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Autore Discussione: Sergio STAINO  (Letto 6769 volte)
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« inserito:: Agosto 16, 2015, 04:39:47 pm »

Sergio Staino scrive a Gianni Cuperlo: "Non vi sopporta più nessuno: così uccidete la sinistra"

l'Unità
Pubblicato: 09/08/2015 11:06 CEST Aggiornato: 6 minuti fa

"Caro Gianni, non vi sopporta più nessuno: così uccidete la sinistra". Gianni è Cuperlo, esponente della sinistra dem che ha sfidato Matteo Renzi all'ultimo congresso del Pd. Mentre l'autore del j'accuse è Sergio Staino, il vignettista inventore di Bobo, che in una lunga lettera pubblicata sull'Unità chiede a colui che aveva sostenuto come segretario del partito di non distruggere il Pd.

    Già il fatto che tu metta sullo stesso piano le mie critiche a Berlusconi con le mie mancate critiche a Renzi, dimostra per l'ennesima volta un errore di valutazione in cui tu mi sembra sia caduto in pieno: considerare simili Berlusconi e Renzi (...) Oggi, così come vi comportate con Renzi, a mio avviso state pericolosamente aiutando una futura tragica vittoria di un Salvini o un Grillo.

Staino poi se la prende con i vecchi dirigenti del Pd.
    (...) si autoassolvono pensando che Renzi non c'entri niente con loro, che sia come un fungo nato dal nulla, un fungo malefico che va estirpato in modo che il partito ritorni nelle loro mani. Quale sogno demenziale e quale cecità politica nel rinunciare caparbiamente ad una verità dura ma realistica: tutti loro, Gianni, sono ormai fuori dalla storia, nel bene e nel male hanno fatto il loro tempo e sono, come capita a tutti, finiti.

Il vignettista pone anche la sua attenzione sugli scopi della minoranza Pd.
    Allora, ti chiedo, che senso ha fare una guerriglia interna al Pd quando non si hanno obbiettivi su cui spostare l'opinione, le speranze e la forza dei nostri elettori? Cosa stai offrendo di concreto al loro smarrimento? Nulla. Solo la coscienza che Renzi è una merda. E allora? È chiaro che questo genera scoramento, amarezza e anche al miglior compagno viene la voglia di dire "ma andate a fare in culo tutti quanti".

    In questo modo state uccidendo la sinistra, date un'immagine di voi stessi come degli estremisti disperati che urlano su tutto e tutti senza sapere cosa proporre (...) Dovete smetterla con questa strategia suicida. Vai fra la gente, esci fuori dal gruppetto della Sinistra Dem e dai quattro vecchi marpioni che vi sovrastano. Vai fra la gente, come ho fatto io in varie situazioni, in un cinema affollato, in una trattoria, in un autobus e urla: "questa Sinistra Dem ci sta veramente scassando i coglioni". Avrai come risposta una standing ovation, non vi sopporta più nessuno tranne, ovviamente, Renzi il quale con il vostro atteggiamento così assurdo e fuori dalla storia del nostro partito, si può permettere di twittare: "Tanti auguri ai gufi".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/08/09/staino-lettera-a-cuperlo-_n_7961200.html?1439111268&utm_hp_ref=italy
« Ultima modifica: Dicembre 20, 2016, 06:35:31 pm da Arlecchino » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Agosto 16, 2015, 04:41:32 pm »

«Compagno Cuperlo, così uccidete la sinistra»
Dal giornale   
Sergio Staino nella sede del PD durante la presentazione sui risultati del progetto ''Luoghi Idea(LI)'',

Roma 13 Giugno 2015, ANSA/GIUSEPPE LAMI   

La lettera aperta del papà di Bobo: «Costruite un’alternativa a Renzi ma senza distruggere il Pd. Su De Bortoli avete commesso un grave errore»

Fin dal primo giorno della nuova uscita de l’Unità ho cominciato a ricevere, oltre a tantissime testimonianze di affetto e apprezzamento, messaggi, tweet o commenti sui social network molto critici nei miei confronti, fino al limite dell’offensivo. Al di là delle diverse argomentazioni la sostanza che li caratterizza è comunque la stessa e, in soldoni, la possiamo sintetizzare così: se lavori su l’Unità vuol dire che ti sei venduto a Renzi, quindi sei un traditore della Sinistra. Tra questi anche molti sms di Gianni Cuperlo, un amico fraterno che stimo tantissimo e su cui ho sperato e operato per averlo come segretario. Con lui ho scambiato tantissimi sms con l’impressione, purtroppo, di trovarmi in un dialogo tra sordi. Alcuni giorni fa gli ho spedita questa lettera a cui non ho ancora ricevuto risposta. Ho deciso di pubblicarla non per attizzare ancor più le polemiche tra di noi ma perché i temi che si affrontano sono presenti e laceranti nell’animo di tantissimi compagni ed elettori dentro e fuori del Pd. So di non avere la verità in tasca e so anche che nel passato ho sbagliato tantissime volte: aspetto quindi, con gratitudine, ogni forma di commento e di aiuto costruttivo alla comprensione del difficile momento politico che stiamo attraversando.

Caro Gianni, ti rispondo per email perché per sms mi ci vorrebbe troppo tempo e troppo spazio. È vero che ho contestato Berlusconi per anni e continuerò a farlo fino a quando Berlusconi continuerà a stare sulla scena politica. Ma insieme a lui ho contestato spessissimo anche Prodi e ancor più D’Alema e ancor più Veltroni, o comunque tutta una mia sinistra di cui mi sento parte e di cui mi sembra doveroso segnalare le cose che secondo me sono brutte e dannose. Anzi, direi che in tutta la mia storia la preferenza a fustigare quel che ho considerato errori e malefatte della nostra parte, ha sempre fatto la parte del leone in tutto il mio lavoro: ho sempre trovato più utile e gratificante aiutare il mio schieramento a migliorarsi piuttosto che perdere troppo tempo a ripetere denunce abbastanza diffuse e condivise sulle malefatte della destra.

Tanti le denunciano in modo egregio, meglio che io le dia per scontate e mi rivolga di più ad un lavoro di semina nel nostro orto. È con questo spirito che faccio le vignette sulla Sinistra Dem e ne faccio tante perché mi sembra, in tutta sincerità, che vi stiate sempre più comportando secondo criteri e linee che ben poco hanno a che vedere con la prassi a cui siamo stati abituati, da Gramsci a Togliatti, da Berlinguer a Reichlin a Macaluso e ai tanti compagni che tu stesso riconosci come maestri. Già il fatto che tu metta sullo stesso piano le mie critiche a Berlusconi con le mie mancate critiche a Renzi, dimostra per l’ennesima volta un errore di valutazione in cui mi sembra tu sia caduto in pieno: considerare simili Berlusconi e Renzi. A mio avviso è lo stesso errore che facemmo negli anni ‘20 quando accusammo i dirigenti socialisti di socialfascismo e che abbiamo ripetuto negli anni ‘80- ’90 quando abbiamo trattato Craxi come un avversario totale e dannosissimo. Un errore talmente grosso che sicuramente ha contribuito poi alla vittoria di Berlusconi. Oggi, così come vi comportate con Renzi, a mio avviso state pericolosamente aiutando una futura tragica vittoria di un Salvini o di un Grillo. Io considero Renzi un frutto amaro del nostro partito, un frutto che ci pone ogni giorno problemi difficili e non sempre positivi.

Ma detto questo, non mi riconosco certo in chi vede in lui il rappresentante di una feroce destra neoliberista totalmente asservita al capitale finanziario. Un rappresentante che, per chissà quale magia, si è appropriato del nostro partito e che bisogna quindi combattere ed annullare con tutti i mezzi possibili, i più scorretti compresi. Renzi invece, è per noi, tu ed io, il risultato di una nostra politica e di un nostro atteggiamento etico e morale. Dico “noi” perché sei stato l’unico, alla prima assemblea della Sinistra Dem all’Eliseo, che ha saputo fare un’analisi sul perché abbiamo adesso Renzi segretario e premier e su quanta responsabilità hanno, su questo, i nostri vecchi dirigenti. Loro, invece, non hanno mai fatto questa analisi e, al contrario, si autoassolvono pensando che Renzi non c’entri niente con loro, che sia come un fungo nato dal nulla, un fungo malefico che va estirpato in modo che il partito ritorni nelle loro mani.

Quale sogno demenziale e quale cecità politica nel rinunciare caparbiamente ad una verità dura ma realistica: tutti loro, Gianni, sono ormai fuori dalla storia, nel bene e nel male hanno fatto il loro tempo e sono, come capita a tutti, finiti. Un sano atteggiamento riformista deve quindi, oggi, partire da questa constatazione: il lavoro fatto fino a ieri dai nostri dirigenti ha portato Renzi alla segreteria del partito e al governo e quindi, fino a prova contraria, non esistendo altre forze alternative di sinistra, Renzi è quanto di più progressista si possa avere in Italia in questo momento storico. Non esiste altro, non è pensabile che pattuglie sparute di compagni indignati e incazzati fino allo stravolgimento dei sensi, se ne escano autoproclamandosi “alternativa”. Quale alternativa? Che analisi hanno fatto? Che progetto hanno? Quanti compagni hanno dietro? Quanto l’immagine di loro è credibile e radicata tra le masse popolari italiane? È la solita infima minoranza che gira le loro assemblee, cambiano nomi ma son sempre quelli. Allora, ti chiedo, che senso ha fare una guerriglia interna al Pd quando non si hanno obbiettivi su cui spostare l’opinione, le speranze e la forza dei nostri militanti e dei nostri elettori? Cosa stai offrendo di concreto al loro smarrimento? Nulla. Solo la coscienza che Renzi è una merda. E allora? È chiaro che questo genera scoramento, amarezza e anche al miglior compagno viene la voglia di dire “ma andate a fare in culo tutti quanti”, e non va a votare, o vota grillino, o comincia ad ascoltare Salvini, o tenta la carta disperata di Cofferati, accumulando delusioni su delusioni e aprendo pericolosissime porte. Allora, un compagno serio e io, te lo giuro, ti considero un grande compagno e una persona onesta, seria e generosa, deve farsi carico di questa sofferenza generale e collettiva e lavorare per costruire un’alternativa.

Ma questa senza distruggere il partito, anzi, prendendo atto che Renzi è il nostro segretario e il nostro premier e quindi lavorando con lui, incalzandolo, sottolineando gli aspetti negativi delle sue scelte, aiutandolo quando le scelte sono giuste, offrendogli proposte concrete per migliorarle, accettando gli incarichi che vengono offerti e non rifiutandoli altezzosamente come tu hai fatto. Tu dai di continuo dell’arrogante a Renzi ma nel caso de l’Unità, chi è stato il più arrogante tra voi due: lui che ti ha offerto la direzione del giornale in piena autonomia per costruire uno strumento unitario o tu che gli hai risposto di no a prescindere? Ma pensa a compagni come Martina od Orlando che tentano disperatamente di elaborare dei progetti buoni nel loro settore, tanto da guadagnarsi l’elogio di Petrini da una parte o di validi giuristi dall’altra.

Ma quanto sarebbe più utile che tu li aiutassi, questi compagni, invece di star lì ad attaccarvi ad ogni cosa pur di sparare sul premier? In questo modo state uccidendo la sinistra, date un’immagine di voi stessi come degli estremisti disperati che urlano su tutto e tutti senza sapere cosa proporre. Addirittura state rincorrendo le spinte più corporative che sempre sono state presenti nella nostra società, nella scuola, nell’apparato pubblico, nelle fabbriche. Quando le vostre parole d’ordine coincidono con quelle dei Cobas o dei tanti sindacati autonomi, non vi vengono dei dubbi? Dovete smetterla con questa strategia suicida. Vai fra la gente, esci fuori dal gruppetto della Sinistra Dem e dai quattro vecchi marpioni che vi sovrastano. Vai fra la gente, come ho fatto io in varie situazioni, in un cinema affollato, in una trattoria, in un autobus e urla: “questa Sinistra Dem ci sta veramente scassando i coglioni”. Avrai come risposta una standing ovation, non vi sopporta più nessuno tranne, ovviamente, Renzi il quale con il vostro atteggiamento così assurdo e fuori dalla storia del nostro partito, si può permettere di twittare “Tanti auguri ai gufi”.

E allora, se si accetta questo atteggiamento sanamente costruttivo, riformista, responsabile, quanto sbagliata risulta la vostra scelta su De Bortoli: lo sapevate che in questo momento era una sfida, una provocazione, e a che cosa serviva? Perché non proporre un Bray ad esempio, o una Berlinguer, o un Sandro Veronesi, o un qualunque nome di personalità amata, stimata, brava che poteva costituire un ponte fra voi e Renzi? In modo infantile avete preferito la rottura. Sinceramente, non è lo stesso atteggiamento dei populisti più imbecilli? Questo è tutto quello che mi allontana da te e da quel che rappresentate politicamente. Io mi sento sempre di sinistra e cerco di portare le idee di sinistra dove posso, a cominciare dal giornale. Un grande abbraccio, Sergio

Da - http://www.unita.tv/opinioni/compagno-cuperlo-cosi-uccidete-la-sinistra/
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« Risposta #2 inserito:: Ottobre 22, 2016, 11:28:46 am »

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Sergio Staino   @SergioStaino

· 14 ottobre 2016
Dario Fo, un uomo libero

Oggi, caro compagno Dario, ti salutiamo per l’ultima volta con affetto immenso e senza posare alcun bollino di proprietà sulla tua tomba, non possiamo e non vogliamo farlo, ma ti porteremo nel cuore e, spero vivamente, nelle nostre opere

Mi invitano a Sky TG24 per parlare di Dario Fo. «Lei lo ha conosciuto bene e qualche volta ha anche lavorato con lui», mi dicono, «ci porti la sua testimonianza…». Accetto volentieri, come potrei fare altrimenti? Anche per me, come per molti altri, Dario Fo è stato un amico, un collega, un compagno di strada ma, soprattutto, un grandissimo maestro. Lo conobbi nella mia lontana giovinezza attraverso quello strano film di Carlo Lizzani, Lo svitato, da allora non l’ho più perso di vista e, ogni volta che arrivava alla Pergola di Firenze, facevo una fila di ore fuori per assicurarmi un posto sufficientemente buono in loggione. Erano i tempi di “Chi perde un piede è fortunato in amore” o di “Isab ella, tre caravelle e un cacciaballe” e cose simili. Meravigliose. Fantasia, invenzione, poesia e satira tutte fuse insieme con grande maestria.

E poi lui era anche un compagno. Sì, lo sappiamo, da giovane era stato tra i repubblichini, ma si era ben riscattato, era una cosa che ormai non gli apparteneva più e noi lo seguivamo e lo amavamo tanto. Dentro il teatro, fuori del teatro, nelle piazze e, alcune rare volte, anche in televisione. Inaspettato, imprevedibile, stupefacente, curioso e straordinariamente capace di illuminarci sfuggendo ad ogni dogma.

Per questo non è per ipocrisia se questo nostro giornale dedica alla sua dolorosa scomparsa quattro pagine speciali. È un doveroso gesto di affetto e di riconoscenza che dobbiamo fare ad un grande artista, ad un grande agitatore culturale e politico, che è sempre stato con il cuore affianco degli umili e degli oppressi. Sappiamo bene che negli ultimi anni Dario Fo si è molto allontanato dalla nostra area per avventurarsi sul terreno assai scivoloso del populismo di Grillo. Forse la voglia di ribellismo, un ribellismo a tutto tondo, irriverente e senza limiti, lo ha portato a vedere cuori aperti e generosi laddove, almeno io, non trovo che egoismo e aridità. Eppure alla provocazione, alla critica e allo sberleffo ci aveva ben abituati anche negli anni passati. Però quelle incavature e quelle feroci critiche mescolate nei suoi spettacoli non ci ferivano, tutt’altro, ci facevano ridere e al tempo stesso pensare, pensare molto.

Probabilmente il rapporto tra Dario Fo e il partito non poteva essere che così: troppo anarchico per accettare un compromesso, troppo fantasioso per non vedere oltre la siepe, troppo geniale per non intuire le ipocrisie che qua e là ci accompagnavano, troppo libero per adattarsi, sia pur ad una parvenza, di centralismo democratico. Insomma, un vero compagno di strada geniale che, forse anche involontariamente, con le sue incazzature e con le sue cazzate, ci aiutava a trovare la strada giusta. Credo sinceramente che non avrei mai avuto il coraggio di mettere su un settimanale satirico come Tango, all’interno de l’Unità e con il Pci di Berlinguer, se non mi fossi abbeverato ampiamente alla fonte di Dario Fo. Così come da Gramsci ho imparato che la verità è sempre rivoluzionaria, da lui ho imparato che lo sberleffo è il modo migliore per denunciare l’ipocrisia.

Tutto questo avrei voluto dire a Sky TG24 se, come mi avevano assicurato, fossi stato intervistato su Dario Fo. Invece mi sono trovato con un grillino a cui si chiedeva ansiosamente di mettere un bollino di proprietà sulla figura di Fo. Probabilmente mi sono arrabbiato troppo ma era veramente un’immagine per me dura da sopportare. È un accostamento che non riesco a fare. Dario Fo è sempre stato l’opposto. Dario Fo è stata una figura luminosa come il sole dell’avvenire, una figura geniale e al tempo stesso solidale, sempre aperta al mondo e, anche nell’indignazione, sempre pronta al sorriso. Oggi, caro compagno Dario, ti salutiamo per l’ultima volta con affetto immenso e senza posare alcun bollino di proprietà sulla tua tomba, non possiamo e non vogliamo farlo, ma ti porteremo nel cuore e, spero vivamente, nelle nostre opere.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/dario-fo-un-uomo-libero/
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« Risposta #3 inserito:: Ottobre 25, 2016, 05:19:40 pm »

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Andrea Romano   @andrearomano9
· 15 ottobre 2016

La scomparsa di Dario Fo e le due idee d’Italia

Le piccinerie che hanno accompagnato la scomparsa di Dario Fo ci raccontano anche di due idee diverse del nostro paese

C’ è chi ha tentato di fare un uso privato della scomparsa di un grande italiano di fama mondiale, Premio Nobel per la letteratura, utilizzando la sua uscita di scena come occasione per sventolare una bandierina di fazione.

Lo hanno fatto esponenti della destra tanto quanto dei Cinque Stelle, con finalità diverse ma con toni e argomenti che non a caso sono apparsi del tutto simili. A loro lasciamo volentieri la responsabilità di affermazioni che hanno rischiato di inquinare una giornata dedicata all’omaggio e al ricordo.

Questo giornale ha fatto una scelta del tutto diversa e di cui siamo particolarmente orgogliosi, salutando un uomo libero che certamente non aveva alcuna simpatia per il Partito Democratico ma che ha rappresentato (nelle parole di Sergio Staino) “un vero compagno di strada geniale: inaspettato, imprevedibile, stupefacente, curioso e straordinariamente capace di illuminarci sfuggendo ad ogni dogma”.

Ma le piccinerie che hanno accompagnato la scomparsa di Dario Fo ci raccontano anche di due idee diverse del nostro paese. Da una parte chi non confonde la grandezza artistica con la militanza politica, chi non rinuncia a riconoscere il genio culturale come patrimonio di tutti gli italiani – di qualunque colore politico essi siano – e chi non si priva dell’orgoglio di salutare un grande concittadino che ha onorato la nostra nazione.

Dall’altra chi vede l’Italia solo attraverso le lenti della propria partigianeria, non riuscendo neanche in queste occasioni a riconoscere il segno di una comunità nazionale, e prova così a puntellare la propria debolezza. Non è tanto una questione di Guelfi e Ghibellini, né dello spirito di parte che attraversa da sempre la nostra vita pubblica. La differenza è piuttosto nella diversa capacità di pensarci come nazione, e quindi di riconoscere a noi stessi la libertà di guardare ai nostri punti di forza come ad un patrimonio condiviso.

Ci sono cose che rappresentano un grande e indiscutibile valore dell’Italia e degli italiani, prima ancora di essere un piccolo strumento di lotta politica di parte. Vale oggi per Dario Fo così come vale per tutto quanto ci ha reso quello che siamo e che abbiamo il dovere di preservare per le generazioni future. Al netto di chi ha scommesso sul declino dell’Italia, pensando forse di ricavarne qualche vantaggio.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/la-scomparsa-di-dario-fo-e-le-due-idee-ditalia/
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« Risposta #4 inserito:: Dicembre 10, 2016, 09:40:24 am »

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Sergio Staino   @SergioStaino
· 9 dicembre 2016

La sorpresa che aspettiamo

Mi aspetto che Matteo Renzi spiazzi tutti come ha sempre fatto

Incontro persone in queste ore che mi abbracciano con particolare affetto. Come quando siamo stati colpiti da una malattia o dalla morte di un congiunto. Con aria timorosa mi dicono: «Come ti senti? Stai meglio?» Sono tutti preoccupati che la sconfitta del Sì mi abbia provocato traumi psicologici o cose simili. In realtà sto bene, non mi sembra la fine del mondo.

Qualcuno si azzarda a chiedere: «Ma che fine fa l’Unità? Chiude? Continua senza te?» Qualche vecchio compagno al telefono ridacchia: «Te l’avevo detto, Renzi non reggeva, hai fatto un errore». Scusatemi ma io non riesco a capirlo. Non è la prima volta che viviamo una crisi di governo. Non vedo perché questa dovrebbe determinare immancabilmente la sparizione dell’attuale leader.

È una fase dura, ma è una fase di crescita anche questa, se la vediamo dall’angolazione giusta. Renzi ci ha abituato a guardare le cose da angolazioni diverse e molto spesso ci ha stupito. Anzi, è proprio questo suo trovare soluzioni imprevedibili, che ti spiazzano, che a me personalmente piace molto.

Lui è fatto così. Ricordo un paio di anni fa un concerto di Vecchioni in un teatro fiorentino. Grande successo, tanto pubblico, bis a non finire. Dopo, ci ritroviamo con Roberto per una cena tra amici. Arriva Renzi, si precipita verso Vecchioni scusandosi: «Scusa Roberto, scusa Roberto, non ce l’ho fatta a venire a sentirti, ero a presentare il libro a Fucecchio e mi hanno fatto fare tardi. Tante domande sai, tante domande, soprattutto sul fatto che in questo libro definisco Dante uomo di sinistra. E allora? Per me Dante è di sinistra». Io colgo l’attimo di silenzio e dico a voce alta: «Certo, se poi lo confronti con te stesso anche parecchio di sinistra!» Risata generale. Era chiaramente una battuta provocatoria, senza una reale base di verità.

Ecco, a questo punto mi viene da pensare come avrebbero reagito i vecchi dirigenti del partito a una battuta simile. D’Alema non mi avrebbe parlato per mesi, come spesso ha fatto. Domenici sarebbe uscito platealmente tornandosene a casa. Molti altri forse non avrebbero nemmeno capito la battuta. Renzi invece guarda verso di me con uno sguardo sorridente e meravigliato, e con aria sognante mi dice a voce alta: «Bella, Sergio, bella!!» E poi aggiunge a sorpresa: «Posso metterla su Facebook?» Con questo mi ha mangiato la vignetta e mi ha lasciato in mutande. Bravo. Questo mi aspetto ancora da lui. Che mi spiazzi.

Che mi spiazzi con l’operazione più normale che si deve fare in questi momenti. La prima parte l’ha già compiuta: quella di dimettersi, di passare la palla alle altre forze politiche e al Quirinale. Ma deve contemporaneamente fare un’altra cosa: fare affidamento sul partito, rivolgersi al partito nel suo insieme, non solo alla direzione. Il nostro giornale è zeppo di lettere di militanti di base, di persone che stanno soffrendo una situazione ingiusta e che chiedono ciò che è mancato fino ad oggi: un’attenzione da parte della dirigenza del partito verso le loro idee e la loro voglia di partecipazione.

Su questo voglio che mi stupisca Matteo. Lascia quell’idea un po’ troppo da comitato elettorale con cui, a mio avviso, guardi il Pd. Lasciala a Palazzo Chigi. Fermati per una volta al Nazareno e pensa al Pd come a un partito. Fatto da un segretario, da tanti dirigenti, ma soprattutto da tantissima gente comune, iscritta o comunque vicina a noi. Questo ti aiuterà anche a muoverti poi con più sicurezza e successo a livello governativo. Senza di questo non ci sono molte speranze. Almeno, così io credo.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/la-sorpresa-che-aspettiamo/
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« Risposta #5 inserito:: Dicembre 20, 2016, 06:36:12 pm »

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Sergio Staino   @SergioStaino
· 17 dicembre 2016

Trovare le parole giuste
Meglio trovare le parole giuste e vere per scusartene e guadagnarti un tuo condizionale voto di fiducia. Io voterei sì.

Cara Valeria Fedeli, tu sai, e comunque te lo ripeto qui, che ho per te una forte stima e una altrettanto forte amicizia. Stima e amicizia sono cresciute lungo la tua attività di sindacalista tessile e le circostanze, a volte drammatiche, che ti avevano portata nella Toscana di Prato e di Firenze, e poi la tua attività parlamentare, eletta in Toscana.

Ho imparato dalla limpidezza risoluta con cui hai ricostruito, da vicepresidente del Senato, la storia del faticoso riconoscimento dei diritti delle donne e ti sei impegnata a farlo avanzare, oltre che nelle istituzioni, nella vita quotidiana del lavoro e delle famiglie e soprattutto dell’educazione. Questo fervido impegno basta a spiegare la speciale malevolenza che la tua nomina nel governo ha eccitato in alcuni esponenti della vanità integralista.

Dunque ho accolto, non dirò con scandalo, ma con desolazione la sciocchezza del tuo curriculum. Io, con le mie vignette e le mie conversazioni a tavola, non faccio altro che raccontare la mia vita, però non mi è mai capitato di compilare un curriculum. Se l’avessi fatto non so se mi sarei ricordato di citare la mia laurea in architettura, episodio del tutto marginale delle mie carriere.

A desso, non so per quanto, sono diventato direttore della gloriosa testata di cui ero antico vignettista, dunque tutto può succedere. Magari avrei potuto diventare ministro dell’istruzione pubblica, come Benedetto Croce, che fu il più influente intellettuale italiano e fu ministro della pubblica istruzione senza aver mai preso la laurea, almeno così mi ha detto gente assai ben informata.

La debolezza che ti ha indotto a ritoccare titoli di studio fa molta tenerezza, tanto è assurda e senza proporzione con le tue capacità e i tuoi meriti. Per me, ad esempio, sei stata la più bella delle nuove aggiunte fatte al Governo ed ero ve r a m e n te incuriosito e felice di vedere come una con la tua storia e il tuo solidale entusiasmo, se la sarebbe cavata in un ministero così complicato e zeppo di tensioni di ogni tipo.

Penso che i miei nipotini si sarebbero trovati molto bene in una scuola italiana al cui vertice ci fossi stata tu. Sono sicuro che avrebbero acquisito conoscenze utili e, soprattutto, valori etici oggi così tragicamente sbiaditi. Forse la logica della politica richiederà le tue dimissioni perché questa piccola bugia sarà utilizzata a lungo per attaccarti, umanamente e politicamente, ed io non so proprio cosa consigliarti di fare.

Lasciare, forse, sarebbe la cosa più facile. Oppure meglio trovare le parole giuste e vere per scusartene e guadagnarti un tuo condizionale voto di fiducia. Io voterei sì.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/trovare-le-parole-giuste/
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« Risposta #6 inserito:: Gennaio 08, 2017, 09:47:14 pm »

> Opinioni
Unità.tv   
@unitaonline
· 8 gennaio 2017

La Cgil risponde a Staino: “La nostra organizzazione unita nella battaglia per i diritti”
Sindacati   

Non vorremmo dover constatare che il diritto di critica e la mobilitazione sociale valgano ormai, per un pezzo di “compagni di strada”, solo per i personaggi dei fumetti e non per le persone in carne ed ossa

Caro direttore, abbiamo letto il tuo editoriale su l’Unità del 7 gennaio che hai scelto di scrivere come lettera al Segretario generale della Cgil. Purtroppo, dal tuo articolo dobbiamo desumere che ancora non è sconfitta quella tendenza alla esasperata personalizzazione del dibattito politico e sociale che a noi pare uno dei mali più profondi dell’oggi. Il tuo intervento ci colpisce e non ci piace anzitutto per questo: il violento, crudo (con toni francamente inaccettabili) attacco alla persona che porta la responsabilità di essere il Segretario generale della Cgil, ma che proprio per questo è stata ed è sempre portatrice e interprete delle decisioni dell’insieme del gruppo dirigente, mai personali.

Anche tanti di noi hanno conosciuto e lavorato con dirigenti quali Lama e Trentin e da loro abbiamo tutti imparato una cosa fondamentale: un grande sindacato generale e confederale deve sempre stare al merito delle questioni che affronta, altrimenti viene meno al compito di rappresentare lavoratori e pensionati, indicando sempre una direzione, una proposta. Questo è ciò che tu eludi nel tuo intervento, fingendo che il merito delle cose possa essere rimosso o dimenticato. La Cgil, insieme a Cisl e Uil, ha sempre ricercato la via del negoziato e dell’accordo; lo ha fatto anche quando il Governo negava ruolo e funzione dei corpi intermedi e quando il merito lo ha consentito ha sottoscritto accordi importanti.

Dimentichi, ad esempio, il recentissimo accordo quadro per il rinnovo dei contratti pubblici, il verbale di sintesi in tema di previdenza. Dimentichi anche l’accordo su rappresentanza e rappresentatività che abbiamo sottoscritto unitariamente con ormai tutte le più importanti Associazioni datoriali o quello sulle relazioni sindacali. Accordi che sino ad ora non hanno trovato la giusta attenzione da parte del Governo e del Parlamento.

Su un punto fondamentale la Cgil – in parte unitariamente, in parte no – dissente, non da oggi, con i Governi che negli ultimi quindici anni si sono succeduti alla guida del Paese: le politiche sul lavoro, l’assenza di una strategia per l’occupazione, la pervicace azione contro i diritti individuali e collettivi. Si, caro Staino, su questo non Susanna Camusso, ma tutta la Cgil si è opposta e continuerà ad opporsi.

Anziché scandalizzarsi di tutto ciò, forse anche tu dovresti chiederti se l’evidente fallimento delle politiche del rigore e dell’austerità, la sconfitta della teoria che precarizzando il lavoro e riducendo i diritti si sarebbe creata più occupazione, non richiederebbero ad una maggioranza di Governo, che si definisce riformista, un deciso cambio di verso. È proprio perché abbiamo imparato la lezione di Di Vittorio, Lama, Trentin e dei tanti altri prestigiosi dirigenti della Cgil, che oltre alla protesta, alla mobilitazione, agli scioperi, abbiamo curato e cercato di dare forza alla proposta.

Sei uomo troppo attento per non sapere che la Cgil ha predisposto già tre anni fa un “Piano del lavoro” che indica come si può cambiare verso sul lavoro, rilanciando l’occupazione, anzitutto giovanile. Così come certamente sai, che in Parlamento c’è una nostra proposta di legge “Carta dei diritti universali del lavoro” sulla quale abbiamo raccolto oltre un milione e duecentomila firme, accompagnandola e supportandola con tre quesiti referendari. Queste sono le nostre proposte che sarebbe forse meglio discutere e con le quali chiediamo che il Parlamento e la politica si confrontino e si misurino.

Tu hai creato quell’indimenticabile personaggio che è Bobo: ironico, critico, a volte dissacrante. Non vorremmo dover constatare che il diritto di critica e la mobilitazione sociale valgano ormai, per un pezzo di “compagni di strada”, solo per i personaggi dei fumetti e non per le persone in carne ed ossa.

La Presidente del Direttivo nazionale della Cgil, i componenti della Segretaria confederale ed i Segretari generali di tutte le Categorie nazionali: Nino Baseotto, Massimo Cestaro, Vincenzo Colla, Rossana Dettori, Gianna Fracassi, Maria Grazia Gabrielli, Ivana Galli, Alessandro Genovesi, Roberto Ghiselli, Maurizio Landini, Franco Martini, Giuseppe Massafra, Agostino Megale, Emilio Miceli, Ivan Pedretti, Morena Piccinini, Alessandro Rocchi, Tania Scacchetti, Francesco Sinopoli, Serena Sorrentino, Claudio Treves

Da - http://www.unita.tv/opinioni/la-cgil-risponde-a-staino-su-camusso-la-nostra-organizzazione-unita-nella-battaglia-per-i-diritti/
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« Risposta #7 inserito:: Gennaio 08, 2017, 10:07:29 pm »

Opinioni
Sergio Staino - @SergioStaino
· 7 gennaio 2017

Camusso dimentica la tradizione di Lama e Trentin
   
Devi imparare a confrontarti con la politica, a dialogare tenendo il sindacato lontano dalle singole strategie dei partiti

Cara Camusso, sì, lo so, sono molto vecchio. Sono talmente vecchio da aver avuto la fortuna di conoscere Luciano Lama, uno dei più importanti dirigenti del nostro sindacato. L’ho conosciuto in situazioni fortemente contrapposte quando io, giovane e imbecille marxista-leninista, condividevo con tutte le altre organizzazioni studentesche extraparlamentari gli assalti ai comizi dello stesso. «Traditore, venduto al capitalismo, ingannatore della classe operaia etc etc». Poi ho capito quanto fossimo incolti, superficiali noi e pericolose le nostre azioni, e quanto fosse nel giusto lui e la stragrande maggioranza della classe operaia che lo affiancava.

Qualche anno dopo ho conosciuto Bruno Trentin e da lui ho imparato quanto sia deleterio e nefasto per le sorti della democrazia il fatto che il sindacato possa mettersi alla coda delle più demagogiche manifestazioni popolari. L’ho visto fischiato terribilmente da gruppi di Cobas e da larga parte della Cgil in piazza Santa Croce a Firenze e lì ho capito quanto sia difficile per un sindacalista mantenere dritta la barra di fronte alle focose rappresentazioni del sindacalismo cosiddetto rivoluzionario.

Penso sempre a questi due luminosi personaggi ogniqualvolta inciampo in una tua manifestazione estemporanea e penso con molto dolore che tu ormai non hai quasi più nulla da condividere con loro. Sono parole forti, lo so, sincere e poco diplomatiche, ma credo che sia l’unico modo per far riflettere te e i dirigenti sindacali che condividono questa tua linea.

Lama e Trentin, come molti altri sindacalisti del passato, hanno sempre guardato ai lavoratori come protagonisti della crescita sociale ed economica del paese, li hanno sempre individuati come potenziale classe dirigente. Bisognava educarli, farli crescere, dar loro la capacità di sentirsi attori principi della costruzione della democrazia, eliminando tutte quelle forme di ribellismo sterile e fine a se stesso che la lezione storica marxista liquidava con l’aggettivo «sottoproletario». Solo in questo senso il sindacato avrebbe potuto svolgere il suo ruolo di interlocutore del Parlamento e del Governo, alternando il dialogo alla lotta per i propri diritti.

Purtroppo nella tua azione e nel tuo pensiero, Susanna, io non ritrovo questo obiettivo così alto e così doveroso per un sindacato che abbia la voglia di migliorare la condizione del mondo del lavoro in una democrazia avanzata qual è la nostra.

Ormai la tua azione è solo un continuo, ripetitivo attacco al governo di turno, senza offrire al contempo un progetto, una prospettiva e una conseguente azione politica. Un sindacato non può rimanere sulle barricate a tempo indeterminato aspettando che si cambi il governo. È un’attesa sterile. Tu devi imparare a confrontarti con la politica, a dialogare, a contrattare, tenendo il sindacato lontano dalle singole strategie dei partiti. Con questo atteggiamento e sotto la tua direzione la Cgil sta correndo il rischio, terribile, di diventare una vociante folla indifferenziata, senza più alcuna connotazione di classe e soprattutto di una classe responsabile nei confronti della società e delle sue istituzioni democratiche. È successo così con la discesa in campo a fianco del «No» nel referendum sulla riforma costituzionale dove non hai lasciato libertà di scelta agli iscritti e sta succedendo così adesso con il referendum da te voluto sul Jobs Act. È molto probabile che anche questo secondo referendum ti vedrà vincitrice, ma a quale prezzo?

Ti prego di rifletterci bene e ti prego oggi che ti è arrivato un bel segnale, se hai la volontà di coglierlo. Il segnale è la notizia di quei compagni dello Spi-Cgil emiliano che stanno tranquillamente utilizzando i voucher per pagare le loro collaborazioni. Sì, proprio quei voucher che tu hai avuto l’ardire di chiamare “pizzini mafiosi”. Non ti sembra di esagerare? Non ti sembra che hai perso il senso della realtà delle cose, della loro concretezza? Tutte cose che invece non mi sembra abbiano perso quei compagni dello Spi-Cgil. Cerca quindi di ritornare sui grandi binari della nostra storia sindacale, della nostra esperienza, delle nostre lotte di unità e di progresso.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/camusso-dimentica-lama-trentin/
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« Risposta #8 inserito:: Gennaio 14, 2017, 06:43:50 pm »

Focus
Sergio Staino. - @SergioStaino
· 12 gennaio 2017

“Renzi, mi hai deluso”

Altri venti giorni sono passati dall’invio di questa lettera, venti giorni di silenzio totale. Questo mi costringe a renderla pubblica per vedere se riesci a degnarmi di una qualche risposta
L’assemblea dei giornalisti de l’Unità si è vista costretta a decretare un’altra giornata di sciopero e per questo non siamo in edicola neanche oggi. Mi preme però far conoscere quello che sarebbe stato il mio editoriale di oggi nell’ipotesi che fossimo usciti. L’editoriale in realtà è una mail che ho inviato al Segretario del Partito Matteo Renzi in data 23 dicembre che, mi sembra rileggendola adesso, mantenga tutta la sua attualità. Due giorni fa la situazione di agitazione al mio giornale è esplosa per una comunicazione a ciel sereno da parte dell’Amministratore Delegato in cui si annunciava la fine delle trattative su una revisione nei ruoli dei giornalisti e dei rispettivi emolumenti, passando di fatto a una riduzione di personale non specificando né in che numero né in che modo. Questa notizia, di per sé molto spiacevole, è stata però superata ieri 12 gennaio, dalla Assemblea dei soci proprietari de l’Unità che ha di fatto rinviato al primo febbraio la dichiarazione di liquidazione della stessa società. In particolare il socio di minoranza, cioè il PD, ha proposto una ricapitalizzazione dell’azienda di 5 milioni di euro, 1 milione il PD e 4 milioni la Pessina, socio di maggioranza. Quest’ultimo ha dichiarato la propria disponibilità a ricapitalizzare a patto che il PD cedesse la golden share de l’Unità che appartiene totalmente al socio di minoranza, alla stessa Pessina. Tutto questo perché la Pessina imputa al PD una gestione deleteria dello stesso giornale causata soprattutto da uno straordinario assenteismo nei confronti della presenza del giornale nel partito, nella società e nel territorio. In effetti, come ben sappiamo, anche se storicamente il padrone è sempre e comunque una carogna e quindi anche in questo caso la Pessina non può dichiarare la sua totale innocenza nella crisi gestionale ed economica de l’Unità, è ben vero che il problema principale rimane un problema politico. La lettera che qui riproduco evidenzia in modo molto chiaro quali sono le problematiche più gravi di questa gestione.
………
Caro Matteo,
ti scrivo perché credo di essere ormai giunto alla fine delle mie forze. Dopo tre mesi di esperienza alla direzione de l’Unità puoi bene immaginare dove sia finito tutto l’entusiasmo che avevo messo nel fare questo lavoro. Ero abbastanza impaurito perché immaginavo la quantità di problemi in cui mi sarei ritrovato anche se, devo dirti con sincerità, che mai immaginavo che la quantità fosse così enorme e pesante.
Difficoltà umane: parlare e trattare con il tesoriere del PD Bonifazi e con l’Amministratore Delegato Stefanelli, ti assicuro è esperienza che non augurerei a peggior nemico. Meglio assai con Massimo Pessina e Chicco Testa che sono persone se non altro trasparenti e razionali. Non parliamo dell’aspetto economico che mi immaginavo grave ma non tale da bloccare ogni pur minima iniziativa di rilancio del giornale. E poi il personale umano e l’isolamento del giornale. Questo è l’aspetto che mi addolora di più: mi sono reso conto che non c’è nessuno nel partito che sia interessato a questo foglio. Ho un bel rapporto con i compagni di base più vecchi, ho un buon rapporto con un po’ di giovani che si sono avvicinati, ho un buon rapporto con quel che resta dei “Giovani Turchi” e ho un buon rapporto di confronto con alcuni compagni a te non troppo vicini, da Macaluso a Reichlin, a Cancrini, a Cuperlo, Veltroni, Fassino e tanti altri, che lo seguono, lo commentano, mi aiutano. Ma tu e i tuoi? Zero.
Credo che anche tu sia fra quelli che neanche scorre la prima pagina del giornale eppure, quando mi hai congedato a Palazzo Chigi, hai urlato allegramente: “Voglio un giornale bello, di tante pagine e non preoccuparti per i soldi… quelli ci sono!” Chissà se te lo ricordi. Dirti quindi che sono profondamente deluso, e in prima fila deluso da te, è dir poco. Pensavo che il giornale ti servisse per ravvivare quella base che nel territorio si sta disperdendo nell’astensionismo o, peggio ancora, nel grillismo. Pensavo ti servisse uno strumento per ricucire queste forze, per rimetterle in circolo, per far sì che dalla base ti arrivasse quell’ondata di rinnovamento che caratterizzò la tua prima uscita, quella del rottamatore, e che ti avrebbe aiutato a riporre il partito alla centralità del nostro lavoro politico. Per questo ero pronto a fare molti sacrifici, ero pronto a fare un bellissimo giornale mantenendo il livello di spesa dell’attuale o addirittura riducendolo, riducendo il personale (che è un sacrificio politico terribile), riducendo il formato e puntando su un giornale piccolo, brutto e cattivo ma pieno di grande intelligenza e di cose che non si trovano negli altri giornali. Di cose che sono strumenti, conoscenza, elementi di lavoro per chi giorno per giorno nei territori e nelle amministrazioni e nelle aggregazioni culturali e sociali porta avanti il lavoro del partito. Purtroppo non è così. In nessun momento il partito ha dato un segnale nei confronti miei e del giornale. Speravo che tu mi avresti fatto parlare in piazza del Popolo, almeno due minuti per presentare il rilancio del giornale e dire che il giornale era al tuo fianco ed era lì in piazza a testimoniare la voglia di rinascita. Speravo che tu mi avresti presentato alla Leopolda come nuovo direttore da ascoltare e soprattutto aiutare in questo grosso lavoro. Al contrario, ai diffusori del nostro giornale non è stata neanche data l’autorizzazione per entrare alla Leopolda (nonostante fuori piovesse a diluvio). All'ultima assemblea nessuno ha accennato alla presenza del giornale e a un suo possibile ruolo nel rilancio del partito, al contrario, l’unica volta che è stata nominata l’Unità è stato perché un rappresentante della minoranza ci ha accusati di averli riempiti di vituperi ed offese. E poi adesso. La necessità di un incontro per sapere dove andiamo a finire rinviata di settimana in settimana, sempre cose più importanti de l’Unità, sempre cose più urgenti. E’ naturale che mi venga una gran voglia di togliere il disturbo. L’occasione è pronta: il 12 gennaio ci sarà un Consiglio di Amministrazione in cui si sanzionerà l’ennesimo fallimento e l’ennesima chiusura. Cosa ne guadagni questo lo sa solo Dio. Cosa ne guadagni tu, cosa ne guadagna il partito, cosa ne guadagna la sinistra e l’intera società.
Sergio
Altri venti giorni sono passati dall’invio di questa lettera, venti giorni di silenzio totale. Questo mi costringe a renderla pubblica per vedere se riesci a degnarmi di una qualche risposta. Io ti ho sempre apprezzato per quel tuo continuo ripetere “ci metto la faccia”, è possibile che questo non valga per l’Unità?

Da - http://www.unita.tv/focus/staino-scrive-a-renzi/
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« Risposta #9 inserito:: Marzo 05, 2017, 11:08:18 pm »

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Sergio Staino - @SergioStaino
· 4 marzo 2017

Sciacallo a chi?
Il congresso che abbiamo iniziato rischia di diventare davvero uno scontro senza quartiere non solo del nostro partito ma dell’intera sinistra. Abbassiamo i toni e diamoci tutti, se possibile, una regolata

Martedì scorso nella sede della Fondazione Craxi si svolgeva una tavola rotonda a 17 anni dalla morte del leader socialista. All’inizio sullo schermo, dietro la presidenza, passavano le immagini di allora: il lancio delle monetine, davanti all’Hotel Raphael: chi non lo ricorda? Una morsa mi ha preso lo stomaco nel momento in cui mi sono riconosciuto tra quei furenti e sarcastici lanciatori. Io ovviamente non partecipai a quell’azione ma è come se vi fossi stato perché quella notizia mi aveva molto divertito. Ero, allora, troppo stupido per capire che proprio lì, in quei drammatici momenti, stava nascendo l’antipolitica giustizialista. Quel rancore popolare di massa che si fondeva con una parte della magistratura, quando con i codici credevamo anche noi di compiere quegli atti di giustizia sociale che non eravamo riusciti a compiere con la politica. In pratica eravamo dei “proto- grillini” e sbeffeggiavamo come collaborazionisti della corruttela tutti coloro che avevano un qualche minimo accenno di garantismo.

Oggi, a tanti anni di distanza, tocca a noi subire la stessa sorte e una sorta di nemesi si rovescia su di noi. Ora che è la sinistra al governo accade che una qualunque possibilità di reato forse commesso da qualcuno di noi, seppur lontana e fumosa, diventa subito oggetto di un assalto micidiale con attacchi alla persona, con richiesta di dimissioni, con mozione di sfiducia e appelli alla mobilitazione populista. È quello che si sta consumando in queste ore con il cosiddetto scandalo Consip. Ho riletto con attenzione i dati certi, quelli che chiunque può ricavare sfoltendo gli articoli del Fatto, togliendo cioè tutte le supposizioni, i “si dice”, i “sembra”, i “può essere”, i “forse”. Se fate questa operazione in mano vi rimane ben poco.

Che si fa allora in questa situazione? Possiamo solo fermarci e attendere e come si dice, in forma rituale, “aver fiducia nella Magistratura” ? Mentre penso questo, mi viene un po’ da ridere. Forse avrei potuto aver piena fiducia nella Magistratura se la Magistratura fosse davvero un corpo a me sconosciuto; un corpo fatto di persone perbene, oneste, che studia i codici dalla mattina alla sera, che li confrontano con quelli di altre democrazie, che analizzano gli errori commessi attraverso questi codici, ecc ecc. Purtroppo non è così. Quando mi parlano di Magistratura mi appaiono davanti immediatamente dei volti, dei volti ben precisi di personaggi molto discutibili.

Vanitosi, irascibili, assetati di condanne e spesso con curricula zeppi di assoluzioni perché – spesso, troppo spesso – il fatto non sussiste. Il mio spirito garantista insorge subito a frenare l’onda colpevolista e mi auguro subito, con il cuore, che si tratti di una ennesima bufala e che tutto, al più presto, venga chiarito e risolto.

Ma il politico che si ritrovi in una simile situazione cosa deve fare? Due strade divergevano nel bosco, dice il poeta. Cioè, ci sono solo due possibilità: respingere sdegnosamente le accuse e continuare il proprio lavoro o respingere sdegnosamente le accuse e autosospendersi. Compiere, come si dice, “un passo indietro”. La possibilità di scelta fra le due strade è tutta soggettiva e può essere condizionata da molti elementi, sia razionali che emotivi, compresi quelli caratteriali della persona.

Però, un compagno dello stesso partito, un compagno serio, generoso, attento, che si è mosso sempre in modo corretto e leale, ha tutto il diritto di suggerire a questo politico un possibile comportamento. È quello che ha fatto Gianni Cuperlo due sere fa a “Piazza Pulita” quando, con forma molto rispettosa e gentile, ha espresso il pensiero che se lui fosse stato Lotti, avrebbe fatto un passo indietro in modo da togliere un po’ di imbarazzo al governo. Pensiero lodevole e rispettabile, sul quale si può, ovviamente, non essere d’accordo. Altri sicuramente pensano che Lotti, invece, deve continuare a fare il suo lavoro, almeno fino a quando non maturino maggiori e chiari elementi di compromissione.

Se le cose stanno così, e a mio avviso stanno così, che ragione c’è di scagliarsi contro Cuperlo accusandolo di sciacallaggio? Sallusti, nello studio di Formigli, ha volutamente stravolto le parole di Cuperlo. Il direttore de Il Giornale aveva deciso di attaccare qualunque dirigente del Pd fosse stato presente nello studio televisivo. E lo ha fatto, senza nemmeno ascoltare ciò che il suo interlocutore stava dicendo. È il talk-show, bellezza! Ma perché un compagno di partito deve, poi, aumentare il pathos, rovesciando su Cuperlo, sotto forma di messaggio letto in trasmissione, una frase di questo tipo? «Pensavo di avere visto tutto, ma vedere stasera una persona di solito misurata come Gianni Cuperlo usare lo sciacallaggio nei confronti di Luca Lotti, che è totalmente innocente fino a prova contraria, dà la misura di a che punto si possa arrivare. Abbiamo sempre combattuto la cultura giustizialista. Io non cambio opinione», firmato Emanuele Fiano.

A mio avviso c’è un’unica ragione ed è una ragione molto preoccupante: il congresso che abbiamo iniziato rischia, con questi atteggiamenti alla Fiano, di diventare davvero uno scontro senza quartiere non solo del nostro partito ma dell’intera sinistra. Abbassiamo i toni e diamoci tutti, se possibile, una regolata.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/sciacallo-a-chi/
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