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Autore Discussione: Piero Riccardi, Ernesto Pagano. Non inquinare l'acqua costa meno che depurarla?  (Letto 3426 volte)
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« inserito:: Marzo 09, 2013, 12:16:24 am »

Non inquinare l'acqua costa meno che depurarla?

Di acqua non inquinata ce n'è sempre meno e il business futuro sarà sempre di più legato alla depurazione, con costi destinati a crescere sempre più. -

Piero Riccardi, Ernesto Pagano


In tutta Italia i movimenti per l’acqua manifestano contro le recenti decisioni sulla tariffa idrica prese dall’Autorità per l’energia e il gas, incaricata dal governo Monti di individuare i criteri che stabiliscono la tariffa del servizio idrico integrato: in pratica quanto dovremo pagare l’acqua in bolletta.
Viene contestato che il “costo della risorsa finanziaria” introdotto ora in bolletta altro non è che un mascheramento della vecchia “remunerazione del capitale investito”, abolita dal referendum del giugno 2011.

In effetti, il vero nodo su cui si gioca la partita della tariffa idrica è il full cost recovery. Letteralmente “recupero integrale dei costi”, principio sancito dalla direttiva europea 2000/60 secondo la quale: «Gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse [...] secondo il principio chi inquina paga».
In pratica, nella bolletta dell’acqua vanno inseriti oltre a tutti i costi gestionali e finanziari, anche quelli che riguardano la qualità dell’acqua. Ma siccome di acqua non inquinata ce n’è sempre meno il business futuro sarà sempre di più legato alla depurazione, con costi destinati a crescere sempre più.

In Italia ci sono 57 Sin (Siti di interesse nazionale), sono pezzi d’Italia particolarmente inquinati, tanto vasti che superano i confini e le capacità di bonifica di un singolo Comune. Sono valli intere, bacini composti da più fiumi, laghi e mari: porto Marghera, Bagnoli, Taranto, il bacino del Pescara, della valle del Sacco, il Sarno, per citarne qualcuno. In Campania coprono 345.000 ettari, in Sardegna sono 445.000.
Complessivamente fanno circa 2000 kmq di fiumi, laghi e mari e più di 5000 kmq di terre. Ad inquinarli sono diossine, idrocarburi policiclici aromatici, metalli pesanti, solventi organoclorurati.

Questi 57 sono i siti tristemente noti per l’eccezionalità dell’inquinamento, ma ad inquinare terre e di conseguenza acque ci sono centinaia, migliaia di molecole, piccole e invisibili che continuamente tutti quanti noi, con le nostre attività quotidiane, contribuiamo a far finire nelle acque.
Sono i filtri Uv delle nostre creme solari, i detergenti, i farmaci per il mal di testa e gli antibiotici. A volte sono molecole dai nomi difficili come polibromodifenileteri – PBDE - che ci circondano quotidianamente infilate nei nostri cellulari, nei fili elettrici, nei computer, nelle automobili, in pratica in tutte le plastiche messe lì per ritardare la fiamma in caso d’incendio.

Tutto prima o poi finisce in un fiume, in un lago, nel mare o nelle falde profonde, messo in moto da un ciclo senza sosta fatto di pioggia, evaporazione e di nuovo di pioggia, il ciclo dell’acqua; che ormai non è più solo il ciclo dell’acqua perché, attaccato all’acqua, ora c’è un piccolo fardello di tante molecole, che diventa sempre più pesante.

Una delle maggiori fonti di inquinamento dell’acqua rimane l’agricoltura convenzionale, che usa massicciamente la chimica industriale. Diserbanti, fungicidi, insetticidi, fertilizzanti, prima o poi finiscono in falda.
Illuminante lo studio dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la protezione e la Ricerca Ambientale dal titolo “Monitoraggio nazionale dei pesticidi nelle acque”.

Si legge che «nel 2009 sono state vendute 147.500 tonnellate di prodotti fitosanitari, con un contenuto di principi attivi pari a 74.200 tonnellate; l'uso interessa circa il 70% della superficie agricola utilizzata. […] Per alcune delle sostanze la contaminazione è molto diffusa e interessa sia le acque superficiali, sia quelle sotterranee di diverse regioni, specialmente nel nord Italia dove le indagini sono più complete e rappresentative.
Gli erbicidi triazinici e alcuni prodotti della loro degradazione, come in passato, sono fra le sostanze più rinvenute sia nelle acque superficiali sia in quelle sotterranee, con concentrazioni spesso superiori ai limiti di riferimento. [...] come nelle zone dove l'uso della sostanza è più massiccio, la contaminazione interessa una percentuale molto elevata dei siti controllati: superiore all'80% dei punti delle acque superficiali in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna.
Come nei rapporti precedenti, si segnala ancora la presenza diffusa in tutta l'area padano-veneta di Atrazina, sostanza fuori commercio da circa due decenni. [...]. La contaminazione residua è più diffusa e raggiunge livelli più elevati nelle acque sotterranee.»

Dunque, da una parte abbiamo acqua sempre più inquinata, dall’altra aumenta la domanda di acqua per la crescita della popolazione mondiale. Più popolazione significa maggiore richiesta di acqua per uso diretto e indiretto - maggiore produzione di cibo, in particolare di carne che è grande consumatrice di acqua, ma anche acqua per la produzione di un qualsiasi bene. Valga l’esempio che dietro una t-shirt di cotone si nasconde un consumo di circa 2.500 litri d’acqua.

Forse siamo arrivati al punto che non ci si può accontentare di dare un valore pecuniario all’inquinamento dell’acqua: pago dunque inquino. Forse dobbiamo iniziare a considerare l’acqua, che è un bene finito di questo nostro pianeta finito, come qualcosa da preservare, che si può e si deve non inquinare.

In quest’ottica si può considerare il progetto di Eau de Paris: l’azienda idrica parigina, da poco ripubblicizzata, si è accordata con gli agricoltori dove sorgono i pozzi di prelievo dell’acqua per arrivare a non inquinare le falde. Ma forse, ci dice la presidente di Eau de Paris, Anne Le Strat, «tutto questo è possibile proprio perché siamo un’azienda pubblica».

Guarda l'inchiesta "Acqua passata" andata in onda a Report il 23 dicembre 2012


da - http://www.corriere.it/inchieste/reportime/ambiente/non-inquinare-acqua-costa-meno-che-depurarla/a37c98a4-81c4-11e2-aa9e-df4f9e5f1fe2.shtml
info@reportime.it8 marzo 2013 | 7:34© RIPRODUZIONE RISERVATA
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