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Autore Discussione: Danilo TAINO  (Letto 13895 volte)
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« Risposta #15 inserito:: Settembre 23, 2015, 04:19:01 pm »

Il caso
Volkswagen, i timori della Germania
Lo scandalo auto imbarazza Berlino, ma se il governo ne era al corrente si appanna anche l’immagine del Paese garante della stabilità europea

Di Danilo Taino


Pare dunque che il governo di Berlino sapesse che qualcosa non funzionava nei test sulle emissioni delle auto tedesche. Quei test che, per sua stessa ammissione, sono stati usati dalla Volkswagen per ingannare le autorità di controllo ambientale americane e fare credere loro che i gas di scarico fossero meno tossici di quanto effettivamente erano.

Ieri sera il quotidiano Die Welt ha rivelato una risposta scritta del ministro dei Trasporti Alexander Dobrindt a un’interrogazione dei Verdi del 28 luglio scorso. Nell’interpellare il ministro, i deputati ecologisti chiedevano spiegazioni sul meccanismo che consente ad alcune case automobilistiche di ridurre il livello di emissioni durante i test rispetto a quella che è la realtà su strada. La risposta pare sia stata non una negazione del fatto ma che egli condivideva l’idea della Ue secondo la quale la pratica non fosse stata finora «applicata in modo estensivo». In realtà, ieri, Volkswagen ha comunicato di avere installato l’apparecchiatura ingannevole su 11 milioni di auto. Dobrindt aggiungeva che il governo tedesco avrebbe lavorato in collaborazione con Bruxelles per migliorare la situazione. Scoppiato lo scandalo, lunedì ha annunciato una commissione d’inchiesta.

Al momento non è dato sapere se gli elementi a conoscenza del governo tedesco fossero tali da fare ritenere che si fosse in presenza di un raggiro. Le idee gli sono però state chiarite dall’Epa, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente americana, che ha ordinato alla Volkswagen di ritirare 500 mila auto diesel e che, assieme al dipartimento della Giustizia, sta aprendo una procedura criminale contro la Volkswagen. Se si tratti di connivenza o di leggerezza del governo di Berlino sarà da vedere. Entrambi i casi, però, rivelano una tendenza a volere la Germania come sistema chiuso e protetto, nel quale i grandi gruppi industriali (e dei servizi) godono come minimo dell’occhio benevolo del sistema politico. Il fatto che una truffa di questa portata, che tra l’altro fa vacillare il primo gruppo industriale del Paese, sia stata rivelata in America e non in casa deve fare arrossire.

Alla base, c’è un’idea che somiglia a quella di Fortezza Germania. Tanto è liberale nella macroeconomia, sul non volere andare in deficit di bilancio, quanto il governo di coalizione è chiuso e spesso protezionista nella difesa dei suoi campioni nazionali. Di tutti quelli dell’industria auto, per i quali Angela Merkel ha fatto una pesante lobby a Bruxelles affinché le emissioni delle auto di alta cilindrata, cioè tedesche, fossero poco penalizzate. Di altri campioni dell’ingegneria e della chimica, che la cancelliera porta in giro per il mondo nei suoi viaggi «commerciali». Ma soprattutto nei servizi, dai trasporti al commercio, dalle assicurazioni alle poste, la protezione di

Stato rimane elevatissima. Il sistema di governance delle grandi imprese, centrato sulla codeterminazione con i rappresentanti sindacali, chiude il cerchio di un sistema poco trasparente, fondato sui rapporti di potere e suscettibile di commettere errori e addirittura reati in quanto non controllato dal pubblico e dai mercati ma da una sorta di Grande Coalizione degli interessi che tiene insieme business, politica nazionale e locale, sindacati, finanza.

Negli anni passati, gli scandali hanno spesso scioccato l’opinione pubblica tedesca che, in fatto di corruzione, riteneva le sue imprese più bianche della neve. La Volkswagen visse una decina d’anni fa lo scandalo di manager che rifornivano alcuni membri sindacalisti del consiglio di sorveglianza del gruppo con denaro e prostitute munite di Viagra. In cambio di voti nel consiglio stesso, nel quale i rappresentanti dei lavoratori hanno la metà delle poltrone, in ossequio al modello della codeterminazione. La Siemens, altro campione nazionale, meno di dieci anni fa ha dovuto affrontare una gravissima crisi perché suoi dirigenti corrompevano all’estero e in casa (ancora sindacalisti). Deutsche Telekom, Deutsche Post, Deutsche Bahn, Lufthansa - con rapporti strettissimi col governo se non controllate - si permettevano di spiare dipendenti, giornalisti, sindacalisti o membri dei loro consigli di amministrazione. L’elenco sarebbe lungo ma sempre riporta a imprese protette dallo Stato, poco visibili ai mercati e quindi non controllate, convinte di potere fare ciò che vogliono, anche sciocchezze. Che possono essere monumentali, come sta imparando la Volkswagen.

@danilotaino
23 settembre 2015 (modifica il 23 settembre 2015 | 09:24)
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Da - http://www.corriere.it/esteri/15_settembre_23/volkswagen-timori-germania-6f6ce1dc-61bd-11e5-a22c-898dd609436f.shtml
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« Risposta #16 inserito:: Novembre 04, 2015, 05:19:46 pm »

Volkswagen e i dittatori, un’amicizia da chiarire

Di Danilo Taino

Un altro armadio da ripulire, alla Volkswagen. Sporco. Ieri, la casa automobilistica, già nel pieno dello scandalo delle emissioni truccate, ha confermato all’agenzia di notizie tedesca Dpa che sta «valutando l’ingiustizia occorsa» in Brasile durante la dittatura militare 1964- 1985. E che è «all’inizio di una discussione su come raggiungere un accordo» di riparazione per un’accusa che le ha rivolto la Commissione nazionale per la ricerca della verità su quegli anni: di avere collaborato con i militari dell’epoca nell’identificare lavoratori di sinistra e di avere permesso arresti e torture nel suo stabilimento di São Bernardo do Campo. Dodici ex dipendenti brasiliani del gruppo tedesco hanno intentato una causa civile.

L’anno scorso, la Commissione brasiliana ha accertato che molte imprese si resero responsabili di collaborazione con la repressione dei militari. E che fornirono loro nomi e indirizzi di militanti sindacali. Secondo alcune testimonianze, Volkswagen fu tra le imprese più attive nell’abbracciare quella pratica. La Commissione ha citato il caso di un operaio comunista, Lucio Bellentani, che un giorno fu ammanettato in fabbrica, portato nella sala di sicurezza della Volkswagen e lì torturato. Altri furono licenziati e messi in una lista nera a causa della quale non trovarono più lavoro. Gli eredi dell’Auto del Popolo voluta da Hitler avrebbero dovuto stare lontani dai dittatori come dalla peste. Pare che non l’abbiano fatto.

La casa automobilistica tedesca è stata chiamata a chiarire i suoi comportamenti già in febbraio ma solo in settembre avrebbe iniziato a discutere di riparazioni (che potrebbero servire per la costruzione di un memoriale). Storia brutta. Che, se confermata, aggiungerebbe infamia a un gruppo tanto bravo nel fare auto quanto scorretto nel prendere scorciatoie, anche nefaste, per arrivare dove la tecnologia non basta.

@danilotaino
3 novembre 2015 (modifica il 3 novembre 2015 | 08:35)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/opinioni/15_novembre_03/volkswagen-dittatori-un-amicizia-chiarire-3f0704f0-81f2-11e5-aea2-6c39fc84b136.shtml
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« Risposta #17 inserito:: Gennaio 27, 2016, 06:51:19 pm »

Concertazione Bilaterale
Rifugiati, debito e gasdotto, la linea di Merkel con Renzi
Nell’incontro di venerdì 29 a Berlino la Cancelliera tedesca sosterrà l’Italia nel controllo delle frontiere. Ma chiederà il versamento delle quote a sostegno della Turchia
Di @danilotaino

BERLINO
Alla cancelleria di Berlino non si aspettano che l’incontro di venerdì tra Angela Merkel e Matteo Renzi, ore 12.30, sia un pranzo di gala. E non lo vorrebbero nemmeno: la polemica pubblica sollevata con il governo tedesco e con la Commissione Ue da alcune considerazioni del presidente del Consiglio italiano è considerata «non utile».

Dal punto di vista politico, è anzi ritenuta sbagliata anche nei tempi: in un passaggio nel quale l’Europa è divisa come non mai, Germania e Italia dovrebbero agire da stabilizzatrici, con differenze naturalmente sui diversi dossier ma unite nel cercare una soluzione alle crisi multiple che rischiano di sommarsi in una crisi grande. Così pensano nell’esecutivo tedesco e così ragionano anche molti parlamentari.

La posizione che Frau Merkel terrà venerdì sarà dunque netta ma orientata a dare un’idea di comunione d’intenti tra Berlino e Roma. La sua intenzione è di discutere di cose concrete, dei punti di frizione sollevati da Renzi e di cercare di trovare una via per affrontarle. Non è però la cancelliera di sei mesi fa, quella che vedrà il premier italiano. È una politica che sulla questione dei rifugiati ha messo in gioco non solo il suo futuro politico ma anche il ruolo della Germania in Europa: ancora disposta a cercare compromessi ma con meno spazio per trovarli. Sempre molto preparata sui dossier in discussione.

Nell’analizzare la situazione, Merkel si mostrerà preoccupata. Non solo sulla questione profughi. In Spagna e Portogallo, due nuovi governi probabilmente metteranno in discussione le politiche economiche seguite finora dall’Eurozona: Berlino teme uno stop alle riforme che — giudica — finora hanno prodotto risultati positivi nei due Paesi e soprattutto che i nuovi esecutivi portino elementi di divisione nell’Eurozona. In un momento in cui stanno per riprendere le discussioni con la Grecia sulla realizzazione delle riforme promesse in cambio del pacchetto di aiuti da 86 miliardi.

Frau Merkel e i suoi ministri ritengono che la risposta data alla crisi dell’euro sia stata positiva, che da allora l’Eurozona abbia fatto molti progressi; ma che le riforme strutturali debbano andare avanti, soprattutto ora che la politica monetaria della Bce è estremamente espansiva e anche la politica di bilancio tedesca è diventata tale (moderatamente) grazie agli investimenti per dare asilo ai profughi.

E sulla cosiddetta austerità, la Germania ritiene che gli spazi di flessibilità già ci siano. Merkel riconosce l’importanza e la portata delle riforme fatte e previste dal governo di Matteo Renzi. In Germania, però, l’opinione corrente è che sul versante dell’economia molto vada ancora fatto.

Sui rifugiati, la cancelliera sarà pressante. Dirà a Renzi che i tre miliardi promessi alla Turchia affinché trattenga il maggior numero possibile di profughi vanno finanziati; che Berlino sosterrà l’Italia nel controllare le frontiere esterne, in particolare nel Mediterraneo (chissà se riconoscerà che la Germania si è accorta in ritardo e quindi male del problema) ma chiederà che gli hot spot nei quali registrare chi entra in Europa vengano fatti funzionare. Probabilmente sottolineerà anche l’importanza della conferenza dei donatori ai siriani che si terrà a Londra a inizio febbraio: ne è co-sponsor e vuole che abbia successo.

Dal punto di vista di Merkel — l’ha detto più volte — sulla questione profughi si gioca il futuro dell’Europa e l’opinione nel governo tedesco è che nella Ue ci sia stata poca solidarietà in un passaggio nel quale dovrebbe essere massima. È soprattutto sui rifugiati che Berlino tende oggi a valutare le amicizie in Europa.

In merito alle critiche di Renzi alla Commissione Ue, Frau Merkel difficilmente entrerà nel merito. Se ce ne sarà bisogno, difenderà il capo di gabinetto di Jean-Claude Juncker, il tedesco Martin Selmayr, nonostante che anche a Berlino non sempre sia apprezzato: ad esempio dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, il quale lo scorso giugno gli intimò di smettere di intromettersi nelle discussioni con la Grecia.

Se infine Renzi solleverà la questione del Nord Stream 2, che imprese tedesche intendono realizzare con la russa Gazprom nel pieno delle sanzioni contro Mosca, Merkel gli farà probabilmente capire che è buona cosa lasciare la questione alla Commissione Ue che ne vaglierà legittimità e opportunità. Per lei, infatti, è difficile intervenire sulla questione. Sta molto a cuore ai socialdemocratici, partner di governo, ed è stata condotta dal vicecancelliere e leader della Spd Sigmar Gabriel: smentirlo creerebbe tensione nella Grande Coalizione.

Oltre ai dossier, ci saranno sorrisi reciproci. Ma non è detto che si esageri.

26 gennaio 2016 (modifica il 27 gennaio 2016 | 09:40)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/economia/16_gennaio_26/rifugiati-debito-gasdotto-linea-merkel-renzi-a0d4c226-c46e-11e5-8e0c-7baf441d5d56.shtml
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« Risposta #18 inserito:: Maggio 30, 2016, 06:13:00 pm »

La sfida africana dell’urbanizzazione
La creazione di mercati integrati tra Paesi è una delle strade principali per rendere possibile la crescita e in questo le città hanno un ruolo chiave

  Di Danilo Taino

E’ in corso una gran discussione sull’Africa. Un po’ perché il continente – prevede l’Ocse – sarà la seconda area del mondo in termini di velocità di crescita, dopo l’Asia dell’Est: il 3,7% quest’anno e il 4,5% il prossimo, pur con grandi differenze (l’Etiopia probabilmente ancora sopra al 10% e in generale la parte Est del continente in crescita nel 2016 del 6,3%; Nigeria e Angola invece in recessione e il Sud dell’Africa lento, a non più dell’1,9%). Un po’ perché aumenta la preoccupazione per gli 11 milioni di giovani che ogni anno devono trovare lavoro e, se non lo trovano a casa, lo cercheranno all’estero, in buona parte in Europa: una delle ragioni per le quali l’Italia ha proposto alla Ue un Migration Compact per sostenere lo sviluppo dei Paesi africani.

Uno studio appena pubblicato proprio dall’Ocse sostiene che una delle chiavi dello sviluppo del continente, forse la principale, sarà l’urbanizzazione, che sta già avvenendo a un passo storicamente elevatissimo. Tra il 1995 e il 2015, la popolazione che vive nelle città è raddoppiata, a 472milioni. «L’urbanizzazione – dice lo studio – è un megatrend che sta trasformando profondamente le società africane». Nel 2015, 879 milioni di africani vivevano in Paesi considerati a «basso sviluppo umano», mentre altri 295 milioni vivevano in Paesi «a medio o alto sviluppo umano».

Serve insomma molta crescita e la creazione di mercati integrati tra Paesi della regione è una delle strade principali per renderla possibile: in questo, le città hanno un ruolo chiave. Inoltre, la popolazione urbanizzata ha maggiori opportunità di lavoro, di studio, di curarsi e si emancipa più facilmente dalle costrizioni imposte dai costumi e dai meccanismi di potere dei villaggi (soprattutto quella femminile). Nelle città, migliora anche l’organizzazione politica per contrastare corruzione e inefficienza dei governi.

L’Ocse prevede che nel 2050quasi un miliardo e 400 milioni di africani saranno urbanizzati, su una popolazione di un po’ più di due miliardi e300 milioni. Una sfida politica e infrastrutturale enorme alla quale il continente non sembra preparato: solo un 12% di economisti africani interpellati da un sondaggio ha detto che l’urbanizzazione del proprio Paese è sostenibile dal punto di vista economico (il 17% dal punto di vista sociale, l’8% da quello ambientale). Il Migration Compact europeo dovrebbe tenere conto di queste tendenze.

28 maggio 2016 (modifica il 28 maggio 2016 | 17:07)
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Da - http://www.corriere.it/cultura/16_maggio_29/sfida-africanadell-urbanizzazione-5c992c06-24e4-11e6-a9d3-8bf76315dcbb.shtml
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« Risposta #19 inserito:: Settembre 01, 2016, 07:37:57 pm »

Il vertice italo-tedesco nella sede Ferrari
La mano di Merkel a Renzi e all’Italia
Più flessibilità, ma con «trasparenza»
A Maranello la cancelliera preannuncia un accordo e promette aiuti ai terremotati Intesa anche sulla questione migranti e sul problema della disoccupazione giovanile

Di Danilo Taino

MARANELLO (Modena) I governi dei grandi Paesi dell’Unione Europea hanno preso la decisione politica di presentare al mondo un’immagine di massima unità, nei mesi a venire. Lo impongono le crisi multiple del continente. Ieri, il nuovo approccio si è mostrato nel modo più evidente all’incontro bilaterale tra gli esecutivi di Italia e Germania che si è tenuto nella fabbrica della Ferrari, a Maranello. Angela Merkel è arrivata a fare gli auguri a Matteo Renzi «per il successo della sua agenda di riforme» e ha sostenuto che «la stabilità del governo italiano ha comportato la stabilità dei rapporti» con la Germania e con l’Europa. Mai successo prima. Il presidente del Consiglio italiano ha assicurato che le flessibilità di bilancio che userà, comprese quelle per Casa Italia e post-terremoto, saranno discusse in Europa. La cancelliera ha convenuto che, di fronte a «un piano trasparente» presentato dall’Italia, un accordo a Bruxelles si troverà.

La convergenza su molti temi
A parte alcuni dossier poco politici, sui quali gli interessi di Roma divergono da quelli del governo di Berlino (o meglio di una sua parte, come il Nord Stream 2 e la fine del Ttip sostenuti dai socialdemocratici tedeschi), anche gli incontri tra i 12 ministri, sei per parte, che accompagnavano Renzi e Merkel hanno mostrato una volontà di convergenza non frequente: dalla gestione dell’emergenza immigrati all’economia, sulla quale Pier Carlo Padoan e Wolfgang Schäuble si sono trovati d’accordo sulla necessità di assicurare stabilità all’eurozona e di affrontare la crisi dell’occupazione dei giovani. Il vertice intergovernativo è stato ospitato negli stabilimenti Ferrari. A ricevere Renzi e Merkel c’erano il presidente di Fca John Elkann, l’amministratore delegato del gruppo Sergio Marchionne, il figlio di Enzo Ferrari, Piero, il presidente della Confindustria Vincenzo Boccia e il suo corrispondente tedesco Ulrich Grillo. I lavori sono stati interrotti nel pomeriggio per l’incontro con alcuni volontari intervenuti nel terremoto del Centro Italia, in particolare con i soccorritori della piccola Giorgia, compreso Leo, il cane che l’ha individuata e al quale i due leader hanno voluto «dare la zampa». La sera, cena nel Museo Ferrari, sempre a Maranello, con la partecipazione di tutti i ministri (Esteri, Interni, Difesa, Economia, Sviluppo economico, Infrastrutture) e una serie di imprenditori, dalla Rwe alla Brembo.

La solidarietà di Frau Angela
Merkel ci ha tenuto a portare un atto di solidarietà al nostro Paese. Ha detto che il suo governo parteciperà al finanziamento di una scuola nelle località toccate dal sisma, che gli imprenditori tedeschi sono impegnati a prendere iniziative concrete e che probabilmente anche il calcio si mobiliterà, magari con una partita tra le due Nazionali i cui proventi andranno alle popolazioni colpite. Sul tema, Renzi ha ribadito che si tratta di andare oltre l’emergenza ma ha chiarito che ancora più che un problema di soldi — «l’Italia ha già molte risorse che vanno usate» — è un problema di mentalità quello che deve essere risolto per realizzare «il rammendo e i micro cantieri» come suggerisce Renzo Piano. Il presidente del Consiglio ha poi ribadito che Vasco Errani sarà nominato oggi Commissario per la ricostruzione. La Ferrari metterà all’asta un modello speciale (il cinquecentesimo modello della Ferrari).

La compattezza e l’intesa sulla questione migranti
Terremoto a parte, il tema di maggior rilievo affrontato da Renzi e da Merkel è stato quello dell’immigrazione. Dove la concordia ha dominato, almeno a sentire loro. La cancelliera ha apprezzato il lavoro dell’Italia, anche nel riconoscimento fotografico di chi arriva. Il presidente del Consiglio ha sostenuto che «l’Italia non è al collasso» per l’emergenza immigrati e ha elogiato l’impegno tedesco nell’accoglienza di oltre un milione di profughi l’anno scorso e nel ricollocamento di altri. Entrambi hanno assicurato l’impegno a lavorare assieme per i rimpatri di chi non ha diritto d’asilo e per interventi diretti a sostegno delle economie dei Paesi da cui i migranti fuggono (assieme alla Francia). Le affermazioni di unità in questa fase non sono formali. La Brexit ha dato una scossa a tutti i governi europei. E la stagione elettorale in arrivo consiglia i grandi Paesi Ue che la dovranno affrontare — Italia, Francia, Germania — a mostrare se non un fronte unito almeno la volontà di stare assieme. Quasi un cambio di stagione, se terrà.

31 agosto 2016 (modifica il 31 agosto 2016 | 23:05)
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Da - http://www.corriere.it/esteri/16_settembre_01/mano-merkel-renzi-all-italia-piu-flessibilita-ma-trasparenza-bdaacc20-6fbc-11e6-856e-2cdca5568f05.shtml
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« Risposta #20 inserito:: Gennaio 17, 2017, 04:50:30 pm »

L’INTERVISTA
«Un unico Occidente? Per Trump non esiste. Siamo tutti concorrenti»
Norbert Röttgen presidente della Commissione Affari esteri del Bundestag del «Se Trump torna indietro sull’Ucraina indebolirà l’Europa e Merkel»

Di Danilo Taino, corrispondente da Berlino

Cosa l’ha colpita dell’intervista?
«Noi consideriamo l’Occidente una comunità di Paesi amici, con un orizzonte unico: questa idea non ha spazio nel pensiero di Trump. La Nato, l’Unione europea, la partnership transatlantica non sono cose che gli interessano. È interessato a fare deal, accordi. È concentrato sull’America, tutti gli altri sono da considerare concorrenti».
Dice che la Nato gli interessa.
«Nell’intervista, in realtà, dice due volte che la Nato è obsoleta. Il fatto è che la Nato sta al cuore dell’Europa che abbiamo costruito in 70 anni».
Ma gli accordi di cui parla non saranno interessanti?
«Che accordi saranno? Mettono in discussione i trattati che funzionano da 70 anni? Nessuno sa da cosa siano guidati questi deal. Quando parla di togliere le sanzioni contro la Russia intende dire che vuole un accordo con Mosca a spese dell’Europa?».
Le sanzioni: se Trump le eliminasse, l’Europa si troverebbe isolata, lo stesso Angela Merkel.
«Gli Stati Uniti sono sempre cruciali nelle grandi decisioni. Deve essere chiaro che senza Usa non c’è unità dell’Occidente. Se la nuova Amministrazione americana torna indietro sulla questione ucraina, ciò indebolirà enormemente l’Europa e la Germania. Anche la cancelliera tedesca».
Finora gli europei sono sembrati in confusione di fronte a Trump.
«Sfortunatamente l’Europa è nella sua peggiore forma, colpita da Est, da Sud e ora anche da Ovest. È la situazione più difficile da quando furono firmati i trattati di Roma. Ma dobbiamo sapere che nessun Paese può fare fronte da solo alle nuove sfide. Occorre muovere passi in modo unito: è impensabile dividersi in questa situazione».
Lo crede possibile?
«C’è mancanza di volontà, è vero. Dobbiamo però sapere che se proseguiamo su questa strada mettiamo a rischio la nostra sicurezza, quella che ha garantito decenni di pace e di prosperità all’Europa».
Trump dice che la Ue è un veicolo della Germania. A lei sembra che la Germania stia facendo abbastanza, in questa situazione?
«La Germania deve fare di più. Prendersi una quota maggiore di responsabilità in Europa. Ma dobbiamo anche essere coscienti dei nostri limiti. È un’illusione pensare che la Germania possa essere sostitutiva dell’America. È qualcosa al di sopra delle possibilità tedesche. Nemmeno un’Europa unita e molto più attiva potrebbe sostituire gli Stati Uniti. Possiamo però essere determinanti nel mantenere la partnership con l’America».
Come?
«Si tratta di andare all’offensiva, essere proattivi: andare negli Stati Uniti, non permettere che la partnership evapori. È la sfida del momento».

16 gennaio 2017 (modifica il 16 gennaio 2017 | 20:56)
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Da - http://www.corriere.it/esteri/17_gennaio_17/unico-occidente-lui-non-esiste-siamo-tutti-concorrenti-1683214c-dc25-11e6-8880-ab80bbeec765.shtml
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« Risposta #21 inserito:: Febbraio 13, 2017, 12:47:41 pm »

«Foto di Mussolini sui profili»
La Germania non premia i due agenti che fermarono lo stragista di Berlino
Il governo tedesco voleva dare una medaglia ai due «eroi di Sesto San Giovanni» ma ha preferito rinunciare dopo aver scoperto che nei loro profili c’erano «frasi di estrema destra e foto di Mussolini»

Di Danilo Taino

Gli «eroi» di Sesto San Giovanni sono stati declassati nella considerazione delle autorità tedesche. I due poliziotti che il 23 dicembre scorso intercettarono e uccisero, durante uno scontro a fuoco, il terrorista del mercatino di Natale di Berlino non riceveranno alcuna onorificenza in Germania. Gli agenti sono considerati tendenti all’apologia di fascismo, quindi meglio lasciare perdere.

Ieri, il quotidiano Bild ha rivelato che il governo tedesco stava considerando l’idea di dare una medaglia a Cristian Movio e a Luca Scatà. In effetti, le autorità della Germania avevano tirato un respiro di sollievo quando avevano avuto la notizia che il ventiquattrenne Anis Amri – il quale quattro giorni prima, alla guida di un camion, aveva ucciso 12 persone e ferite altre 55 - era stato fermato alle porte di Milano. Le sollevava da una ricerca della quale avevano perso il filo. Permetteva loro di tranquillizzare i cittadini. Le toglieva da un notevole imbarazzo.

La stessa Angela Merkel aveva subito ringraziato la polizia italiana e i due agenti. Ora, però, la Bild dice che, secondo due ministri dei quali non cita i nomi, l’onorificenza è fuori questione. Sui profili di Facebook e di Instagram, presto oscurati dalla Questura di Milano dopo lo scontro di Sesto San Giovanni, i due poliziotti avevano pubblicato fotografie e commenti di chiara ispirazione di estrema destra, qualcosa su cui nessun governo tedesco può passare sopra.
   
Scatà – 29 anni, l’agente che ha sparato ad Amri - aveva mostrato su Instagram una sua fotografia in cui fa il saluto romano (mentre indossa una maglia con la bandiera britannica, curiosamente); una fotografia di Mussolini dove definiva il Duce «tradito» e i traditori «infami»; e un post scritto in occasione di un 25 aprile nel quale diceva che non avrebbe festeggiato perché lui è «dalla parte di quella Italia, di quegli italiani, che non tradirono e non si arresero».

Movio – 36 anni, il poliziotto ferito da un colpo sparato da Amri – pare invece che condividesse su Facebook post tratti da siti razzisti e anti-immigrati, in più avrebbe pubblicato la fotografia di una bottiglia di Coca-Cola, quelle con i nomi propri sull’etichetta, con la scritta Adolf (il nome meno apprezzato in Germania).


Stephan Mayer, un esperto di affari interni della Csu (il partito gemello bavarese della Cdu di Merkel), ha commentato che «la decisione del governo federale di non dare un’onorificenza a questi due poliziotti è assolutamente corretta a causa della loro ovvia attitudine neofascista».

A Berlino si evitano così polemiche e scivoloni imbarazzanti. Da semplici fotografie e post è difficile stabilire quali siano gli orientamenti politici dei due poliziotti italiani. E difficile è chiederglielo ora: quando i loro nomi sono stati resi noti – immediatamente dopo la sparatoria del 23 dicembre, dal ministro dell’Interno Marco Minniti – sono stati trasferiti e protetti per ragioni di sicurezza.

Ma non è questo il problema: le loro opinioni politiche sono un fatto personale. La questione vera è che non le hanno tenute per se stessi ma le hanno rese pubbliche sui social network. Anche qui, in fondo, niente di straordinario se non fosse che Scatà e Movio sono membri delle forze dell’ordine. E che la pubblicazione di loro opinioni estreme possa dare l’idea che certi poliziotti non sono sereni quando affrontano alcune delle questioni di ordine pubblico più delicate del momento, per esempio quelle che riguardano gli immigrati. Più in generale, anche la reputazione della Polizia può subirne un danno. Per non prendere nessun rischio, i tedeschi hanno comprensibilmente rinunciato a rendere loro onore. Peccato ma inevitabile.

11 febbraio 2017 (modifica il 11 febbraio 2017 | 23:40)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/esteri/17_febbraio_12/germania-non-premia-due-agenti-che-fermarono-stragista-berlino-18545844-f0a0-11e6-811e-b69571ccd9d9.shtml
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« Risposta #22 inserito:: Marzo 23, 2017, 11:08:02 am »

IL RITRATTO

Schulz eletto leader Spd col 100%

Dall'ultima birra al testa a testa nei sondaggi, chi è lo sfidante di Merkel

Il partito socialdemocratico tedesco ha eletto Martin Schulz alla presidenza con il 100 per cento dei voti: “Sarai forte come Willy Brandt”, ha detto all’ex presidente del Parlamento europeo Sigmar Gabriel, ministro degli Esteri, che ha rinunciato a sfidare lo stesso Schulz.

Ecco il ritratto del leader della Spd apparso sul Corriere l’11 marzo scorso, e firmato dal corrispondente da Berlino Danilo Taino

  Di Danilo Taino
- Martin Schulz, 61 anni, è stato eletto presidente della Spd (il partito socialdemocratico tedesco) con il 100 per cento dei voti. L’ex presidente del Parlamento europeo è ora ufficialmente lo sfidante per la Spd di Angela Merkel alle prossime elezioni.
- Da quando, a gennaio, l’allora leader del partito e attuale ministro degli Esteri Sigmar Gabriel ha annunciato la sua intenzione di non candidarsi, e la Spd ha puntato su Schulz, il partito è risalito nei sondaggi a livelli mai visti da un decennio a questa parte. Sempre secondo i sondaggi, Merkel e Schulz sarebbero ora testa a testa nelle intenzioni di voto.
- «Cari compagni e compagne, lasciatemi dire una cosa: questo è un momento travolgente, non solo per me. Grazie per la vostra fiducia, credo che questo risultato sia l’inizio della nostra conquista della Cancelleria e quindi io accetto l’elezione», le prime parole di Schulz dopo l’elezione.
- «Sarai un leader forte come Willy Brandt», ha detto Gabriel a Schulz oggi, nel discorso di congedo come presidente del partito al congresso della Spd a Berlino. «La politica non deve essere asettica, come uno spazio clinico, ma deve brillare di più».
- Qui sotto, ripubblichiamo il ritratto di Schulz firmato da Danilo Taino l’11 marzo 2017, con il titolo: «L’ultima birra di Schulz scalda la campagna elettorale».
Il 26 luglio 1980 Martin Schulz bevve l’ultima birra. Da quel giorno, è nato a nuova vita. Senza alcol, con un’idea di sé diversa e, oggi, con una storia da raccontare agli elettori tedeschi per diventare cancelliere. Ieri, lo sfidante socialdemocratico di Angela Merkel alle elezioni del prossimo 24 settembre ha dato un’intervista al quotidiano Bild e, senza che il giornalista chiedesse, ha citato la data della sua rinascita.

La data della rinascita
Da quando è sceso in campo, Schulz, 61 anni, ha acceso gli entusiasmi dei militanti della Spd. «Tendo a non esagerare l’euforia e a non farmi intimidire dalle sconfitte — ha detto nell’intervista —. Sin dal 26 luglio 1980 so quanto sia importante avere un centro interiore stabile». Perché proprio quel giorno? «Perché quel giorno, quasi 37 anni fa, ho bevuto l’ultima birra». Un candido e sincero, l’ex presidente del Parlamento europeo? Forse. Soprattutto, un abile politico che sta capitalizzando la montagna che da giovane ha dovuto scalare per uscire dall’alcolismo («Bevevo ogni cosa mi capitasse a tiro», ha confessato), ricostruirsi, aprire una libreria, militare tra i socialdemocratici, fare il sindaco della cittadina di Würselen, entrare nel Parlamento europeo nel 1994. Lì, diventare famoso per lo scambio dialettico con Silvio Berlusconi che lo definì nell’aula buono per la parte di un kapò in un film sui lager nazisti, poi diventare presidente dell’assemblea. E ora lanciare, con una storia di dura rimonta e di stabilità ritrovata, la sfida della vita alla leader politica più potente d’Europa.

La spinta nei sondaggi
Il risultato, per ora, è una spinta forte nei sondaggi e soprattutto la messa in discussione dell’invincibilità dell’attuale cancelliera. Quasi dodici anni di governo Merkel avevano spinto la ricerca di alternative tra le possibilità lontane, invisibili. Schulz ha indirettamente acceso un riflettore sulla sua avversaria: lei il centro interiore non l’ha mai perso, ma la domanda ora è se sia capace di rinnovarsi, dopo tre legislature in cui ha dominato la scena politica. I tedeschi considerano la stabilità un bene prezioso, ma una dozzina d’anni sono tanti, possono stancarsi. Il racconto personale di Schulz a molti fa sembrare Frau Merkel immobile nel suo metodo scientifico. Carica emotiva contro razionalità. Non è detto che la tattica dell’empatia sia destinata a spingere Schulz al governo.

Il testa a testa
I sondaggi danno un testa a testa con l’Unione Cdu-Csu della cancelliera e probabilmente la situazione resterà tale fino a settembre. In più, il candidato socialdemocratico è ancora generico su molti punti politici. Ha scelto di ridimensionare le riforme del 2003, quelle realizzate dal suo compagno di partito Gerhard Schröder che hanno liberalizzato il mercato del lavoro, e di puntare su un populismo light fatto di più spesa pubblica. E non è ovvio che i tedeschi lo seguano. Sta di fatto, però, che con la storia dell’ultima birra ha riaperto una competizione elettorale che tutti davano per scontata e noiosa. La domanda del momento, a Berlino: è pronta la Germania per un cancelliere maschio? I sondaggi danno un testa a testa con l’Unione Cdu-Csu della cancelliera e probabilmente la situazione resterà tale fino a settembre. In più, il candidato socialdemocratico è ancora generico su molti punti politici. Ha scelto di ridimensionare le riforme del 2003, quelle realizzate dal suo compagno di partito Gerhard Schröder che hanno liberalizzato il mercato del lavoro, e di puntare su un populismo light fatto di più spesa pubblica. E non è ovvio che i tedeschi lo seguano. Sta di fatto, però, che con la storia dell’ultima birra ha riaperto una competizione elettorale che tutti davano per scontata e noiosa. La domanda del momento, a Berlino: è pronta la Germania per un cancelliere maschio?

19 marzo 2017 (modifica il 19 marzo 2017 | 16:24)
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Da - http://www.corriere.it/esteri/17_marzo_19/sschulz-eletto-leader-spd-col-100percento-dall-ultima-birra-testa-testa-sondaggi-chi-sfidante-merkel-2ad3ec04-0cb2-11e7-a6d7-4912d17b7d3e.shtml
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