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Autore Discussione: Marco LILLO. SOLO CRITICHE AGLI "ALTRI" - (una cultura da cestinare)  (Letto 4891 volte)
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« inserito:: Maggio 02, 2013, 06:39:59 pm »

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Primo maggio: Bonanni, lo slogan sbilenco e la fiera delle banalità

di Marco Lillo | 2 maggio 2013


Se l’Italia non è un paese serio non è colpa solo dei politici. Per capirlo bisogna ascoltare con attenzione quello che è diventato lo slogan dei sindacati in questo primo maggio: “Chiediamo che le tasse sul lavoro devono essere ridotti notevolmente” è la premessa del segretario della Cisl Raffaele Bonanni, e fin qui siamo a un incrocio tra Jacques de la Palice e Oronzo Canà. La seconda parte della frase è però la più interessante: “e chiediamo che per fare questo ci sia una decisione forte e coraggiosa che è quella di far diventare il reato di evasione fiscale un reato penale”.

Il leader di un sindacato nazionale dovrebbe sapere che il sostantivo reato non tollera l’attributo ‘penale’ perché non esiste un reato non penale, ma sorvoliamo. Probabilmente Bonanni voleva proporre la trasformazione dell’illecito tributario semplice (punito con sanzioni amministrative come la multa) in illecito penale punito con la galera, cioè in reato appunto.

Il leader di un sindacato nazionale dovrebbe sapere inoltre che già oggi l’evasore fiscale è punito con il carcere. L’evasore rischia fino a tre anni se non presenta la dichiarazione o se nasconde i suoi redditi, ovviamente in caso di superamento di determinate soglie: 50 mila euro di imposte evase e due milioni di reddito celato al fisco.

Bonanni è il leader di un sindacato che rappresenta milioni di italiani che pagano le tasse con la ritenuta in busta paga ogni mese e ha ragione di lamentarsi del fatto che nessun evasore in Italia fa un giorno di galera.

Ma se questo è il problema, dovrebbe chiedere l’abolizione del patteggiamento che permette anche ai grandissimi evasori, una volta scoperti, di chiudere la partita con l’Erario versando il maltolto. Oppure dovrebbe chiedere la riduzione delle soglie di punibilità sopra ricordate. Invece il leader della Cisl preferisce pronunciare una frase che squalifica il sindacato e chi lo rappresenta. La richiesta di finanziare la riduzione delle tasse sul lavoro mediante “una decisione forte coraggiosa che è quella di far diventare il reato di evasione fiscale un reato penale”, è un non senso giuridico ed economico ma soprattutto è una furberia politica di bassa lega.

Cosa vuole dire Bonanni con la sua frase sbilenca? Il leader del sindacato vuol far credere che nessuno dovrà sopportare un sacrificio per finanziare la detassazione del costo del lavoro. Bonanni avrebbe potuto chiedere di coprire le minori entrate fiscali sul lavoro con altre tasse o con la riduzione delle spese militari per gli aerei F35 o magari avrebbe potuto chiedere (follia, visto il numero di iscritti-pensionati) l’introduzione di un contributo straordinario di solidarietà sui baby pensionati d’oro. Bonanni avrebbe potuto dire forte e chiaro che i 4 miliardi dell’Imu sulla prima casa devono essere prelevati e usati per finanziare la cassa integrazione in deroga o la soluzione del problema degli esodati. Ma avrebbe scontentato qualcuno.

E finché avremo sindacalisti che ragionano come i politici e propongono di coprire la riduzione delle tasse sul lavoro con la trasformazione del reato di evasione in reato penale, il primo maggio non sarà la festa del lavoro ma la fiera delle banalità.

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/02/primo-maggio-bonanni-slogan-sbilenco-e-fiera-delle-banalita/580661/
« Ultima modifica: Febbraio 26, 2017, 12:25:33 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Giugno 05, 2014, 06:54:06 pm »

Sei in: Il Fatto Quotidiano > Giustizia & impunità >

Inchiesta Mose, “il sogno dei Galan? Diventare miliardari con il gas”

La parte segreta dell'indagine porta in Indonesia dove l'ex presidente e ex ministro aveva avviato affari nel settore dell'energia.
Il commercialista. "O fai il colpo gobbo o non è da loro"


Di Marco Lillo
5 giugno 2014

La parte segreta dell’indagine sul Mose che ha portato a 35 arresti tra cui il sindaco di Venezia è quella che porta in Indonesia. Nell’ordinanza di arresto si fa riferimento agli affari indonesiani di Giancarlo Galan e della moglie nel settore del gas. Un affare di dimensioni enormi che però non è contestato all’ex ministro.

Il 19 luglio 2013 all’aeroporto di Tessera è stato fermato il commercialista di Galan, Paolo Venuti, di ritorno da un viaggio in Indonesia con la moglie Alessandra. Tra le carte trovate in suo possesso c’era documentazione relativa alla società Thema Italia Spa che secondo gli investigatori sarebbe intestata ad altri ma riferibile anche ai coniugi Venuti.

Dal bilancio del 2012 risulta che la Thema Italia Spa, con sede nello studio padovano del commercialista di Galan, controlla il 40 della Ans Indonesia e il 50 per cento della Insar Indonesia. Sempre dal bilancio si scopre che “il gruppo Isar Gas nel 2012 ha venduto … per un fatturato complessivo di 126,5 milioni di dollari con un Ebit (cioè utile prima delle tasse) di 12,6 milioni di dollari “portando Isar Gas a diventare il secondo gruppo indonesiano nella distribuzione del gas”, scrive il presidente della Thema Italia che nel 2012 era anche il socio al 55 per cento: Roberto Bonetto, estraneo all’entourage del politico e a tutti gli affari contestati. Gli investigatori scrivono che la famiglia del commercialista di Galan, Paolo Venuti, possiede però obbligazioni della Thema per un valore superiore a un milione di euro tramite un mandato fiduciario alla Sirefid dietro il cui schermo si intravede la moglie di Venuti. La società fiduciaria Sirefid, notano gli investigatori con malizia, è la stessa usata dai coniugi Galan per altre operazioni. Dopo la notifica degli accertamenti bancari a ottobre 2013, però, le obbligazioni della Thema sono state rimborsate ai Venuti e il milione di euro è finito in Croazia. Ovviamente su un conto corrente fiduciario ma intestato a un’altra società: la Unione Fiduciaria Spa. Agli atti c’è un’intercettazione nella quale la moglie di Venuti, Alessandra Farina dice al marito: “Cosa dici tu di questi affari della Sandra (la moglie di Galan, ndr) che sembra che stia diventando miliardaria?” e poi ancora: “Non è la Sandra ma è Giancarlo a cui viene riconosciuto assolutamente un ruolo perché la Sandra, Scaroni…”. Poi Venuti spiega alla moglie che il gas, in Italia, arriva al gassificatore di Porto Tolle e poi i due parlano di affari da miliardi sognati dalla moglie di Galan. Il commercialista dice: “O fai il colpo gobbo o non è da loro”. La moglie chiosa: “cosa vuol dire, che chiudono tutto e vanno alle Bahamas?”.

Da Il Fatto Quotidiano del 5 giugno 2014

Modificato da Redazione web

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/05/inchiesta-mose-il-sogno-dei-galan-diventare-miliardari-con-il-gas/1014295/
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« Risposta #2 inserito:: Maggio 30, 2016, 05:53:02 pm »

Ma Renzi non archivi il centrosinistra e le sue idee
Il segretario ha il dovere della sintesi, di curarsi della sua gente

Marco RIZZO

Personalmente, vengo spesso etichettato come bersaniano e renziano allo stesso tempo. Tuttavia, a differenza di ciò che si vede in giro, credo fermamente che nessuna alternativa esista ad un campo largo di centrosinistra, alla forza della sua ideologia, a livello nazionale e non solo.

Le polemiche degli ultimi tempi, però, hanno scosso molto un partito in cui credo ad occhi chiusi, e a cui non vedo alternativa per questo Paese. Questa breve nota riguarda soprattutto il Matteo Renzi segretario del Partito democratico. Cercherò di elencare per brevi punti, in modo da trarre una linea conclusiva sul finale.

Questione Ala, o meglio nota “questione Verdini”. Non c’è scusa che regga in questo caso. Ho sentito elogiare Ala per la sua coerenza e il voto alle unioni civili, non una parola sulle “poco corrette” parole del senatore D’Anna su Roberto Saviano, non una presa di posizione nei vari enunciati sulla minoranza e il “far fuori i comunisti” da parte dell’attuale premier Matteo Renzi. Ancora più grave, a mio avviso, non una parola sulla presenza di Denis Verdini a Cosenza e Napoli, per appoggiare le locali campagne elettorali in vista delle amministrative. Poi, però, quando c’è una polemica interna (tante saranno anche meno o poco giuste) si usano toni forti, dalle accuse di aver ammazzato l’Ulivo, all’inutilità della discussione. Prendiamo l’ultima proposta: rivedere l’Italicum per il doppio turno di collegio alla francese non sembra qualcosa di assurdo.

C’è tuttavia, qualcosa di più importante, che penetra nel sangue politico di ogni singolo appassionato, che ancora trova la forza di interessarsi alle sorti del Paese, nonostante tutto. Il segretario ha il dovere della sintesi, di curarsi della sua gente, di coloro che fanno parte dei diversi petali in unico fiore, l’ideologia di un moderno centrosinistra. Quello che ritengo ancora l’unica carta per l’Italia, e non solo. Altrimenti, andando dove si è diretti ora, si lancia un messaggio sbagliato: uno strano consociativismo che non trova definizione, un qualcosa di poco chiaro, a discapito delle idee. Quelle che colpiscono i giovani, educano e non muoiono mai.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/ma-renzi-non-archivi-il-centrosinistra-e-le-sue-idee/
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« Risposta #3 inserito:: Luglio 07, 2016, 11:21:13 am »

E il Fatto svela il colpo di stato di Virginia (con tanto di riunioni staliniane)
Il Fattone   
Inquietante scoop di Marco Lillo: così la Raggi fece fuori il rivale De Vito

Che le cose nel Movimento 5 stelle romano non vadano come la propaganda ufficiale vorrebbe, lo si sapeva ormai da tempo, almeno da quando la Casaleggio Associati srl decise di scegliere Virginia Raggi come candidata sindaco, defenestrando l’allora capogruppo Marcello De Vito, terminale capitolino di Roberta Lombardi, boss indiscussa in città.

Fino all’arrivo della Raggi, appunto: che è riuscita in pochi mesi ad occupare e svuotare il Movimento, dapprima con l’appoggio determinante della società di marketing milanese e poi giocando in proprio, con il suo braccio destro Daniele Frongia, in uno scontro senza quartiere con la Lombardi e il Direttorio.

Di questa guerra sorda (ma neppure troppo) si sanno ormai molte cose: la nomina di Frongia a capo di gabinetto, voluta dalla Raggi aggirando la legge Severino e (secondo alcuni attivisti) in violazione del codice etico interno; lo scontro sul portavoce, Augusto Rubei, voluto dalla sindaca ma giudicato troppo “autonomo” dal Direttorio e dai talebani che controllano lo staff della comunicazione; il braccio di ferro estenuante sulla scelta degli assessori – Roma è a tutt’oggi l’unica città senza giunta fra quelle in cui si è votato – con Luigi Di Maio (che è riuscito a piazzare la sua protetta Laura Baldassarre) e, di nuovo, la Lombardi, che preme per un ruolo di primo piano per il “suo” De Vito.

E così torniamo alla casella di partenza: la guerra fra Raggi e De Vito.

Oggi il Fatto pubblica una ricostruzione dei fatti che, se confermata, apre uno squarcio inquietante sulle modalità e lo stile della lotta politica nel partito di Grillo. “Raggi, per conquistare Roma dossier e accuse a De Vito” è il titolo di un lungo articolo in cui Marco Lillo racconta il vero e proprio colpo di stato ordito dall’attuale sindaca alle spalle dell’allora capogruppo fra il dicembre dell’anno scorso e il gennaio di quest’anno.

“Il 28 dicembre 2015 – scrive Lillo – Stefano, Frongia e Raggi [i tre consiglieri comunali del M5s, ndr] organizzano una riunione con i consiglieri municipali. In assenza di De Vito, accusano il capogruppo di avere compiuto una serie di atti contrari alla pubblica amministrazione e il reato di abuso di ufficio”.

L’accusa è pesantissima: De Vito avrebbe chiesto “la pratica di sanatoria edilizia su un seminterrato di un cittadino di nome F.B. al quartiere Aurelio” per inconfessabili scopi personali.

Nel Movimento romano si scatena subito il processo – Paola Taverna scriverà in una mail “partita per sbaglio” di aver assistito ad “uno squallido tribunale speciale” –, ma il capogruppo non saprà nulla fino al 7 gennaio, quando, racconta ancora Lillo, è convocato ad una riunione con alcuni membri del Direttorio, che gli formalizzano le accuse mentre Frongia “esibisce un parere legale” rifiutandosi però di dire quale avvocato l’abbia redatto. De Vito si difende, in questa e in altre riunioni, e l’incidente finalmente si chiude: ma intanto la candidatura a sindaco è pesantemente indebolita, e il duo Raggi-Frongia può lanciarsi alla conquista della Capitale.

De Vito “si pente di non aver reagito”, scrive ancora Lillo, e a marzo medita un’azione legale contro Raggi, Frongia e Stefano. Poi “desiste per il bene del Movimento – prosegue il cronista del Fatto –. Sarà il presidente del Consiglio comunale. Alla moglie, Giovanna Tadonio, hanno proposto un posto da assessore retribuito al Municipio III”.

Tutto è bene quel che finisce bene: dossier, sanatorie edilizie, riunioni segrete, processi staliniani, minacce, azioni legali, compravendita di poltrone. Benvenuti nel nuovo Movimento 5 stelle.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/e-il-fatto-svela-il-colpo-di-stato-di-virginia-con-tanto-di-riunioni-staliniane/
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« Risposta #4 inserito:: Febbraio 25, 2017, 09:15:39 pm »

Nel 2014 il ministro, ora indagato per favoreggiamento, sponsorizzò Russo: “Lo conosciamo bene, incontralo”
Lotti raccomandò a Emiliano l’amico di babbo Renzi

Di Marco Lillo | 24 febbraio 2017

“Ma quale visita a casa di Carlo Russo nel Salento! Non diciamo caz…te”.

Michele Emiliano sembra più imponente e meno bonario del solito. Quando il cronista lo affronta a sorpresa con la domanda secca – “Lei è mai stato a casa di Carlo Russo in Salento?” – il presidente della Regione Puglia si inalbera: “Mai. Come le viene in mente che un presidente di Regione vada al mare a casa di un soggetto simile?”.

Emiliano tira fuori il telefonino e così, su due piedi, fa il colpo di teatro: “Eccoli tutti gli sms con Russo: si interrompono nel 2015. Ed ecco il messaggino di Lotti che mi dice di incontrarlo”. Luca Lotti? Il cronista sobbalza, ma finge un distratto interesse. Per dimostrare la sua totale estraneità al giro di Russo e dei Renzi, Emiliano mostra pure gli sms con il padre dell’ex premier nel 2015: “Ecco qui. Era lui che tentava di incontrarmi in un hotel a due passi da casa mia. Ma non ci siamo mai visti. Soddisfatto?”.

Eravamo andati a verificare una notiziola (i presunti rapporti di Emiliano con Carlo Russo e Tiziano Renzi, cioè tra il “nemico” di Renzi da un lato e il babbo e l’amico dall’altro) e ci ritroviamo tra le mani una grossa notizia: il ministro Lotti, indagato a Roma per favoreggiamento e rivelazione di segreto in un’indagine che vede al centro proprio Carlo Russo e Tiziano Renzi, accreditava lo stesso Russo addirittura con il governatore pugliese come uno “da stare a sentire”.

Alcune intercettazioni ambientali eseguite dal Noe dei carabinieri negli uffici dell’imprenditore napoletano Alfredo Romeo, nell’estate del 2016, svelano che:

1) Carlo Russo, amico di Tiziano Renzi, propone a Romeo un affare immobiliare da realizzarsi col padre dell’ex premier in Puglia, per l’esattezza a Castro dove lo stesso Russo ha casa;

2) in quel contesto Russo si vanta con Romeo dei rapporti con Emiliano e con il viceministro allo Sviluppo economico, la pugliese Teresa Bellanova. Nella lunga conversazione intercettata dal Noe, su delega dei pm di Napoli Henry John Woodcock e Celeste Carrano, Romeo cerca di “assoldare” Russo per entrare, grazie a questo imprenditore farmaceutico di Scandicci, nelle grazie del padre di Matteo Renzi;

3) Russo, in quel giorno d’estate, racconta a Romeo, per accreditarsi, che la Bellanova è stata a casa sua più volte e in quel contesto dice che anche Emiliano “sta venendo” o addirittura “sarebbe già venuto” a trovarlo.

4) quando Romeo, con sorpresa, lo interrompe facendogli notare che il premier e il governatore avevano litigato, Russo aggiunge che papà Tiziano sta tentando di propiziare la pace e che per questo avrebbe fatto addirittura appostamenti vicino a casa di Emiliano per incontrarlo. Questo è quello che dice Russo a Romeo. Teresa Bellanova, invece, fa sapere – tramite l’ufficio stampa – di aver “mai visto né Carlo Russo né Tiziano Renzi né di essere entrata in una casa del Salento”.

Su Repubblica, nei giorni scorsi, è uscita la notizia delle intercettazioni sugli affari in Salento (in questa versione con Tiziano Renzi) proposti da Russo a Romeo. La notizia è stata relegata nell’edizione napoletana del quotidiano. Così, lo scoop dei bravi colleghi Dario del Porto e Conchita Sannino è detonato sotto al Vesuvio, tra una sparatoria al Vomero e uno scippo a Chiaia. Nemmeno Emiliano (non citato nell’articolo) ha potuto leggerlo.

Quando poniamo a Emiliano la domanda se Russo gli abbia mai parlato di affari nel Salento, lui prima resta sorpreso e poi si inalbera: “Le apro il telefonino davanti. Conservo tutto io. Questo è il primo messaggio mio a Luca Lotti”. Emiliano prosegue il suo racconto con il telefonino in mano: “Vede, era ottobre 2014, Renzi era da poco premier, io scrivo a Lotti: ‘Conosci un certo Carlo Russo che sta venendo a Bari a ‘sostenermi’ dicendo che è amico tuo e di Maria Elena Boschi?’ Lotti – dice ancora Emiliano – mi risponde laconico, come lei vede: ‘Lo conosciamo’. Allora io insisto con questo altro messaggio: ‘In che senso? Lo devo incontrare o lo devo evitare?’. E questa qui – racconta il governatore – è la risposta di Lotti: ‘Ha un buon giro ed è inserito nel mondo della farmaceutica. Se lo incontri per 10 minuti non perdi il tuo tempo’”.

Effettivamente Russo si occupava di consegna di farmaci a domicilio a Firenze. “A quel punto – prosegue Emiliano – io ho incontrato Russo. Senza il messaggio di Lotti non ci sarei andato. Si presentava come un rappresentante di Renzi e dei suoi. Mi ha invitato a cena con il presidente della Confindustria di Lecce che io peraltro già conoscevo di mio. Non capii il senso della cosa. Diffidai a fiuto anche se diceva di essere amico di Matteo Renzi e di tutti i suoi uomini di fiducia. Forse mi accennò al discorso dei farmaci a domicilio che faceva in Toscana. Ma evitai di approfondire. Poi – aggiunge Emiliano – ad agosto si è fatto risentire tramite la mia segretaria. Si presentò a lei come l’amico di Tiziano Renzi. Disse di riferirmi che aveva avuto un mandato da Matteo Renzi in persona a incontrarmi riservatamente per ‘trovare una quadra’, cioè per fare la pace ma – precisa Emiliano – parliamo di un anno prima rispetto alle conversazioni con Romeo. Comunque io Russo non lo incontrai. I rapporti si erano già rotti con Renzi da tempo. Russo non mi invitò mai a casa sua tantomeno nel 2016. Né io mai ci sarei andato. Dal 2015 io Russo non l’ho più visto”.

E Tiziano Renzi? “Mi voleva incontrare e, ovviamente, visto che era il padre del mio segretario, non vedevo problemi. Però non ci trovammo mai con le date. Ecco qui, aspetti che cerco i messaggi”. Emiliano ricomincia a digitare sullo smartphone. Nel febbraio del 2015, il padre del premier gli scrive che è a un convegno in un hotel a Bari. Emiliano spiega: “Si trova a due passi da casa mia, ma io ero fuori”. Forse è questo l’appostamento a cui fa riferimento Russo? O sono millanterie? Emiliano chiude il telefonino e ammonisce: “Io le ho mostrato queste conversazioni solo per farle capire che dico la verità, lei però non le riporta vero?”.
Di Marco Lillo | 24 febbraio 2017

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