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Autore Discussione: La mia Sicilia di una volta e l’estinzione delle palme  (Letto 1989 volte)
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« inserito:: Agosto 31, 2013, 09:03:11 am »

Lettere al direttore
30/08/2013

La mia Sicilia di una volta e l’estinzione delle palme

Mario Calabresi

Le (brutte) sorprese dell’estate 

Ogni nostra estate è piena di storie di malcostume, sciatteria, furbizia, disservizi, truffe grandi e piccole, scarsa cultura del cliente o del passeggero. Abbiamo deciso di dedicare questo spazio, per tutto agosto, alle vostre denunce. Sarà l’occasione per raccontare cosa non funziona, per sensibilizzare e segnalare, per evitare che accada anche ad altri. Scriveteci. 

 

Nella mia vita ho assistito a diverse estinzioni di specie di piante. Avevo poco più di vent’anni quando ho visto cominciare la fine degli olmi. Prima annunciata dalla stampa, si diceva che il kerosene degli aerei fosse incompatibile con quel tipo di vegetazione. 

Ma poi amaramente ho dovuto costatarne il propagarsi quando ho visto il grande olmo secolare della contrada omonima, che credevo immune dal male, prima imbianchire e svigorirsi e quindi, nel giro di un paio di stagioni, seccarsi. 

E ancora oggi, a distanza di diversi lustri, avverto il vuoto che la sua grande chioma ha lasciato, come se l’occhio fosse abituato a cercare e a posarsi su qualcosa che non trova più. 

In tempi più recenti è stata la volta del castagno e del suo parassita. Stavolta non mi riferisco a qualche albero in particolare, quanto piuttosto al fatto che è da tempo che non è più possibile, nei boschi a ridosso della mia abitazione, aprire una castagna e poterne gustare il sapore senza che non la si trovi malata. 

Altre estinzioni si sono succedute nel corso di questi anni. Molta gente è scomparsa che io conoscevo. Ma in questo caso a esserne minacciata non è stata la specie, a meno che non si arrivi a pensare – cosa che è in parte anche vera – la morte del singolo individuo come la fine di un particolare genere d’uomo. 

Infine in questo elenco devo aggiungere quella di questa estate. L’autostrada da Milazzo a Barcellona Pozzo di Gotto aveva nell’ampio spartitraffico centrale delle palme piuttosto basse, ma dal fusto di grandi dimensioni. 

Nei miei ritorni estivi il loro susseguirsi per chilometri dava al paesaggio un che di esotico e di diverso alla mia percezione del luogo. Adesso anche questa essenza è in via di estinzione. Il contagio del punteruolo rosso, di cui avevo letto la notizia un paio di anni fa, è giunto anche qua a consumare queste piante e a prosciugarne la linfa. 

La loro rovina è palese a tutti. Si disfano in mezzo ai giardini di un tempo oppure ai lati delle strade in una forma di abbattimento e di sfacelo che le rende simili a un’altra pianta che della caducità è il simbolo: l’agave. 

Forse ogni uomo durante la sua vita deve fare l’esperienza che la sua esistenza è affacciata a una finestra di cambiamenti e di cose alle quali difficilmente riuscirà ad adattarsi. Ma l’uomo di questo nostro tempo, mi sembra, più che in passato deve fare i conti con queste trasformazioni. 

Mi riferisco a quelle grandi economiche e sociali che tutti stiamo attraversando, e a quelle meno evidenti, ma non meno dolorose (o forse lo sono di più, perché più vicine al sentimento del cuore), come dover registrare la sorte che sta toccando alle palme simbolo un tempo di una eternità che oggi si consuma.

Lucio Coco Bée (Verbania)

da - http://lastampa.it/2013/08/30/cultura/opinioni/lettere-al-direttore/la-mia-sicilia-di-una-volta-e-lestinzione-delle-palme-zft5NnzBxdNcCgPx9YULJJ/pagina.html
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