LA-U dell'OLIVO
Marzo 29, 2024, 11:28:16 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1] 2
  Stampa  
Autore Discussione: MOVIMENTO 5 STELLE ...  (Letto 22832 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Marzo 02, 2013, 03:18:04 pm »

L'intervista. Il Docente che prepara il programma economico

Il prof che spiega l'economia secondo Grillo «Sì alla patrimoniale. Folle uscire dall'euro»

Gallegati:«Vanno ridotte le disuguaglianze, il sistema non regge più. Abolire stipendi pubblici? Sparata di Beppe»


«Il nostro vero problema è la troppa disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza. E poi nessuna uscita dall’euro, sarebbe un dramma, una stupidaggine assurda che diminuirebbe del 30-40% il reddito degli italiani, semmai ci vuole una vera unione politica dell’Europa come gli Stati Uniti, con una banca centrale in grado di svalutare la moneta». A cercare di tranquillizzare i mercati in questi giorni di forte fibrillazione da spread è il professor Mauro Gallegati, braccio destro per le questioni economiche di Beppe Grillo. Ha 55 anni, docente di macroeconomia
all’Università delle Marche, studi a Stanford e al Mit, amico e collaboratore del premio Nobel Joseph Stiglitz col quale ha scritto un paper sulla disuguaglianza che uscirà entro marzo per Micromedia. «E’ un documento importante che spero diventi una lettura di riferimento per i grillini eletti in Parlamento». Gallegati, da oltre dieci anni costretto su una sedia a rotelle per atassia, rivela che sta lavorando insieme a una decina di ricercatori della sua università per creare una task-force economica in grado di sostenere i nuovi deputati e senatori.
E poi parla delle idee che lui proporrà a Grillo come una patrimoniale sulle grandi ricchezze, l’abolizione del contante e lo stop a ogni altro aumento dell’Iva.

Quando ha conosciuto Grillo?
«Nel 1993. Ero a casa del fondatore dell’università Politecnica delle Marche Giorgio Fuà - mio maestro insieme a Paolo Sylos Labini - e quando seppe che andavo a teatro a vedere Grillo mi disse di portagli un libro sul Pil di cui avevano parlato al telefono. Da allora siamo rimasti sempre in contatto. E da quando è sceso in politica ci sentiamo quasi tutti i giorni».

È lei che ha elaborato il programma economico del movimento?
«Non tutto, io con i miei collaboratori ci siamo concentrati sui temi legati al lavoro e alla sostenibilità del sistema».

Si dice che Grillo consulti anche alti economisti come Loretta Napoleoni. Lei la conosce?
«Mai vista. Ma il movimento non è ancora organizzato e Grillo prende da ognuno di noi degli spunti, dei suggerimenti che poi elabora a modo suo. Ma presto faremo un programma condiviso».

Secondo lei quali sono i provvedimenti più urgenti?
«Ci vorrebbe una patrimoniale sull’1% più ricco dei contribuenti, una vera riforma fiscale per far emergere il lavoro nero e una rivoluzione del mercato del lavoro basata sulla partecipazione dei dipendenti alla vita e ai profitti dell’impresa. Stiamo lavorando con un gruppo di tributaristi e tra un paio di settimane usciremo con una proposta. In questa chiave va letto l’attacco che Grillo ha fatto ai sindacati: se i lavoratori entrano nella governance, ci vuole un altro tipo di rappresentanza».

Può essere più preciso sulla patrimoniale?
«Dovrebbe essere del 5-10 per cento su patrimoni di oltre i 10 milioni di euro. L’obiettivo principale, in linea con quanto sostenuto anche da Stiglitz, è la diminuzione delle diseguaglianze. Non si può andare avanti colpendo i soliti lavoratori dipendenti e le case. Lo sa che se va dall’aeroporto a Palermo città ci sono chilometri di case abusive? Insomma pagano, anche con l’Imu che sulla prima casa andrebbe abolita, i soliti noti. Per far emergere il nero credo la soluzione più concreta sia quella di abolire il contante per qualche anno. Tutto diventa tracciabile e tassabile. Così si potrà arrivare a una imposizione massima del 35%. Queste sono tutte idee che verranno messe in rete e vedremo la nostra gente cosa dice».

In questi giorni Grillo ha sostenuto che le pensioni e gli stipendi pubblici vanno aboliti e sostituiti con il reddito di cittadinanza.
È farina del suo sacco?
«Io non ne so nulla. Mi sembra chiaramente una provocazione delle sue. La verità è che occorre combattere il fenomeno del precariato perchè fra 30-40 anni i giovani di oggi che versano contributi bassissimi avranno una pensione risibile con enormi problemi sociali. E poi lottare contro la disuguaglianza. L’Italia in Europa è quella che ha più asimmetria. Anche se non ancora ai livelli Usa dove i sei eredi dell’impero Wal-Mart hanno una ricchezza equivalente al 30% della società statunitense».

E per le banche, vecchio cavallo di battaglia del vostro leader?
«Hanno un potere enorme, bisognerebbe tagliare loro un po' le unghie. Consiglio di leggere il libro di Vitali, Battiston e Glattfelder sui monopoli globali».

Lo sa Grillo che l’ingovernabilità costa cara? Ogni cento punti di spread in più sono circa 3 miliardi di euro all’anno...
«Lo sa benissimo. Ma non può buttare a mare i milioni di voti che ha avuto. Appena possibile penso che bisognerebbe convincere tutti a fare provvedimenti giusti in un arco di tempo compatibile».

Nel senso che anche lei è per un accordo con il Pd?
«Ho visto che sulla rete ci sono molti dissidenti alla linea dura, gente che preferisce cambiare stando dentro il sistema. Io credo che il modello corretto sia quello siciliano dove si decide in base ai provvedimenti proposti. In questa fase mi sembra che l’idea delle intese non sia molto popolare nel movimento».

Quando vi troverete per pianificare proposte economiche?
«Spero presto, sono molto preoccupato. E non solo per l’Italia perché questo modello di sviluppo non regge più. Se tutto il mondo oggi consumasse come gli Usa ci vorrebbero 4 pianeti. L’idea della crescita a tutti i costi non ha più senso».

Anche lei come Latouche per la decrescita?
«Assolutamente no, io sono per una crescita qualitativa e per un calcolo del Pil diverso come ha provato a dimostrare Joseph Stiglitz.
Insieme a Jean-Paul Fitoussi abbiamo scoperto che se oggi il Pil del mondo si fermasse ogni abitante avrebbe un reddito di 400 dollari l’anno. Una situazione insostenibile».

Roberto Bagnoli

28 febbraio 2013 (modifica il 1 marzo 2013)© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/13_febbraio_28/intervista-gallegati_12ff076e-81e5-11e2-aa9e-df4f9e5f1fe2.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #1 inserito:: Marzo 02, 2013, 03:24:38 pm »

Dopo il voto

Goldman Sachs, «entusiasmo» per il M5S

La banca d'affari attaccata da Grillo: novità eccitante, serve un cambiamento.

Don Andrea Gallo: «È la piazza che conta»


MILANO - Il giudizio che non ti aspetti, quello che ti sorprende. Il bacio del «nemico». Jim O'Neill, il guru di Goldman Sachs che ha coniato l'acronimo «Bric» (Brasile, Russia, India, Cina), sostiene (in un commento nello studio «Riforme non vuol dire austerity») di trovare «entusiasmante» l'esito delle Politiche. L'Italia, secondo l'economista, ha «bisogno di cambiare qualcosa di importante» e forse «il particolare fascino di massa del Movimento 5 Stelle potrebbe essere il segnale dell'inizio di qualcosa di nuovo». Insomma una promozione per Beppe Grillo a pieni voti, proprio da quella banca d'affari che il leader politico del movimento ha attaccato più volte. Anche con post dedicati, come «L'Europa di Goldman Sachs», del gennaio 2012, in cui venivano evidenziati i rapporti tra politici europei e l'istituto americano. Nell'occhio del ciclone (più volte) Mario Monti bollato come un «impiegato» (22 marzo 2012, ndr) della banca.

L'ALLEANZA DEI «PIGS» - Ancor più surreale il fatto che il giudizio di Goldman Sachs arrivi nel giorno in cui viene rilanciata sul web un'intervista di Grillo alla tv greca in cui il leader invita i «Pigs» (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna) ad allearsi contro le banche. «Magari faremo una associazione di solidarietà tra noi. Stiamo vicini e facciamo le stesse battaglie - sostiene lo showman -. O creeremo una alleanza tra noi Pigs perché intanto ci abbandonano: appena si saranno ripresi i soldi, le banche tedesche e francesi ci mollano». E ancora: «Se trovate uno come me in Grecia, potete iniziare a fare movimento di rete e fare meet-up, riunirvi e iniziare ad impattare nella politica le idee che avete nelle piazze». Sul blog, come editoriale de «La settimana», Grillo sceglie uno stralcio del «Manifesto per la soppressione dei partiti politici» di Simone Weil: «Il fine primo e, in ultima analisi, l'unico fine di qualunque partito politico è la sua propria crescita, e questo senza alcun limite. Per via di queste caratteristiche ogni partito è totalitario in nuce e nelle aspirazioni».

GRILLO E HITLER - E proprio su Internet sorge un nuovo caso, con un parallelo diffuso sui social network in cui si accosta un discorso di Adolf Hitler ai comizi del capo politico del movimento. Ovviamente, il confronto ha causato la reazione sdegnata dei militanti grillini, impegnati anche ieri nella discussione su un eventuale appoggio a un governo di centrosinistra. A La Zanzara il neosenatore campano Bartolomeo Pepe dichiara: «Per me Chavez è un modello, non Bersani. Molto meglio Chavez, che non vuole smacchiare il Giaguaro». E mentre sul web si dibatte, i neodeputati (in vista del vertice romano in cui verranno decisi linea e incarichi) si affacciano a Montecitorio: cinque eletti si sono presentati ieri alla porta principale del palazzo. Ma da lì non sono stati fatti entrare: per registrarsi, viene spiegato a una di loro, l'entrata da usare è quella sul retro. «È stato come in primo giorno di scuola», hanno detto ai microfoni de Il fatto quotidiano. E in serata militanti e alcuni neoeletti si sono dati appuntamento sempre a Roma in un pub in piazza dell'Esquilino per festeggiare.

DON ANDREA GALLO - Venerdì ha commentato l'esito elettorale anche don Andrea Gallo: «I grillini hanno avuto consenso perché sono scesi in piazza tra la gente, sono entrati in politica dal basso - ha detto il sacerdote -. È la piazza che conta, l'agorà che conta. Si parte da lì. Per mesi Grillo ha riempito le piazze, e gli altri non capivano. Ecco la sua vittoria».

E. Bu.

2 marzo 2013 | 8:04© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/13_marzo_02/goldman-sachs-entusiasmo-grillo_f1169a02-8303-11e2-839d-17a05d1096bb.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #2 inserito:: Marzo 02, 2013, 03:34:40 pm »

Grillo: "Ok a governo Pd-Pdl, per legge elettorale e tagli"

Il leader 5 stelle in un'intervista al settimanale tedesco Focus: "disposti a sostenerlo se si impegnasse a realizzare queste prime misure".

Ma, aggiunge, "non lo faranno mai, stanno bluffando per guadagnare tempo"


ROMA - Il MoVimento 5 Stelle è disposto a sostenere un governo formato da Pd e Pdl se come prima misura approvasse una riforma elettorale e si impegnasse a tagliare i costi della politica: lo dice Beppe Grillo in un'intervista a Focus.

"Se Bersani e Berlusconi proponessero l'immediata modifica della legge elettorale, la cancellazione dei rimborsi elettorali e la durata massima di due legislature per ogni parlamentare, sosterremmo ovviamente subito un governo del genere", ha dichiarato al settimanale tedesco. Grillo ha detto però di non credere a questa ipotesi, poichè a suo avviso Pd e Pdl "non lo faranno mai, stanno solo bluffando per guadagnare tempo".

Nel corso dell'intervista il leader del M5S ha detto che il sistema economico italiano è ormai al collasso e i fondi dello Stato basteranno per coprire le spese al massimo per i prossimi sei mesi: "Ai vecchi partiti do ancora sei mesi e poi è finita", spiega, sottolineando che "a quel punto non riusciranno più a pagare né le pensioni, né gli stipendi pubblici". Grillo chiede che l'Italia tratti con l'Europa una rinegoziazione del suo debito pubblico: "Siamo schiacciati non dall'euro, ma dai nostri debiti, con 100 miliardi di euro all'anno di interessi siamo morti, non ci sono alternative (alla rinegoziazione, ndr)".

L'ex comico genovese ha paragonato la situazione dello Stato a quella di una società per azioni: "Se ho acquistato azioni di un'azienda e questa
fa bancarotta", ha spiegato, "allora ho avuto sfortuna. Ho rischiato e ho perduto". A suo avviso, se le condizioni non dovessero cambiare, l'Italia dovrebbe uscire dall'euro e tornare alla lira. Il leader di M5S si rallegra poi del fatto di non avere preso ancora più voti di quelli che ha raccolto: "Saremmo stati forse un po' preoccupati se avessimo ottenuto subito la maggioranza. Questa è stata solo la prova generale".

(02 marzo 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/03/02/news/grillo_a_focus_ok_governo_pd_pdl_per_legge_elettorale_e_tagli-53700529/?ref=HREA-1
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #3 inserito:: Marzo 02, 2013, 03:48:34 pm »

Una simpatizzante del movimento gli ha recapitato una lettera nella villa di Bibbona

«Grillo nostro, liberaci da Berlusconi»

Il remake del Pater Noster della grillina

Si chiama Anna Maria Bacci e dice di riporre grandi aspettative nel movimento 5 Stelle



Passeggiate sul lungomare di Marina di Bibbona, provincia di Livorno. Travestimenti per proteggersi dal flash dei fotografi.
Gag per confondere cronisti e soliti curiosi.
E ora l'ennesima nota di colore sul principale protagonista della scena politica: il comico iracondo e dissacrante Beppe Grillo.

LA LETTERA - Una simpatizzante del Movimento 5 Stelle gli ha lasciato una lettera nella buca per la corrispondenza con su scritto il remake del Padre Nostro in versione grillina. La donna, dopo aver osservato i cronisti ha ritirato fuori un foglietto che ha infilato nella cassetta. «Grillo nostro, che sei al governo, sia fatta la tua volontà», comincia così la preghierina di Anna Maria Bacci, che si conclude con «ma liberaci da Berlusconi». Bacci, una signora di mezza età, ammette di aver votato il Movimento 5 Stelle e sottolinea di riporre «grandi aspettative» nei grillini. L'ho votato, spero che qualcosa cambi. Si allei con chi gli pare, ma faccia qualcosa di buono e ci liberi da Berlusconi», ha concluso tornando alla sua automobile.

Redazione Online

2 marzo 2013 | 13:31© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/13_marzo_02/elettrice-lettera-grillo-berlusconi_2eb0992e-8333-11e2-839d-17a05d1096bb.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #4 inserito:: Marzo 05, 2013, 05:02:59 pm »

5Stelle, la rivoluzione politica di Meetup: le sezioni al tempo della Rete e quel 25%

Non esiste una sede fisica e ogni volta può cambiare. Solo nello scorso weekend attraverso questa piattaforma sono state organizzate riunioni in 250 luoghi. Qui dal 2005 è iniziata la discussione dei temi più importanti: acqua, ambiente, trasparenza della vita pubblica

di RICCARDO LUNA


ROMA - Se qualcuno ancora si stesse chiedendo come mai Beppe Grillo ha vinto le elezioni politiche del 2013, potrebbe trovare le risposte che cerca facendosi un giro su Meetup.
È il Facebook della politica, la trasformazione delle vecchie sezioni di partito al tempo delle rete. La differenza più evidente è che non esistono sedi fisiche: tramite Meetup ci si vede ogni volta dove capita, in un bar, in una sala in prestito oppure a casa di qualcuno. A costo zero o quasi. In questo momento ci sono 865 gruppi di "amici di Beppe Grillo" in 711 città di tutto il mondo, comprese Londra, Parigi, Ginevra, San Francisco e Perth, in Australia, dove ci sono "tre cittadini in autoesilio volontario".

Alcuni meetup sono vecchi di otto anni, gli ultimi dieci sono appena nati, fra il 1 e il 2 marzo. Complessivamente si tratta di oltre centoventimila cittadini che si impegnano sul loro territorio per quello che considerano essere il bene comune: acqua, rifiuti, ambiente, trasparenza della politica. La seconda differenza con molte sezioni di partito è che i meetup sono attivi davvero. Solo nello scorso weekend attraverso questa piattaforma sono state organizzate riunioni fisiche in oltre 250 luoghi. L'elenco completo è impressionante: ci sono tutte le grandi città, ma anche decine di comuni minuscoli, aree rurali, zone montane. Una capillarità che ricorda quella che i partiti avevano una vita fa. Se poi uno volesse farsi una idea sulla cultura dominante nei meetup, sulla famosa antipolitica, potrebbe restare stupito di trovare fra le icone anche quella del presidente della Repubblica Sandro Pertini che agita il pugno in un momento d'ira. Sono passati trent'anni da quella foto: probabilmente sferzava i partiti.

Senza i Meetup non ci sarebbe stato il moVimento 5 Stelle e senza l'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001, non ci sarebbe stato Meetup. Il suo fondatore, Scott Heiferman, ai tempi viveva ad un paio di chilometri di distanza da quello che sarebbe diventato Ground Zero. Era uno startupper digitale della prima ora, convinto che con Internet le comunità locali non contavano più nulla. Dopo il crollo delle Torri, rimase stupefatto di scoprire che i newyorchesi sopravvissuti non si ignoravano più: adesso si salutavano e si aiutavano. Volevano incontrare i loro vicini. Lì nacque l'idea di usare Internet per far crescere le comunità locali: per far incontrare le persone con interessi comuni. Nove mesi dopo era nato Meetup che non serve solo alla politica, anzi, ma che in undici anni ha giocato un ruolo imprevedibile nella politica americana che è utile accennare per capire quello che sta capitando in Italia. Secondo Micah Sifry, presidente del New York Tech Meetup, se si fa eccezione per il forte utilizzo che ne fece il candidato democratico Howard Dean nel 2004, con il tempo Meetup ha favorito la formazione di movimenti alternativi quando non apertamente antagonisti al sistema: e quindi Occupy Wall Street e sul fronte opposto il Tea Party. Due numeri a confronto rendono l'idea: ci sono 71 meetup che fanno riferimento al presidente Barack Obama, e più di 700 che si richiamano al Tea Party mentre ben 3007 comunità sono tuttora riunite sotto la bandiera di Occupy Together. Chiosa Sifry: "È improbabile che da Meetup emerga un candidato presidenziale, ma la piattaforma sta giocando un ruolo ancora più importante: portare nuove voci nel dibattito politico. E in un paese dove spesso le differenza fra democratici e repubblicani sono difficili da individuare, questa è una cosa buona per la democrazia".

In Italia i Meetup degli Amici di Beppe Grillo sono nati a partire dal 2005 quando la pressione sul blog beppegrillo.it si è fatta insostenibile: i meetup sono stati un modo per canalizzare e non disperdere le migliaia di commenti che seguivano ogni post del leader e la voglia di partecipazione attiva a livello locale. È da allora che Damien Lanfrey, un giovane ricercatore italiano di stanza alla City University di Londra, si è messo a studiare da vicino la trasformazione di un blog in un movimento civico. Il lavoro è durato sei anni, ha prodotto molte relazioni accademiche approfondite ed oggi, guardandosi indietro, Lanfrey dice che "Meetup, nonostante i difetti della piattaforma, ha permesso ai XXXXXXXX di sviluppare ogni volta una agenda locale diversa che con il tempo è diventata attivismo". La ragione del successo politico sarebbe da rintracciare quindi anche qui in quello che Lanfrey chiama l'ingaggio con la cittadinanza: "Otto anni di reale e costante ingaggio. Dalla assidua e spesso colorita presenza nelle piazze delle città ad un legame costruito fianco a fianco con il mondo dell'associazionismo che, tradizionalmente più vicino ad un ecosistema di sinistra, ha trovato nel Movimento un supporto credibile, duraturo e spesso strategico". No, lo tsunami non è arrivato a sorpresa.

(05 marzo 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/03/05/news/meetup_rivoluzione-53890946/
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #5 inserito:: Marzo 06, 2013, 12:17:12 pm »

5Stelle, la rivoluzione politica di Meetup: le sezioni al tempo della Rete e quel 25%

Non esiste una sede fisica e ogni volta può cambiare. Solo nello scorso weekend attraverso questa piattaforma sono state organizzate riunioni in 250 luoghi. Qui dal 2005 è iniziata la discussione dei temi più importanti: acqua, ambiente, trasparenza della vita pubblica

di RICCARDO LUNA


ROMA - Se qualcuno ancora si stesse chiedendo come mai Beppe Grillo ha vinto le elezioni politiche del 2013, potrebbe trovare le risposte che cerca facendosi un giro su Meetup.
È il Facebook della politica, la trasformazione delle vecchie sezioni di partito al tempo delle rete. La differenza più evidente è che non esistono sedi fisiche: tramite Meetup ci si vede ogni volta dove capita, in un bar, in una sala in prestito oppure a casa di qualcuno. A costo zero o quasi. In questo momento ci sono 865 gruppi di "amici di Beppe Grillo" in 711 città di tutto il mondo, comprese Londra, Parigi, Ginevra, San Francisco e Perth, in Australia, dove ci sono "tre cittadini in autoesilio volontario".

Alcuni meetup sono vecchi di otto anni, gli ultimi dieci sono appena nati, fra il 1 e il 2 marzo. Complessivamente si tratta di oltre centoventimila cittadini che si impegnano sul loro territorio per quello che considerano essere il bene comune: acqua, rifiuti, ambiente, trasparenza della politica. La seconda differenza con molte sezioni di partito è che i meetup sono attivi davvero. Solo nello scorso weekend attraverso questa piattaforma sono state organizzate riunioni fisiche in oltre 250 luoghi. L'elenco completo è impressionante: ci sono tutte le grandi città, ma anche decine di comuni minuscoli, aree rurali, zone montane. Una capillarità che ricorda quella che i partiti avevano una vita fa. Se poi uno volesse farsi una idea sulla cultura dominante nei meetup, sulla famosa antipolitica, potrebbe restare stupito di trovare fra le icone anche quella del presidente della Repubblica Sandro Pertini che agita il pugno in un momento d'ira. Sono passati trent'anni da quella foto: probabilmente sferzava i partiti.

Senza i Meetup non ci sarebbe stato il moVimento 5 Stelle e senza l'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001, non ci sarebbe stato Meetup. Il suo fondatore, Scott Heiferman, ai tempi viveva ad un paio di chilometri di distanza da quello che sarebbe diventato Ground Zero. Era uno startupper digitale della prima ora, convinto che con Internet le comunità locali non contavano più nulla. Dopo il crollo delle Torri, rimase stupefatto di scoprire che i newyorchesi sopravvissuti non si ignoravano più: adesso si salutavano e si aiutavano. Volevano incontrare i loro vicini. Lì nacque l'idea di usare Internet per far crescere le comunità locali: per far incontrare le persone con interessi comuni. Nove mesi dopo era nato Meetup che non serve solo alla politica, anzi, ma che in undici anni ha giocato un ruolo imprevedibile nella politica americana che è utile accennare per capire quello che sta capitando in Italia. Secondo Micah Sifry, presidente del New York Tech Meetup, se si fa eccezione per il forte utilizzo che ne fece il candidato democratico Howard Dean nel 2004, con il tempo Meetup ha favorito la formazione di movimenti alternativi quando non apertamente antagonisti al sistema: e quindi Occupy Wall Street e sul fronte opposto il Tea Party. Due numeri a confronto rendono l'idea: ci sono 71 meetup che fanno riferimento al presidente Barack Obama, e più di 700 che si richiamano al Tea Party mentre ben 3007 comunità sono tuttora riunite sotto la bandiera di Occupy Together. Chiosa Sifry: "È improbabile che da Meetup emerga un candidato presidenziale, ma la piattaforma sta giocando un ruolo ancora più importante: portare nuove voci nel dibattito politico. E in un paese dove spesso le differenza fra democratici e repubblicani sono difficili da individuare, questa è una cosa buona per la democrazia".

In Italia i Meetup degli Amici di Beppe Grillo sono nati a partire dal 2005 quando la pressione sul blog beppegrillo.it si è fatta insostenibile: i meetup sono stati un modo per canalizzare e non disperdere le migliaia di commenti che seguivano ogni post del leader e la voglia di partecipazione attiva a livello locale. È da allora che Damien Lanfrey, un giovane ricercatore italiano di stanza alla City University di Londra, si è messo a studiare da vicino la trasformazione di un blog in un movimento civico. Il lavoro è durato sei anni, ha prodotto molte relazioni accademiche approfondite ed oggi, guardandosi indietro, Lanfrey dice che "Meetup, nonostante i difetti della piattaforma, ha permesso ai XXXXXXXX di sviluppare ogni volta una agenda locale diversa che con il tempo è diventata attivismo". La ragione del successo politico sarebbe da rintracciare quindi anche qui in quello che Lanfrey chiama l'ingaggio con la cittadinanza: "Otto anni di reale e costante ingaggio. Dalla assidua e spesso colorita presenza nelle piazze delle città ad un legame costruito fianco a fianco con il mondo dell'associazionismo che, tradizionalmente più vicino ad un ecosistema di sinistra, ha trovato nel Movimento un supporto credibile, duraturo e spesso strategico". No, lo tsunami non è arrivato a sorpresa.

(05 marzo 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/03/05/news/meetup_rivoluzione-53890946/
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #6 inserito:: Marzo 07, 2013, 06:51:13 am »

Morozov e la "retorica web" del M5S "Sono scatole oscure, non democrazia"

Il politologo bielorusso, autore del best-seller "L'ingenuità della Rete", analizza l'ascesa del movimento di Grillo.

"Il problema della politica non sono i costi della comunicazione, c'è ancora bisogno di leader e di messaggi universali".

Internet? "Un trucco per legittimare un movimento di dilettanti"

di RAFFAELLA MENICHINI

Con il suo The Net Delusion (L'ingenuità della Rete, Codice Edizioni) due anni fa Evgeny Morozov scuoteva l'establishment intellettual-tecnofilo americano e internazionale con tesi provocatorie e appassionate contro la retorica che ci voleva all'alba di una nuova democrazia globale scaturita grazie alla Rete. Una sorta di batteria di fuoco di controinformazione sparata sulla tesi di una Rete salvifica, potenziale sostituto delle pratiche politiche, associative, comunitarie "tradizionali" e piramidali in favore di una distribuzione egualitaria dei mezzi di partecipazione grazie agli strumenti offerti da Internet. Tesi smontata pezzo a pezzo, con un'approfondita analisi degli interessi economici e di potere che giocano (soprattutto in Europa dell'Est, da cui proviene il bielorusso Morozov, ma non solo) dietro questa retorica, ma che cela anche una grande passione: la Rete è uno strumento eccezionale, ma bisogna scoprirla e saperla usare per non esserne strumentalizzati. Lo stesso filone che il giovane (nato nel 1984) politologo, blogger e ricercatore all'Università di Stanford, svilupperà nel suo prossimo libro ("To save everything, click here"). Il suo è dunque un punto di vista radicale sulla "retorica digitale" che - sostiene - è stato il principale ingrediente dello straordinario successo del Movimento 5 Stelle: "Rischiate che il vuoto politico si riempia di totalitarismo o managerialismo". Ma che non è un fenomeno isolato, mentre negli Usa sta prendendo piede la politica-marketing: messaggi su misura per gli elettori, a scapito del messaggio calibrato sull'interesse collettivo.

Esistono precedenti nel mondo di un movimento nato e cresciuto sul web che raggiunga un successo elettorale di questo livello?
"Ci sono molti esempi di cittadini consultati su come governare o coinvolti in processi decisionali minori ma non mi risultano esempi simili in caso di elezioni politiche. Credo che i partiti Pirata in Svezia e Germania abbiano sperimentato metodi simili, anche se non su questa scala".

Perché è successo in Italia, perché ora?
"Sarei cauto nell'attribuire un ruolo eccessivo alla cultura di Internet in tutto questo. Se parliamo di partiti nuovi nati dal nulla e che in tre anni diventano così popolari - allora sì, ce ne sono altri, e alcuni di questi esempi sono piuttosto orribili. Ora, non per aderire a strani determinismi - non sto dicendo che Internet non ha contato nulla - ma la risposta al perché in Italia, perché adesso ha a che fare con i problemi strutturali della politica e dell'economia italiane più che con le trasformazioni rivoluzionarie suscitate da Internet. Ovviamente, Grillo e i suoi luogotenenti non vogliono essere visti come un partito marginale con programmi ambigui: i paragoni storici, purtroppo, non giocano in loro favore e incuterebbero paura. Così preferiscono giocare la carta di Internet e pretendere di essere solo la naturale e inevitabile conseguenza dell'"era di Internet". Ma io penso che tutto questo parlare di 'era' - lo Zeitgeist e lo spirito di Internet - sia in gran parte privo di senso".

Il motto di funzionamento del movimento è "uno vale uno": niente leader, consultazione diretta su ogni questione, nessuna identificazione destra/sinistra, capacità professionali opposte a professionismo della politica. E' un modello che può funzionare - considerando anche lo stato di deterioramento della credibilità della politica italiana?
"Non vivo in Italia e quel che so della vostra politica mi viene dalla lettura di giornali americani, britannici e a volte tedeschi e da qualche amico italiano. Ma anche con queste mie limitate conoscenze, l'ultima volta che me ne sono occupato il M5S aveva un leader - anche piuttosto buffo - e anche un ufficio in una zona piuttosto costosa di Milano. Non è questa una sorta di gerarchia? Ci sono due modi di pensare al M5S: uno è che il loro tentativo di sfuggire alla politica - con i suoi leader e le sue gerarchie - non possa funzionare perché il motivo per cui abbiamo bisogno di leader e gerarchie non sempre ha a che fare con i costi della comunicazione. Qual è il contributo di Internet? Che riduce i costi della comunicazione. Ma i leader e le gerarchie servono a creare carisma e dare un'idea di coesione e credibilità in fase di negoziazione con gli altri partiti. Questo Internet non può cambiarlo: carisma e disciplina non si fanno con i byte. Qualcuno deve pur rispondere ai commenti al blog, non è che se ne vadano da soli.

"Il secondo punto di vista è che questo deliberato tentativo di sfuggire alle caratteristiche della politica - ideologia, negoziazione, prevaricazione occasionale e ipocrisia - può solo peggiorare le cose. Di fronte a una qualsiasi fluttuazione del sistema politico attuale (e il cielo sa quante ce ne possano essere in Italia), l'imperfezione è meglio di un'alternativa che in questo caso potrebbe essere l'eliminazione di ogni spazio di manovra e la sostituzione della politica con una qualche forma di managerialismo o di totalitarismo populista. L'eccellente libro del 1962 di Bernard Crick "In Defence of Politics" ("In difesa della politica", ed. Il Mulino, 1969, ndr) dovrebbe essere distribuito ampiamente in Italia: è il miglior argomento del perché i sogni populisti e tecnocratici di abbandono della politica siano sbagliati".

Molti osservatori in Italia hanno messo in luce il problema dello stretto controllo esercitato da Grillo e da Gianroberto Casaleggio e la mancanza di trasparenza nelle scelte del Movimento, specialmente nel processo di selezione dei candidati e di votazione. Solo gli aderenti di lunga data possono accedere alle piattaforme di voto, mentre il blog di Grillo è lo spazio pubblico in cui il dibattito si svolge in maniera aperta. Qual è la sua opinione su questo modello?
"Non mi sorprende. Ci sono tutta una serie di miti su come funzionano le piattaforme online. Progetti come Wikipedia, Google e Facebook ci hanno insegnato - e anche condizionato - a pensare che funzionano in modo oggettivo, neutrale e del tutto evidente. Ovviamente non è vero: nel caso di un progetto come Wikipedia, sono molte poche le persone - tra loro c'è il suo fondatore Jimmy Wales - che capiscono come funziona davvero. Nessuno conosce tutte le regole che innescano il meccanismo Wikipedia: ce ne sono troppe. Lo stesso per Google: non sappiamo come funzionano i suoi algoritmi e loro hanno resistito a ogni sforzo di renderli esaminabili. Ed ecco cosa accade: abbiamo una serie di caratteristiche di progetti che pensiamo rappresentino "la Rete" e poi trasferiamo queste caratteristiche dentro la Rete stessa in modo che qualsiasi progetto scaturisca dalla Rete ci sembra avere le stesse caratteristiche. Non mi sorprende che il 5Stelle affermi di essere totalmente orizzontale, trasparente e basato sulla Rete nel momento in cui applica alcune di queste caratteristiche. E' così che funziona la cultura di Internet: conoscono il suo linguaggio e i suoi trucchi retorici. Un altro esempio? Twitter. Tutti pensano che sia una piattaforma che permette a chiunque, dalla sua camera da letto, di essere altrettanto influente di un commentatore di grido a proposito del futuro della Rete. Ma anche questo è un mito: la maggior parte dei commentatori della Rete che si dicono ottimisti sul suo futuro compaiono nelle liste di "chi va seguito" - compilate dalla stessa azienda Twitter e che gli permettono di acquisire molti più follower di tutti noi. Per esempio, le persone con cui io ho i miei scontri intellettuali - come Clay Shirky o Jeff Jarvis - hanno molti più follower di me ma non perché sono più divertenti (non lo sono!), ma perché l'azienda Twitter amplifica deliberatamente il loro messaggio. Dunque cosa c'è di così democratico e orizzontale nell'ecosistema dei nuovi media?

"Secondo me molte delle piattaforme online usate per l'impegno politico funzionano più o meno come scatole nere che nessuno può aprire e scrutare. La gente ha l'illusione di partecipare al processo politico senza avere mai la piena certezza che le proprie azioni contano. Non è esattamente un buon modello per la ridefinizione della politica".


 L'Italia ha un grosso problema di infrastrutture digitali. Siamo agli ultimi posti in Europa per l'accesso alla banda larga. Questo è compatibile con l'aspirazione a una "democrazia digitale"?
"Non si può dare la colpa a un partito politico se non riesce a raggiungere tutti. Perciò va benissimo che si cerchi di utilizzare questi nuovi metodi adesso piuttosto che tra 15 anni, quando tutti saranno connessi. Il pericolo vero è che i processi amministrativi ed elettorali siano rivisti in modo da rendere impossibile la partecipazione alla politica senza tecnologie digitali. Non penso che possa accadere presto, ma è una possibilità. Ci sono tanti progetti digitali in questo spazio civico e politico e specialmente in questa prima fase esiste una specie di pericoloso discrimine di autoselezione: si organizzano importanti riunioni per decidere le regole con cui procedere e solo chi ci capisce di tecnologia (i geek) partecipano. E naturalmente se sono solo i geek a decidere le prime regole mi preoccupa l'esito di queste piattaforme e progetti".

Come giudica i software open-source per i processi decisionali come Liquid Feedback - o i sistemi di voto elettronico come il metodo Schulze? Sono strumenti utili anche per partiti politici diciamo così, convenzionali?
"Nel mio nuovo libro (che negli Usa esce il 5 marzo) ho un lungo capitolo su Liquid Feedback. E' un tema complesso. Come strumento per condurre focus group all'interno di un partito è uno strumento piuttosto efficace. Il rischio nasce quando piattaforme di questo tipo vengono lanciate come strumenti nuovi per far politica - tipo cittadini che delegano i loro voto ad altri cittadini su questioni di cui sanno poco. Non credo molto nella delega a questo livello. Nel libro in realtà ricordo che alcune di queste aspirazioni esistevano già negli anni Sessanta - almeno negli Usa, con la Rand Corporation - quando molti consiglieri politici tecnlogici pensavano che - attraverso il telefono e le tv via cavo - i cittadini sarebbero stati capaci di delegare i proprio voti a persone più competenti. Come ho già detto, questa visione nasce dall'idea che il problema da risolvere siano i costi della comunicazione e si cerca nelle tecnologie il salvatore. Se invece non pensassimo che il motivo per cui la politica opera nel modo in cui opera è legato ai limiti della comunicazione, allora avremmo una visione più sensata di quel che la tecnologia può darci. Ora negli Usa abbiamo un grande problema di uso massiccio di big data e micro-targetting, specialmente sulla Rete, perché i politici e i partiti presto saranno in grado di fare promesse ritagliate su misura dell'individuo a tutti noi - facendo leva sulle nostre paure e i nostri desideri più profondi - e ovviamente li voteremo più volentieri grazie a questa strategia. Non sono sicuro che valga la pena costruire una società in cui gli elettori ricevono promesse personalizzate - che nessuno potrà mai soddisfare. Eppure questa è la direzione. Una delle attrattive del vecchio e inefficiente sistema dei media - in cui un partito doveva formulare un messaggio universale mirato a tutti coloro che lo ascoltassero - era che costringeva i politici a prendere sul serio le proprie ideologie. Dovevano suonare coerenti, assicurarsi che le proprie posizioni non si sfaldassero. In un mondo in cui nessuno può controllare i messaggi personalizzati che i politici inviano ai singoli elettori non c'è bisogno di essere coerenti o di sforzarsi di formulare un'idea. E' pericoloso".

L'Italia si trova anche al centro della grande crisi dell'eurozona, con potenziali forti impatti internazionali. Per la prima volta c'è un "movimento digitale" non assimilabile a un partito tradizionale che ha una grande forza in Parlamento. Questo pone una sfida anche alle controparti internazionali, in termini di approccio diplomatico, relazioni, linguaggio?
"Di nuovo, io non vivo in Italia. Non so esattamente cosa significhi 'movimento digitale'. Possiamo chiamarlo 'movimento di dilettanti'? Posso capire perché per esempio il partito Pirata in Germania venga chiamato 'movimento digitale' - non si occupano di altro che non sia la libertà della Rete, la riforma del copyright ecc. Sono tutte questioni tecnologiche, da geek, che la maggior parte della gente chiamerebbe 'digitali'. Se parliamo del M5S non è questo il caso: non so se abbiano posizioni su questioni digitali ma non è questo il motivo per cui  la gente ne è attirata. La Rete, nella loro retorica, gioca solo un ruolo di grande legittimatore del loro dilettantismo e della loro attitudine profondamente anti-politica. Dicono di manifestare ciò che un partito politico dovrebbe essere nell'"era della Rete" e ciò mi insospettisce molto perché - di nuovo - non penso che il funzionamento dei partiti si possa spiegare solo in termini di costi della comunicazione.

"Ci sono buoni motivi per cui abbiamo bisogno di gerarchie e di leader che parlino il linguaggio della politica e giochino il gioco fino in fondo: le inefficenze della politica, per usare un linguaggio da computer, non sono un bug (un difetto) ma una feature (una funzione). Per me il test è semplice: dimentichiamoci per un momento che stiamo vivendo una "rivoluzione digitale" e cerchiamo di cimentarci sugli argomenti dei movimenti come il 5 Stelle, basandoci su quel che sappiamo di filosofia e teoria politica. Queste argomentazioni, secondo me, non reggerebbero un'ora di seria discussione in un rigoroso seminario di Scienze Politiche di base. L'unico motivo per cui passano per seri è perché sono ammantati della retorica emancipatoria del sublime digitale. Quanto ai leader internazionali, beh ci sono moltissimi partitini in crescita in Europa: in Olanda, in Gran Bretagna, forse in Grecia. Non sono stati altrettanti bravi nell'utilizzo della retorica di Internet - forse non sono guidati da blogger - ma presto capiranno come fare. Basta guardare a Nigel Farage, tra i leader dell'Uk Independence Party e tra i maggiori euroscettici britannici nel Parlamento europeo. Un uomo che ha usato bene YouTube per le sue operazioni mediatiche e ora ha un seguito pan-europeo. Gli manca qualche ingrediente retorico - "democrazia della Rete" e "consultazioni online" - poi prenderà il volo. Nelle recenti elezioni amministrative britanniche, l'Ukip ha preso rapidamente terreno, il che indica che stanno imparando questo gioco".

In un paese a lungo dominato da un mogul della Tv, l'avvento di un movimento di cittadini informati che rifiutano ogni interazione con i media tradizionali può anche essere visto come un segno di cambiamento sano, l'indicazione di una nuova generazione pronta ad impegnarsi....
"Bè, l'Italia è un caso particolare, ne convengo. Non ho interesse particolare a difendere la Tv e certo non quella italiana - la maggior parte è orribile e renderla un attore meno rilevante nella sfera pubblica è di certo un bel cambiamento. Detto ciò, voi avete ancora buoni giornali, una buona industria editoriale (con un pubblico di lettori tra i più acuti d'Europa, l'accesso a forse il  maggior numero di lavori tradotti di tutti i paesi d'Europa) e una delle migliori culture di festival d'Europa. Per cui certo, la televisione non è il meglio ma avete un sacco di altre cose di cui essere orgogliosi. E Internet può mettere a repentaglio queste altre attività e il loro patrimonio culturale e intellettuale? Temo di sì. Odio generalizzare su termini come 'Internet' - ci sono un sacco di risorse buone e utili online, e tante stupidaggini. Ma non voglio assumere per principio che solo perché i giovani tendono a leggere i blog più che a guardare la tv sia necessariamente una cosa positiva. Ci sono tante altre cose buone da leggere!".

(05 marzo 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/03/05/news/intervista_morozov-53835572/?ref=HREC1-12
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #7 inserito:: Aprile 08, 2013, 06:47:52 pm »

La democrazia liquida di Grillo

di M.Loy e G. Rizzo.

Ecco come funziona il software che il Movimento CinqueStelle utilizzerà per consultare la base e prendere decisioni: ma le criticità sono tante...


Auspicata, pretesa, annunciata. Rivoluzionaria e liquida. Studiata, progettata, testata. Rivoluzionaria e liquida. Migliorabile, necessaria, indispensabile. Rivoluzionaria e liquida. Negli ultimi giorni si è tornato a parlare della magnifica piattaforma che Beppe Grillo insegue da mesi e con cui finalmente (finalmente per lui e per Gianroberto Casaleggio) riuscirebbe a dar vita alla promessa di una democrazia "rivoluzionaria e liquida": un sistema per prendere decisioni collettive in maniera “scientifica” e “algoritmicamente democratica”.


RIVOLUZIONE LIQUIDA
Tra i tanti aggettivi usati dal comico genovese per descrivere questa macchina dei sogni – un software che, applicato al blog, consentirebbe una “conta” precisa e orizzontale senza che questa sia alterata da gerarchie sociali e disparità di conoscenze – ne manca però ancora uno, che definisce bene la situazione attuale: è una piattaforma, per ora, fantasma. Il che complica molto le cose, specie ora che i grillini sono in Parlamento e devono prendere decisioni evitando la non-trasparenza e la chiusura. Nonché l'immagine di essere web-guidati dal loro leader. Spaccature come quelle sull'elezione di Piero Grasso al Senato vanno evitate, continua a dire Grillo. Perciò, a parole, è tornato ad accelerare sul progetto rivoluzionario e liquido chiamato, appunto liquid feedback.

TANTA ATTESA E POI...
Di liquid feedback nel movimento si parla da molto tempo: le discussioni si erano intensificate dopo la scorsa estate, e fatte stringenti in vista delle elezioni politiche e dell'approvazione del programma da presentare ai propri elettori e al ministero dell'Interno. Non se ne fece niente, con grande rammarico di moltissimi attivisti. Ma fu lo stesso Grillo a dire che era solo un rinvio, vista l'imminenza della campagna elettorale e la complessità del sistema ipotizzato.

I PIRATI RACCONTANO...
Il software è stato mutuato da quello del partito tedesco dei Pirati, con piccoli aggiustamenti fatti dagli attivisti di Bergamo per integrarvi la piattaforma grillina di discussione. Test si sono svolti in diversi meet-up, e anche il programma del movimento per le elezioni regionali siciliane è stato elaborato in questo modo.

Secondo la testimonianza diretta di un attivista tedesco del Partito Pirata, che ha collaborato all'applicazione del sistema, “è tutto pronto da mesi, il gruppo M5S alla Regione Lazio lo usa già, Grillo e Casaleggio continuano a rimandare...”.

MODELLO WIKI
Il meccanismo, in linea di principio, è semplice e funziona così (dal sito movimento5stellestabia): "liquid feedback offre ai cittadini un ambiente per discutere e votare le proprie proposte secondo i principi della democrazia liquida". E fin qui, chi ha un minimo di familiarità col web, sa bene che non c'è molto di diverso da un qualsiasi forum in cui discutere temi e problemi e proposte.

L'aspetto su cui puntano i grillini è però un altro, non la mera discussione, ma il raggiungimento di una decisione: "La piattaforma è utilizzata per proposte interne al MoVimento e partecipano alle votazioni gli iscritti certificati al M5S. I portavoce che coprono cariche amministrative, applicano la decisione presa a maggioranza nella votazione". Questa votazione si basa sull'espressione di una preferenza su una determinata proposta. Preferenze tra cui si forma una graduatoria stabilita da un algoritmo che alla fine sceglierà la soluzione più votata.

Spiegato semplice: bisogna decidere se piantare o no un albero in una piazza di una qualsiasi città, ciascuno farà le sue proposte, chi partecipa alla discussione si farà convincere da una (aumentiamo il verde pubblico eccetera) piuttosto che da un'altra (non crescerà bene, ci sono altre priorità eccetera), e valuterà la bontà delle argomentazioni pro e contro. Esprimerà un giudizio e poi sarà il software a metterli in ordine in base a parametri e "regole" precedentemente stabilite (quella capitale è, ovviamente, che "uno vale uno"). Chi la frequenta, noterà che è un meccanismo simile a quello usato anche da Wikipedia. Chi partecipa a quella discussione, se ritiene di non essere in grado di esprimere giudizi ("non so se facciamo più bene al verde pubblico ma allo stesso tempo danneggiamo l'albero"), può delegare la decisione a qualcuno che ritiene più esperto.

PRIMA CRITICITA': IL TEMPO
Ora, immaginate il funzionamento di un sistema del genere nelle ore convulse delle elezioni dei presidenti di Camera e Senato. Vito Crimi, capogruppo in pectore al Senato del M5S, le racconta così: "Alle 14.00 è finita la prima noiosa ma estenuante seduta mattutina che ci ha portati ad un ennesimo nulla di fatto e l’individuazione dei due candidati che sarebbero andati al ballottaggio Grasso e Schifani. Ci siamo subito riuniti, ci siamo fatti portare panini e acqua nella stanza, e confrontati a lungo fino alle 16.30 orario di ripresa dei lavori… senza il tempo per poter approntare uno streaming ne poter interpellare in modo attendibile la rete…". Ecco la prima criticità della di liquid feedback.

SECONDA CRITICITA': IL DIGITAL DIVIDE
Se ne aggiunge un'altra che ha bisogno di una piccola premessa, questa: il 4,4% degli italiani non ha accesso a una rete veloce né fissa né mobile. Con punte del 20% in Molise e situazioni non troppo dissimili nel Sud Italia – dove Grillo ha raccolto moltissimi voti – dicono i dati del ministero dello Sviluppo. Il che, brutalmente, significa questo: milioni di persone tagliate fuori dalla piattaforma con cui Grillo auspica che vengano prese le decisioni a nome di tutti.

TERZA CRITICITA': CHI PARTECIPA?
A tutto questo si aggiunge il problema dei controlli e della verifica di chi partecipa alla discussione e al voto sui più diversi temi.
In Sicilia è stato chiesto a chi volesse partecipare alla discussione del programma regionale del movimento di inviare una copia della carta d'identità e l’URL del profilo MeetUp di appartenenza. Ma chi ha un minimo di praticità con il web sa benissimo che queste precauzioni sono flebili, e facilmente aggirabili.

QUARTA CRITICITA': IL DOMINIO DEI MODERATI
L'ultimo e forse più insormontabile dei problemi è quello connaturato ad un sistema che, nonostante gli sforzi algoritmici, rimane poco dialettico. L'idea del confronto tra posizioni diverse che sta alla base della democrazia, l'alta considerazione della voce delle minoranze che è connaturata al sistema di una democrazia parlamentare sono meccanismi che prevedono che di fronte a posizioni inconciliabili ci possa essere un compromesso evoluto che faccia fare a entrambe le posizioni un passo avanti verso un bene più alto.

Il sistema “liquido”, basato sui parametri statici come quello auspicato dal M5S, tende invece a schiacciare le diversità e ad appiattirle verso il basso verso un compromesso al ribasso. A raccontare di questo limite sono proprio i Pirati che usano già da tempo questo sistema: “Se si confrontano posizioni molto diversificate, liquid feedback tenderà a premiare sempre la visione di mezzo, quella più moderata”.

PEGGIO DELLA DEMOCRAZIA...
Sta scritto, sulle pagine di diversi gruppi locali di grillini: "La democrazia liquida permette il rapporto diretto tra elettore ed eletto, a differenza della democrazia rappresentativa". Ma la democrazia così per come la conosciamo ancora oggi, sarà davvero la peggior forma di governo, bisogna però ricordarsi, come faceva Churchill, quali sono e che cosa hanno prodotto gli altri sistemi di governo sperimentati finora.
E a occhio e croce, anche quelle basate sugli algoritmi, per ora lasciano molto a desiderare...

da - http://www.unita.it/italia/democrazia-liquida-liquid-feedback-grillo-m5s-casaleggio-maggioranza-dittatura-software-pirati-1.489717?page=3
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #8 inserito:: Maggio 02, 2013, 06:58:43 pm »

 Sei in: Il Fatto Quotidiano > Blog di Lavoce.info >

La decrescita secondo i 5 Stelle

di Lavoce.info | 30 aprile 2013


Oggi la crescita è il collante della società e la precondizione per una pur minima forma di equità distributiva. La decrescita auspicata dal M5S richiederebbe una rivoluzione civile e morale, che non può essere di un solo paese. Ma l’idea è nobile e qualcosa si può fare verso una maggiore sobrietà.

di Mario Sebastiani* (Fonte: lavoce.info)

Apocalittici e ottimisti

La “decrescita” come programma (o almeno come valore) lanciato dal Movimento 5 Stelle non è questione banale, da relegare fra le sirene di un movimento in cerca (con ragguardevole successo) di consenso. Anche perché l’idea è accattivante, ma la sua realizzazione sarebbe tutt’altro che popolare.

È una dibattuta questione che ha alle spalle una lunga e nobile storia, avviata da grandi economisti, sociologi e filosofi fin dalla prima metà dell’Ottocento. Un dibattito nel quale hanno convissuto catastrofiche previsioni con altre di segno opposto. Fra le prime, Thomas Malthus, convinto che il futuro della crescita era fatalmente segnato dalla scarsità delle risorse naturali, decretando un destino di miseria che, a dirla tutta, l’umanità coltivava nei suoi propri cromosomi (perlomeno in quelli che la spingevano a moltiplicarsi senza senso della misura); e Karl Marx, che per la verità si spellava le mani nell’attesa che il capitalismo crollasse, complice la sua avidità e la stagnazione prodotta dalle sue interne contraddizioni. Fra le seconde, John Stuart Mill e John M. Keynes, che invece profetizzavano che si sarebbe finalmente raggiunta un’età dell’oro e dell’abbondanza dove, una volta soddisfatti i bisogni “reali” della popolazione, tre o quattro ore di lavoro al giorno sarebbero state sufficienti a “soddisfare il vecchio Adamo che è in noi”; il bello di questo stato del mondo era che avremmo potuto dedicare il nostro tempo a coltivare il lato estetico, culturale, sociale della vita. Vale la pena citare anche, fra i grandi filosofi, Bertrand Russell, per il quale nella nostra società l’essenza del progresso è nella capacità di produrre un numero doppio di spille nello stesso tempo di lavoro anziché lo stesso numero di spille in metà tempo di lavoro. E come dimenticare Thorstein Veblen, che fustigava la logica del consumo “vistoso”, status symbol fonte di una continua e sterile rincorsa nei consumi e di frustrazione e disagio sociale per chi non ce la fa a tenere il ritmo.
In tempi più recenti (intendo dagli inizi degli anni Settanta del secolo scorso) si sono aggiunte altre sporadiche voci, da Nicholas Georgescu-Roegen al Club di Roma, focalizzate in primis sui limiti fisici e ambientali di una crescita continua. Ora è la volta di Serge Latouche, più incline a coltivare un’impostazione socio-antropologica (e un tantino commerciale). Soprattutto da quest’ultimo sembra ispirata la “decrescita secondo 5 Stelle”.

Pil e sviluppo

La maggior parte dei personaggi che ho citato erano tutt’altro che nemici del mercato e del progresso, ma avevano ben distinti due concetti che oggi tendiamo invece a identificare: la crescita materiale, misurata dal tasso di incremento del Pil, e lo sviluppo, inteso come progresso di valori civili, sociali e culturali: identificando in quest’ultimo, una volta soddisfatti i bisogni materiali “reali” della popolazione (ossia un decoroso ed equamente diffuso livello di vita), la fonte del benessere.
Oggi la crescita del Pil è universalmente considerata termometro dello stato di salute dell’economia e della società, indice del successo della politica e metro di posizionamento di ciascun paese nella comunità internazionale. E non importa che sia di comune osservazione che – superata una determinata soglia di sviluppo – il Pil non possa essere considerato come unico driver del benessere di una società e che la crescita sia una gerla che contiene balocchi e carbone. Secondo il pensiero mainstream, infatti, si tratta di esternalità, disallineamenti da un modello che va qua e là emendato, ma guai a metterlo in discussione alle radici.

Resta comunque che la tesi grillina della decrescita come stato felice è sì una deviazione dal comune credo, ma non la si può bollare di giacobinismo. Come utopia sì, almeno se non ci spingiamo oltre “dopodomani”.
Lo scenario prefigurato non lo si può realizzare semplicemente “frenando la crescita” (ammesso che oggi e in prospettiva di medio termine siano necessari interventi attivi in questa direzione). Ci vorrebbe una rivoluzione, civile, morale, di sensibilità, di valori. Ovviamente una “rivoluzione universale”. Proprio in nome di questa universalità prescindo dalle consuete e non infondate obiezioni circa l’insostenibilità del (nostro) debito pubblico o la “tenuta dell’euro” in uno scenario stazionario solo nostro. Lasciamo da parte i provincialismi e il breve periodo; voliamo alto e guardiamo lungo.
È di comune constatazione che la molla della crescita senza limiti è che il mercato soddisfa bisogni (o desideri) che ha previamente creato, in una spirale senza fine che appaga temporaneamente quelli che possono permetterselo e lascia frustrazione e risentimento in quelli che restano fuori dalla corsa. Non si può per decreto mettere fine a questa corsa, modificare i modelli di consumo (più libri e meno ipad), perché non si può cambiare per decreto il sistema dei valori, distorto quanto si vuole, che ne sono la molla. Bisognerebbe cominciare dal basso, dall’istruzione primaria, dall’educazionefamiliare; riusciamo realisticamente a immaginare padri e madri che impartiscono ai figli austeri insegnamenti, opposti a quelli che loro stessi sentono propri? E se anche una parte di loro riuscisse nell’operazione, non prevarrebbe la sirena dell’altra parte? Non vedo, né auspico, un Pol Pot che possa farsene carico.
E poi il cambiamento dovrebbe essere, appunto, universale, posto che la malapianta sopprime quella buona. Non è concepibile rivoluzionare radicalmente i modelli di consumo in un solo paese, salvo uscire dalla democrazia; e nemmeno questo funzionerebbe, visto come sono andati a finire i regimi comunisti.
Anni fa, Giorgio Ruffolo rappresentava una società economicamente in crescita come una colonna in marcia, dove quelli che stanno in coda si aspettano che prima o poi potranno raggiungere la posizione che oggi occupano quelli che sono in testa, i quali nel frattempo saranno andati a loro volta avanti. Un’economia stazionaria è invece come una colonna ferma dove tocca pestare i piedi sul posto o per andare avanti spintonare altri indietro. In questo contesto operazioni di redistribuzione delle risorse avrebbero effetti dirompenti, non sostenibili da regimi democratici. In definitiva, oggi la crescita è collante della società e precondizione per una qualche equità distributiva.

Questo vale tanto più se da una singola collettività si passa a considerare l’universo, dove i divari di benessere – nei paesi e fra i paesi – sono un multiplo di quelli che lamentiamo da noi. Come gestire (non militarmente) la “decrescita globale”? Mettendo un tappo a chi sta indietro o livellando il benessere di tutti (dove il rapporto fra i benestanti e quelli che se la passano male è all’incirca 1 a 5)? Davvero siamo pronti, noi privilegiati, ad abbracciare fino in fondo il messaggio messianico?
Suggestiva, dunque, l’idea dei grillini, e nobile. Ma utopica, almeno nella forma che viene comunicata. Questo non significa che dobbiamo restare dove siamo e lo stesso movimento fornisce utili “dritte”, almeno per iniziare a lavorare in casa nostra. Di fondo, una maggiore sobrietà, a cominciare da quella personale. In definitiva la veemente e sacrosanta battaglia contro i costi della politica va, credo, declinata anche nei termini più generali di condanna di ogni forma di ostentazione, da qualunque parte venga, inclusa dunque l’ostentazione (la volgarità) e la vacuità degli eccessi del consumismo. Sotto questo profilo, non si può non coglierne il contenuto educativo e augurarsi che sia efficace. Non so se e quanti elettori 5 Stelle siano consapevoli che tutto ciò vale anche per loro – speriamo di sì. Nella stessa direzione va l’attenzione per l’ambiente, la green economy e il risparmio energetico, i consumi pubblici verso quelli privati. Non so in che misura e in che tempi, ma questo frastuono può servire a sensibilizzare tutti noi. Non a convertirci alla logica della “decrescita”.

*Mario Sebastiani: E’ professore ordinario di Economia politica nella Facoltà di economia dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’, dove è direttore del master di II livello in Antitrust e regolazione dei mercati.

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/30/la-decrescita-secondo-i-5-stelle/579077/
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #9 inserito:: Agosto 30, 2014, 09:57:09 am »

L’intervista
Di Maio e la deriva complottista: non posso tappare la bocca agli altri
L’esponente 5 Stelle vicepresidente della Camera: tanti parlano, ma la linea è una
«Isis terroristi che fanno paura. Certe uscite? Noi veri fino in fondo»
Di Emanuele Buzzi

MILANO - «I gossip sui giornali rischiano di allontanare dai problemi reali».
Luigi Di Maio affronta la questione con un pizzico di polemica. Il polverone creato dalla frase di Alessandro Di Battista sul «dialogo» con i terroristi è il cardine dei contrasti politici di questi giorni. E il vicepresidente della Camera vuole chiarire: «Su Isis l’unico documento ufficiale del Movimento è la risoluzione che abbiamo presentato. Penso che sia una organizzazione terroristica che preoccupa, ma che non si può combattere con le bombe».

Cosa va fatto?
«Quello che suggeriamo è creare dei corridoi umanitari per portare via da quei luoghi le persone che sono in pericolo e togliere le armi a chi le ha, non darle a chi non le ha».

Ma Di Battista non ha esagerato?
«Io mi attengo alle posizioni ufficiali e non ho intenzione di entrare nella discussione. Quello di Di Battista era un intervento molto lungo e articolato: lo si può condividere o meno, ma non voglio alimentare ulteriori speculazioni».

Alcuni nel M5S hanno rispolverato posizioni «complottistiche».
«Si tratta - e non mi riferisco a Di Battista - di posizioni personali. Io commentando il video di Foley ho espresso le mie condoglianze. Credo che non sia il caso di discutere sulla autenticità del video, non cambia la situazione attuale: sono atti atroci e vanno condannati».

Ma certe uscite...
«Dimostrano che siamo veri fino in fondo, che non usiamo strategie di comunicazione politica per fregare i cittadini. Mi ricordo quando siamo entrati in Parlamento e qualcuno di noi ha parlato di scie chimiche: un vespaio. Poi abbiamo scoperto che alcuni nel Pd avevano presentato delle interrogazioni sullo stesso tema: in ogni forza politica c’è chi ha delle posizioni particolari, ma non si devono certo fermare i colleghi tappando loro la bocca. Bisogna solo ricordare la linea ufficiale del Movimento».

L’estate era iniziata con la strategia del dialogo: quella fase è definitivamente abbandonata?
«La strategia del dialogo esiste se c’è qualcuno che parla e qualcuno che ascolta. Sulla riforma della legge elettorale sono rimasto molto deluso dal Pd. Al tavolo Renzi delle nostre proposte ha detto: “ne possiamo parlare”. In tutta risposta sono stati bocciati i nostri emendamenti sulla riforma costituzionale, è stata votata l’immunità e non è stato dimezzato il numero dei parlamentari».

Ma sedersi al tavolo è servito? Ha portato a qualcosa?
«Sì, credo sia servito. Abbiamo dimostrato la nostra buona fede e che chi non voleva dialogare erano quelli del Pd».

Beppe Grillo ha detto che non parlerebbe più con il premier: lei si risiederebbe a discutere?
«Su questo tema non sono più disposto a sedermi. Comunque il M5S non vuole alimentare argomenti di distrazione di massa: se vogliono fare la riforma della legge elettorale la possiamo fare in poco tempo».

È uno spiraglio?
«No, non credo. Se hanno delle intenzioni serie lo dimostrino con i fatti in Parlamento. Ora le priorità sono altre».

Quali?
«Dal primo settembre in poi si dovrà discutere di temi economici».

Ci saranno possibili aperture al governo?
«Se il governo vuole tagliare i costi della politica, le spese militari e colpire il gioco d’azzardo, noi ci siamo. Puntiamo sulla detassazione per le piccole e medie imprese e sul reddito di cittadinanza. Se l’esecutivo li vota, avrà nel Movimento il suo miglior alleato in Aula».

Volete andare al voto o lo temete?
«Io dopo sei mesi di promesse mancate da parte del governo andrei al voto. Il M5s non si sottrae mai davanti alle elezioni: per noi sono una presa d’atto per verificare il gradimento del nostro operato tra i cittadini».

Alcuni analisti hanno notato una maggiore sintonia tra voi e la Lega.
«Quando ci troviamo a combattere battaglie insieme ad altre forze politiche capita spesso. Era già successo sulle tasse con Forza Italia e in altre occasioni con Sel. Se parliamo di immigrazione dobbiamo prendere atto che il problema esiste».

Perché ce l’avete con i giornalisti?
«È un rapporto incancrenito. Forse si potrà ricucire dopo una nuova legge sul conflitto di interessi e una riforma del sistema Rai». 

24 agosto 2014 | 10:15
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/politica/14_agosto_24/di-maio-deriva-complottista-non-posso-tappare-bocca-altri-b5d33382-2b64-11e4-9f19-fba1b3d7cb6f.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #10 inserito:: Novembre 16, 2014, 06:06:27 pm »

I PARTITI
Grillo alle Regionali preannuncia la resa: «In Calabria il 2%»
In Emilia una sola uscita: lontani i tempi del V-day L’assenza Il deputato Morra: la sua assenza è una sfida che dobbiamo imparare a gestire

Di Emanuele Buzzi

MILANO Il conto alla rovescia è iniziato, ma la campagna elettorale ancora langue per i Cinque Stelle (e non solo). A dieci giorni dal voto per le Regionali in Calabria ed Emilia-Romagna, a colpire è sempre Beppe Grillo, ma stavolta in modo inaspettato. Il leader del Movimento affida il suo invito al voto ai calabresi a un video che viaggia tra l’ironia e la rassegnazione: «Le comunali di Reggio Calabria? Abbiamo scherzato per noi il 2,5% è una enormità. Con le Regionali magari prenderemo il 2,2%». E ancora: «Credo che sia giunto il momento di fare qualcosa di diverso... anche per noia! Fate uno scatto di curiosità, provate una giunta 5 Stelle! Provateci, magari mettiamo lì due-tre consiglieri, non si tratta di prendersi la Regione, non ce la faremo, sennò rimarrete lì con mancu li cani».

Sebbene ripeta che «è una questione di tempo, ce la faremo in Calabria», l’effetto sembra un altro. Da «Vinciamo noi» a «mancu li cani», slogan elettorali a confronto a soli sei mesi di distanza, come a segnare il passo dalle Europee a oggi. Il leader Cinque Stelle per la prima volta si defila: non sarà al Sud e molto probabilmente si limiterà a un blitz a Bologna prima del voto. Un approccio molto diverso rispetto al post-Politiche 2013, quando si spese in un mini-tour massacrante per le Regionali in Friuli Venezia Giulia.

«L’assenza di Grillo è una sfida che dobbiamo imparare a gestire - sostiene Nicola Morra -, è una questione di maturità. Se abbiamo necessità della balia ancora un pochino, dobbiamo crescere. Il video? Grillo ha solo usato l’ironia per smuovere i calabresi». Per il senatore 5 Stelle la sfida in Calabria, nonostante sondaggi poco lusinghieri, è ancora aperta: «Ci giochiamo la partita coinvolgendo i potenziali astenuti». Secondo Sebastiano Barbanti, che rappresenta l’altra anima del M5S in Calabria, «le carte sono parecchio sparigliate, a parte il Pd che la fa da padrone». Il deputato rivendica l’importanza del leader: «Capisco Beppe, ma ci è mancato e ci mancherà. Un suo giro elettorale sarebbe stato un toccasana».

Apparizioni limitate (forse una sola) anche in Emilia-Romagna, culla del Movimento e del V-Day. Tempi che sembrano lontani: «Grillo meno impegnato nella campagna elettorale si sente, ma in questa regione molti l’hanno identificato come un problema - afferma Max Bugani -. Il M5S però non può prescindere da lui». Il consigliere comunale guarda oltre l’ostacolo (del voto): «Dobbiamo crescere, imparare dagli errori e presentarci pronti per governare tra cinque anni». Bugani sottolinea come i parlamentari stiano «facendo un grande sforzo». Sono loro, in questa fase, a fare le veci del leader: ieri è stato annunciato un mini tour di deputati e senatori, per rilanciare il sostegno dei Cinque Stelle alle Pmi. Tra le tappe, Bologna e quattro comuni in Calabria. Sempre ieri il M5S ha presentato in Cassazione la legge di iniziativa popolare per un referendum consultivo sull’euro. «Poi partirà la campagna per la raccolta di firme che durerà sei mesi», ha annunciato Vito Crimi.

15 novembre 2014 | 07:54
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/politica/14_novembre_15/grillo-regionali-preannuncia-resa-in-calabria-2percento-f6238908-6c93-11e4-b935-2ae4967d333c.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #11 inserito:: Febbraio 27, 2015, 04:24:22 pm »

Grillo e Casaleggio al Quirinale, incontro con Mattarella. "Governo Renzi prevaricatore"
Nella delegazione M5s anche Luigi Di Maio e una giovane attivista siciliana.
Il confronto richiesto dalla maggiore forza di opposizione per evidenziare l'anomalia di un Parlamento bypassato dal continuo ricorso del governo a decreti legge e voti di fiducia. Al termine del confronto, Grillo e Casaleggio sul blog: "Cordiale e costruttivo"

26 febbraio 2015

ROMA - Beppe Grillo al Quirinale per l'annunciato incontro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Da Milano è arrivato Gianroberto Casaleggio, che assieme a Maria Teresa Lucia Furia, 18enne attivista siciliana, ha costituito con Grillo la delegazione del Movimento 5 Stelle ricevuta al Quirinale. L'incontro con Mattarella è durato una cinquantina di minuti, poi la delegazione M5s ha lasciato il palazzo presidenziale da un'uscita secondaria e non si è fermata per rilasciare dichiarazioni alle numerose telecamere e ai cronisti appostati nella piazza. Il Quirinale ha emesso una nota per certificare l'avvenuto faccia a faccia "tra il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella" e "il leader del Movimento 5 stelle, Beppe Grillo, con Gianroberto Casaleggio e Maria Teresa Lucia Furia". Grillo e Casaleggio hanno successivamente diffuso un comunicato sul blog.

"Oggi vi è stato l'incontro al Quirinale con il pdr Sergio Mattarella e la delegazione del M5s - scrivono -. L'incontro è stato cordiale e costruttivo e, da parte del M5s, si spera che in futuro ve ne siano altri. Al pdr è stato lasciato un breve documento riassuntivo delle nostre proposte che è riportato a margine di questo post". "Vogliamo ringraziare il pdr - aggiungono Grillo e Casaleggio - per l'incontro, per la simpatia e per il permesso di portare al Quirinale una persona iscritta al M5s non eletta ancora in alcuna istituzione in rappresentanza di tutti gli iscritti e attivisti che ogni giorno operano sul territorio per rendere migliore l'Italia. E' la più giovane iscritta al M5s, è siciliana, nata nel 1996. Si chiama Maria Teresa. In alto i cuori".

Il confronto si inquadrava nell'ambito delle richieste di incontro che le opposizioni hanno rivolto al presidente della Repubblica, per sottolineare lo squilibrio tra il Parlamento e un governo che bypassa il potere legislativo con il continuo ricorso a decreti legge e voti di fiducia. Ma, come aveva anticipato Beppe Grillo, l'incontro con Mattarella sarebbe servito anche a "esporre le necessità più urgenti per il Paese e per chiedergli, per quanto nelle sue possibilità, di intervenire". Infatti, al comunicato sul blog di Grillo è allegato un documento in cui si elencano i temi che il M5s ha esposto al presidente della Repubblica.

"Salvaguardia, formale e sostanziale, della forma di governo parlamentare delineata dalla nostra Carta costituzionale"

"Arginare la prevaricazione governativa nel procedimento legislativo: caratterizzata - si legge - da decretazione d'urgenza, maxiemendamenti e fiducie parlamentari. Il Governo Renzi ha sinora presentato alle Camere 28 decreti-legge (media di 2,3 al mese) e ha posto 34 questioni di fiducia (media 2,8 al mese)"

"Nell'ambito della decretazione d'urgenza scrupoloso rispetto sia dell'articolo 77 Cost., ovvero dei requisiti di necessità e urgenza, sia dell'articolo 15 della legge numero 400 del 1988: 'I decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo"

"Riforma costituzionale: al netto dell'illegittimità costituzionale dell'attuale composizione del Parlamento, sancita dalla Corte costituzionale con la nota sentenza n. 1 del 2014, che non gli consente lo scardinamento della forma di Stato e di governo vigenti, e al netto delle questioni di merito evidenziate dal Movimento 5 Stelle nelle Aule parlamentari, è opportuno sottolineare al Presidente della Repubblica l'opinione espressa dallo stesso PdR nel 1983 sul bicameralismo. Questi i passaggi più rilevanti:

'La lentezza del processo di produzione legislativa attribuita al bicameralismo è un presupposto in parte inesistente sia perché il Parlamento è meno lento di quanto si creda (se lo fosse veramente non produrrebbe tante leggi) sia perché gli arresti del procedimento di formazione delle leggi solo marginalmente sono imputabili al bicameralismo.[...] Se fosse vero, quindi (ma secondo noi non lo è), che le regioni soffrono di sotto rappresentazione non è detto che il rimedio migliore sia quello della Camera rappresentativa delle Regioni. In definitiva [...] i guasti del sistema italiano solo in piccola parte sono addebitabili al bicameralismo. Per quanto irrazionale possa sembrare il modello italiano e per quanto anomalo sia rispetto agli schemi dominanti altrove, esso ha trovato un suo modus vivendi'.

"Riforma elettorale: al di là dei profili di incostituzionalità (rilevati puntualmente dal Gruppo Parlamentare Movimento 5 Stelle in Senato con la presentazione di una Questione Pregiudiziale), valutare la promulgazione della norma, dal momento che disciplina l'elezione soltanto di una Camera, a costituzione vigente"

"Lotta alla corruzione e alla mafia: come noto, definite dal PdR Mattarella 'priorità assolute'. Sollecitare, anche con formale messaggio alle Camere (di cui art. 87 Cost.), la dolosa inerzia parlamentare nell'esame dei disegni di legge in materia, perdurante da due anni"

"Soppressione dei vitalizi parlamentari ai mafiosi e ai condannati: proposta soltanto dal Movimento 5 Stelle al Consiglio di Presidenza del Senato e all'Ufficio di Presidenza della Camera, ma puntualmente rinviata e non esaminata"

"Reddito di cittadinanza: il disegno di legge del Movimento 5 Stelle, attualmente all'esame della Commissione Lavoro del Senato, è stato indicato come 'disegno di legge presentato da un Gruppo parlamentare di opposizione', al fine di una sua calendarizzazione immediata in Assemblea, ai sensi della procedura di cui all'art. 53, comma 3, Reg. Sen."

"Potenziamento del rinvio presidenziale delle leggi (di cui all'art. 74 Cost.), che costituisce una funzione di controllo preventivo, posto a garanzia della complessiva coerenza del sistema costituzionale"

"Supporto all'autonomia e all'indipendenza della magistratura da ogni altro potere statuale"

"Riforma della Rai. E' necessaria - scrive il M5s - un'accelerazione della riforma dell'informazione del servizio pubblico televisivo volta a evitare sprechi e duplicazioni e a promuovere sinergie tra le attuali testate giornalistiche, inoltre a favorire un aumento della qualità e della diversificazione dell'offerta e a una razionalizzazione delle risorse della Rai, attingendo alle professionalità interne, per procedere a un progetto di riposizionamento dell'offerta informativa della Rai nel nuovo mercato digitale e assicurare un rafforzamento dei principi di oggettività, imparzialità, completezza e lealtà dell'informazione che devono connotare il servizio pubblico evitando ingerenze dei partiti. Vanno introdotte per la nomina dei direttori delle testate giornalistiche procedure trasparenti che prevedano la pubblicazione sul sito dell'azienda di un avviso pubblico rivolto sia ai propri dipendenti sia a professionisti esterni alla Rai, cui sia data la più ampia pubblicità. L'avviso dovrebbe contenere il possesso di una pregressa esperienza giornalistica di eccellenza, che attesti la fondata capacità potenziale ad assumere la direzione di una testata giornalistica e dovrebbe dimostrare doti innovative e apertura alle esigenze della modernità. Gli organi competenti potranno poi procedere alla nomina, secondo le vigenti disposizioni normative, sulla base di una valutazione comparativa dei curricula trasmessi.

"Nomine dei giudici costituzionali in tempi rapidi e senza condizionamenti dei partiti"

© Riproduzione riservata 26 febbraio 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/02/26/news/quirinale_consultazione_grillo_mattarella-108224561/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_26-02-2015
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #12 inserito:: Maggio 11, 2015, 10:23:18 am »

Un gruppetto di ex 5 Stelle al lavoro per un “matrimonio di interessi” con l’area critica del Pd
Il progetto di Francesco Campanella per un nuovo gruppo in Senato


05/05/2015
Francesco Maesano

La scaramanzia prima di tutto. Francesco Campanella, senatore siciliano ex Cinquestelle, quasi non vorrebbe parlare del progetto che ha in piedi con l’area critica del Pd. Un matrimonio di interessi tra gli ex M5S che ambiscono a fare gruppo per contare di più e alcuni senatori ispirati da Pippo Civati, che sperano così di obbligare Renzi a sbilanciarsi a destra. «È tanto che provo a formare un gruppo al Senato. Non lo voglio dire troppo ad alta voce ma forse siamo alla volta buona».

Sconfigga la scaramanzia. A che punto siete? 
«Interlocutorio. Siamo in attesa che da parte loro si chiuda questo travaglio. I tempi sono maturi».

Per cosa? 
«Per aprire anche in parlamento il cantiere della sinistra. Un’area che vada da Landini a Civati tenendo dentro l’Altra Europa».

Per fare gruppo dovete essere in dieci. Mi risulta che siate in sette. 
«I numeri sono quelli. Ci mancano almeno tre senatori, ma ci stiamo lavorando in queste ore».

Quanti ex M5S? 
«Almeno 5».

E i tempi? Prima o dopo le regionali? 
«Io auspicherei prima. Avrebbe più senso sotto ogni punto di vista. L’importante però è arrivare».

Indossa la spilletta di Italia Lavori in Corso. Tra un po’ dovrà cambiarla. 
«Eh, infatti non ne sto facendo più».

@unodelosBuendia

Da - http://www.lastampa.it/2015/05/05/italia/politica/un-gruppetto-di-ex-stelle-al-lavoro-per-un-matrimonio-di-interessi-con-larea-critica-del-pd-iJBO3F7Gzg3YYKkNtALt6O/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #13 inserito:: Giugno 27, 2015, 10:18:51 pm »

Rivolta M5S, l’assemblea boccia la responsabile della comunicazione alla Camera
Niente rinnovo del contratto per Ilaria Loquenzi.
Il rapporto con i media resta il vero nervo scoperto della creatura politica di Grillo e Casaleggio


24/06/2015
Francesco Maesano

L’assemblea dei deputati del M5S ha votato contro il rinnovo del contratto del capo della comunicazione alla Camera, Ilaria Loquenzi. Nonostante durante l’incontro della settimana scorsa Gianroberto Casaleggio avesse ribadito che né la sua posizione né quella di Rocco Casalino, suo omologo al Senato, fossero in discussione, i parlamentari del M5S hanno deciso per la bocciatura. Il punto è semplice: la Casaleggio Associati ha l’ultima parola sulla selezione del personale che si occupa della comunicazione, ma dato che gli stipendi vengono erogati dal gruppo parlamentare è l’assemblea a decidere sui contratti. E stavolta, smentendo Casaleggio, ha deciso per il no.

Nei minuti immediatamente successivi al risultato il Movimento ha cercato di stendere un cordone sanitario attorno alla notizia. In tempo reale sulla chat dei deputati arriva perentorio l’ordine dell’ufficio della comunicazione: non rilasciare dichiarazioni sul voto appena consumato. Ma la tensione è altissima. Roberta Lombardi, prima capogruppo del Movimento alla Camera, abbandona la conversazione comune. La sua è una delle poche voci a filtrare. «Inutile parlare di Mafia capitale, domani i giornali non parleranno d’altro», ha scritto lasciando la conversazione comune.

Se ora Ilaria Loquenzi dovesse lasciare l’incarico si tratterebbe del terzo responsabile della comunicazione sostituito dal Movimento in 2 anni di legislatura, dopo gli addii di Caris Vanghetti, che aveva deciso di lasciare l’incarico di sua sponte, e del suo successore, Nicola Biondo, che era stato sostituito al termine di una lotta intestina con il gruppo della comunicazione del Senato. Sintomo che il rapporto con i media resta il vero nervo scoperto della creatura politica di Grillo e Casaleggio e prova evidente degli spazi sempre maggiori di agibilità politica che i parlamentari del Movimento si stanno ritagliando rispetto ai due fondatori.

@unodelosBuendia 

Da - http://www.lastampa.it/2015/06/24/italia/politica/rivolta-ms-lassemblea-boccia-la-responsabile-della-comunicazione-alla-camera-N9Gmv1kdBXOAcGDJ4vdBbO/pagina.html
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #14 inserito:: Giugno 27, 2015, 10:20:03 pm »

Casaleggio striglia Di Maio: lavorate male, sono deluso
Dopo la sfiducia dell’assemblea dei deputati alla Loquenzi, l’ira del cofondatore.
Ora il delfino deve scegliere, o stare con il cofondatore o con i “suoi” parlamentari

26/06/2015
Jacopo Iacoboni

Il golpe contro Casaleggio è in corso, ed è avvenuto quello che era stato segnalato: alla fine Ilaria Loquenzi, la capa della comunicazione del M5S alla Camera che tutti i deputati (poche volte si è sentita tale unanimità di giudizio) ritengono «priva di qualunque autorevolezza», e molti segnalano «anche priva dei titoli per quell’incarico», è stata sfiduciata. Contro di lei nella tarda serata di mercoledì hanno votato in 26 deputati (17 a favore, 14 astenuti; una trentina, attenzione, ha fatto in modo di risultare assente). Ma le conseguenze (e soprattutto i veri autori) di questo clamoroso attacco rivolto al cofondatore del Movimento vanno indagate e spiegate bene, nei limiti del possibile.

Non è che la Loquenzi fosse - contrariamente alla vulgata - particolarmente vicina a Casaleggio (semmai è vicina a Roberta Lombardi, che non s’è mai vista così fuori giri come ieri, investiva a male parole tutti quelli che considera responsabili dell’«agguato», definendoli «pezzi di m», e faceva girare la voce di un ruolo, inesistente, di Massimo Artini nell’operazione). Semplicemente, appena dieci giorni fa il cofondatore dei cinque stelle aveva riconfermato sul blog, e a doppia firma con Grillo, che lei e Casalino al Senato restavano i capi degli staff di comunicazione. Per un motivo: perché sono i suoi tramite (specialmente il secondo, in realtà) con i parlamentari. La comunicazione nel M5S ha quasi la funzione di un ufficio di super-capogruppo, e sicuramente di trait d’union tra Roma e due capi che non sono a Roma. Difendere a muso duro Loquenzi e Casalino significa - per Casaleggio - difendere il principio che lui e Grillo restano, nonostante tutto, i terminali ultimi del Movimento. Ma è ancora questa la realtà dei fatti? Questa vicenda dimostra che, come minimo, al manager Casaleggio sfugge ormai la dinamica tutta politica della sua creatura. Un mese fa lui stesso aveva detto al direttorio - che gli esponeva la necessità di «sostituire o affiancare» la Loquenzi - «se fate questo io me ne vado e vi lascio al vostro destino».

Ieri la reazione del manager milanese è stata, se possibile, ancora più furiosa, e proprio contro il direttorio: ha tenuto costanti contatti con Luigi Di Maio, il leader dei cinque. L’ha così strigliato che il giovane napoletano si aggirava con l’espressione di un ragazzo bastonato e arrabbiato. Il direttorio, attenzione, ha votato compatto a favore della Loquenzi; ma Casaleggio a questo punto è adirato in primis con loro, «siete stati incapaci, lavorate male, sono deluso da voi». E voleva pubblicare subito sul blog un post feroce, sia contro i deputati, sia contro il direttorio, per il modo in cui è stata gestita l’intera operazione. A finire nel mirino sarebbero non solo quelli che hanno votato contro, ma anche quelli che - consentendo che si svolgesse l’assemblea - agli occhi di Milano hanno creato le premesse per il crac. Tra i voti contro ci sono stati quelli della capogruppo Francesca Businarolo, del vicecapogruppo Giorgio Sorial (che da mesi si vanta del fatto che la Casaleggio verrà esautorata), dell’ex capogruppo Fabiana Dadone, dei liguri. Ma potrebbe essere rimosso, dal ruolo di presidente dei deputati, il veneto Federico D’Incà, uno dei volti «francescani» nei fatti (non a parole) del Movimento. Che ha votato a favore di Loquenzi pur non stimandola.

Cosa farà adesso Casaleggio? Ragiona su due opzioni-ponte. Fare Rocco Casalino, l’ex del grande fratello, capo anche alla Camera. La controindicazione è che Casalino non è granché amato dai deputati, e probabilmente finirebbe anche lui sotto attacco. Oppure, piano B, nominare capa Silvia Virgulti, che viene dal network della Casaleggio, è molto vicina politicamente a Luigi Di Maio, e nei mesi scorsi ha raccontato in giro che «Casaleggio voleva nominarmi capa della comunicazione, ma io ho detto di no». Se succedesse questo sarebbe una vittoria di Di Maio, o una perfidia di Casaleggio, che renderebbe a Di Maio molto più difficile il rapporto col gruppo parlamentare?

Il giovane leader del direttorio è in una tenaglia: deve scegliere se stare dalla parte dell’assemblea, sempre più anti-Casaleggio e vogliosa di autonomia (e magari usarla sottilmente assecondando la scalata, che coinciderebbe con la sua ascesa di leader in proprio), o restare al fianco di Casaleggio. Una scelta da cui dipende la sua stessa carriera politica.

follow @jacopo_iacoboni  

da - http://www.lastampa.it/2015/06/26/italia/politica/di-maio-costretto-a-scegliere-o-casaleggio-o-i-parlamentari-uCxmYucqANvocg8bOcv04J/pagina.html
« Ultima modifica: Aprile 14, 2016, 05:07:35 pm da Admin » Registrato
Pagine: [1] 2
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!