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Autore Discussione: Walter VELTRONI. -  (Letto 37600 volte)
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« Risposta #45 inserito:: Marzo 16, 2017, 05:02:46 pm »

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Walter Veltroni - @veltroniwalter

· 12 marzo 2017

Arcobaleno contro il nero
Ormai le mete non si vedono più, nel gran polverone di questo tempo frettoloso e caotico

E se il Pd proponesse alle forze democratiche e di sinistra di promuovere, tutti insieme, una grande manifestazione sul tema dell’accoglienza? Qualcosa di simile alla bellissima iniziativa di Barcellona che è stata, nella cupezza di questo tempo, un raggio di sole? Credo che l’appello del Pd dovrebbe, senza protagonismi, essere rivolto, direi in primo luogo, a quel fantastico e diffuso mondo di associazioni, organizzazioni, enti locali, persone che si muovono nel mondo del volontariato, dei diritti, della battaglia culturale e civile sui temi dell’integrazione. Una manifestazione su uno dei valori fondamentali dell’esistenza umana. Come era quando cattolici e sinistra si trovavano insieme per la pace. Forse non erano d’accordo sulle strade per raggiungerla, ma erano d’accordo sulla meta. Ormai le mete non si vedono più, nel gran polverone di questo tempo frettoloso e caotico.

Io credo invece che una società aperta, multiculturale e capace di garantire, insieme, diritti e sicurezza, sia una meta. Una meta essenziale se non vorremo essere travolti da intolleranza e, alla fine, violenza. La sinistra deve stare rannicchiata e silente di fronte all’imperversare del sovranismo, di fronte ai nuovi fondamentalismi, alle nuove discriminazioni? La sinistra deve accettare passivamente che si affermi l’idea che una persona diversa per religione o colore della pelle sia un nemico? La sinistra può tacere di fronte ai bandi di Trump o di fronte al silenzio disumano con il quale si guardano le macerie fisiche e umane di Aleppo e si ritiene i poveri umani che fuggono da quel disastro come un pericolo? La sinistra può lasciare l’esigenza della sicurezza dei cittadini in mano a chi la usa strumentalmente, facendo credere che più armi in circolazione siano garanzia di maggiore tranquillità per le famiglie? Si è sicuri solo se si è capaci di integrare, questa è la verità. E se si chiama ciascuno a rispettare le leggi del paese in cui si è accolti. La vita di ciascuno di noi, nella sua dimensione individuale e collettiva, si dipana lungo due irrinunciabili direttrici: l’identità e l’apertura.

Se queste due condizioni di armonia della condizione e delle relazioni tra gli uomini si separano, fino a farsi avversarie, il rischio di conflitti devastanti si fa drammaticamente reale. Non si vive senza identità, che è valore irrinunciabile. Non si vive insieme senza una società aperta, capace di metterci sempre in condizione di convivere con l’altro da noi. Ma questa armonia oggi è fortemente minacciata. Ci rendiamo conto dei veleni che circolano : le battute della Le Pen sugli ebrei, il tweet di un leader italiano che inneggia a chi chiude in un container due nomadi, le posizioni xenofobe del candidato della destra olandese per il quale si prevede un grande successo? Non ci si deve meravigliare se cresce il consenso per queste posizioni, foriere di pericoli immensi per il futuro. Se non le si combatte a viso aperto, se non si fa vedere e sentire la forza di un’altra cultura, resteranno in campo solo i valori del “sovranismo”, antieuropeo e intollerante. Potremo non essere d’accordo, tutti, sulle strade. Ma siamo uniti sulla meta. Condividere un valore non è poco. È molto. I valori, nella politica, sono importanti. Si è vinto il razzismo e l’apartheid con una battaglia di valori. Facciamola oggi con la stessa energia, a viso aperto. Facciamola con coraggio e orgoglio. Con allegria. Facciamola unendoci tutti in nome di un valore che è intrecciato alla democrazia e alla libertà. Manifestiamo, diversi e uniti, perché il mondo non precipiti indietro.

Portiamo di nuovo in piazza le bandiere arcobaleno. Se vogliamo evitare che torni un mondo di un colore solo. Il nero.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/arcobaleno-contro-il-nero/
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« Risposta #46 inserito:: Marzo 20, 2017, 11:03:18 am »

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Walter Veltroni - @veltroniwalter
· 19 marzo 2017

Quattro pezzi facili

Elezioni in Olanda, manovre di Salvini, opinabili scelte a 5stelle e manifestazione di Milano

Vivo entusiasmo ha destato il risultato delle elezioni olandesi. I populisti xenofobi di Wilders non hanno avuto il successo atteso. Sono cresciuti ancora, ma sembra esserci un invisibile tetto di cristallo che ne contiene l’espansione, almeno in un’Olanda in cui l’immigrazione cala e il Pil cresce. Ma il motivo di soddisfazione, pur rilevante, è davvero solo quello. Per il resto va registrata la vittoria di un partito di destra, non certo filo europeo, che ha, per contenere, i populisti, rafforzato oltremodo la sua linea critica verso l’Unione europea.

***

Ma ciò che più dovrebbe far riflettere è il fatto che , grazie ad una scriteriata legge elettorale – fondata sul tanto celebrato proporzionale, per di più senza soglie – sarà molto difficile costituire un governo. O, per farlo, si dovrà mettere insieme tutto e il contrario di tutto. Materia di riflessione per noi italiani che, come il capitano Smith del Titanic, ci avviamo verso un esito elettorale simile. Con tre blocchi quasi alla pari l’ingovernabilità è alle porte. E con il nostro debito pubblico, la divisione tra nord e sud, l’emotività diffusa, si può creare una situazione davvero molto pericolosa. Ma sembra che nessuno si stia preoccupando di questo. Se non ci saranno correzioni che favoriscano la governabilità, il paese si avviterà in una spirale carica di rischi.

Tutti sono preoccupati dai Cinque stelle e immaginano grandi e confuse alleanze per contenere una loro possibile vittoria. Io vorrei che fossimo tutti un po’più attenti alla destra. Lo ripeto ancora una volta: se si sommano, nei sondaggi, le percentuali dei vari partiti di destra si scoprirà che quello schieramento è, già oggi, il più forte del campo. Non ha ancora un leader, Salvini, per esempio, si è già, parlando a Napoli, ricollocato nel ruolo di ministro dell’Interno. Se Berlusconi dovesse poter tornare in campo cambierebbero molte cose. Rivolgerei un invito a non sorridere e non sottovalutare la forza di questa possibilità. Per paradosso oggi il Cavaliere può apparire, in questo caos, un moderato, persino rassicurante. E se la destra dovesse trovare un nuovo leader, un tipo alla Del Debbio, allora apparirebbe persino «nuova». E, nella società italiana, si agitano, non dimentichiamolo, pulsioni profonde che hanno un segno di destra.

***

Mi colpisce l’uso che i pentastellati fanno dei loro stessi principi. Lo streaming vale per gli altri, i disonesti sono tutti gli altri e tutti si devono dimettere, salvo i loro eletti. Decine di parlamentari eletti hanno cambiato casacca. Emergono, direi inevitabilmente, litigi e divisioni non dissimili da quelli di altri partiti. La rete è un totem indiscutibile ma se poi, come a Genova, sceglie un candidato che non piace a un leader autonominato allora non va bene e si ritira simbolo, nome e si convocano altre elezioni. La rete è indiscutibile solo se conferma quello che il leader ha deciso. Credo di essere stato tra i più attenti e i meno semplicisti nel giudicare un movimento che per me resta più eterogeneo e complesso di altri populismi. Nel voto dei Cinque stelle c’è anche, non dimentichiamolo mai, una parte di quel sogno di una Italia pulita che, nel 2008, venne al Pd. Proprio perché li rispetto e li analizzo, avverto però che il contatto con il potere sta agendo nel profondo del movimento, alterandone dinamiche e procedure. Un processo che riguarda un soggetto importante della vita politica italiana. Bisogna osservarlo con intelligenza e senza essere mossi solo da spirito di propaganda.

***

Mi fa piacere che la proposta di una manifestazione sul tema dell’inclusione abbia avuto tante condivisioni. Questo giornale e il suo direttore l’hanno fatta propria e hanno ospitato, ciò che è più importante, posizioni di associazioni e organizzazioni che sostengono la necessità che l’opinione pubblica faccia sentire la sua voce, su un tema così delicato. Nel mio articolo suggerivo di non ritenere in opposizione inclusione e sicurezza.

C’è qualche sventurato senza cuore né ragione che ritenga che solo cacciando i profughi della guerra in Siria si possa vivere in un mondo beato senza violenza, furti, femminicidi? O, al contrario, c’è qualcuno che non si voglia far carico della domanda, spesso forte nelle zone popolari, di sicurezza personale, lasciando così questo tema alla destra xenofoba? La sinistra è per l’inclusione e per la sicurezza, le ritiene possibili e lavora per costruire l’armonia tra questi due insostituibili valori della democrazia moderna. Per il 20 Maggio è stata programmata una manifestazione a Milano, indetta da associazioni e dal Comune di quella città. Non avrebbe senso duplicare e indebolire i singoli appuntamenti. Sia quella la data e il luogo in cui ci si ritrova. E mi auguro, superate le primarie, che ci sia, come deve, tutto il Pd.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/quattro-pezzi-facili/
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« Risposta #47 inserito:: Aprile 09, 2017, 04:47:09 pm »

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Walter Veltroni   

@veltroniwalter
· 9 aprile 2017

La guerra e la politica
In poche ore Trump ha voltato le spalle a Putin, ad Assad, all’isolazionismo degli Stati Uniti

«Mi guardo intorno e non riesco a dirmi se siamo in pace o all’erta sui bastioni; se ho sul capo il celeste dipinto nel cielo dei teatri e delle chiese, o l’acciaio che fa le prove per il giorno dei morti, e aggiungerne di nuovi»

Questa bellissima poesia di Sergio Zavoli, tratta dal volume La strategia dell’ombra appena uscito per Mondadori, mi pare possa dare voce al sentimento che attraversa molti di noi in questi giorni sorprendenti e caotici. Il bombardamento che Trump ha deciso è, per usare la formula di Paolo Gentiloni, una «risposta motivata» all’orrore scatenato da Assad con i bombardamenti attraverso i quali ha ucciso dei bambini con l’uso di armi chimiche.

Ma quella guerra dura da anni e i morti si contano a centinaia di migliaia, come milioni sono i profughi. Il mondo si indigna e reagisce solo di fronte alle punte di maggiore emotività, solo di fronte alla barbarie evidente dell’uso dei gas nervini, la più orribile delle prove di guerra. Ma nel corso del tempo, nel disinteresse generale, sono centinaia di migliaia i bimbi che hanno perso la casa, i genitori, sono costretti a vivere in tende o al freddo, non hanno da mangiare.

L’Unicef stima che circa 8,4 milioni di bambini – oltre l’80 per cento della popolazione infantile della Siria – siano ora colpite dal conflitto, sia all’interno del paese che come rifugiati nei paesi vicini. 151.000 bambini sono nati già nella condizione di rifugiati e un terzo dei ragazzi morti è stato ucciso da bombardamenti dentro le scuole, che ora non esistono più.

C’era materia per indignarsi e reagire ben prima dell’ultimo crimine perpetrato dal regime di Assad. Ma la comunità internazionale, ineffabile figura dall’andamento lento, ha stilato documenti, prodotto una messe di tweet e di parole ma non ha fatto nulla che fosse capace di mettere fine a quel genocidio: 470.000 morti, 1,9 milioni di feriti, un’aspettativa di vita passata dai 70 ai 55 anni.

Non bastano le bombe, non basta la reazione emotiva a un orrore. Trump fino a poche ore fa aveva un altro giudizio su Assad: durante la campagna elettorale sembrava orientato a lavorare con i Russi per stabilizzare il regime siriano in funzione anti Isis. Ora, nel motivare l’attacco, ha detto che ciò che è accaduto lo ha portato a mutare giudizio su Assad. Va detto che anche i democratici non avevano trovato la giusta misura di contenimento delle violazione del regime siriano e la contempo dell’espansionismo di Daesh. Dunque in poche ore Trump ha voltato le spalle a Putin, ad Assad, all’idea dell’isolazionismo Usa.

Ci sarebbe da essere contenti. O disperati come paiono i sovranisti. Ma la diplomazia non è roba per “l’asilo Mariuccia” che è diventata la politica italiana, ben rappresentato da Razzi o da qualche scheggia dei cinque stelle che si fa ritrarre in foto sorridenti o difende Assad. Con quale disegno strategico è avvenuto l’attacco? Ricordiamo cosa fu la reazione di Bush dopo l’undici settembre. Il mondo ebbe, giustamente, la stessa risposta emotiva di oggi. Ma quelle scelte, fatte di muscoli e non di cervello, hanno limitato la forza del terrorismo islamico? Quell’area è una polveriera e bisogna unire sempre la forza a una visione.

Sono sincero: non sfuggo all’ide a che, nella inversione di marcia brusca di Trump, abbiano agito importanti aspetti di politica interna. In questi mesi non ne è andata una bene. Dal rifiuto della sua maggioranza di stracciare l’Obamacare alla difficoltà di operare il radicale tax cut annunciato, dalle dimissioni ripetute di membri del governo e dello staff alle gaffes come quella, una sfortunata preveggenza, sull’attentato in Svezia. Oggi Trump ha il gradimento più basso tra i Presidenti che abbiamo conosciuto.

Vale quello che ha scritto Lucio Caracciolo commentando la motivata reazione Usa: «L’obiettivo suo, come di qualsiasi altro presidente in carica, è di essere rieletto. Se le fragili fondamenta della sua amministrazione fossero ulteriormente minate dalla resistenza dello “Stato profondo” americano (intelligence e Pentagono in testa) e di buona parte degli stessi repubblicani- che al di là delle forme non sono il suo partito- la tentazione di una guerra vera potrebbe rivelarsi irresistibile». Per questo oggi dobbiamo responsabilmente dire, con Zavoli, «non riesco a dirmi/se siamo in pace/ o all’erta sui bastioni».

Da - http://www.unita.tv/opinioni/la-guerra-e-la-politica/
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« Risposta #48 inserito:: Maggio 28, 2017, 11:14:26 pm »

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Walter Veltroni @VeltroniWalter · 28 maggio 2017

Migliori dell’odio
Informazione fake-news
Il mondo dell’informazione appare oggi soggiogato, intimidito, dipendente dagli urlatori della rete
 

Non servono molte parole per lanciare un allarme. Serio e da troppi sottovalutato. Lo hanno fatto, finora inascoltati, Massimo Gramellini sul Corriere dì venerdì e Michele Serra su La Repubblica di sabato. A chi fossero sfuggiti questi due articoli ricordo il contenuto.

La saracinesca di un bar di Pioltello, la settimana scorsa, va a fuoco, l’incendio è doloso. Di cosa si tratta? Racket, estorsione? No, l’attentato è stato il gesto di qualche sconsiderato che ha creduto a una informazione falsa. Sulla rete e poi in televisione è corsa la notizia che in quel bar, la sera dell’attentato a Manchester, un gruppo di immigrati avrebbe brindato per festeggiare l’assassinio di quei ragazzi innocenti.

La verità è che gli avventori di quel bar stavano, prima della strage, festeggiando qualcosa di loro. Forse un compleanno, un matrimonio, un lavoro trovato. Non certo la strage, avvenuta dopo. Leggendo questa notizia falsa sul web qualcuno si è sentito autorizzato a bruciare una saracinesca.

Era successo negli Usa, durante la campagna elettorale. Un bello spirito armato di un fucile AR-15 e di una pistola calibro 38 era entrato nella pizzeria Comet Ping pong di Salisbury e aveva cominciato a perquisirla, sparando anche un colpo. Cercava un centro di sfruttamento della prostituzione minorile gestito da persone vicine a Hillary Clinton.

Lo aveva detto la rete e lui ci aveva creduto. Si era armato e aveva persino sparato. In Italia abbiamo visto le foto di u n’attrice spacciata per la sorella di Laura Boldrini. Si diceva che la sorella della Presidente della camera gestisse cooperative di assistenza agli immigrati. Ma purtroppo la sorella di Laura è morta da tempo e solo lo spirito da sciacalli di persone spietate ha potuto ordire un simile inganno.

Qualcuno ha pagato per questo? La casistica di invenzioni create ad arte e diffuse per scopi vari è infinita. La falsa verità è un crimine. Diffondendo falsità, nella storia, si sono create le peggiori discriminazioni e tragedie. Sarebbe il caso che i decisori pubblici si fermassero a pensare che internet è un luogo di comoda propaganda ma può diventare anche il logorìo moderno della democrazia.
Internet è libertà, bisogna ricordarlo. Ma per esprimersi pienamente la libertà ha bisogno, da sempre, di regole che difendano diritti, altrimenti esposti ad essere violati. Aggiungo una considerazione, per il mondo dell’informazione. Che appare oggi soggiogato, intimidito, dipendente dagli urlatori della rete.

Prendo lo spunto dal coraggioso e sensibile messaggio che Claudio Marchisio, giocatore della Juventus, ha voluto pubblicare per ricordare la tragedia dei bambini immigrati morti in mare. Un gesto da padre. Qualcuno lo ha insultato, per questo. I soliti, quella schiera di professionisti dell’odio che passano la loro vita a rovesciare odio sul prossimo. Ma il problema non sono loro. È la ripresa che i giornali ne fanno, con sempre lo stesso titolo: «La rete esplode».

Scambiando quei pochi, cento o mille in un paese di sessanta milioni di abitanti, per il tutto. E trasformando una minoranza nel “senso comune”.

Un errore gigantesco e pericoloso. Il mondo è migliore degli haters. A me piace perciò segnalare invece le migliaia e migliaia di condivisioni che ha avuto il messaggio di Marchisio. E, in particolare, un messaggio di solidarietà di un tifoso romanista. Se la si legge così, come si dovrebbe fare, la notizia vera è che sì, la rete è esplosa. Ma in un grande applauso per una persona, non solo un giocatore di calcio, sensibile. Buona notizia, di questi tempi.

Da -  http://www.unita.tv/opinioni/migliori-dellodio/

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« Risposta #49 inserito:: Giugno 29, 2017, 12:36:29 pm »

Walter Veltroni: "Renzi deve cambiare passo. Ormai il mio Lingotto è lontano, il Pd non ha più un'identità"
L'ex segretario del Partito Democratico a 10 anni dal suo discorso del Lingotto: "Oggi il partito non è più la forza innovativa e di sinistra che avevamo immaginato. Sembra la Margherita"

Di STEFANO CAPPELLINI
27 giugno 2017

ROMA - Esattamente dieci anni fa, in un albergo di Torino, Walter Veltroni era impegnato a limare gli ultimi dettagli del discorso che avrebbe pronunciato la sera del 27 giugno 2017 al Lingotto di Torino. Per molti, il vero atto fondativo del Pd di cui Veltroni si avviava a prendere la leadership. Due lustri dopo, i dem e la sinistra tutta fanno i conti con una delle peggiori tornate amministrative di ogni tempo. Veltroni è amareggiato ma non sorpreso: "Da anni la sinistra ha perso, persino nel calore delle parole, la capacità di condividere il disagio e l'insicurezza, che ormai ha tratti quasi antropologici, degli strati più deboli della società. Qualcuno si meraviglia del successo del centrodestra. Io no, perché ho sempre avuto la consapevolezza che nel Paese è maggioritario. Può non esserlo solo se c'è dall'altra parte una grande sinistra riformista, aperta e innovativa. Era questa la sfida del Lingotto".

Una sinistra così innovativa da aver perso una sua identità?
"Il Pd nacque anche per evitare che la sinistra italiana facesse la fine dei socialisti greci o francesi. Serviva a non limitarsi alla conquista del consenso in casa propria, ma senza perdere un incardinamento identitario forte. Una forza innovativa, non un indistinto. Non minoritaria, ma di sinistra ".

Il Pd non è più di sinistra?
"L'idea che entusiasmò tanti giovani stava nella costruzione di un soggetto che non voleva essere né l'ampliamento dei Ds, come qualcuno ha preteso poi di fare, né la prosecuzione della Margherita, come invece sembra essere oggi".

I risultati dicono che la sinistra non attrae voti altrui e intanto perde i propri.
"I dati elettorali vanno presi nella loro essenzialità. L'errore peggiore oggi sarebbe quello di aggrapparsi a giustificazioni e confronti del genere "ma abbiamo un avanzamento sui risultati del 1968". Il problema più drammatico si chiama astensione. Abbiamo sindaci eletti con il sostegno del 20 per cento del corpo elettorale. Milioni di cittadini che non sono andati a votare e tra questi una grande parte di elettori di centrosinistra".

Eppure in tante città la sinistra si presentava unita in coalizione, come chiedono molti critici di Renzi.
"Le coalizioni funzionano se sono vere. Se sembrano costrizioni hanno poca forza espansiva. Invece di discutere di equilibri e assetti, bisognerebbe andare a cercare gli scontenti e gli astenuti uno per uno, casa per casa e bisognerebbe unirsi su un programma di riformismo davvero radicale socialmente. Perché un altro errore sarebbe pensare che li si recupera tornando a una offerta di sinistra tradizionale".

La leadership di Renzi era stata letta come l'inveramento dei principi del Lingotto.
"A Renzi ho sempre riconosciuto che la sua ispirazione di fondo somigliava a quella del Lingotto. Ma ora, e gliel'ho detto con sincerità, faccia a faccia, gli consiglio di cambiare passo, serve una nuova stagione. Resta una grande risorsa e non possiamo permetterci di aprire una fase di discussione sulla leadership, ma questo comporta che la leadership mostri la sua dimensione programmatica e che dimostri di aver capito che questa è la fase dell'inclusione ".

Renzi non ne vuol sapere degli scissionisti.
"Andai all'assemblea nazionale del Pd perché sentivo che la scissione sarebbe stata foriera di guai. Per chi se ne è andato, e ha sbagliato a farlo, e per chi forse non ha fatto tutto il possibile per evitarlo. Le mie parole furono molto applaudite, ma evidentemente non tutti quelli che applaudivano erano d'accordo".

Dieci anni fa lei disse che il Pd nasceva per i "nuovi italiani".
Abbiamo imparato a chiamarli millennials: sembrano i più distanti dalla sinistra.
"Si è rotto qualcosa tra la democrazia e i giovani. Parte degli astenuti sono ragazzi che pensano la politica come orrore o strumento inutile. Dissi allora che la priorità per la sinistra moderna era la lotta alla precarietà. Lo penso ancora".

Il Pd ha trascorso anni a battagliare contro il M5S. Salvo scoprire poi che il vero avversario è, parole dell'altra notte, "la destra a trazione leghista".
"Una grande forza riformista non dovrebbe mai proporsi "contro", ma sempre "per". Con l'anti- politica di chi non vota più perché non ti ritiene capace di produrre nuova politica, occorre saper ritrovare un dialogo. Ma serve pure contrastare con la necessaria durezza - e non è stato fatto - le campagne qualunquistiche contro la politica, perché sono regressive. Se perdi la bussola del cammino, gli eventi ti travolgono. L'alternatività alla destra deve essere fatta sentire. Sempre. Trump ci ricorda quanto sciocco sia pensare che i confini destra-sinistra siano obsoleti su ambiente, lavoro, sanità".

La stagione renziana è cominciata con la rottamazione del vecchio gruppo dirigente. Rischia di finire con la rottamazione di una intera area.
"Il primo a usare l'espressione fu Berlusconi. "Lei era stato rottamato, è stato richiamato", disse a Prodi durante un duello tv. Si rottamano le carcasse di auto, non le persone. Altro conto è il rinnovamento, la selezione non sulla base delle appartenenze correntizie. Mi dimisi da segretario del Pd non certo per la sconfitta alle elezioni sarde, ma contro la logica del correntismo. Quando il Circo Massimo si riempì in quel modo fantastico molti dirigenti sembravano infastiditi. La situazione non è molto migliorata. Vedo troppi capicorrente e capibastone che danno le carte e giocano al "taglia fuori"".

Chi non vuole una coalizione plurale di centrosinistra si appella alla vocazione maggioritaria del suo Pd.
"Attenzione, al Lingotto dicemmo: vocazione maggioritaria ma non autosufficienza. Mi auguro che sia possibile costruire un campo largo. Per questo il mio appello a Pisapia è evitare che la soluzione del suo agire sia la nascita di una forza antitetica al Pd. Ci faremmo del male".

La legge elettorale non favorisce questa soluzione.
"Il mio modello è sempre stato il sistema francese. Ma nelle condizione date mi batterei per una legge elettorale che introduca un premio di coalizione al 40 per cento e permetta di individuare un vincitore chiaro che dal giorno dopo garantisca stabilità e riforme al Paese".

Intanto è in carica un governo di cui è perno il Pd. Può contribuire a invertire la tendenza?
"Sulla sicurezza sta facendo bene, in equilibrio tra integrazione multiculturale e garanzia dei cittadini, tutti. Ora faccia due o tre cose importanti contro precarietà e disuguaglianza".

La destra dice di aver vinto anche raccogliendo l'ostilità allo Ius soli. Teme che la riforma possa saltare?
"Spero di no. Perderemmo ancora più consenso. Non bisogna aver paura del riformismo".

Il Pd può ripartire o è vicino al capolinea?
"La sinistra ha vissuto a lungo di automatismi, fondati su una società ordinata in classi sociali rigide. In questa gigantesca fluidità sociale di oggi, non ha trovato elementi ideali che parlassero trasversalmente ai nuovi bisogni di sicurezza e protezione. Mio padre è morto a 37 anni di una malattia oggi curabile, mio nonno fu torturato dai nazisti a via Tasso. Io non ho diritto di dirmi più infelice di loro, eppure quelle generazioni avevano la certezza che i loro figli avrebbero vissuto meglio di loro. Questa certezza si è persa. Recuperarla, per la sinistra, è la priorità assoluta".

© Riproduzione riservata 27 giugno 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/06/27/news/veltroni_renzi_cambi_passo_il_pd_non_ha_piu_un_identita_-169234720/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P1-S2.6-T1
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« Risposta #50 inserito:: Ottobre 09, 2017, 06:27:16 pm »

Veltroni: "Avanti sullo Ius soli, non è battaglia di partito: spero nei cattolici e nei grillini"

L’ex leader Pd: “Con la legge sarà un’Italia più giusta. Se il Parlamento voterà secondo coscienza si può trovare il consenso necessario”

Di TOMMASO CIRIACO
08 ottobre 2017

ROMA - "Lo Ius soli non è un tema di partito, né deve diventarlo. Non può essere una bandiera elettorale. Sia piuttosto al centro di una grande campagna culturale e civile. Vorrei che ogni singolo parlamentare fosse chiamato a rispondere alla propria coscienza su un'idea di società. E a un quesito: il bambino cinese o senegalese che va a scuola con i tuoi figli deve essere considerato cittadino italiano? Può sentirsi parte di un universo di valori o deve essere respinto?". Walter Veltroni pensa che sia ancora il momento giusto. Che lo Ius soli possa diventare legge in questa legislatura. E che forse la strada migliore è davvero quella più diretta, quella di un appello semplice al Parlamento e ai suoi rappresentanti. "Quel bambino dobbiamo accoglierlo, integrarlo, conquistarlo al nostro sistema di valori, oppure dobbiamo fare in modo che si senta straniero, estraneo, respinto? Straniero parlando la stessa lingua degli altri, indossando le stesse magliette di calcio degli altri, parlando magari anche un italiano migliore degli altri? Deve essere parte del nostro mondo o ai margini?".

Non è una bandiera di partito. Eppure la legge procede con la zavorra nello zaino. Chi, se non il Pd, può prendere questa battaglia sulle spalle?
"Penso che non debba diventare una battaglia di un solo partito. Lo Ius soli è un atto elementare di giustizia sociale, per questo prevalga la libertà di coscienza. Certo, il Pd ha il dovere di provarci fino in fondo. Ma in questa storia non devono esserci sconfitti, né vincitori, né bandiere da sventolare in campagna elettorale. Vince lo Ius soli, non un partito. Per questo bisogna appellarsi a tutti i parlamentari. Non mancano le buone ragioni per approvare la legge che prevede filtri adeguati, equilibrata. Pragmaticamente, l'aspetto demografico, del Pil e del welfare. E poi i valori di una società dell'inclusione".

Fuori dal Parlamento molto si muove, con seicento adesioni allo sciopero della fame a staffetta (ieri quella del priore di Bose Enzo Bianchi). Ma nelle Camere a chi rivolgersi, a sei mesi dal voto?
"Ci sono tanti parlamentari di centrodestra sensibili al tema dei diritti. E tanti nel Movimento 5 stelle che non riesco a immaginare sulle posizioni della Lega, almeno per come li conosco".

Il problema arriva prima ancora dal veto di Ap.
"Fatico a pensare che molti dei parlamentari di Ap, una volta superata una preoccupazione politica, non siano interpellati nelle loro coscienze di cittadini e cattolici. Bisogna provarci".

Anche a costo di non farcela?
"Tra provare e non farcela oppure comunque non farcela, non ho dubbi. Provarci, accompagnando il tentativo con una sincera campagna civile e culturale. Penso alle parole di papa Francesco, a come si è esposta la Chiesa, la Cei, le associazioni. È materia per uomini di buona volontà. Sia chiaro, non voglio che appaia soltanto come una battaglia di principio. È importante difendere la nostra identità e garantire la sicurezza, come sta facendo in modo equilibrato ed efficace il ministro Minniti. E per fare tutto questo occorrono anche autentiche politiche di integrazione".

L'appello alle altre forze, dunque. Ma il Pd? A giugno lei chiedeva un riformismo più coraggioso. Più coraggio serve adesso al partito che ha fondato per portare a casa la legge?
"Penso che siamo alle radici della identità profonda di un pensiero democratico. Ciò che ha sempre distinto il nostro sistema di valori è scommettere sull'integrazione contro la discriminazione e confidare sul valore dell'equità e della cultura delle opportunità. Esiste nella società di oggi un bisogno di sicurezza, fisiologico quando le crisi economiche sono drammatiche. La sicurezza moderna, per tutti, richiede non solo rigore, anche inclusione".

Ma c'è la destra e il populismo di chi mette assieme barconi e Ius soli, terrorismo e integrazione: non è destinato a prevalere chi parla il linguaggio semplice, diretto alla pancia?
"Quando qualcuno parla al fegato, la sinistra deve parlare al cuore e al cervello. I peggiori disastri della storia si verificano se di fronte a chi parla al fegato si reagisce imitandolo o nascondendosi. Contro la politica fondata sulla paura esiste solo quella che agisce sulla speranza. Se non si è Obama, vince Trump".

Si perdono le elezioni, però. I sondaggi dicono che non conviene insistere.
"Capisco il tema del consenso, i sondaggi non favorevoli. Ma credo che solo una campagna persuasiva possa cambiare il corso delle cose. E poi c'è la politica".

Che consiglia di provarci comunque?
"La politica deve collocarsi più avanti del sentimento comune. Se Roosevelt avesse chiesto con un referendum agli americani di mandare i loro figli a morire per sconfiggere Hitler e Mussolini, avrebbe visto prevalere il 'no'. E se Kennedy avesse lanciato un referendum per chiedere se aprire ai ragazzi neri le università dei bianchi, cosa gli avrebbero risposto? La grandezza della politica sta nel seguire un progetto, un'idea del mondo e delle relazioni tra le persone".

La politica si sente poco, a dire il vero.
"Sta perdendo peso e ruolo. Il risultato è che si mostra conservatrice o impaurita dal sentiment dell'opinione pubblica. La convivenza umana è legata all'equilibrio tra identità e apertura. Sa, io non sono affatto sordo al tema dell'identità, della nazione e delle radici. Ma se tutto questo si contrappone all'apertura, se ci si fa 'piccola patria' in un mondo globalizzato, se prevale la paura dell'altro - di qualsiasi altro - allora lastrichiamo la strada verso il conflitto e la violenza. È sempre successo così, nella storia". Veltroni si ferma. Cerca un libro. Legge un passaggio di 'Cari fanatici' di Amos Oz: "'Nessun uomo è un'isola, ma ognuno di noi è una penisola, una mezza isola'. Tutti noi siamo per metà connessi a quella terraferma che è la famiglia, la lingua madre, la società, l'arte e la conoscenza, lo stato e la nazionalità e via di seguito, mentre per l'altra metà ognuno di noi volge le spalle a tutto ciò e guarda verso il mare, le montagne, gli elementi eterni, i desideri reconditi, la solitudine, i sogni, le paure e la morte".

Identità e apertura?
"Ho coscienza della mia storia, ma mi apro agli altri. È il gesto semplice di aprire la porta di una classe, come quando da bambini arrivava un nuovo compagno. A me, negli anni sessanta, capitò uno di Ascoli, e noi a pensare 'caspita, viene dalle Marche, come sarà?'. Non possiamo pensare che la globalizzazione sia solo Instagram e sia solo per ricchi. Se il mondo non accetterà la meraviglia della libertà e dell'arcobaleno, finirà che torneremo tutti vestiti dello stesso colore".

© Riproduzione riservata 08 ottobre 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/10/08/news/veltroni_avanti_sullo_ius_soli_non_e_battaglia_di_partito_spero_nei_cattolici_e_nei_grillini_-177658072/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1
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« Risposta #51 inserito:: Ottobre 14, 2017, 12:23:04 pm »

Veltroni alla festa per 10 anni Pd: "Ulivo abbattuto da massimalismo e divisioni"

14 ottobre 2017

ROMA - Un'ovazione ha accolto sul palco del Teatro Eliseo, che ospita la convention per i 10 anni del Partito Democratico, Walter Veltroni, tra i primi a prendere la parola. Ed è stato il ricordo del governo Prodi, secondo l'ex sindaco di Roma il migliore della storia Repubblica, al centro del suo intervento. "Il Pd nacque con 10 anni di ritardo - ha detto di fronte alla platea, che ha visto in prima fila tra gli altri, i ministri Giuliano Poletti, Graziano Delrio, Valeria Fedeli, Dario Franceschini, Roberta Pinotti, Marco Minniti e la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi - doveva essere la naturale prosecuzione della storia dell'Ulivo. Con l'Ulivo tutta la sinistra governava l'Italia. Quel governo è stato il migliore della storia repubblicana, prima di tutto per l'autorevolezza di chi lo guidava, Romano Prodi. Quella esperienza però dopo due anni finì, abbattuta dai due mali storici della sinistra, il massimalismo e le divisioni", ha aggiunto.

E ha lanciato un appello a superare, appunto, quelle divisioni interne, che impediscono di rivolgere lo sguardo al futuro: "Il passato è passato. Non ci resta che il futuro. Vorrei che il nostro sguardo si alzasse sulla polvere delle baruffe quotidiane". Per Veltroni "l'elettore di sinistra aspetta questa notizia: un giorno, anche solo 24 ore, senza una scissione o una divisione, che rendono più deboli noia e più forti gli altri".

"Il riformismo può essere maggioranza in questo Paese - ha proseguito -: il Pd nacque per raccontare una nuova storia al Paese: finalmente ci si unisce e non ci si tirano i piatti alla prima occasione". Non si deve avere paura, ha proseguito Veltroni, "della parola Sinistra, è un'idea del mondo e della giustizia, cambiata nel tempo come è dovere farlo, la sinistra ci ha messo troppo a capire che libertà e giustizia non sono separate. Sinistra è libertà, per me sinistra era quel ragazzo cinese con le buste della spesa e non il carro armato". "Non dobbiamo aver paura di essere sinistra riformista, democratica, di governo", ha aggiunto.

Poi, rivolto al presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e al segretario del Pd, Matteo Renzi, li ha esortati a fare tutto il possibile per approvare la legge sullo ius soli: "Vorrei che la legislatura si concludesse con l'approvazione dello ius soli. Paolo e Matteo fate ciò che è necessario". Appello a cui Gentiloni ha risposto: "Abbiamo introdotto le unioni civili in questo Paese e ne siamo orgogliosi. E spero che saremo orgogliosi di poter dire che un altro diritto, quello dei bambini che frequentano le nostre scuole, che sono nei nostri quartieri e giocano nelle squadre di calcio, ma che sono nati da genitori stranieri, possano avere il diritto alla cittadinanza".

Veltroni si augura, poi, che il Partito democratico stringa alleanze: "Le alleanze si fanno prima e ci si presenta ai cittadini, alleanze che spero il Pd faccia. Il Pd nasce con l'idea dello spirito maggioritario e dell'alternanza" e l’Italia "non può più conoscere maggioranze spurie", ha aggiunto. "Il puro anti-berlusconismo - ha detto ancora - è stato il più gigantesco mallevadore del berlusconismo. Oggi serve un'alternativa programmatica e di valori che sia chiara".

Per quanto riguarda la sua scelta di vita, dice che "è e resterà diversa dal passato. Si può fare questa scelta senza fare male alle persone con cui condividi un ideale...Sono intervenuto durante l'assemblea nazionale per evitare una scissione", ha ricordato: "La mia vita è e sarà diversa, ma non sarà altrove".

© Riproduzione riservata 14 ottobre 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/10/14/news/pd_veltroni_ulivo_abbattuto_da_massimalismo_e_divisioni_-178239195/?ref=RHPPLF-BL-I0-C8-P1-S1.8-T1
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« Risposta #52 inserito:: Novembre 18, 2017, 05:46:45 pm »

Pd, Veltroni: "Divisione irresponsabile, è autostrada destra".

"Contro Renzi troppa acrimonia"

Il fondatore del Partito democratico: "Il segretario dem deve saper includere e accettare critiche. Mi colpisce però anche acrimonia verso di lui"

12 novembre 2017

ROMA - Nuovo appello all'unità della sinistra di Walter Veltroni che esorta i leader di partiti grandi e piccoli a mettere da parte rivalità e aspirazioni egemoniche. "La sinistra - ha detto a 'Mezzora in più' su Raitre - ha il dovere, in questa fase della storia italiana, di trovare la capacità, l'umiltà responsabile, per ricomporre le proprie diversità". Veltroni, a proposito di un suo eventuale ritorno in politica, chiarisce: "Da anni ho fatto una scelta molto radicale di vivere una nuova fase e l'ho fatto, ma questo non comporta che non dica le mie opinioni pur non avendo ruoli in politica". Il su appello arriva dopo quello fatto da Giuliano Pisapia per l'unità del centrosinistra. "Bisogna voltare lo sguardo - esorta Veltroni - smetterla di stare dietro a Twitter e Facebook", o meglio "va bene usare tutto, ma poi c'è la vita reale, il dolore delle persone, c'è la precarietà".
 
"Dividersi - ha ribadito - è da irresponsabile, apre un'autostrada per la vittoria del centrodestra. Faccio un appello ai partiti, alle persone con le quali ho lavorato e con le quali ho militato per tanti anni: non fate l'errore di separarvi, di combattervi, perché sarebbe un errore storico incalcolabile. A forza di cercare quelli più omogenei a se stessi, si finirà con il diventare sempre più piccoli".

"La prima cosa che mi piacerebbe sentir dire da Renzi - ha affermato Veltroni riferendosi alla riunione della direzione Pd, in programma domani - é che prima della fine della legislatura, si portino a conclusione lo ius culturae e il biotestamento. Questo sarebbe già un segnale di apertura molto importante, insieme alla ricerca di politiche sociali ed economiche innovative di lotta alla precarietà e alla povertà".

"Se si dicesse questo - ha continuato - se si mettessero intorno a un tavolo il presidente Grasso e le altre forze politiche della sinistra che si vanno componendo, sarebbe un enorme passo avanti. Se non ci si prova c'è un rischio di tornare indietro ai Ds e alla Margherita ma in dimensione bonsai".

"Io mi auguro che Renzi abbia questa capacità ma che anche tutti gli altri si rendano conto della serietà del momento che ci sta passando davanti. Come mi auguro che Mdp cambi idea e che si accorga che la loro posizione 'se c'è Renzi, non ci siamo noi, è sbagliata perché non offre nessuno sbocco e quindi va cambiata. Si può stare in una coalizione nella quale ci sono diverse leadership. Saranno le elezioni a decidere chi debba prevalere. Insisto: ma perché non parlano dei contenuti?", domanda infine Veltroni.

"Io che ho inventato la vocazione maggioritaria - ha poi sottolineato - dico che si può e si deve cercare costruire alleanze sia al centro che a sinistra. Lo abbiamo sempre fatto. Altrimenti vincerà la destra, o meglio non vincerà nessuno".

Quanto al fronte Mdp, "conosco bene - ha detto Vetroni - D'Alema e Bersani: non sono estremisti. Devono smetterla di dire no ad alleanze con il Pd se c'è Renzi. È sbagliato. In giro contro Renzi c'è un'acrimonia esagerata e sbagliata. Mancano pochi mesi alle elezioni. Bisogna lavorare per realizzare un'alleanza democratica larga senza preclusioni". "In passato - ricorda - se ne sono fatte anche con Mastella...".

"C'è il rischio - ha spiegato Veltroni - in questo processo di messa in discussione della democrazia in Europa, che la sinistra si divida, spacchi il capello in quattro e ci si odi gli uni con gli altri". Lo ha detto Walter Veltroni a In Mezz'ora in più, su Rai 3. "Non è che arriva Tejero o Mussolini - ha aggiunto - ma arrivano nuove forme di assolutismo". "Io - ha aggiunto - ho inventato l'espressione 'vocazione maggioritaria'. Ma la vocazione maggioritaria del Pd per me non è mai stata isolamento. Ma vuol dire che l'orizzonte non è il 25 per cento. È conquistare un consenso maggioritario costruendo a sinistra e al centro uno schieramento capace di vincere".

"Se una cosa posso fare da osservatore appassionato è dire non fate una cosa che nella storia verrà ricordata: la divisione della sinistra". "La sinistra è stata abituata a strutturarsi in una società strutturata: gli incontri, la fabbrica. Ora che non ci sono più elementi strutturanti sembra aver perso il suo cuore, e non solo in Italia. Il vero tema di oggi è cosa sarà della democrazia, che è una parentesi nella storia della società umana tra Auschwitz e i gulag".

Per Veltroni "il vero tema dei nostri tempi è la messa in discussione della democrazia". "Ho l'impressione - ha osservato - che la sinistra in Europa non veda l'effetto anni '30. Ho in mente l'immagine del corteo che c'è stato in Polonia ieri: 3 chilometri, pieno di gente, all'insegna di parole d'ordine come 'cacciamo gli ebrei e gli immigrati'. In Polonia si sta affermando una destra nazionalista - continua Veltroni - In Italia questi movimenti li abbiamo visti a Ostia: è il segno che si sta facendo strada un populismo di destra intollerante, base su cui si sta costruendo la destra europea".  "Se la sinistra perde la sua forza sociale lascia spazio a forze che cavalcano la rabbia". "Non esiste sinistra che non faccia i conti con le situazioni di emarginazione, precarietà, dolore. La sinistra è questo. E' la sua funzione storica",

"La sinistra sbaglia quando decide troppo poco, non quando decide", ammonisce il fondatore del Pd. "Se c'è un momento in cui la sinistra avrebbe il dovere di comporre le diversità è in questo momento. Fare ora una campagna elettorale in polemica è aprire un'autostrada alla destra. Sono divisioni irresponsabili in questo momento storico". Si tratta di una "destra eterogenea - ha sottolineato - perchè stanno insieme è complicato da comprendere".

"Ma la sinistra è stata abituata a organizzarsi in una società strutturata. Le fabbriche, i luoghi di lavoro, le sezioni, ora che la società si è disaggregata la sinistra sembra avere perso le parole giuste. Il vero tema di oggi è cosa sarà della democrazia".

"A Renzi gliel'ho sempre detto: cerca di includere, accogliere, anche coloro che sono più lontani. Accetta le critiche e le osservazioni perchè si dirige un partito, una comunità". Però "mi colpisce anche l'acrimonia verso Renzi dall'esterno. C'è un'esagerazione e tutti dovrebbero capire che c'è un limite, limite che riguarda il nostro popolo".

"Domani - ha detto ancora Veltroni - mi piacerebbe che Renzi dicesse 'noi chiudiamo questa legislatura con lo ius soli e il biotestamento'. Poi incontrare Grasso e le altre forze di sinistra perchè sennò il rischio è di tornare a Ds e Margherita, due bonsai". "Convivere con le diversità è una capacità politica che anche Renzi deve imparare. Se si continua a cercare chi è uguale a se stessi si diventa piccoli piccoli". Altrimenti, dice Veltroni, "vince la destra o non vince nessuno".

© Riproduzione riservata
12 novembre 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/11/12/news/pd_veltroni_sinistra_sembra_aver_perso_le_parole_giuste_-180906116/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1
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« Risposta #53 inserito:: Novembre 20, 2017, 05:32:21 pm »

Veltroni: "Se è regolamento di conti, a sinistra solo macerie".

Bonino: "Per ora niente accordi con il Pd"

L'ex segretario del Pd invita i bersaniani a ripensarci: "Torniamo ad essere una comunità".

La leader radicale: "Distanti dai dem su giustizia e migranti". Pisapia: "Nulla è scontato, necessari segnali di discontinuità"

20 novembre 2017

ROMA - "Se il problema è regolare i conti a sinistra, resteranno solo le macerie". Il giorno dopo la rottura definitiva tra Mdp e Pd, il "padre nobile" Walter Veltroni interviene a Skytg24 con un ultimo appello: “Il Pd per la prima volta nella storia della sinistra è nato per fusione e non per scissione. La divisione è un demone della sinistra che porta al tanto peggio tanto meglio. Ma penso sia un errore".

A Pier Luigi Bersani l'ex segretario del Pd risponde: “Prendo atto, bisogna rispettare le posizioni degli altri, la risposta di ieri, dopo tanti appelli, è secca e netta. Non vedo cosa possa portare di positivo alla sinistra italiana, se per effetto di questa divisione dovesse vincere il centrodestra ci sarebbero da fare considerazioni amare. Il centrosinistra deve tornare ad essere una comunità".

E, rispetto all'opposizione di Mdp al segretario dem Matteo Renzi, considerato "un ostacolo",  afferma: "Se è solo questo, è sbagliato. È stato il segretario del loro partito fino a qualche mese fa, adesso è diventato il problema? Certo Renzi deve essere capace di includere e aprire, ma che a sinistra il nemico sia la sinistra è grave".

Intanto, sul fronte della coalizione in via di costruzione del Pd,  Emma Bonino per ora sconfessa l'ipotesi di alleanze con i dem: "Giovedì presentiamo Più Europa, il simbolo della nostra lista europeista - spiega a Circo Massimo su Radio Capital, condotto da Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto -  ma per ora non abbiamo accordi con nessuno".
Centrosinistra, Bonino: "Non ho preclusioni, ma nessun accordo con il Pd"

La leader dei Radicali italiani precisa: "Siamo lontani sui temi della giustizia, sul tema migratorio". E aggiunge: "Noi siamo al lavoro per l'agibilità politica degli italiani. Non ho preclusioni, ma non ho accordi, puntiamo a sconfiggere l'astensione, il disamore per la politica". Poi conclude: "Allo stato attuale non c'è però neanche nessuna possibilità che si possa presentare la nostra lista alle elezioni per il problema delle firme che sarà impossibile raccogliere, visto che ne servono 900 per ognuna delle 70 circoscrizioni previste".

Anche il leader di Campo progressista Giuliano Pisapia è prudente sull'ipotesi di alleanza con i dem: "Fare un programma condiviso è importante e fondamentale, ma se guardo al futuro, al dopo elezioni, dico che bisogna prima vincerle le elezioni. E per vincere le elezioni bisogna dare un segnale immediato di discontinuità e di cambiamento, fin dalla legge di bilancio", afferma a "6 Su Radio 1". E conclude: "Nulla è scontato, ma certo che intervenire sui superticket per il diritto alla salute, sulla dignità del lavoro e sul precariato, con un maggior impegno sulle diseguaglianze, sarebbero segnali di svolta, decisivi per il futuro".
 
© Riproduzione riservata 20 novembre 2017

Da http://www.repubblica.it/politica/2017/11/20/news/centrosinistra_veltroni_bonino-181597347/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_20-11-2017
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« Risposta #54 inserito:: Marzo 19, 2018, 10:44:05 am »

Veltroni: «La sinistra ritrovi se stessa e torni dove c’è il popolo»

Intervista al fondatore del Pd: “Senza l’idea di partecipare a qualcosa di grande, la politica si riduce a pura macchina di potere, fredda e repellente”, di Aldo Cazzullo, Corriere della Sera

Pubblicato il 18 marzo 2018 in News

Veltroni, la sinistra italiana è al minimo storico.

«È abbastanza incredibile la rapidità con cui si è passati sopra la più grande sconfitta della sinistra nella storia del dopoguerra, per ricominciare la consueta danza degli hashtag e dei tweet, per dibattere su cosa fare domani mattina; che è sicuramente un problema, ma prima ancora occorre capire perché siamo al bipolarismo tra 5 Stelle e Lega, e il Pd ha perso metà dei 12 milioni di voti che prese nel 2008».

Che fare?
«Sottrarci al presentismo assoluto che domina ormai ogni segmento del nostro discorso pubblico. Gramsci definiva il partito come intellettuale collettivo. Pare un ossimoro: l’intellettuale è pensato come un individuo solo con le sue speculazioni. Per me significa la meraviglia del capire insieme. Insieme si capisce molto di più che da soli».

Lei cos’ha capito?
«Questa sconfitta non nasce per caso. Non è un accidente. La sinistra non ha colto la trasformazione della società. È stata forte quando la società era strutturata, organizzata per classi, con forti elementi unificanti. Nella società liquida la sinistra si è persa. Ha perso la sua capacità di essere se stessa, di rappresentare dentro il tempo della precarietà e della coriandolizzazione dell’esperienza umana il proprio punto di vista. Ha perso quel che la sinistra non può perdere: il rapporto con il popolo. Senza il popolo non esiste la sinistra».

Il Pd ha vinto nei centri storici ed è stato travolto in periferia.
«Invece dovrebbe stare dove c’è più disagio, più povertà, più disperazione, più angoscia. La vera questione oggi è questa: come si interpreta il punto di vista della sinistra, che è sempre esistito? La sinistra non è nata con i parlamenti; è nata con la rivolta degli schiavi. C’è sempre stato nella storia umana un sentimento, un punto di vista della sinistra: sempre dalla parte dei più deboli, nei suoi momenti migliori armonizzando libertà e giustizia sociale, nei momenti peggiori separandoli. Oggi il sentimento della sinistra deve rispondere alla grande inquietudine del nostro tempo, alla sensazione di solitudine dell’esistenza. Mi ha colpito che in campagna elettorale il Pd sia stato impegnato a dire quanto era stato bravo nei mille giorni di governo; sideralmente lontano dallo stato d’animo di un Paese uscito da questi anni di crisi profondamente stordito».

Stordito?
«Il 40% delle famiglie è composto da una sola persona. Il 23% vive con meno di 830 euro almese; tra gli under 45 la percentuale sale al 30%, al Sud al 40%. Il reddito medio delle famiglie italiane è 11 punti sotto l’inizio della crisi. Si aggiunga il mutamento della condizione di vita degli esseri umani, segnato dalla precarizzazione di ogni aspetto dell’esistenza: il lavoro, le relazioni tra le persone, il tempo successivo al lavoro; tutto è dominato dalla precarietà e dalla paura».

Il Pd rivendica che l’Italia si sia rimessa in moto.
«Vero. Ma la preoccupazione per il futuro dei figli è fortissima. Ricordo una trasmissione degli anni 60: Enzo Biagi intervistava un contadino con la camicia a scacchi che parlava dialetto. Dietro c’era il figlio, tutto elegante, con gli occhiali alla Gino Paoli. Il padre diceva: gli ho fatto prendere la licenza superiore. C’era in quella frase il senso di una vita: io mi sono spaccato la schiena nei campi, ma mio figlio starà meglio di me. La rottura di questa certezza è qualcosa che cambia l’esistenza umana».

Non accade solo in Italia.
«Infatti la sinistra è sconfitta in tutto l’Occidente. Ora deve trovare le politiche che consentano di dare nuova stabilità e nuove garanzie, per far sì che la vita non sia una giungla: se un ragazzo sta in un call-center e guadagna 33 centesimi all’ora è roba da schiavismo. E la sinistra deve immaginare forme di democrazia più robuste di quelle che abbiamo conosciuto. L’errore drammatico è stato togliere alla nostra comunità le emozioni e la memoria».

Cosa c’entrano le emozioni?
«Le emozioni sono molto importanti in politica, e sono il principale antidoto alla paura. Senza l’idea di partecipare a qualcosa di grande, la politica si riduce a pura macchina di potere, fredda e repellente».

E la memoria?
«Togliendo la memoria, la sinistra ha tolto alla sua comunità il desiderio di futuro. Ma non possiamo vivere al ritmo concitato di tweet che si contraddicono, senza la consapevolezza che la storia non comincia con te; comincia con Spartaco, ed è una storia fatta di sangue, di generosità, di sacrifici, di libertà negate, di persone che ci hanno rimesso la vita. Noi siamo il prodotto di tutto questo, delle contraddizioni e delle tragedie. La nostra forza, diversamente da “Noi con l’Italia” o consimili, è essere un elemento permanente della storia».

A dire il vero sembrate sull’orlo di sparire.
«L’altro giorno per gioco ho chiesto a Siri, voce del cellulare: tu sei di destra o di sinistra? Mi ha risposto: “Francamente me ne infischio”».

Lei pensa invece che destra e sinistra esistano ancora?
«La sinistra non può non esserci. La storia ha bisogno che ci sia qualcuno dalla parte degli ultimi e dei diritti: il mondo è andato avanti grazie a questo. Lo dimostra in queste ore il sacrificio di Marielle Franco in Brasile. E lo dimostrano, per converso, i dazi e i muri».
Concretamente cosa dovreste fare?
«Ho visto quei circoli Pd chiusi in un tristissimo e bel servizio di «Piazzapulita»; si riaprissero subito, per convocare migliaia di persone a discutere. Ricordo quando Berlinguer propose il compromesso storico: milioni di persone si trovarono in luoghi fisici per parlarsi; il calore, lo scambio meraviglioso, l’incontro di punti di vista diversi. A me piacerebbe che il Pd ora avesse l’ambizione di capire, più che di dire».

Cos’è cambiato rispetto al 2008?
«Il Pd è stato il Pd per un breve periodo. Poi è somigliato troppo ai Ds, quindi troppo alla Margherita. Il Pd ha bisogno di apparire ciò che è: una forza della sinistra con ambizioni maggioritarie. Ha bisogno di partecipare al dolore delle persone, di un sogno, di un’idea della democrazia oltre la disintermediazione».

Il Pd non è finito secondo lei?
«No. Al contrario: è l’unica soluzione possibile. Non possiamo rimettere in discussione un’idea che abbiamo impiegato dieci anni di troppo a fare, ma abbiamo fatto dieci anni prima degli altri. Sarebbe un errore gigantesco. L’esito di Leu dimostra che la soluzione non è tornare al passato; è fare il Pd come l’abbiamo immaginato, portandolo al 34%».

Con Berlusconi sopra il 38. Quelle elezioni le avete perse, non vinte.
«Nessuno poteva seriamente pensare di vincerle. Fu un miracolo: partivamo dal 22%. Lo disse Gentiloni: non confondiamo il sogno dell’Ulivo con l’incubo dell’Unione; e noi venivamo dall’incubo dell’Unione. Bisognerebbe recuperarla, quell’idea che poi fu giustiziata dal potere interno».

Cosa pensa di Renzi?
«A Renzi non riserverò nessuna delle parole che furono riservate da Renzi alle persone che in altri momenti avevano avuto responsabilità di guida della sinistra. Rispetto il suo lavoro, lo rispetto come persona. Il problema non è lui; è molto più serio, più profondo, più sconvolgente. La sinistra ha perso tutte le elezioni dal 2o14. È come il conte Ugolino, ha divorato i suoi figli uno dopo l’altro; e ciascuno che arrivava pensava che tutto cominciasse con lui. È il momento di ricostruire una comunità che si è perduta, fatta anche dalla pluralità dei punti di vista e dal confronto con chi la pensa diversamente».

II Pd deve stare all’opposizione?
«All’opposizione sì. Ma deve esserci un governo. È giusto che a fare proposte siano altri, chi ha avuto un successo elettorale».

Una maggioranza Lega – 5 Stelle?
«Non la auspico, non ho mai condiviso la logica del tanto peggio tanto meglio. Il Pd sia un interlocutore non degli altri partiti, ma del presidente della Repubblica. Sarebbe sbagliato, per evitare le elezioni, rispondere di sì a chiunque chieda al Pd, dopo averlo insultato, di sostenere il proprio governo. Ma può darsi si creino le condizioni, attorno a un’iniziativa del presidente, per dare al Paese un governo che eviti il ricorso alle urne e affronti la legge elettorale e la questione sociale».

Dialogo con i 5 Stelle?
«Dipende se i 5 Stelle insistono nel pretendere l’appoggio al governo scritto prima del voto, oppure concordano che non è tempo d’imposizioni. Se a fine crisi, sotto la regia del capo dello Stato, emergesse un’ipotesi a certe condizioni programmatiche – adesione chiara all’Europa, politiche sociali, ius soli, qualità e indipendenza dell’esecutivo -, il Pd farebbe bene a discuterne».

Meglio i 5 Stelle della Lega?
«Una parte del nostro elettorato è finita ai 5 Stelle; una piccola nella Lega, il resto, tanto, nell’astensione. Il Pd fa bene per ora a stare dov’è. All’opposizione».

Ogni tanto si evoca il suo ritorno. Potrebbe essere lei il nuovo leader?
«Vale quello che ci siamo sempre detti: ho fatto una scelta di vita diversa. Quel Pd fu impedito da gran parte dei maggiorenti del partito: un errore di cui paghiamo ancora il prezzo. La mia passione politica si può esercitare senza potere; e io avrò passione politica fino a quando avrò gli occhi aperti. E sbagliata l’idea che la passione politica e il potere siano la stessa cosa. Milioni di italiani hanno cambiato questo Paese senza essere consiglieri regionali».

Da - https://www.partitodemocratico.it/news/veltroni-sinistra-popolo/

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« Risposta #55 inserito:: Settembre 02, 2018, 10:48:04 pm »

Non chiamiamoli populisti: contro questa destra estrema è l'ora di una nuova sinistra

L'ex segretario del Pd interviene nel dibattito sulla costruzione dell'alternativa: "Il momento è pericoloso, non si ha la percezione dei rischi che corre la democrazia"

Di WALTER VELTRONI

Luciano Gallino, intellettuale di sinistra - definizioni che sembrano diventate brutte parole - scrisse più di venti anni fa l'introduzione a un libro nella quale diceva "la distruzione di una comunità politica, la fine della democrazia, è sempre possibile... Oggi come allora gli avversari della democrazia circolano numerosi tra noi, ma stanno anche dentro di noi, nel perenne conflitto, che è a un tempo sociale e psichico, tra bisogno di sicurezza e desiderio di libertà". Il volume era Come si diventa nazisti di William Allen, uno storico che si incaricò di raccontare come una piccola comunità dell'Hannover si trasformò da città storicamente di sinistra a feudo del nazismo, in cinque anni passato dal 5 per cento al 62,3. Allen scrive che "il problema del nazismo fu prima di tutto un problema di percezione". Non esiste evidentemente in Italia e altrove un pericolo nazista, anche perché la storia non si ripete mai nello stesso modo. Ma la mia angoscia, l'angoscia di un uomo che ha dedicato tutta la sua vita a ideali di democrazia e progresso, è che non si abbia la "percezione" di quello che sta accadendo. Che non ci si accorga che parole un tempo impronunciabili stanno diventando normali.

Non mi interessa qui la miseria della polemica politica quotidiana che ha perso la dignità minima. Sembrano tutti il Malvolio di La dodicesima notte di Shakespeare che dice, tronfio, "Su tutti voialtri prenderò la mia vendetta". Credo si debba uscire dal presentismo che domina il nostro tempo, che toglie respiro, serietà, credibilità alle parole e ai gesti. Guardare il mondo e interpretare i segni che ci pervengono.
Fu quello che nell'estate del 1939 non si fu capaci di fare, mentre l'umanità precipitava in una guerra terribile. Guerra come quella che solo vent'anni prima aveva fatto diciassette milioni di vittime. Mentre sulle spiagge si prendeva ignari il sole e nei cuori si inneggiava al duce e al fuhrer, si stava preparando un conflitto che avrebbe prodotto 68 milioni di morti e la tragedia della Shoah.


Papa Francesco ha parlato più volte, inascoltato, di una terza guerra mondiale. Per molti nostri coevi la guerra non è un deposito della storia o un monumento alla memoria. È la vita quotidiana, il dolore quotidiano in un mondo sordo e cieco. È lo stupore del bambino di Aleppo che seduto in un'ambulanza si tocca il viso scoprendolo pieno di sangue, è il corpo di Alan con la sua maglietta rossa sulla spiaggia turca e quello di suo fratello Galip, cinque anni, inghiottito dal mare. Ma noi, l'Occidente che ha attraversato la seconda guerra mondiale e l'orrore dei regimi autoritari, dell'hitlerismo e dello stalinismo, noi dove stiamo andando?

Intervenendo al Festival delle idee di Repubblica, mesi fa, sono tornato sul paragone con Weimar. Non sono pessimista, non lo sono per carattere. Ma non voglio assuefarmi alla legge del "politicamente corretto" per cui si finisce con l'omettere o l'umettare la sostanza delle proprie ragioni. Guardiamoci intorno. Cito due macrofenomeni: i dazi e la messa in discussione dell'Europa. Nella storia l'apposizione dei dazi è sempre stata la premessa per conflitti sanguinosi. Nel tempo della globalizzazione, fenomeno oggettivo, è impensabile agire lo strumento del protezionismo esasperato. Il conflitto tra Usa e Cina e tra Usa ed Europa, segnato dalle politiche di Trump, potrà avere effetti rilevanti sulla distensione internazionale. Ma il secondo dato è il più grave. Quando Spinelli pensò l'Europa unita, il nostro continente era in fiamme. È stata la più grande conquista di pace della storia umana, in questa parte del mondo. Ma ora tutto sta crollando. Logorato prima dalle timidezze dei governi democratici e ora dalla esplicita volontà antieuropea di un numero crescente di Stati. La Gran Bretagna è uscita, con il voto degli inglesi, e il gruppo di Visegrad si propone un'Europa minima, senza principi, valori, strategie comuni.

Il nostro Paese, fondatore dell'unità europea, improvvisamente ha come riferimento Orban e la sua "democrazia autoritaria". Un modello che tende ad affermarsi, dalla Russia alla Turchia. Si fanno strada regimi che tendono a concentrare nelle mani di pochi il potere, che limitano la libertà di stampa e di pensiero, che incarcerano gli oppositori. Qui, in Europa. La "fine della democrazia è sempre possibile", anche in forme storicamente inedite. Come ai tempi di Weimar, quando la crisi delle istituzioni e dei partiti, spesso divorati dalla corruzione, si intreccia con la recessione economica, si genera un bisogno di sicurezza che può essere più forte del bisogno di libertà.

Il populismo, espressione comoda per indicare una politica che a questo disagio si rivolge, è, per tutto questo, una definizione sbagliata. È destra, la peggiore destra. Quella contro la quale un galantuomo come John McCain ha combattuto fino all'ultimo. Definirla populista è farle un favore. Chiamiamo le cose con il loro nome. Chi sostiene il sovranismo in una società globale, chi postula una società chiusa, chi si fa beffe del pensiero degli altri e lo demonizza, chi anima spiriti guerrieri contro ogni minoranza, chi mette in discussione il valore della democrazia rappresentativa, altro non fa che dare voce alle ragioni storiche della destra più estrema.
Altro che populismo. Qualcosa di molto più pericoloso.

Ma ciò che la sinistra, impegnata a dividersi e rimirarsi allo specchio, non ha capito è che in questi anni è andata avanti una gigantesca riorganizzazione della intera struttura sociale. Qualcosa di paragonabile agli effetti della rivoluzione industriale. Il lavoro ha cambiato natura, facendosi aleatorio e precario. E se la macchina a vapore ha creato l'industria moderna e con essa le classi sociali e le città, così la nuova rivoluzione tecnologica, ancora agli inizi, finisce con il sostituire tendenzialmente l'uomo con la macchina e con il mutare tutti i codici cognitivi e comunicativi. La società è segnata da una sensazione di precarietà che la domina, che ne mina la fiducia sociale nel futuro. Non si può pensare che un tempo in cui le famiglie italiane hanno perso undici punti di reddito rispetto alla fase precrisi, in cui la differenza tra ricchi e poveri è aumentata, non sia carico di un drammatico disagio.

Un disagio che fa sì che prevalga la paura sulla speranza. La società, come un corpo contratto, si ritrae in una posizione orizzontale. Rifiuta ogni delega, anima della vera democrazia. Non vuole sapere la verità dai giornali, non accetta il parere degli scienziati, contesta persino fisicamente professori e medici, nega il valore della competenza politica fino a mettere in discussione il parlamento, per il quale si ipotizza una estrazione a sorte dei suoi membri.

Ma la società orizzontale finisce col postulare un potere verticale. La sinistra non ha capito che quando si è posto, da Calamandrei in poi, il problema della trasparenza e della velocità della democrazia si cercava esattamente di rispondere a questo bisogno. In una società veloce una democrazia lenta e debole finisce con l'essere travolta. Più la democrazia decide, più resterà la democrazia. Meno decide e più sarà esposta alla pantomima di questa estate allucinante, con un governo che le spara grosse su tutto. Che arriva a sequestrare una nave militare italiana in un porto italiano, a giocare spregiudicatamente la vita di esseri umani per qualche voto esacerbato. Che minaccia l'Europa con un misto di arroganza e incompetenza. Che annuncia cose che non può fare, non sa fare, non farà.

Ma nel presentismo assoluto resta nell'aria solo il grido acuto dell'intemerata. Trump in campagna elettorale disse che, se anche avesse preso un fucile e fosse andato sulla Quinta strada a sparare, non avrebbe perso un voto. Temo fosse vero. E così un ministro dell'Interno indagato per abuso d'ufficio si deve dimettere se è di centrosinistra e uno di destra, indagato per sequestro di persona, deve restare al suo posto. Non discuto il merito, noto la differenza. E se un deputato della maggioranza dice, come un vero fascista, che "se i magistrati attaccano il capo, li andiamo a prendere casa per casa" nessuno nella stessa maggioranza dice nemmeno poffarbacco.

Ma nei confronti dei cinquestelle la sinistra ha compiuto gravi errori. Ha cambiato mille volte atteggiamento, ha demonizzato e cercato alleanze organiche o viceversa, senza capire che molti di quei voti sono di elettori di sinistra. Che molti dei sei milioni di cittadini che avevano votato per il Pd nel 2008 hanno finito con lo scegliere i pentastellati o sono restati a casa. Un dolore profondo, un malessere che meritava molto di più delle piccole risse quotidiane o dei corteggiamenti subalterni. Molti di quegli elettori oggi sono certamente in sofferenza per il dominio della Lega sul governo e ad essi, e a chi non ha votato, senza spocchia da maestrino, la sinistra deve rivolgersi.
 
Come? Sia chiaro: la crisi della sinistra non è un fenomeno esclusivamente italiano, è mondiale. Solo Obama, come immaginammo nel 2008, è restato vivido nella memoria come esempio universale di coerenza programmatica e valoriale. Ma poi ha vinto Trump. Perché la sinistra o accende un sogno o non è. Perché la sinistra o è popolo o non è. Ma io non condivido i discorsi che sento fare sulla fine della sinistra o delle idee dei democratici.

È la sinistra, nella storia, che ha cambiato il mondo. Sono state le lotte contro lo schiavismo, per la liberazione delle donne, contro l'alienazione e lo sfruttamento, per i diritti civili e umani, contro le discriminazioni. È questo sistema di valori che ha reso la vita di ognuno sulla terra più libera e migliore. La sinistra lo ha saputo fare quando ha parlato al cuore delle persone, quando ha interpretato i bisogni di giustizia sociale, quando ha scelto la libertà. Cosa che non ha sempre fatto. Cinquant'anni fa la sinistra, per come la intendo, era nel sacrificio di Ian Palach e non nei carri armati con la falce e il martello.
Sogno e popolo, ciò che è stato perduto.

Due cose semplici e difficili insieme. Sono più chiaro ancora: o la sinistra definirà una proposta in grado di assicurare sicurezza sociale nel tempo della precarietà degli umani o sparirà. O la sinistra la smetterà di rimpiangere un passato che non tornerà e si preoccuperà di portare in questo tempo i suoi valori o sparirà. O la sinistra immaginerà nuove forme di partecipazione popolare alla decisione pubblica, una nuova stagione della diffusione della democrazia, o prevarranno i modelli autoritari. Nelle future esperienze di governo della sinistra ci dovrà essere una più marcata radicalità di innovazione. Allo stesso tempo, la sinistra non deve dimenticare chi è, ne deve anzi avere orgoglio. Non sarà inseguendo la destra o, in questo caso, il populismo che si eviterà il peggio. La sinistra non può avere paura di dire che è per una società dell'accoglienza, dire che è nella sua natura - oltre che in quella che dell'essere umano - la solidarietà, la condivisione del dolore, l'aiuto nel bisogno. La sinistra non deve aver paura di dire che non si deve mai deflettere dal rigoroso presidio della sicurezza dei cittadini imponendo a tutti il rispetto delle regole che ci siamo dati.

La sinistra non deve inseguire nessuno sul tema dell'Europa immaginandone una versione bonsai ma, al contrario, deve rilanciare con forza l'idea degli Stati Uniti d'Europa, meravigliosa utopia realizzabile. Deve riscoprire, dopo averlo dimenticato, il tema dello sviluppo compatibile, vera incognita sul futuro della specie umana. E non deve assuefarsi alla barbarie del linguaggio semplificato, della rissa permanente, dell'insulto all'avversario. Anche in questo deve essere se stessa, non fare come Zelig. Deve coltivare la scuola, la ricerca, la cultura, l'identità profonda di un Paese che è sempre stato aperto al mondo. Non deve aver paura di unire anche quando la diffusione dell'odio sembra prevalere. Deve innovare la sua identità e avere rispetto della sua storia. Si possono, ed è giusto, sostituire generazioni di dirigenti. Io mi sono presto fatto da parte per mia scelta e ho iniziato una nuova vita, come era corretto facessi.

Ma non è giusto cancellare la storia collettiva, le battaglie, i sacrifici, il senso di quella cosa enorme che nella storia italiana è stata la sinistra, è stato il pensiero democratico. Ha scritto, sul tema della memoria, il priore di Bose Enzo Bianchi: "Per ogni cultura, la memoria dei momenti e delle forze che l'hanno generata è essenziale; è proprio nella memoria degli eventi fondatori che la democrazia si afferma e si manifesta come valore".
Un esempio: la parola rottamazione fu usata, la prima volta, da Berlusconi in tv per attaccare Romano Prodi. Non è una nostra parola, figlia della nostra cultura. Neanche gli avversari si "rottamano", perché un essere umano e le sue idee non sono mai da cancellare, se espresse per e con la libertà.

Quando - è successo varie volte - in Italia si sono prese sbandate per il demagogo di turno, alla sinistra democratica è toccato poi salvare il Paese. Per essere all'altezza di questa responsabilità la sinistra e i democratici devono unirsi e smetterla con la prassi esasperante delle divisioni e delle scissioni testimoniali. Anche quella è un'abitudine spesso coincisa con tragiche sconfitte. Il Pd che io immaginavo è durato pochi mesi, raggiunse il 34 per cento in condizioni terribili e si trovò, orgoglioso e emozionato, in un Circo Massimo oggi inimmaginabile per chiunque. Era l'idea di un partito orizzontale, fatto di cittadini e movimenti, di associazioni e autonome organizzazioni. Un partito a vocazione maggioritaria perché aperto, che usava le primarie come cemento per unire questo arcobaleno. Il contrario di un "partito liquido", come poi si è purtroppo rivelato essere, per paradosso, quando ha prevalso il rimpianto per forme partito che non sono più date in questo tempo. Quel partito è stato in questi anni, per responsabilità di tutti, dominato dalle correnti e dai gruppi organizzati e il suo spazio vitale si è ristretto, come la stanza del funzionario Rai di La Terrazza di Ettore Scola. Quei muri vanno tirati giù e il Pd deve apparire un luogo aperto, plurale, fondato sui valori e non sul potere. Bisogna inventare una forma originale di movimento politico del nuovo millennio.

Forse quella idea era sbagliata, forse troppo avanti. Ne ho preso atto, credo con misura, senza cessare mai di dare una mano alle ragioni che hanno ispirato la mia vita.
Per questo ho scritto oggi. Perché non smetto di credere alla sinistra, perché temo per il futuro della vita democratica e dell'Europa, perché penso che l'idea di un soggetto politico aperto del campo democratico sia più che mai necessaria. Nessuno perda tempo a strologare sulla ragione di questo scritto. È solo amore per la propria comunità e per il proprio Paese. Tutto qui.

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29 agosto 2018

Da - https://www.repubblica.it/politica/2018/08/29/news/non_chiamiamoli_populisti_contro_questa_destra_estrema_e_l_ora_di_una_nuova_sinistra-205148687/
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Walter Veltroni contro le correnti del Pd: “State uniti, vi prego”

Nella due giorni dem a Milano l’ovazione è per il premier spagnolo Pedro Sanchez: «Lottate come state lottando. Non siete soli»

Pubblicato il 27/10/2018 - Ultima modifica il 27/10/2018 alle ore 22:42

FABIO POLETTI
MILANO

La sferzata finale arriva da Walter Veltroni: «State uniti, vi prego. Ma il Pd deve aprirsi e non arroccarsi nelle sue correnti. Quindi vi dico: fate meno riunioni di corrente e più riunioni nella nostra comunità». Sono passati 11 anni dal discorso del Lingotto. Il Pd non è più quello. Nel Mall, lo spazio sotterraneo sotto la zona dei grattacieli di Porta Nuova a Milano, va in onda la voglia di rivincita dei dem. Se l’ex segretario del Pd, con un discorso scritto, cerca di toccare le corde giuste, questa platea non troppo affollata più di quadri di partito che di gente comune, ha già in mente cosa vuole per quello che deve essere il nuovo corso: «Unità nel partito, classe dirigente vicina alla gente». I big non ci sono tutti. Matteo Renzi è in Cina per affari suoi. Nessuno lo chiama per nome. Ma è chiaro che è alla ex segreteria e ai suoi sbagli che vengono indirizzati la maggioranza dei discorsi.

Walter Veltroni sottolinea la questione: «Sono stupito che non si sia riflettuto dopo la sconfitta storica delle politiche. Che non si sia aperta una riflessione circolo per circolo». In platea ci sono tutti i candidati e i possibili candidati alla segreteria. Nicola Zingaretti è tra i primi ad arrivare: «Se vogliamo risalire la china dobbiamo dire agli italiani che abbiamo capito e che cambiamo. La nostra missione deve essere “salviamo l’Italia”. Questi che hanno vinto hanno preso voti con delle promesse e poi fanno l’opposto». Nel pomeriggio arriva pure Marco Minniti. Maurizio Martina che fa gli onori di casa giura di non aver ancora sciolto la riserva. Ma domenica mattina toccherà a lui chiudere la kermesse.

Ad infiammare la platea dem ci pensa il premier spagnolo Pedro Sanchez che alla fine del suo discorso sottotitolato si prende la standing ovation: «Lottate come state lottando. Non siete i soli. In molti vi appoggiamo. E preparatevi perchè presto, molto presto, guiderete la grande trasformazione di cui ha bisogno l’Italia. Alzate con orgoglio la vostra bandiera che è anche la nostra: giustizia sociale». Gli attacchi al governo sono declinati in tutte la salse da questo palco. Federica Mogherini Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri guarda all’Europa che potrebbe venire: «Chi dice che vuole cambiare l’Europa in realtà vuole solo distruggerla. Ma per andare dove?».

L’Europa, o meglio le elezioni di maggio, diventano pure terreno di scontro politico dentro il partito. Debora Serracchiani giura che il ritardo rischia di farsi incolmabile: «Loro si sono già mossi. Sono in campagna elettorale da tempo. E noi? Mi verrebbe da dire: e allora il Pd?». Sfide elettorali europee ma pure quelle interne al partito. Tra palco e platea ci si muove su due piani. Il capogruppo alla camera Graziano Del Rio giura che i candidati sono tutti bravi: «Ma noi abbiamo più bisogno di una direzione che di un candidato. A noi interessa trovare le parole giuste in un momento in cui si sentono grida sbagliate». Alla fine tocca a Walter Veltroni usare parole che sembrano così inusuali, 11 anni dopo il Lingotto: «Non smetto di credere nel Pd e nella sinistra riformista. La sinistra e il Pd non sono un panda in estinzione».

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Da - http://www.lastampa.it/2018/10/27/italia/walter-veltroni-contro-le-correnti-del-pd-state-uniti-vi-prego-e8BnXQBhLs1wtHdJx4HTXN/pagina.html
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