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Autore Discussione: Alberto Simoni. I 10 momenti cult del voto britannico  (Letto 2077 volte)
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« inserito:: Maggio 10, 2015, 04:13:54 pm »

I 10 momenti cult del voto britannico
Dalla gaffe di Farage ai sondaggi sbagliati: quello che ricorderemo
10/05/2015

Alberto Simoni
Inviato a Londra

Sottotono, talvolta noiosa, dominata da temi molto specifici - dalla riforma della sanità pubblica, ai zero hour contract all’economia - questa campagna elettorale britannica sarà comunque ricordate per alcuni momenti che hanno impresso accelerazioni, frenate e oscillazioni nei sondaggi di popolarità. Ecco i “defining moment”.

1. Gli inglesi imparano a conoscere Nicola Sturgeon al primo e unico dibattito tv, il 3 aprile. Dominato dalla monotonia, Sturgeon non dice nulla di speciale se non ribadire i diritti della Scozia. Tailler rosso fuoco, pettinatura alla Merkel, buca comunque il video. E soprattutto inizia lì il corteggiamento spudorato ai laburisti per una coalizione di governo. Guastafeste.

2. Le gaffe di Nigel Farage. Servirebbe il pallottoliere per contarle. Alcune terribili. “I malati di HIV stranieri vengono in Inghilterra per farsi curare!” “Le donne non fanno politica perché non vogliono spendere soldi”. Spettacolare quando ha elogiato Kensington Palace per aver annunciato la nascita della Royal Girl usando libbre e once per comunicarne il peso urbi et orbi. I kg? “Unità misura dei colonizzatori di Bruxelles”. Inarrivabile.

3. Epiteti ed etichette poco politicamente corrette rivolte alla Sturgeon. Piers Morgan l’ha definita una “Godzilla in miniatura”. Boris Johnson l’ha paragonata a Lady Macbeth. Esagerati.

4. I tabloid forse - come scrive ieri l’Indipedent - non avranno sugli elettori l’impatto di un tempo ma sanno ancora, e bene, creare news e trasformarle in virus. Miliband che addenta un panino al bacon fra smorfie pose sgraziate e occhi stralunati avvia un dibattito sociologico. Inutile, nemmeno divertente. Ma quella foto viene pubblicata ogni minuto sul Web e ogni giorno sui giornali. Vorace.

 

5. Povero Miliband, ancora lui. Stavolta però ci ha messo del suo per entrare nei defining moments. Il manifesto elettorale inciso in 6 punti nella “pietra” ha avuto una buona dose di involontaria comicità. E come Mosè e le Tavole della Legge. Dove è finito adesso l’” EdStone?” Entrerà nella storia. Ma non certo per i meriti. Biblico.

6. Dopo aver parlato per 4 settimane solo di economia e di quanto cresce il Regno Unito e di come gli investimenti esteri arrivano a Londra e di come la disoccupazione è calata, insomma dopo aver frantumato la pazienza e la capacità di ascolto dei sudditi di Sua Maestà, a Cameron i suoi devono aver ricordato che mettere un po’ di passione non sarebbe stato male. Così in un comizio a dieci giorni da voto si è sfogato. Fronte imperlata di sudore, grinta e maniche arrotolate. “Ecco la passione, ce l’ho anch’io”. Fatica.

7. Non ha votato, non voterà per i prossimi 18 anni. Ma Charlotte Elizabeth Diana, la Royal Girl è nata a pochi giorni dal voto portando un velo di gioia e leggerezza alla smunta campagna elettorale. Non ce ne voglia “EdStone” o sempre Miliband che addenta il bacon, la foto migliore degli ultimi mesi è la freschezza di Kate Middleton con in braccio la figlia di poche ore sull’uscio della clinica. Partorisco, mi rinfresco e vado a casa. Tutto in 12 ore. Regale.

8. Cameron a un certo punto ha pensato di rinfrescare gli slogan e i programmi di Margareth Thatcher per vincere. Così a metà aprile rispolvera il “right to buy”, ovvero la possibilità per chi vive nelle social house di acquistare l’abitazione con sconti fortissimi. Un programma di 1,2 miliardi di sterline. Nel 1979 fu anche grazie a un’idea simile che Maggie vinse le elezioni. Cameron non le ha vinte di sicuro per il “Right to buy” sparito nel giro di pochi giorni dai titoli di giornali e tv. Ma magari fra 30 anni questo non ce lo ricorderemo. Ottima idea.

9. Axelrod contro Messina. I due capi della campagna elettorale di Obama uno di fronte all’altro, il primo guru di Miliband l’altro di Cameron. A spoglio finito, David, il primo, twitta i suoi complimenti al secondo. Certo che dopo il doppio trionfo con Obama, meglio che Axelrod si astenga dal mettere nel curriculum che ha guidato la campagna di Miliband. Mai così giù infatti i laburisti dal 1987. Flop per Ed. Flop per Axelrod.

10. I sondaggi. Per cinque settimane ci siamo arrovellati su coalizioni, governi di minoranza, appoggio esterno, ritorno al voto in novembre. Il Daily Mail domenica 2 maggio scrive che un accordo Labour e SNP sarebbe la peggiore crisi per il Regno Unito dai tempi dell’abdicazione. Hung Parliament. Tutto sbagliato. La sempreverde e autorevole BBC con i suoi Exit Poll la notte elettorale rovescia tutto. Ribaltone.

Da - http://www.lastampa.it/2015/05/10/esteri/londra-i-momenti-cult-della-campagna-elettorale-4HMwo2Wu5QGdJExqctjQWI/pagina.html
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