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Autore Discussione: Enzo JANNACCI, cantore degli ultimi  (Letto 3572 volte)
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« inserito:: Marzo 31, 2013, 07:44:57 pm »

MUSICA

Addio a Enzo Jannacci, cantore degli ultimi

Il cantautore si è spento a Milano all'età di 77 anni. Era malato da tempo di cancro


Si è spento Enzo Jannacci, il poeta in scarpe da tennis. Di sera cantautore, cabarettista, attore. Di giorno cardiologo. Ma soprattutto tra i maggiori protagonisti della scena musicale italiana del dopoguerra.

LA LUNGA MALATTIA- Jannacci aveva 77 anni ed era da tempo malato di cancro. Il cantautore è morto alle 20.30 alla clinica Columbus, circondato da tutti i suoi familiari. Dopo gli inizi della carriera negli anni Cinquanta, Jannacci da jazzista ha suonato con i più grandi tra cui Chet Baker. Dopo i primi 45 giri incisi con Gaber (con l'inventore del «Teatro Canzone», scomparso nel 2003, fondò il duo JaGa Brothers di cui rimane traccia in EP pubblicato nel 19839, debutta come solista con canzoni quali «L'ombrello di mio fratello» e «Il cane con i capelli». Ma a farlo conoscere al grande pubblico nel 1968 è «Vengo anch'io. No, tu no». Seguiranno altri grandi successi come «Veronica», «Messico e Nuvole», «Ho visto un re», «Vincenzina e la fabbrica» (colonna sonore del film Romanzo Popolare del 1974 con Ugo Tognazzi e una giovane Ornella Muti) e «El purtava i scarp del tennis».

DALLA MEDICINA AL JAZZ - Jannacci era nato a Milano. Il padre era di origine pugliese anche se nato a Milano perchè il nonno, Vincenzo, era emigrato a Milano da Bari poco prima dello scoppio del primo conflitto mondiale. Il padre di Enzo era ufficiale dell'aeronautica e lavora all'aeroporto Forlanini citato in «El portava i scarp del tennis». La madre era invece lombarda. Dopo la maturità classica al liceo Manzoni ,dove conosce Gaber, Jannacci si laurea in medicina all'Università degli Studi di Milano, specializzandosi in chirurgia generale ed esercitando la professione di medico chirurgo per alcuni anni. Nel frattempo però inizia la carriera di musicista: dopo il diploma in armonia ed otto anni di pianoforte al Conservatorio di Milano, si accosta al jazz e comincia a suonare in alcuni locali milanesi.

I POVERI E MILANO - Enzo Jannacci è stato una figura dalla forza dirompente nella storia della musica italiana, perché è riuscito, pur nella sua milanesità, a portare un linguaggio nuovo, surreale, all'interno della canzone nazionalpopolare. E anche dal punto di vista musicale ha contribuito a svecchiare la proposta allora dominante. Il suo repertorio entra di diritto all'interno del canzoniere italiano del secondo dopoguerra. Ha cantato i poveri, gli ultimi, gli emarginati, ha cantato soprattutto la sua amata Milano.

Redazione Online 29 marzo 2013 (modifica il 30 marzo 2013)© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/spettacoli/13_marzo_29/enzo-jannacci-morto_9e2800fc-98b5-11e2-948e-f420e2a76e37.shtml
« Ultima modifica: Luglio 24, 2013, 03:30:42 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Aprile 02, 2013, 12:19:45 pm »

L'editoriale

Enzo Jannacci, la presenza collettiva

Per il grande cantautore, quell'abbraccio discreto che Milano non ha mai fatto mancare a chi ama

di UGO SAVOIA

Soltanto chi non conosce Milano può essersi stupito della partecipazione collettiva al dolore per la morte di Enzo Jannacci. Soltanto chi di questa città ha un'immagine stereotipata, il cliché che è stato cucito addosso alla metropoli fredda che pensa solo al lavoro e al denaro, poteva pensare che i milanesi restassero indifferenti alla scomparsa di un artista a cui hanno voluto bene: perché era uno di loro, perché li aveva raccontati senza farsi condizionare dai luoghi comuni, perché era bravo.

Per questo, già dalla mattina di sabato, si erano messi in coda silenziosi e commossi per andare a rendergli omaggio alla prima camera ardente allestita alla clinica «Columbus» non appena la notizia aveva cominciato a circolare; poi, tra domenica e lunedì, al Dal Verme è stata una fila continua per l'ultimo saluto al cantore delle periferie e degli ultimi, per l'uomo che aveva saputo rilanciare, trent'anni dopo Giovanni D'Anzi («Oh mia bela Madunina», 1935), il dialetto milanese sul palcoscenico nazionale. Un dialetto pieno di suoni e fonemi impronunciabili in quasi tutto il resto del Paese, ma che qui, fino a pochi decenni fa, era la lingua di tutti.

Milano è così, prendere o lasciare. Se riconosce che sei dei suoi ti porta nel cuore: magari non lo dà a vedere, non lo sbandiera, non te lo ripete ogni giorno. È gelosa dei suoi sentimenti e non ti manda bigliettini né sms. Ma quando è il momento sa rispondere alla chiamata delle emozioni, in questo caso del dolore collettivo. Era già successo in passato per Toscanini e per Montanelli, per quel Giorgio Gaber che era stato collega e sodale del dottor Enzo, in arte Jannacci. È successo ogni volta che ha voluto testimoniare d'istinto il suo dolore: compostamente e in silenzio, quasi rispondendo a un richiamo naturale impercettibilmente passato di bocca in bocca, che ha fatto ritrovare in fila uno davanti all'altro giovani e anziani, generazioni distanti ma avvicinate dalla stima e dal rispetto per quel musicista «loro», che sapevano ammalato da tempo, che negli ultimi anni aveva via via diradato le sue apparizioni.

Hanno assistito alla sua dolorosa uscita di scena senza domandare, quasi proteggendo Jannacci, circondandolo di quell'attenzione discreta che non lascia imbarazzi, che non fa domande e non si aspetta risposte. Per tutti questi motivi non è difficile immaginare che a Sant'Ambrogio ci sarà una città intera: quella presente fisicamente e quella che avrebbe voluto esserci ma non ha potuto. Non sarà importante il numero, quasi che fosse una manifestazione qualsiasi. Conterà molto di più la presenza collettiva, quell'abbraccio discreto che Milano non ha mai fatto mancare a chi ama.

2 aprile 2013 | 9:19

da - http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/13_aprile_2/editoriale-enzo-jannacci-la-presenza-ugo-savoia-212444008104.shtml
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« Risposta #2 inserito:: Aprile 08, 2013, 06:54:08 pm »

Il percorso di Enzo Jannacci

E «l'ateo laico molto imprudente» si è avvicinato alla «via di Dio»

Giorgio Vittadini, presidente della Compagnia delle Opere: una storia privata


Si definiva ancora così, «ateo laico molto imprudente», e poi però andava oltre, in quell'intervista al Corriere del 6 febbraio 2009 che segna la prima traccia pubblica nel percorso privato di Enzo Jannacci verso la fede. Parlava di Eluana Englaro e diceva che no, lui non avrebbe mai interrotto le cure, e sembrava una posizione controcorrente: lui il medico-cantante «ateo laico» che la pensava come le gerarchie ecclesiastiche. E invece no, c'era qualcosa di più; attraverso il pensiero su Eluana e sul dramma di suo padre stava venendo in superficie la sensibilità nuova dell'artista. Quel giorno la spiegò così, con parole semplici e profonde, con un filo d'ironia che già virava al malinconico: «In questi ultimi anni la figura del Cristo è diventata per me fondamentale: è il pensiero della sua fine in croce a rendermi impossibile anche solo l'idea di aiutare qualcuno a morire. Se il Nazareno tornasse ci prenderebbe a sberle tutti quanti. Ce lo meritiamo, eccome, però avremmo così tanto bisogno di una sua carezza».

È un'immagine fondativa, quella carezza, nella sensibilità religiosa di Jannacci. Ieri Giorgio Vittadini, presidente della Compagnia delle Opere, ha letto un brano delle Scritture durante il funerale. E poi al Corriere ha raccontato: «Con Enzo siamo stati molto amici negli ultimi anni, in forma riservata. E anche il suo percorso di avvicinamento alla fede è stato molto privato, intimo e personalissimo». Con qualche significativa apparizione pubblica, come quella al meeting di Comunione e liberazione a Rimini nel 2009, dove Jannacci ha presentato il suo cd antologico The best. E quella mattina, in un'altra intervista, all'Avvenire, aveva raccontato della sua «via per arrivare a Dio». Da quei giorni si è cominciato a parlare di un suo avvicinamento proprio a Cl, e legati al movimento sono anche i due canti che hanno accompagnato le esequie di ieri, Qui presso a te e Romaria. È lo stesso Vittadini però a spiegare che «il percorso di Enzo non è stato in alcun modo incasellabile, né da strumentalizzare».

Jannacci lo ha raccontato soprattutto con un'immagine, un breve racconto che potrebbe essere il soggetto di una delle sue canzoni: «Ero piccolo, mi trovavo su un tram a Milano, c'era un signore che era talmente stanco che il braccio gli cadeva, una, due, tre volte. Portava gli occhiali, ma da povero. Da povero operaio. Per una frenata gli caddero quegli occhiali. Io ero indeciso se raccoglierli o meno, così nell'esitazione sono andato oltre, verso il tranviere. Quando mi sono girato, quell'uomo aveva di nuovo gli occhiali ed era sveglio. Aveva un'altra faccia, come se avesse ricevuto una carezza. Amo credere che sia stato Lui. Ora, sono passati anni: ho capito il significato della fede».

Gianni Santucci

3 aprile 2013 | 17:23© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/13_aprile_3/jannacci-ateo-laico-via-di-dio-212465708748.shtml
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