La credibilità che ancora manca
di Mario Margiocco
30 gennaio 2013
La Sec, l'autorità di Borsa americana creata da Franklin Roosevelt nel 1934, è stata talmente un modello per quasi tutti i regolatori di mercati finanziari, anche in Europa, da venire invariabilmente invocata a ogni grave crisi. In Francia nei primi anni 90 all'epoca del disastro Crédit Lyonnais. In Italia, per non risalire troppo, nel caso Parmalat dieci anni dopo.
La Sec avrebbe fatto, farebbe così! Adesso, di fronte al caso Monte dei Paschi, non si sente né si sentirà parlare molto del modello Sec, probabilmente. E nemmeno di tutto il sistema americano di sorveglianza bancaria, anche questo di matrice New Deal sostanzialmente, complesso e ridondante a causa anche delle competenze incrociate federali e statali, ma che ha fatto cose egregie, basti citare la gestione del crack della Continental Illinois nel 1984, allora il più grosso della storia bancaria americana, e pochi anni dopo la crisi terribile delle Savings&Loans, le piccole casse locali, una lunga battaglia conclusa con condanne penali per oltre mille amministratori.
Poi venne la stagione dell'euforia irrazionale, e il settembre 2008. La sorveglianza, un disastro, Fed in testa. E da allora, solo parzialmente si è corsi ai ripari. La linea vincente è stata quella di ricreare il mondo d'antan, cioè la lucrosa stagione 1990- 2006, con qualche cautela, e una troppo complessa legge di riforma finanziaria utile a volte, ma non decisiva.
La nomina nei giorni scorsi di Mary Joe White, un ex magistrato, alla guida della Sec (Securities and Exchange Commission, modello della nostra Consob), le lodi e le critiche a volte sorprendenti che ne sono seguite aiutano a chiarire i termini del problema.
E spiegano come sulle spalle minute di questa signora di 65 anni sia stato fatto cadere il peso di rilanciare la credibilità del sistema regolatorio americano, anche agli occhi del resto del mondo.
Scelta ottima, ha subito detto fra gli altri Neil Barofsky, un giudizio che pesa perché l'ex magistrato è stato, come responsabile fino al 2011 dell'ispettorato che ha controllato l'applicazione della Tarp (la legge di salvataggio dell'ottobre 2008), una spina nel fianco del ministro del Tesoro Tim Geithner e quindi dello stesso Obama. Una scelta sbagliata, hanno scritto invece, a sorpresa, ieri Andrew Ross Sorkin del New York Times, e John Cassidy del New Yorker, due firme considerate vicine a Obama, e vari altri.
Il motivo: dopo essere stata magistrato sagace a Manhattan (fu lei a incastrare il mafioso John Gotti) e avere perseguito vari reati finanziari, la White dieci anni fa passò dall'altro lato della barricata. E divenne, da avvocato di lusso, a vari milioni l'anno cioè, difensore di grandi banche e banchieri. Analogo il percorso del marito: da alto funzionario della Sec ad avvocato, in un altro studio, dei grandi banchieri. Un caso di porte girevoli, dicono i critici.
Ora, occorre vedere che cosa la signora White farà. È già ricca. Sembra prematuro inserirla nel novero dei cambia-casacca che soprattutto dai tempi di Reagan a quelli di Clinton a quelli di Bush figlio e a quelli, ahimè, di Obama, hanno ballato sulle due pedane, Wall Street e Washington, difendendo in genere gli interessi di chi li pagava o aveva pagato o li avrebbe di nuovo pagati ben di più, cioè l'alta finanza.
Il punto, come ha spiegato sempre sul New York Times (la linea ufficiale del giornale è stata di plauso per la scelta) Gretchen Morgenson, è in quale stato la signora White trova la Sec e tutto il sistema di vigilanza bancaria. La sorveglianza Fed cioè, che controlla e avrebbe dovuto controllare in particolare le grandi banche di New York parte del sistema Fed; e tre altri enti di cui solo uno, la Fdic (Federal Deposit Insurance Corporation), ha svolto a giudizio diffuso con qualche efficacia, nonostante gli ostacoli, il suo lavoro in questi anni.
Il problema, osserva la Morgenson, la più autorevole ormai firma del giornalismo finanziario americano, è che per scelta precisa il governo Obama ha evitato di iniziare azioni penali di qualsiasi genere. Solo multe, pesanti a volte, ma sempre minori rispetto a utili e fatturati. Angelo Mozilo, ex patron della criminale Countrywide (mutui a go-go) poteva e doveva essere a giudizio diffuso il primo condannato, nell'ottobre 2010, ma se la cavò con una multa da 67 milioni, un decimo di quanto guadagnato alla testa di Countrywide. John Corzine, che utilizzò e perse nel 2011 centinaia di milioni affidatigli da investitori per coprire i buchi della sua finanziaria, è a piede libero e senza pendenze penali.
Quasi sempre anche un regolatore deve rivolgersi al ministero della Giustizia per avviare una causa penale, che in materia finanziaria è spesso complessa. La linea di Washington da alcuni anni, osserva la Morgenson, è quella di comminare multe se ritiene, ma senza richiedere da parte dell'inquisito l'ammissione della colpa. Da qualche tempo l'ufficio del procuratore di Lower Manhattan che fu della White ha adottato una linea diversa, chiede l'ammissione della colpa, se c'è materia, anche nella cause finanziarie civili che esamina. Da qui, quando la colpa c'è, quando si è venduto spazzatura e risulta che chi l'ha venduta sapeva trattarsi di spazzatura, occorre ripartire, scrive la giornalista. "Capito, signora White?", conclude la Morgenson. Non sarà facile, perché alcune misure straordinarie adottate nel 2008-.2009 e mai applicate davvero sono scadute o in scadenza.
Come ha ricordato tempo fa anche lo stesso New York Times, gli ultimi finanzieri fraudolenti furono perseguiti penalmente fino in fondo da George W. Bush, per i casi Enron e WorldCom. Strano ma vero. Non sarà facile per la signora White ridare alla Sec un prestigio che torni a pesare, come ispirazione, anche in Europa.
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