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Autore Discussione: Giuliano Amato e Fabrizio Forquet. Pinocchio al vertice della banca d'affari  (Letto 1799 volte)
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« inserito:: Febbraio 11, 2013, 11:46:24 pm »

Pinocchio al vertice della banca d'affari

di Giuliano Amato e Fabrizio Forquet

05 febbraio 2013

Tratto dal libro «Lezioni dalla crisi»


Pinocchio passò da babbeo quando, credendo al Gatto e alla Volpe, seminò zecchini d'oro sperando di raccoglierne di più. Come se i soldi si potessero magicamente moltiplicare, come se dal denaro si originasse, senza lavoro, denaro. Oggi, con la finanza del nostro tempo, Pinocchio sarebbe al vertice di una grande banca d'affari americana.

Ma babbei siamo stati noi tutti che abbiamo lasciato crescere un sistema che moltiplicava la ricchezza finanziaria senza alcun legame con l'economia reale. Carta su carta. È anche così che si è generata la seconda più grande crisi dell'economia occidentale dopo quella del '29.

Per capirne a fondo le origini dobbiamo fare un passo indietro rispetto agli anni della crisi stessa, che parte nel 2007. Bisogna andare a qualche decennio fa. Ricordate il piccolo demone di cui abbiamo parlato nel primo capitolo?

Quel malinteso senso dei mercati finanziari, per cui già prima del '29 tanti si convincono che si possano far soldi in modo facile senza bisogno di un vero lavoro. Ci si può arricchire, e anche tanto, comprando titoli azionari o titoli finanziari: questi aumentano di valore, uno li rivende a un prezzo più alto e si ritrova in mano una somma di denaro superiore a quella che si guadagna lavorando.
Un bengodi.
Ebbene negli anni recenti questo demone si fa Satanasso, si espande, moltiplica geometricamente le sue leve, penetra in tutto il mondo. Crea la sua fortuna dotandosi di strumenti che non aveva in passato, genera una massa di attività finanziarie talmente enorme da superare decine di volte il flusso delle attività economiche reali. Permette a quelli che ci guadagnano di comprarsi pezzi di economia con soldi che hanno fatto attraverso altri soldi, non attraverso la produzione o il commercio.

Nasce una realtà economica nuova. Nel 2006 il 40% dei profitti fatti negli Stati Uniti non proviene da produzione di beni e servizi, ma da attività finanziarie. E, dato ancora più stupefacente, il valore giornaliero degli scambi finanziari supera di 60 volte il valore annuale del commercio mondiale.

La finanza, ormai, si è sganciata dall'economia. Vive di vita propria, crea titoli basati su altri titoli, produce la sua ricchezza e passa da una parte all'altra del mondo generando fenomeni e flussi che non si erano mai visti prima.

Un sistema malato. Che causa diseguaglianze economiche insostenibili e, soprattutto, che non poteva e non può reggere nel lungo periodo. Un sistema che abbiamo però lasciato sviluppare, senza prevedere un insieme ragionevole di regole che potesse imbrigliarlo, valorizzandone gli aspetti positivi e scongiurandone gli enormi rischi.
Come è potuto succedere tutto questo? (...) Di chi è la colpa? È dello Stato o del mercato? È l'economia che ha fallito o sono state le regole? Hanno fallito tutti e due: il mercato si è assunto dei rischi che non doveva correre, lo Stato, la politica, i controllori hanno chiuso gli occhi e hanno lasciato che questo accadesse.

da - http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-02-05/pinocchio-vertice-banca-affari-064045.shtml?uuid=AbjBMHRH
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