Admin
Utente non iscritto
|
|
« Risposta #15 inserito:: Marzo 31, 2008, 07:08:11 pm » |
|
Se la legalità è un optional
Dal G8 agli stadi.
Fino all'incredibile offerta di Berlusconi per Alitalia.
Ecco il paese dei diritti e regole à la carte
Domani pensa a me nella battaglia" avranno mormorato shakespearianamente i ragazzi travolti dalle cariche delle polizia nei carrugi di Genova in occasione di quel 'maledetto' G8, cinque anni fa. E ancora di più lo avranno pensato i giovani massacrati di botte dalla strafexpedition alla scuola Diaz; per non dire di quelli tradotti nel lager di Bolzaneto. A tanti, le violenze del dopo-G8 sono apparse inspiegabili, come se d'improvviso si fosse scatenata una tempesta di rabbia in un'Italia pacificata da quasi due decenni.
Come spiegare quel buco nero della coscienza, quell'azzeramento della civiltà, quello scivolamento inconcepibile verso il Sudamerica delle juntas? Osservatori lucidi e razionali , dal compianto Antonio Roversi a Donatella della Porta, hanno parlato di impreparazione dei corpi di polizia, disabituati da una lunghissima pace sociale a gestire manifestanti violenti, e abituati piuttosto a trattare con le tifoserie del calcio, con cui vigono ben altre prassi e ben altri codici. I tifosi vanno allo stadio con l'aspettativa, per molti, e la speranza, per alcuni, di menar le mani.
La polizia lo sa e si adegua. Dentro e fuori dagli stadi le si prende e le si dà senza tante storie - finché non ci scappa il morto, ovviamente. Lì sì, si va alla battaglia. Quel mondo è off- limits: le norme della convivenza civile sono sospese, accantonate. Ogni settimana, o anche più volte la settimana, si aprono in tutt'Italia spazi extra-legali dove si picchia, si ruba, si devasta, si incendia, si attaccano le forze dell'ordine nell'indifferenza più assoluta, con punizioni simboliche e ridicole. Anche nei suoi momenti di svago l'Italia scivola in territori privi di regole; o meglio, di sospensione delle regole.
C'è da stupirsi di questo? No: tutto ciò è in sintonia con lo spirito 'in-civico' che sta montando da anni. Per rispettare le norme è necessario sentirsi parte di una collettività, condividerne i fondamentali. Un paese di faticosa legittimazione come il nostro sembrava sulla strada di ricomporre le sue storiche fratture e, finalmente, di 'riconoscersi'. All'inizio degli anni Novanta, chiusa la ferita del terrorismo, tramontato il comunismo, metabolizzato il fascismo e i suoi stanchi epigoni, secolarizzati gli animi, scomparivano quelle tare che ne avevano fatto un 'paese senza'. Invece, i sentimenti di estraneità e di rifiuto nei confronti della comunità politica nazionale hanno ripreso vigore, grazie all'opera di diversi attori politici, dalla Lega Nord al neo-trotzkismo in salsa no-global, passando per l'anarco-berlusconismo e il revival clericale.
Mani Pulite è stata un'illusione. Il basso continuo dell'autorealizzazione individuale al di sopra di ogni norma e dell'anti-stato, del cinismo e del familismo, è di nuovo salito di tono. In questo impazzimento della convivenza civile nazionale la legalità, gli interessi collettivi, il senso del limite, sono degli optional. Il peggio è che si viene mitridatizzati dalle continue violazioni, per cui le reazioni sono sempre più flebili. Le dichiarazioni dell'on. Berlusconi sulla possibilità che i suoi figli intervengano in una iniziativa imprenditoriale che riguarda un bene (si fa per dire) pubblico come l'Alitalia, lette ad una audience di politologi americani, hanno suscitato un misto di ilarità e incredulità. Come è possibile che un uomo politico, candidato alla guida del governo, possa mescolare le sue fortune personali con gli interessi generali? Come è possibile che non ci siano fiumi di interventi indignati e richieste perentorie di smentite? È possibile invece, perché gli argini sono rotti. Dopo quindici anni di picconate al rispetto delle leggi, sulla base del principio della superiorità 'assoluta' dell'individuo - quasi una proiezione di un infantile delirio di onnipotenza - il sistema sta collassando.
In questo clima di irrilevanza della legalità trovano posto anche gli orrori della Diaz e di Bolzaneto. Se la pessima gestione delle forze dell'ordine negli scontri di piazza rientra nell'ambito dell'inesperienza o della concitazione del momento, le violenze perpetrate a freddo nei luoghi di custodia rientrano invece in una mentalità antica. Fanno parte di una concezione, ben radicata, da stato di polizia, dove la legge è qualcosa di evanescente, lontano e, soprattutto, discrezionale. Quanto è avvenuto cinque anni fa può rappresentare uno scivolamento improvviso, dettato da pulsioni autoritarie circoscritte o da una implicita autorizzazione 'dall'alto' a non usare i guanti. I tribunali, finalmente, definiranno le responsabilità penali. Quelle politiche vanno attribuite non solo a chi non ha mai esplicitamente condannato quelle condotte incivili, ma anche a chi ha legittimato una concezione dei diritti e della giustizia à la carte.
(28 marzo 2008)
da espresso.repubblica.it
|