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Autore Discussione: Pierangelo Soldavini. Dalla Borsa ai titoli di Stato all'euro: come ...  (Letto 1909 volte)
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« inserito:: Marzo 07, 2013, 07:00:34 am »

Dalla Borsa ai titoli di Stato all'euro: come l'incertezza politica in Italia si scarica sui mercati

di Pierangelo Soldavini

4 marzo 2013


L'entusiasmo a Piazza Affari è durato lo spazio di una seduta, quella di ieri quando l'ottimismo giunto da oltre Atlantico aveva fatto dimenticare i guai di casa nostra. Così le ricoperture hanno fatto ieri di Milano la migliore Borsa d'Europa con un rimbalzo del 2,8%. Ma oggi il clima è tornato stagnante, dominato dall'incertezza politica: mentre Francoforte vola ai massimi da cinque anni a questa parte, la Borsa italiana langue a ridosso dei livelli di ieri, senza una direzione precisa.

Un clima che ha dominato per tutta la settimana, con i mercati finanziari che continuano a interrogarsi sul possibile esito dello stallo politico uscito dalle urne italiane lo scorso fine settimana. Se si eccettua la fiammata di lunedì scorso, quando gli opinion polls avevano delineato uno scenario più stabile a urne appena chiuse, l'assenza di una maggioranza chiara e della prospettiva di un Governo stabile e solido continua a condizionare tutti i mercati.

Come ha riportato il Sole 24 Ore, l'incertezza politica uscita dalle urne è costata 17 miliardi in meno del valore delle aziende quotate a Piazza Affari, dopo che l'indice Ftse Mib ha perso il 3,5% nella settimana post-elettorale. E il fardello è appesantito da un aggravio di circa 1,2 miliardi di euro l'anno per le casse dello Stato derivante dall'aumento dello spread con i Bund tedeschi, passato da 287 punti prima del voto a 345 oggi, e dal conseguente aumento del costo per rifinanziare il debito pubblico. Insomma l'esito del voto continua a far sentire i suoi effetti con un processo che si autoalimenta. Ma perché e in che modo le prospettiva di assenza di una maggioranza chiara di governo deteriora i mercati finanziari.

Costi crescenti per il debito pubblico
Un debito pubblico da 2mila miliardi di dollari è uno stock enorme, i cui costi di rifinanziamento influiscono in maniera determinante. L'andamento dello spread è quindi determinante: un aumento di un punto percentuale dei tassi in fase di emissione dei titoli di Stato vale, a livello puramente indicativo, 4 miliardi di euro in più di debito pubblico. L'Italia ha modificato la Costituzione per inserire l'obbligo di pareggio di bilancio, ma intanto deve agire in maniera decisa per ridurre il debito complessivo, sia con misure una tantum come privatizzazioni e cessioni, sia con misure strutturali che portino alla riduzione delle spese. Tali misure saranno senza dubbio una delle priorità del prossimo governo ed è quindi chiaro che l'assenza di una maggioranza chiara che esprima una strategia precisa in questo ambito rende dubbiosi i mercati sul raggiungimento degli obbiettivi imposti dall'Unione europea nell'ambito dell'adesione all'euro. Uno scenario sui possibili esiti della crisi politica è stato presentato dal Siole 24 Ore.


 Il rischio rating
L'incertezza sulle manovra di risanamento strutturale delle finanze pubbliche rischia di provocare un ulteriore peggioramento del voto da parte delle agenzie di rating, i cui giudizi sull'affidabilità di un Paese, nonostante le critiche di questi ultimi anni, influiscono sugli investimenti e quindi, indirettamente, ancora una volta sullo spread e sul costo a cui l'Italia andrà a collocare i titoli del suo debito agli investitori. Come scrive il Sole 24 Ore, le tre agenzie di rating (Fitch, Moody's e Standard & Poor's) hanno già messo in revisione il loro giudizio sull'Italia e l'incertezza politica scaturita dal voto, se di carattere prolungato, rischia di portare il nostro Paese alla soglia dei "junk ", dei titoli spazzatura.

Sulla Borsa pesa la crescita
Oltre a influire sui costi del debito pubblico, lo scenario di incertezza politica influisce direttamente anche sulle prospettiva di crescita dell'economia, tanto più in un momento di crisi come quello attuale. L'assenza di una politica economica, fatta di incentivi e di misure di stimolo in grado di rilanciare la congiuntura, rende ben poco attraenti le prospettive di tutto il comparto industriale italiano, già soffocato da un elevato peso delle imposte. L'assenza di misure decise sul lato della crescita è già stata denunciata nei confronti del Governo di Mario Monti. Una maggioranza stabile avrebbe potuto, con ricette diverse da partito a partito, creare le condizioni per una ripresa congiunturale, prospettiva che adesso appare impantanata in un dibattito politico che appare concentrato invece sulle riforme strutturali legate alla trasparenza e alla riduzione dei costi della politica. Da tempo l'incertezza si era fatta sentire a Piazza Affari, che dall'inizio dell'anno è in territorio negativo, mentre le altre piazze europee hanno segnato un sia pur lieve segno positivo.

Le banche pagano il conto
Il comparto finanziario è quello che soffre di più di questo clima di incertezza. D'altra parte è quello che fa le spese un po' di tutte le incognite. Anche se quelle italiane sono risultate più solide delle altre controparti europee, le banche nel loro complesso sono uscite con le osse rotte dalla crisi dei mutui subprime e dei derivati. Il risultato è stato comunque un generale imballamento del mercato interbancario e a una stretta sul credito che ha coinvolto un po' tutti. Ma poi hanno dovuto fare i conti con un portafoglio ricco di titoli di Stato italiani su cui hanno accusato pesanti minusvalenze. E, dulcis in fundo, anche il sistema bancario ha dovuto affrontare la fase recessiva, con il conseguente aumento dei fallimenti, delle insolvenze e dei crediti in sofferenza. In assenza di un governo stabile e di una politica economica chiara, tutto il sistema creditizio continuerà di conseguenza a soffrire. Resta il fatto che in febbraio il listino azionario ha ceduto il 12%, mentre i bancari hanno lasciato sul terreno quasi il 19% e il comparto bancario ha bruciato 4,5 miliardi di euro in una settimana.

L'ondata anti-euro
Sarà pure una boutade senza alcuna conseguenza concreta, ma il referendum online sulla permanenza nell'euro cui ha fatto riferimento Beppe Grillo intercetta un senso diffuso di insofferenza nei confronti della moneta unica, che incarna le ricette di austerity di ispirazione tedesca considerate le vere responsabili dell'attuale imballamento congiunturale. Un anno fa lo scudo europeo aveva congelato le ondate di attacchi speculativi nei confronti dei titoli di Stato dei Paesi più deboli dell'area euro e la calma conseguente prosegue ancora, pur tra le fisiologiche oscillazioni dei mercati. Ma la protesta anti-euro, per il momento del tutto velleitaria, rischia di aprire un fronte dagli esiti imprevedibili. Certo lo scenario potrebbe invertirsi se, parallelamente alla soluzione della crisi poltitica italiana, anche l'Europa si lasciasse andare a politiche più espansive e accomodanti sul fronte della crescita.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-03-04/dalla-borsa-titoli-stato-165820.shtml?uuid=AbrHjTaH&p=2
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