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Autore Discussione: Oliviero Beha - Dal cinismo alla ragion civica («lista civica nazionale»).  (Letto 2946 volte)
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« inserito:: Settembre 27, 2007, 11:43:30 pm »

Dal cinismo alla ragion civica

Oliviero Beha


All'evidenza il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, e il capopopolo del «vaffa», Beppe Grillo, non sembrano avere molto in comune. In questo periodo sono addirittura opposti. Eppure su una cosa sembrano d'accordo: a giudicare dalle notizie di stampa sono entrambi contro l'ipotesi di una «lista civica nazionale». La cosa se fosse così (ma non è) sarebbe davvero curiosa e vale la pena di prenderla per vera ed analizzarla, a maggior ragione se permette di fare un po' di chiarezza sul «civismo» e sul «cinismo» diffusi. E la chiarezza impone che butti da subito sul tavolo tutte le carte: insieme a Pancho Pardi, Elio Veltri e Roberto Alagna promuovo l'iniziativa «Per una Repubblica dei cittadini» a partire da una «Lista civica nazionale», che sarà battezzata a Roma, in Piazza Farnese, il prossimo 6 ottobre, alle 15, fondandosi su un Manifesto per la Riforma della Politica sottoscritto oltre che dai promotori da alcuni collaboratori illustri di questo giornale, come Tabucchi, Travaglio, Ravera, e poi Fo, Rame, Imposimato, Barbacetto e diverse decine di migliaia di cittadini che l'hanno firmato ai banchetti o sul web. Quasi dimenticavo: il primo firmatario del Manifesto citato è «naturalmente» Beppe Grillo.

Scrive dunque Scalfari sul numero dell'Espresso in edicola che «anche Guglielmo Giannini nel 1946 cominciò esattamente così: lista civica nazionale che prefigurò il partito», dando dunque dell'ipotesi un giudizio assai negativo non si capisce bene se perché tale iniziativa è sbagliata di suo o perché è collegata al leader del «vaffa» che il padre nobile delle rotative detesta.

Alcune considerazioni. Giannini esce da una guerra civile, in un'Italia disfatta. Forse freudianamente Scalfari ci sta dicendo che anche questa, odierna, è un'Italia disfatta, sia pure in uscita «semplicemente» da una pace incivile? E a maggior ragione se il Paese è quello che esprime una formidabile protesta quantitativa (più di 300 mila firme in un giorno) e qualitativa (una giornata di democrazia diretta che potete virgolettare come volete ma che si è svolta senza incidenti e con grande pathos, ormai raro nelle adunate di partito), forse qualche motivo ci sarà pur se si vuol prescindere da Grillo, dal blog, dal V-Day e contorni. E deve essere forte, se è fortissimo il disagio.

Ma è troppo domandare a Scalfari se la profonda crisi di democrazia e di impegno in cui siamo immersi nell'attuale palude italiana è colpa di Grillo? E se non è di Grillo, di chi è? E lui stesso,uno dei principali attori politico-economici sub specie informativa dell'Italia del dopoguerra, non c'entra nulla, si chiama fuori? Dov’era mentre il Paese precipitava? È appena il caso di precisare per non favorire equivoci che la domanda non è solo per Scalfari, preso funzionalmente ad eponimo di un potere che conserva se stesso e accusa Grillo di «antipolitica». Ma lo fa in difesa, senza proposte reali né segnali di ravvedimento, per di più in un momento in cui complessivamente, in dosi oggettivamente complementari tra destra e sinistra, la politica viene vista da moltissimi italiani come un capestro costoso per il collo dei sudditi elettorali. Altro che cittadini, da tutti i punti di vista. Le spese e i privilegi della politica essendo ovviamente il sintomo della malattia, non la malattia stessa.

Ma a quel che pare neppure per i sintomi ci sono antibiotici in vista, se Prodi infelicemente se ne esce in tv da Vespa con frasi come «la società non è migliore della classe politica», affermazione che fa da epigrafe funeraria a quest'Italia sia nel caso che fosse vera, sia nel caso contrario, o intermedio, come ritengo. Pensate ai milioni di italiani occupati nel Terzo settore, nel volontariato, che sentono il loro presidente esprimersi così. Si debbono riconoscere politicamente rappresentati? Sicuri? E dall'altra parte c'è il Caimano con le altre specie predatorie...

Un passo indietro. Scorriamo gli anni. Nell'epoca di questo bipolarismo un po' straccione abbiamo avuto il colpo di mano democratico di Berlusconi, durato poco perché Bossi si era per un momento ravveduto.

Anche questa di Bossi che è bravo o cattivo secondo lo schieramento dovrebbe far ridere i polli. E il popolo di Grillo, o la stessa opinione pubblica se messa in condizione dalla stampa di vedere il mosaico tessera giustapposta a tessera,infatti ridono. E protestano. Nel sofferto primo quinquennio di centrosinistra, uno come Veltri ha fatto tutti i tipi di pulci all'intiera classe parlamentare, a partire dall'infausta Commissione Bicamerale. Ce ne siamo dimenticati? Poi è arrivato il ciclone Berlusconi, con i suoi cinque anni di leggi-vergogna, sputtanate dall'opposizione finché non è diventata forza di governo quando si è ben guardata dallo smontarle come aveva promesso.

Nel frattempo i girotondini di Moretti e Pardi erano in piazza a ricordare che con «questi leader la sinistra non vincerà mai», fino allo strepitoso 16 ottobre 2005, quando ufficialmente più di 4 milioni e 300 mila italiani urlarono alle urne delle Primarie che non ne potevano più. Il resto, dalla legge elettorale «porcata» ancora in vigore oggi in poi, è storia recente,o recentissima.

Anche solo per prendere in esame gli ultimi fatti mastelliani di Catanzaro, riassunti egregiamente da Fierro su queste colonne giorni fa: come volete che reagisca un’ opinione pubblica quando viene a sapere che il Guardasigilli vuol rimuovere un magistrato le cui inchieste toccano o sfiorano tra gli altri lui e il presidente del Consiglio? Se un intellettuale americano senza peli sulla lingua (è un linguista,infatti) come Noam Chomski sostenesse che il cortocircuito governo-opposizione-magistratura-stampa potrebbe far parlare di «golpe bianco» in Italia, per un enorme deficit di democrazia da tutti i punti di vista all'insegna dell'istituzione principe, quella del Conflitto di Interessi, dall'Italia che gli risponderemmo? Che esagera? Che esagera Grillo? Che esagerano i 300 mila firmatari che vogliono politici diversi, possibilmente non così pregiudicati né longevi né scelti nelle ridotte dei capipartito?

Evidentemente la piazza, sia essa virtual/informatica o reale, sempre più reale, non si contenta più oggi di risposte interne alla solita politica, non considera sufficiente un nuovo partito nato dalle ceneri e con i crismi di due partiti vecchi, rimanendo le stesse le persone, un segnale di novità sufficiente, una risposta alla crisi. Più profonda di quel che si vuol ammettere. Con caratteristiche al momento non recessive e non risolvibili da una «buona legge finanziaria», per necessaria che sia. Ci vorrebbe una Finanziaria dell'etica invece che solo del denaro, un'altra politica, segnali forti che non può dare una politica oggettivamente compromessa, sia pure in dosi differenti, né un'imprenditoria mascherata di novità che è vecchia e corresponsabile dello sfascio quanto la politica anche se veleggia sugli spruzzi di spuma marina del libro La casta. Vale per Montezemolo la domanda fatta a Scalfari: dov'era, durante il precipizio?

Rimarrebbe da dire di Grillo, e del popolo dei blog che, nella gratitudine e nei meriti diffusi, in parte pende dalle sue labbra e in parte va per la sua strada utilizzando però la stessa mappa, quella del disagio. Perché Grillo dopo aver firmato un Manifesto impegnativo come quello citato, prende ruvidamente le distanze da un progetto di «lista civica nazionale» andandosi così a trovare sulle medesime posizioni teoriche del suo opposto Scalfari? Mah... Naturalmente solo lui può rispondere a questa domanda. In privato ci appoggia, in pubblico «si riposa»: atteggiamento contraddittorio eppur legittimamente «grillesco» anche nel nomen omen. Troppo impegnativa forse almeno per ora una lista civica nazionale, meglio andare per gradi (e qui si rifarebbe all'analisi storiografica di Scalfari...).

Il punto interessante, non essendoci come ho scritto a Grillo, il copyright della disperazione, non è tanto però quello del frazionamento anche nella protesta, per il momento comprensibile visto che tutto sta succedendo in fretta, sia il terremoto italiano che il tentativo di non rimanerne sepolti, bensì quello che c'è dietro, o davanti. Senza uno sbocco nazionale, altra nota a margine di Scalfari fortissimo agli orali, le liste civiche locali rimangono troppo spesso ostaggio o appannaggio del cinismo politico, sballottate tra gli schieramenti che poi, nell'imbuto parlamentare,finiscono strozzati come stiamo vedendo. Ecco il motivo per prefigurarsi una Lista Nazionale a base di civismo politico. Ma con quali scopi? L'antipolitica di Grillo (peraltro politicissima nelle cose solo ad essere intellettualmente un pochino onesti e non soltanto custodi di privilegi)?

No, certo. In sintonia però con Grillo in quella che chiamerei invece che «antipolitica» qualcosa come «anti-comitati d'affari». Se la politica ha una circolazione sanguigna improntata al denaro, con tutto quello che ne consegue e che abbiamo sotto gli occhi, bisognerà fare l'analisi del sangue a questa partitocrazia, intesa complessivamente. Grillo parla del singolo parlamentare? Noi invece di tutti i partiti. Dopo sessant'anni di vita costituzionale, comincino per legge a configurarsi giuridicamente e penalmente, portino insomma i libri contabili in tribunale.

Una faccenda seria, riscontrabile, verificabile, trasparente, democratica (il Pd potrebbe insistere in questa direzione, a partire dal nome...): non più associazioni private in cui succede di tutto, ma figure giuridiche con tutto quello che comporta. Il Manifesto che Grillo e gli altri hanno firmato ha in calce questa petizione. Le altre seguiranno, dopo il 6 ottobre. Dal cinismo al civismo. È troppo poco? O è semplicemente troppo?

www.olivierobeha.it


Pubblicato il: 27.09.07
Modificato il: 27.09.07 alle ore 8.59   
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