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Autore Discussione: Barbara Sorrentini. Come pietra paziente  (Letto 2065 volte)
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« inserito:: Aprile 16, 2013, 02:51:54 pm »


BARBARA SORRENTINI – Come pietra paziente

“Khadija era più anziana di Maometto, era una commerciante, una donna d’affari, viaggiava e contrattava. Si innamorò di Maometto, un uomo giovane e attraente. Un giorno Maometto andò a trovarla in preda all’agitazione: “Temo di diventare matto, sento voci che escono dalle pietre, vedo una creatura enorme che si presenta a me e vuole afferrarmi. Ho paura!”. Kadija, totalmente priva di veli, si mette davanti al demone, che di lì a poco scompare.”

Bel titolo Come pietra paziente, “synguè sabour”, che si riferisce nella tradizione afghana alla pietra magica a cui vengono sussurrati segreti, disgrazie, sofferenze e riflessioni. Il film Atiq Rahimi prende il via dall’omonimo romanzo di Jean-Claude Carrière che ha collaborato alla sceneggiatura con il regista di origini afghane e trapiantato a Parigi. Ma il ruolo simbolico della protagonista si avvicina a quello descritto nella leggenda di Kadija, contenuta nel Corano.

Il film è ambientato nei dintorni montani di Kabul, in una stanza murata di fango e tendaggi, in cui si trova un ferito di guerra in coma.
La giovane moglie (l’attrice iraniana Golshifteh Farahani) assiste il marito, tra caldo e zanzare, cambiandogli cannule e posizione. A poco a poco, la sua assistenza caritatevole si trasforma in un fiume di parole ed emozioni contrastanti, facendo uscire dolore, insoddisfazione, accuse e disperazione mai confessate nemmeno a se stessa. In questa attesa, paziente e furiosa, alla donna si avvicina un soldato in cerca di amore.
L’idea di Atiq Rahimi era quella di “filmare la parola come un atto e non come una trasmissione di informazione”. E’ il secondo film in cui Rahimi cerca di raccontare il senso di morte e nel precedente Terre et cendres si seguiva un anziano signore nella difficoltà di avvertire il nipote della morte della moglie. Difficoltà anche cinematografica, che in Pietra paziente arriva al culmine della sua contraddizione e si sviluppa rappresentando all’interno della stanza l’interiorità della protagonista. Il contesto di guerra e di devastazione dell’Afghanistan entra in campo attraverso le riflessioni della donna, alla sua presa di coscienza, ai suoi sentimenti vicini al Corano in una lettura autentica, senza le interpretazioni integraliste suggerite dal marito quando era in vita. Ripensando al suo paese Rahimi lo descrive così: “L’Afghanistan cristallizza tutte le contraddizioni umane possibili. E’ come Guerre Stellari di George Lucas, da un lato la vita assomiglia a quella del Medio Evo e dall’altro dispone degli armamenti più sofisticati del mondo.”

Il regista elenca tre riferimenti cinematografici che riassumono perfettamente il senso del suo film: The Hand di Wong Kar-wai, Sussurri e grida di Ingmar Bergaman e Germania anno zero di Roberto Rossellini.

Barbara Sorrentini

(12 aprile 2013)

da - http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/04/12/barbara-sorrentini-come-pietra-paziente/
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