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Autore Discussione: Roberto ROVERSI - L'INEDITO La poesia dedicata ai giovani e al lavoro  (Letto 4512 volte)
Admin
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« inserito:: Maggio 02, 2013, 05:17:27 pm »

L'INEDITO La poesia di Roberto Roversi dedicata ai giovani e al lavoro

1 maggio 2013


Spunta dalle carte di Roberto Roversi una poesia dedicata ai giovani e al lavoro

Ecco il messaggio che ci lascia il poeta: ci vogliono nuove parole per dire e ribadire cose antiche e sempre verdi: giustizia, fratellanza e libertà


Cento anni sono un giorno,
un giorno solo.
E in un giorno si possono incontrare tutti gli occhi
tutte le mani tutte le fatiche
che per cento anni hanno scavato il mondo.

Il mondo non è stato buono
con le mani con le fatiche che l’hanno scavato
e con gli occhi che l’hanno guardato.

Gli occhi hanno visto il sangue
scendere sopra la fatica delle mani.

Cento anni fa c’era una speranza
forte dentro alla fame e al dolore.
Cento anni fa cominciava un cammino
che non è ancora finito.

Non è ancora finito.
Il cammino è incominciato
quando una voce ha risposto a una voce
una mano ha stretto una mano
un passo ha seguito l’orma di un passo
e voce mano passo camminavano avanti.

Quando una voce ha gridato “fratello”
ed è arrivato un fratello
quando ha chiamato “compagno” “compagna”
e una piazza si è riempita di gente.

La lotta è speranza del futuro.
Poi il futuro è arrivato
ancora le voci si chiamano
si ascoltano i passi,
le mani si stringono insieme.

Nessuno dei vecchi
è ancora un’ombra dispersa nel sole
e sulla strada sempre segnata di orme
arrivano i giovani e portano nuove bandiere
i giovani arrivano e portano le nuove parole.

da - http://www.unita.it/culture/font-color-red-l-inedito-font-la-poesia-d-roberto-roversi-dedicata-ai-giovani-e-al-lavoro-1.497928
« Ultima modifica: Maggio 02, 2013, 05:19:41 pm da Admin » Registrato
Admin
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« Risposta #1 inserito:: Maggio 02, 2013, 05:20:12 pm »

Povera Bologna città «spezzata»

di Roberto Roversi

A guardarla, oggi, giugno dell'anno 2006, e a camminarla, ad ascoltarla per la strada, per le strade, ove dà suoni infuriati e quasi costanti, insomma a viverla da cittadino ogni giorno, ogni ora del giorno e dell'anno, con le sue spesso drammatiche necessità vitali, oggi, ripeto, Bologna appare una città stravolta, perforata, bucata, scavata, martellata, intubata in ogni ambito, strade stradine stradone ponti cavalcavia, come sotto un bombardamento di confusione e di polvere. È anche, a volere dire tutto, costantemente impiastricciata in ogni dove: cassonetti, muri, colonne, serrande, vetrate, porte, sopra e sotto, scritture e segni grossi grevi che nulla hanno a che fare con le intemperanze lucidamente linguistiche di un tempo ormai dimenticato, perché allora erano spesso sospinte da una rabbiosa partecipazione d'amore, come se si scrivesse sul braccio o sulla spalla di una madre, non per maledirla o aggredirla ma per implorare alla fine di essere riconosciuti e abbracciati. Questa città, unica finestra aperta sulla schiena d'Italia, è impietosamente spezzata come ossa d'agnello fino dal medioevo, quando nelle strade scorreva il sangue e chi aveva il sopravvento abbatteva muri palazzi alberi torri della o delle famiglie nemiche e non aveva tregua se non quando arrivavano armigeri spietati da lontano i quali matavano i vinti, poi, volendo arrivare con un balzo rapido a toccare tempi più ravvicinati, appena acciuffata dai Savoia e incollata all'Italia, ha avuto abbattuto il cerchio delle mura (fra i più integri in Europa) e abbattute le torri (Bologna la turrita era chiamata) preservandone soltanto le ultime due, che adesso stanno lì incastrate nel pieno centro come due salami penzolanti in bottega, poi è stata maciullata nel corso della seconda guerra infernale, e, in seguito, sommersa da una alluvione cementizia, spesso per necessità, spesso per avidità, spesso per una sorta di delirio urbanistico, imperiale, da Bologna in Europa, Bologna nel mondo, quasi che potesse competere al centro con le grandi metropoli. Mentre è una città bella e solenne, appena un po' giocosa nonostante tutto, minuta e splendida ma troppe volte vilipesa dalla storia, dagli avvenimenti e dall'aridità degli uomini, perciò adesso va difesa, come è possibile, con le unghie e con i denti, va stretta al petto, tutelata in ogni modo e occasione come un animale infradiciato dalla pioggia e ritrovato dopo ricerche nel bosco. Con l'unico diritto di averla sempre partecipata in tanti anni di vita, si può esprimere la convinzione che la prima collina bolognese è l'ultimo baluardo ecologico, l'estrema trincea contro l'ingorgo respirativo, vitale per una città che è fra le più inquinate non solo d'Italia, ma d'Europa, che ha sessanta chilometri di portici, i quali, se da una parte rappresentano un vanitoso privilegio, da altra parte sono subdoli tutelatori di aria pestifera, con un traffico su ruote e sfugge a ogni realistico e rigido controllo, dato che non si riesce a renderlo compatibile neanche un po' con le strettoie delle sue vie principali. Adesso poi, l'ho già accennato, ha più cantieri aperti di ogni altra città italiana. Cosa si può addossare ancora a questa intrepida ma conculcata Bologna? Con la presunzione da parte dei poteri politici amministrativi, magari di farla più giovane, più agile, più scattante, sopra sotto ai lati, nello sprofondo delle sue viscere? Una frenesia che è data dalla contaminazione di questo tempo infuriato e spesso scriteriato nel suo scannamento delle cose e dal fatto che - non essendo più disponibili le idee forti e drammaticamente precise e individuabili di un tempo, alle quali collegare il carro dei pensieri o della vita - si tende a rivolgersi a processi, a programmi grandiosi di cui noi abbiamo avuto la torturante esemplificazione da ragazzini, quando si sventravano città e quartieri per la smanie imperiali dei padroni del vapore, per vederle dopo poco ridotte in polvere, in fumo, in cenere, in fuoco. Bologna nel dopoguerra con un solo quinquennio di intermittenza, è sempre stata amministrata con rigore da una sinistra che era ammirata (lo ripeto) anche all'estero e una delle scelte di queste amministrazioni, nel corso di cinquant'anni, è stata la difesa intransigente della collina, lo ripeto: intransigente, della prima cerchia collinare. Non una difesa generica ma all'erta e mai indecisa, nonostante alitasse, sopra questo spazio aperto al cielo, il fiato - bollente - della speculazione, in agguato, per percepire anche solo i primi scricchiolii in tali propositi di difesa. Sbavando per la voglia, qua e altrove, di fronte a questi spazi di alberi, prati, silenzio e nuvole (...). Oggi, da noi qui a Bologna, si sente parlare con voce alta ma con toni d'agnello, con una sorta di leggerezza quasi svagata, di propositi sulla nostra prima collina. Con il pretesto che è mal tenuta, che è poco e male usata, che Bologna merita una collina splendente di luci e fiori per la delizia deambulante dei cittadini, e promettono che non sarà sfregiata neanche da un graffio, o dal rumore di una foglia caduta, o dall'ala perduta da un uccello migrante, e a conferma, si allestirà un campo da golf di 18, no, di 36 buche desiderato da tempo dalla popolazione. Magari si aggiungerà un agriturismo, così che si potranno evitare i viaggi in Toscana, Umbria o in Sicilia e altrove, potendo caricare le valigie sull'autobus 30, che arriva in dieci minuti a destinazione, per un pronto contatto con la natura ritrovata (...). Per il resto, si è letto, nessuno si permetterà di toccare sfiorare tagliare calpestare neanche un'erbetta (il colle della Guardia non può essere un esempio) (...). ristabilire ordine civile in piazza Verdi, in piazza È stato appena detto che la collina, questa collina va usata. Mi permetto di ricordare che da noi, in Italia, ogni uso si traduce prima o poi in un abuso, o in manomissione al servizio dei vari interessi, sicché penso sia meglio parare via, come mosche, ogni proposito nei riguardi di questa fascia di terra alberata non ancora deturpata, per secoli una delle difese degli ultimi benefizi ecologici di questa nostra città.

16 September 2012

pubblicato nell'edizione Nazionale (pagina 20) nella sezione "Speciali"

da - http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/2455000/2454755.xml?key=\%22roberto+roversi\%22&first=1&orderby=1&f=fir
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