modifica: Febbraio 23, 2016, 11:46:24 pm da Arlecchino » Registrato
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« Risposta #5 inserito:: Aprile 24, 2016, 03:45:21 pm »

ISemplici-Cittadini vogliono rispetto.

I-Semplici-Cittadini si schierano con i protagonisti capaci di svolgere il proprio lavoro nell'interesse del Paese Italia. E lo dimostrino nei fatti!

ciaooo
« Ultima modifica: Aprile 24, 2016, 05:20:10 pm da Arlecchino » Registrato
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« Risposta #6 inserito:: Aprile 24, 2016, 03:55:42 pm »

Democrazia in folle
Di Emilio Gentile

Il capo e la folla è un binomio che sintetizza la distinzione fra governanti e governati presente in tutte le epoche. I governanti sono sempre una minoranza rispetto ai governati, cioè la maggioranza della popolazione denominata con termini collettivi come moltitudine, popolo, folla, massa. Fra la minoranza che governa emerge sempre una persona che assume e svolge il ruolo del capo nell'esercizio del potere. Così è stato fin dalla nascita dei primi Stati, così è in tutti gli Stati del mondo attuale. Così probabilmente sarà nel futuro.

Le riflessioni sul capo e sulla folla iniziarono nell’antica Grecia, dove nacque la democrazia, che significa “potere del popolo”. I greci coniarono la parola per definire l’organizzazione politica nella quale il capo è nominato dalla folla dei cittadini adunati in assemblea. Anche se profonde sono le differenze fra la democrazia degli antichi e la democrazia dei moderni, le riflessioni sul capo e sulla folla elaborate dai greci sono presenti, con tratti indelebili come una filigrana, in tutte le esperienze democratiche, dall’antica Roma ai giorni nostri.

Molti intellettuali grechi criticarono la democrazia, perché attribuiva la nomina dei governanti a una moltitudine composta in maggioranza da persone povere, senza istruzione e senza competenza. Perciò inclusero la democrazia fra le forme di governo che giudicavano cattive, come la tirannide e l’oligarchia, perché in tutte e tre chi deteneva il potere, che fosse un singolo, pochi o molti, governava nel proprio interesse e non per il bene comune. Tuttavia, Aristotele considerava la democrazia la migliore fra le cattive forme di governo. Al filosofo greco fece eco venticinque secoli dopo Winston Churchill quando disse alla Camera dei Comuni, l’11 novembre 1947, che “in questo mondo di peccato e di dolore, molte forme di governo sono state e saranno sperimentate. Nessuno pretende che la democrazia sia perfetta o onnisciente. In verità, è stato detto che la democrazia è la peggiore forma di governo, eccetto tutte le altre forme sperimentate nelle diverse epoche”. Churchill si riferiva alla democrazia rappresentativa.

Alla fine del ventesimo secolo “la peggiore forma di governo, eccetto tutte le altre” sembrava destinata a trionfare nel mondo. Nel 1991 Norberto Bobbio riteneva che non fosse “troppo temerario chiamare il nostro tempo l’era delle democrazie”. Ma nel primo decennio del ventunesimo secolo, la democrazia rappresentativa appare ovunque in crisi. Fra i fattori principali del malessere vi è la propensione dei governanti a formare una casta privilegiata al di sopra dei governati, corteggiati nel periodo elettorale con programmi di promesse e subito dimenticati fino alle successive elezioni; vi è la crescente apatia dei cittadini che sono profondamente delusi dal malcostume diffuso fra i governanti, non hanno fiducia nelle istituzioni democratiche e nei partiti, partecipano sempre meno alle elezioni; vi è la maggiore diseguaglianza fra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più numerosi e sempre più estromessi dalla vita politica; vi è la crisi dello Stato nazionale, che è stato un importante strumento di integrazione democratica delle masse e ora invece è sottoposto alle tensioni di movimenti disgregatori all’interno, mentre sui governanti premono condizionamenti, pressioni, imposizioni di potentati economici internazionali, che operano spregiudicatamente nel mercato globale, influenzando, scegliendo e promuovendo gli stessi governanti, con totale indifferenza per il bene comune dei governati.

Infine, tra i fenomeni più rilevanti del malessere attuale della democrazia vi è la personalizzazione della politica nella figura del capo, che stabilisce un rapporto diretto con la folla. Le elezioni sono diventate una lotta fra capi che orchestrano la propaganda sulla propria persona e sollecitano il consenso delle folle attraverso appelli emotivi, espressi con linguaggio elementare ma fortemente drammatico nel rappresentare la campagna elettorale come una lotta in cui si decide il futuro del popolo e il destino della nazione. Con la personalizzazione della politica, il capo che vince le elezioni si considera investito di una missione salvifica, e pertanto concentra nella propria persona l’azione del governo, proclamando che la sua autorità deriva unicamente dalla folla che lo ha votato.

La personalizzazione della politica e del potere suscita reazioni contrastanti. C’è chi spera che possa essere un ricostituente per una democrazia in crisi perché assicurerebbe governabilità e decisioni rapide; altri temono invece che sia un veleno mortale per la democrazia rappresentativa, perché trasforma il “governo del popolo, dal popolo, per il popolo”, come lo definì Abraham Lincoln nel 1863, in una democrazia recitativa dove i protagonisti sono il capo e la folla, l’uno sempre più dotato di potere, l’altra sempre più ridotta a moltitudine votante, plaudente e persino acclamante, ma del tutto priva di influenza sul potere e sulle decisioni del capo.

La democrazia recitativa non nega la libera scelta dei governanti da parte dei governati: la rende semplicemente irrilevante per la politica del capo dopo l’elezione al governo. Simile alla democrazia criticata dagli antichi greci, la democrazia recitativa è una raffinata forma di demagogia, che vorrebbe far apparire la democrazia del capo e della folla la migliore fra le migliori forme di governo. Mentre, nella realtà, può essere la peggiore fra le peggiori, perché opera per mantenere i governati in una condizione permanente di moltitudine apatica, beata o beota, simile alle gioiose famiglie degli spot pubblicitari, ma comunque servile, incapace persino di accorgersi di vivere in una democrazia recitativa dove la libertà, come la scelta e la revoca dei governanti, è solo una delle parti assegnate in copione.

Riflettendo sulle principali esperienze storiche associate al binomio “il capo e la folla”, sarà possibile conoscere la genesi della democrazia recitativa e prevenire il suo consolidamento in una inedita esperienza di “democrazia in folle”. Se la democrazia rappresentativa è come un’auto che può andare avanti o indietro, può migliorare o peggiorare, la democrazia recitativa come l’auto in folle su una giostra, che gira continuamente su se stessa in una sorta di inerzia dinamica, e va avanti solo per tornare sempre indietro.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2016-04-22/democrazia-folle-182929.shtml?uuid=ACBLPkAD&p=2
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« Risposta #7 inserito:: Aprile 24, 2016, 05:20:55 pm »

L’ONESTÀ POLITICA
SECONDO BENEDETTO CROCE
 
Di Martino Loiacono
 
 L’onesta politica è spesso oggetto di aspri dibattiti pubblici da cui emerge una richiesta unanime di onestà, di probità, di affidabilità. In particolare, nell’Italia della seconda metà del '900 questa domanda si è fatta sempre più pungente culminando nella cosiddetta questione morale il cui apice è stato raggiunto nell’inchiesta Mani pulite. Anche durante la terza Repubblica la questione dell’onestà rimane di prim’ordine, tanto che, spesso, i politici tendono a paragonarsi a brav’uomini, a padri di famiglia che per la propria onestà non frodano alcun cittadino, ma svolgono la propria professione nel personale disinteresse. L’abilità di tali uomini, dunque, non concerne la vita pubblica bensì altri rami del sapere e dell’agire. Infatti, spesso si parla di tecnici (scienziati, matematici, medici...) prestati alla politica, che, grazie alla propria onestà, sono in grado di amministrare la cosa pubblica oculatamente rispetto a politici disonesti dediti alla corruzione e al malaffare.
 
Il problema dell’onestà viene affrontato da Benedetto Croce il quale pone la questione secondo termini più pratici che tengono conto del compito proprio del politico, che deve essere un uomo capace di disbrigare situazioni di natura pratica. Il politico, nella sua capacità, deve essere necessariamente onesto perché se la sua onestà venisse meno, egli non risulterebbe più capace giacché macchierebbe il suo agire concreto allontanandosi dal suo compito più proprio ovvero la mediazione tra la volizione singolare utilitaristica e la volizione universale etica. Il filosofo di Pescasseroli esemplifica il concetto dimostrando che l’abilità per un medico non sia già quella di essere un uomo onesto bensì quella di saper operare e salvare vite umane, così al politico non deve essere richiesta solamente mera onestà bensì capacità che in essa risolve e conserva l’onestà medesima.
 

Il passo seguente tratto da Etica e Politica illustra magistralmente quanto affermato:
 
«Un’altra manifestazione della volgare inintelligenza circa le cose della politica è la petulante richiesta che si fa della onestà nella vita politica.
 
L’ideale che canta nell’anima di tutti gli imbecilli e prende forma nelle non cantate prose delle loro invettive e declamazioni e utopie, è quello di una sorta di areopago, composto di onest’uomini, ai quali dovrebbero affidarsi gli affari del proprio paese. Entrerebbero in quel consesso chimici, fisici, poeti, matematici, medici, padri di famiglia, e via dicendo, che avrebbero tutti per fondamentali requisiti la bontà delle intenzioni e il personale disinteresse, e, insieme con ciò, la conoscenza e l’abilità in qualche ramo dell’attività umana, che non sia peraltro la politica propriamente detta: questa invece dovrebbe, nel suo senso buono, essere la risultante di un incrocio tra l’onestà e la competenza, come si dice, tecnica.
 
Quale sorta di politica farebbe codesta accolta di onesti uomini tecnici, per fortuna non ci è dato sperimentare, perché non mai la storia ha attuato quell’ideale e nessuna voglia mostra di attuarlo. Tutt’al più, qualche volta, episodicamente, ha per breve tempo fatto salire al potere un quissimile di quelle elette compagnie, o ha messo a capo degli Stati uomini e da tutti amati e venerati per la loro probità e candidezza e ingegno scientifico e dottrina; ma subito poi li ha rovesciati, aggiungendo alle loro alte qualifiche quella, non so se del pari alta, d’inettitudine.
 
È strano (cioè, non è strano, quando si tengano presenti le spiegazioni psicologiche offerte di sopra) che laddove nessuno, quando si tratti di curare i propri malanni o sottoporsi a una operazione chirurgica, chiede un onest’uomo, e neppure un onest’uomo filosofo o scienziato, ma tutti chiedono e cercano e si procurano medici e chirurgi, onesti o disonesti che siano, purché abili in medicina e chirurgia, forniti di occhio clinico e di abilità operatorie, nelle cose della politica si chiedano, invece, non uomini politici, ma onest’uomini, forniti tutt’al più di attitudini d’altra natura.
 
«Ma che cosa è, dunque, l’onestà politica?» si domanderà. - L’onestà politica non è altro che la capacità politica: come l’onestà del medico e del chirurgo è la sua capacità di medico e di chirurgo, che non rovina e assassina la gente con la propria insipienza condita di buone intenzioni e di svariate e teoriche conoscenze.
 
«È questo soltanto? E non dovrà essere egli uomo, per ogni rispetto, incensurabile e stimabile?
 
E la politica potrà essere esercitata da uomini in altri riguardi poco pregevoli?». Obiezione volgare, di quel tale volgo, descritto di sopra. Perché è evidente che le pecche che possa eventualmente avere un uomo fornito di capacità e genio politico, se concernono altre sfere di attività, lo tenderanno in proprio in quelle sfere, ma non già nella politica. Colà lo condanneremo scienziato ignorante, uomo vizioso, cattivo marito, cattivo padre [...]
 
[...] «Ma no,» (si continuerà obiettando), «noi non ci diamo pensiero solo di ciò, ossia della vita privata; ma di quella disonestà privata che corrompe la stessa opera politica, e fa che un uomo politicamente abile tradisca il suo partito o la sua patria; e per questo richiediamo che egli sia anche privatamente ossia integralmente onesto». - Senonché non si riflette che un uomo dotato di genio o capacità politica si lascia corrompere in ogni altra cosa, ma non in quella, perché in quella è la sua passione, il suo amore, la sua gloria, il fine sostanziale della sua vita.»
 
 
Tratto da: B. Croce, Etica e Politica, a cura di G. Galasso, (1994), Adelphi, Milano.

Da - http://www.storiadellafilosofia.net/moderna/benedetto-croce/l-onest%C3%A0-politica/
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« Risposta #8 inserito:: Aprile 25, 2016, 06:14:20 pm »

25 APRILE 2016.

Un buon giorno perché una IDEA (forma) divenga un PROGETTO (consilium)

ISEMPLICI-CITTADINI

(Merus-civis)
Civis Optimo Iure (cittadino di diritto pieno)


Ci stiamo pensando ... speriamo di farlo partire questo CONSILIUM (Progetto interpartitico o meglio Progetto di schieramento trasversale)



segue ...
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« Risposta #9 inserito:: Aprile 30, 2016, 05:14:05 pm »

Perché
ISemplici Cittadini

Nell’omelia il Pontefice ha ricordato che "nella notte Santa di Betlemme, la "grande luce" promessa da Isaia la vide la gente semplice, disposta ad accogliere il dono di Dio. Al contrario, non la videro gli arroganti, i superbi, coloro che stabiliscono le leggi secondo criteri personali e chi assume atteggiamenti di chiusura".


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Addio Casaleggio. E’ morto "fare politica restando semplici cittadini"
Di Francesco Latteri (sito)
Mercoledì 13 aprile 2016

Tra i tantissimi il giudizio più calzante è senz'altro quello del Presidente della Repubblica Mattarella: "Un politico innovativo ed appassionato". L'innovazione portata alla politica da GianRoberto Casaleggio è semplice, come semplice è sempre stato lui, ma proprio per questo radicale ed innovativissima ed al tempo stesso antica: portare il principio di San Francesco, la semplicità appunto, in politica, in un movimento laico di animo popolare, che non per caso nasce proprio il 4 ottobre, giorno di San Francesco.

Ed il motto, ma anche il principio è proprio quello francescano applicato alla politica: "fare politica restando semplici cittadini". Se il principio è antico i riferimenti politico culturali sono tutti del XX secolo: Enrico Berlinguer, La Malfa, Pier Paolo Pasolini. I mezzi sono invece quelli del XXI secolo, specialmente "la rete" grazie a cui i cittadini possono partecipare tutti e subito, grazie alla quale è possibile la trasparenza più grande. I retori, i comunicatori, demandati a portare il messaggio del Movimento sulle platee sono principalmente due che non si sovrappongono ma affiancano i cittadini in piazza: un comico di successo, Beppe Grillo, ed un grande del Teatro, commediografo, interprete, scrittore, poeta, premio Nobel: Dario Fo. Due grandi interpreti demandati a portare nel teatro della politica "la parte" del Movimento, capaci di farlo con più serietà ed onestà di quanto facciano la maggior parte degli istrioni politici degli altri partiti: attori tra gli attori ma almeno coscienti di esserlo e che lo ammettono, non lo nascondono.

La mente ispiratrice invece è sempre stato lui GianRoberto, ma sempre in disparte rifiutando categoricamente, come San Francesco, il ruolo di prima donna, riservandosi sempre quello di semplice tra i semplici, cittadino tra i cittadini. Niente onorificenze, e, soprattutto, niente gratifiche economiche. C'è infatti la consapevolezza di fondo che il denaro stia oggi distruggendo la politica così come all'epoca di Francesco la Chiesa. La convinzione che solo un ritorno alla centralità dell'uomo, dell'uomo nuovamente libero, dunque anche affrancato dal denaro, possa portare alla salvezza della politica ormai sempre più plutocrazia e sempre meno "cosa della città". Per la politica italiana (ma non solo) è la più radicale e sconvolgente delle rivoluzioni, come del resto lo fu quella di San Francesco per la Chiesa. Il fatto più "allarmante", ieri come oggi, è invero quello della giustezza di tutto questo confermata e sancita dalla realtà: dal nulla sorge in poco tempo una realtà ieri Spirituale/politica, oggi Civico/politica di livello nazionale e sovranazionale.

Da zero al 25% dell'elettorato italiano in pochi anni, al nascere di movimenti ispirati ai "Cinquestelle" in tutta Europa. GianRoberto avrebbe lasciato un testamento politico, nonostante, battagliero sino alla fine, non prevedesse di morire. Invero il testamento è lui stesso, la sua figura schiva e semplice, i suoi principi fondatori del Movimento. Sinché saranno seguiti la Politica ed il Movimento avranno ancora una speranza: GianRoberto Casaleggio è vivo sinché è vivo "fare politica restando semplici cittadini"...

Di Francesco Latteri (sito)


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« Risposta #10 inserito:: Agosto 02, 2016, 08:43:12 pm »

IL BLOG DI ARLECCHINO è chiuso per "manutenzione" ... dopo anni e centinaia di post ci siamo trovati esposti a possibili minacce e intimidazioni.

Resteremo chiusi sino a che la piattaforma che ci ospita non sarà protetta al meglio.

ciaooooo
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« Risposta #11 inserito:: Novembre 20, 2016, 11:43:53 am »

Domenica 20 novembre 2016
Frasi di TOM HODGKINSON

“L'arte di vivere è l'arte di mettere insieme i sogni e la realtà.”

Da frasicelebri.it
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« Risposta #12 inserito:: Dicembre 17, 2016, 03:16:27 pm »

Millantamento

Il millantaménto è anche fare le pentole senza i coperchi. Da parte nostra, dare credito a chi non ha la capacità né i meriti per meritarlo è doppiamente grave rispetto all'essere ingannati da chi ha capacità, forse anche meriti e li usa male. I primi sono avventurieri i secondi sono politici disonesti ... è diverso. Meno peggio l'essere ingannati che fatti fessi. Ciaooo

Da Fb del 16/12/2016




Io penso che il "divino" (o meglio Divino per chi crede) non è indifferente ma coerente con il dono che fece all'umano ... il libero arbitrio. Ciaooo
….

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« Risposta #13 inserito:: Dicembre 17, 2016, 03:22:26 pm »

Renzi, sui mille giorni del tuo governo e le scelte fatte, sarebbe opportuno facessi tu delle considerazioni e in trasparenza li commentassi con noi. Io non mi sento sconfitto (ricordi io sono quello dell'Ulivo ma "non ancora renziano" e tale sono rimasto. Penso che tu debba occuparti soprattutto del PD, aprendo (o scardinando) tutte le porte che appaiono chiuse o aperte ma con il trucco (tipo gavettone). Concludo: non fidarti della sinistraSinistra sono decenni (vedi Ulivo) che ci frega. Ciaooo

Da FB 15/12
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« Risposta #14 inserito:: Dicembre 22, 2016, 04:53:56 pm »

Arlecchino Batocio da FB del 22/12/2016

Non facciamoci prendere in giro!
Il CASUS BELLI è rappresentato da una frase che non si doveva dire!
Non tanto perchè offensiva in sé, ma perchè si prestava ad attacchi feroci da parte della sinistra-Sinistra.

Come poi è avvenuto, non per la frase ma perchè Poletti ha detto ben altro nei confronti del Referendum dei sindacati che vogliono il ripristino della loro capacità di "condizionare" la società con il loro conservatorismo.
Il ricatto di Speranza lo rivela in modo "fulgido". Si tratta dell'ennesimo attacco al PD e al suo governo! - Infatti Speranza “urla": "Via i voucher o sfiducia a Poletti"

ciaooo

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