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Autore Discussione: Mario Luzzatto Fegiz Le contraddizioni di Napoli nella voce e nelle note di Pino  (Letto 2420 volte)
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« inserito:: Gennaio 07, 2015, 12:04:32 pm »

IL RICORDO
Le contraddizioni di Napoli nella voce e nelle note di Pino Daniele
Sfumature, denuncia, e orgoglio dalla «Tazzulella» all’esorcismo dell’aridità creativa per un artista del blues che cercava il confronto con i migliori

Di Mario Luzzatto Fegiz

Ci confidava qualche anno fa Pino Daniele: «Vivo fregandomene delle classifiche, del marketing e della discografia. Tanto i risultati arrivano quando non ci pensi proprio. La paranoia della classifica o del disco suonato in radio, la rincorsa agli umori e ai gusti di direttori artistici dei network... Basta! Ho vissuto in questo lavoro momenti belli e voglio continuare a viverli. Non sapendo che cosa vuole la gente io faccio quello che mi sento. Le nuove stagioni non mi fanno paura. Cerco di invecchiare con dignità, senza smettere di combattere, tirando fuori la grinta quando la sento». Ma come nasce e scoppia il fenomeno Pino Daniele?

La canzone di denuncia e i Napoli Centrale
Negli anni Settanta un ciclone investe la musica napoletana. Fino a quel momento era melodia pura, sogno, cuore e amore, pizza e Vesuvio. Insomma che fosse il lirismo di E.A Mario, o il lento galeotto di Peppino di Capri, la realtà vera di Napoli, la miseria, il degrado, rimanevano rigorosamente fuori della porta. A un certo punto irrompono nuove figure che mostrano una Napoli ben diversa: Edoardo Bennato prende di petto i problemi reali della sua Napoli, attacca le amministrazioni pubbliche nel brano «Ma che bella città». A loro volta i Napoli Centrale ci spiegano che la retorica sulla bellezza della campagna è un grande balla: la campagna è bella solo per il padrone e i suoi figli che se ne stanno tutto il giorno «a pazzia’»(«Campagna»), cioè a fare la bella vita, mentre per il contadino e il bracciante sono dolori. Bassista di questo gruppo è Pino Daniele, nato a Napoli il 19 marzo 1955. Lega subito con James Senese, fondatore del gruppo insieme a Franco Del Prete.

La «tazzulella» e la sorte alla napoletana
Pino Daniele diviene in breve uno dei massimi esponenti di questa rivoluzione musicale napoletana che si alimenta anche di Africa, Oriente, Sudamerica e blues. È stato capace di evocare la grande varietà di umori, di atmosfere e di stili di una Napoli che nessuno aveva colto prima di lui. «Na tazzulella ‘e cafè» è la canzone degli esordi. Che a un ascolto distratto può sembrare qualcosa di leggerino. Ma leggendo con attenzione il testo troviamo altri significati reconditi. «E nuje tirammo ‘nnanze, cu ‘e dulure ‘e panza... e invece ‘e ce ajutá, ce abbóffano ‘e cafè...» («Noi tiriamo avanti, con dolori di pancia… e invece di aiutarci ci riempiono di caffè…»): vale a dire, «basta governarci con la locuzione feste, farina e forca dal sapore borbonico». Così come in «Napule è» tutto si gioca intorno «‘a ciorta». Dove «ciorta» sta per sorte. Ma a Napoli il termine supera il significato letterale, porta con sé le tracce di qualcosa che va oltre il destino. Altri aspetti di questa alternanza umorale napoletana nei brani... «Quanno Chiove», «Lassa che vene», «Lazzari felici».

«Non scrivo testi, ma poesie d’amore»
Diceva Pino Daniele: «Scrivo canzoni perché non riesco altrimenti a dire quello che sento. Cerco di non scrivere testi, ma poesie d’amore». E ancora: «Parole e musica nascono assieme. È roba che fa da sempre parte della mia vita. Perché io stesso nasco in musica. In questo suono a tratti mediterraneo, io e i miei ci riconosciamo. Napoli è molto vicina all’Africa e anche all’America».

Il blues e il confronto dell’artista
Napoli vicina all’America e vicina al Blues. A questo aspetto sono dedicati brani come «Sono un cantante di blues», «’O Scarrafone», «Che Dio ti benedica», «Che soddisfazione», «Io per lei». Diceva Daniele: «Io credo che un artista, oltre a seguire quello che ha in testa, deve dimostrare a se stesso di saper confrontare la propria creatività con quelli che sono grandi, con quelli che sono appena arrivati sulla scena, con gente che parla lingue diverse».

Esorcizzare l’aridità mentale
Un contrasto piacevole fra melodia mediterranea e rap è nel duetto con Jovanotti nel brano «Un deserto di parole», una metafora nella quale, ciascuno col suo linguaggio, esorcizzano l’aridità mentale, nemica di ogni crescita creativa.

5 gennaio 2015 | 07:33
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Da - http://www.corriere.it/spettacoli/15_gennaio_05/pino-daniele-morto-contraddizioni-napoli-voce-note-orgoglio-5fef5e44-94a2-11e4-b882-edd16a1de18c.shtml
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