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Autore Discussione: Antonella De Gregorio. Grillo: «Al Quirinale voglio Dario Fo»  (Letto 1990 volte)
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« inserito:: Febbraio 26, 2013, 05:47:25 pm »

Il leader del centrodestra: Nessun sospetto di brogli

Grillo: «Al Quirinale voglio Dario Fo»

Berlusconi: «Bisogna riflettere, no alle urne»

Il leader M5S: «Contrari ad alleanze, vedremo legge per legge». Il Cavaliere: «No all'accordo con Monti»


«Chi mi piacerebbe al Quirinale? Io direi Dario Fo, è un premio Nobel, è una mente aperta, ha una lucidità fantastica». Così il leader del Movimento Cinque Stelle ha spiegato ai giornalisti, incontrandoli davanti alla sua casa di Sant'Ilario, a Genova, le sue idee per il prossimo Presidente della Repubblica. «Ha capito il senso del Movimento, ha voluto parlare con loro», ha aggiunto. Beppe Grillo ha già concesso non più di sei o sette mesi di vita ad una «grande coalizione». «Pd-Pdl insieme dureranno 7-8 mesi, non di più. È l'economia che non gli darà scampo, chiudono 1000 imprese al giorno. Non abbiamo può grandi imprese come a Ivrea, Biella e Alessandria. Questa è una guerra generazionale, siamo un popolo di vecchi».

DA NAPOLITANO - E da Napolitano per le consultazioni «andrò io», ha anticipato il comico genovese. «Nei prossimi giorni assisteremo a una riedizione del governo Monti con un altro Monti. L'ammucchiata Alfano, Bersani, Casini, come prima delle elezioni. Il M5S non si allea con nessuno come ha sempre dichiarato, lo dirò a Napolitano quando farà il solito giro di consultazioni». Cosa dirà a Napolitano? «Bè, devo vedere. Sono personaggi che fanno parte della storia». Aspetta che crolli tutto? «No, è già crollato tutto». Il presidente della Repubblica «noi lo voteremo online con il movimento». E poi: «La Costituzione? Non è perfettissima». Un Beppe Grillo che, per una volta, si concede a cronisti e telecamere, fuori dal cancello di casa. E lo fa innanzitutto per escludere alleanze. «Non è il momento di parlarne. Vedremo legge per legge, riforma per riforma», ha aggiunto il leader di M5s.

ACCORDI - Il tema delle alleanze ha condizionato un po' tutta la giornata post voto. Silvio Berlusconi, in mattinata, ha aperto a un possibile accordo Pd-Pdl: «Dobbiamo riflettere sul bene dell'Italia», ha detto rispondendo a una domanda di Maurizio Belpietro a La telefonata su Canale 5, lasciando intuire che un dialogo si potrebbe avviare; e sottolineando che «il ritorno al voto non sarebbe utile in questa situazione (il 15 aprile le Camere devono riunirsi per eleggere il successore di Giorgio Napolitano al Quirinale, ndr)» e che «dobbiamo tutti approntarci a fare qualche sacrificio». «Credo che l'Italia non possa non essere governata», ha sostenuto l'ex premier. Certo che, «se non ci fossero stati i vari Giannino o Casini, che hanno sottratto voti alla coalizione dei liberali e dei moderati, avremmo vinto». Il Cavaliere ha poi escluso l'ipotesi di un accordo con Mario Monti: «Con l'applicazione di una politica di sola austerità ha messo l'Italia in una condizione pericolosa, in una spirale negativa che ha portato all'aumento del debito e della disoccupazione e alla chiusura di mille imprese al giorno».

«NO AMMUCCHIATE» - Ma anche in ambienti del centrodestra che cominciano a parlare di un possibile «governissimo» che unisca Pd e Pdl per le riforme (escludendo però la possibilità di leadership di Pierluigi Bersani), c'è chi storce il naso: Ignazio La Russa, per esempio, eletto alla Camera con Fratelli d'Italia: «Non è un'ammucchiata - cinguetta su Twitter - che può rispondere ai problemi d'Italia».

ACCORDO NO - Davanti alla paralisi che si è creata al Senato, insomma, anche il Pd in queste ore cerca di capire come muoversi. Al momento, la risposta dei «democrats» all'apertura di Silvio Berlusconi sembra essere un no deciso. «Non faremo governi con chi è responsabile del disastro in cui ci troviamo», sostiene il vice presidente del partito Marina Sereni. Tutti nel Pd aspettano di capire la proposta che oggi pomeriggio Pierluigi Bersani farà e, continua Sereni, «sarà una proposta di cambiamento, che si rivolge a tutto il Parlamento ma in primo luogo al Movimento Cinque Stelle». Dello stesso parere Stefano Fassina, responsabile economico del partito: «Per quanto mi riguarda assolutamente no» a un'eventuale alleanza Pd-Pdl.

GOVERNO DI SCOPO O DI MINORANZA - Più accreditata l'ipotesi di un «governo di scopo», in grado - anche grazie ai voti grillini - di cambiare la legge elettorale prima di tornare alle urne. O di un «governo di minoranza», evocato da Anna Finocchiaro, che ha escluso la possibilità che si arrivi a larghe intese (guarda il video). Così come Pippo Civati, eletto in Lombardia alla Camera. «Per capirci - scrive l'ex rottamatore sul suo blog - la proposta, l'unica possibile, è che il Pd, che ha la maggioranza relativa, si presenti con un governo di minoranza. Proponga una riforma elettorale, una norma sul conflitto d'interessi e contro la corruzione e una misura di liberalizzazione e rilancio dell'economia e poi porti il Paese al voto».

BERSANI - Il compito di fare la prima mossa spetta comunque al segretario del Pd (il grande assente di queste ore parlerà alla stampa alle 17), che sta aspettando i risultati delle regionali prima di fare un bilancio.
La soluzione più indicata per evitare il caos e l'instabilità - e quella che sarebbe maggiormente apprezzata dai mercati - sembra però essere è quella di una grande coalizione che unisca Pd, Pdl e centro montiano. È quanto emerge dai primi rapporti diffusi in mattinata dalle banche internazionali per analizzare i risultati delle urne.

«NO AD ALLEANZE» - Soluzione a cui, appunto, si è opposto il leader del M5S: «Faranno un governissimo pdmenoelle-pdelle. Noi siamo l'ostacolo. Contro di noi non ce la possono più fare, che si mettano il cuore in pace», ha Grillo sul suo sito alle 2 della scorsa notte. Insieme a un ringraziamento particolare ai delegati di lista «per il loro lavoro enorme». Anche il documento pubblicato sul sito del Movimento 5 Stelle esclude esplicitamente «alleanze con altri partiti o coalizioni»: il «niet» alle intese fa parte del Dna di M5S, si legge, nero su bianco, nel codice di comportamento dei parlamentari eletti: «I gruppi parlamentari non dovranno associarsi con altri partiti o coalizioni o gruppi se non per votazioni su punti condivisi».

Antonella De Gregorio

26 febbraio 2013 | 16:00© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/speciali/2013/elezioni/notizie/26-febbraio-berlusconi-belpietro_e29981fc-7fe7-11e2-b0f8-b0cda815bb62.shtml
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