L’INTERVISTA
Caos banche, Salvatore Rossi: «Banca d’Italia aveva chiesto di vietare la vendita dei bond rischiosi»
Parla il direttore generale dopo il salvataggio dei quattro istituti di credito e le accuse di Bruxelles: «A vigilare sul risparmio è preposta un’altra autorità Le crisi bancarie in Italia sono state meno che in Germania»Di Daniele Manca
Salvatore Rossi riceve la chiamata nel suo ufficio di Via Nazionale. Non è uno dei passaggi più difficili della sua carriera di banchiere centrale, anzi la sua voce calma sembra voler far intendere che in passato il sistema del credito italiano ha affrontato situazioni ben peggiori. Non vuole nascondersi dietro i risultati di una vigilanza che nei sette anni appena trascorsi, i più terribili dal punto di vista economico dopo la Grande depressione del 1929, è riuscita a «tenere in piedi il sistema del credito nazionale con costi non comparabili a quelli di altri Paesi europei come Germania, Francia, Olanda e Spagna». Quando di mezzo c’è il risparmio di migliaia di cittadini italiani, o il fatto che alle sorti di banche anche piccole ci siano legati mutui e prestiti per migliaia di imprese, l’autorità posta a vigilare sul credito non può lasciare spazio ad accuse velate o meno di non essere a presidio del settore. Se poi è un commissario europeo con delega ai mercati finanziari, il britannico Jonathan Hill, ad accusare le banche italiane di aver venduto «prodotti inadatti» significa che c’è qualcosa che non sta funzionando.
Davvero sono stati venduti prodotti inadatti ai risparmiatori?
«Vorrei fare una battuta se non ci fossero di mezzo eventi tragici».
Ormai l’ha detto.
«Prodotti inadatti e figli della cultura finanziaria anglosassone sono quelli che hanno dato luogo nel 2007 alla più grande crisi dal ‘29 a oggi. La verità è che il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, in tempi non sospetti ha chiesto di arrivare a vietare la vendita di obbligazioni subordinate agli sportelli in modo che solo investitori istituzionali potessero acquistarli e non i semplici risparmiatori».
Quindi erano inadatti. Voi non potevate intervenire?
«Non possiamo vietare di vendere questo o quel prodotto. Non abbiamo poteri così ampi. E ricordo che a vigilare sulla sollecitazione al risparmio è preposta un’altra autorità».
Ma Hill, l’Europa sembra voler accusare voi e l’Italia in genere.
«Vorrei evitare di entrare nel solito gioco Italia contro l’Europa, è innegabile però che ci sia stata una diversità di vedute tra autorità italiane, il governo in primis ma anche noi, e Bruxelles, o meglio la Direzione generale alla concorrenza. E’ quest’ultima che ci ha di fatto spinto a seguire la strada oggi criticata che ha portato al salvataggio di Banca Marche, Carife, CariChieti ed Etruria».
Bruxelles dice che vi ha dato tre alternative.
«Sì, la prima prevedeva la liquidazione delle banche, sa cosa significa?»
Ce lo dica lei.
«Oltre a mettere in gioco fino a 12 miliardi contro gli 800 milioni di oggi, azionisti, obbligazionisti di tutte le categorie e persino i depositanti sarebbero stati coinvolti. Non solo. Quando una banca fallisce chi ha chiesto un prestito o un mutuo viene chiamato a restituirlo immediatamente. Pensi cosa sarebbe accaduto alle migliaia di imprese clienti di quelle 4 banche...».
E le altre due alternative?
«Una è quella che è stata adottata, l’altra è quella che prevedeva l’intervento delle altre banche italiane tramite il Fondo interbancario di garanzia, ma ci è stato di fatto impedito».
E perché?
«Perché ci hanno detto che se l’avessimo fatto l’Italia avrebbe dovuto subire una procedura di infrazione per Aiuti di Stato. Nonostante il Fondo sia privato e pagato da privati quali sono le banche italiane».
Perché l’Europa dovrebbe punirci?
«Questo va chiesto all’Europa non a noi».
Ma pagano i cittadini. Non sente come Vigilanza la responsabilità?
«I risultati della Vigilanza vanno misurati sull’intero sistema. In questi ultimi sette anni di crisi prima finanziaria, poi del debito sovrano ed economica, il numero e la dimensione delle crisi bancarie in Italia sono state una frazione rispetto a quanto accaduto in Spagna, Germania, Francia e Olanda. Madrid ha speso 60 miliardi dati dall’Europa (ai quali abbiamo contribuito come Italia per 8 miliardi per inciso). Certo, gli altri sono stati più rapidi di noi».
Già, perché noi non siamo intervenuti prima?
«Si è trattato di interventi di governo. In quegli anni tra il 2010 e il 2011 avevamo problemi di bilancio pesanti e probabilmente i governi dell’epoca non se la sono sentita».
Un ritardo c’è stato quindi.
«Non della vigilanza».
Il salvataggio delle 4 banche però è arrivato solo adesso.
«Il decreto che permetteva di varare l’operazione è stato recepito dal Parlamento il 16 novembre scorso, 72 ore dopo abbiamo varato il provvedimento».
Però potevate muovervi prima per segnalare le difficoltà.
«Questo è stato fatto. Vede, molti pensano che la Banca d’Italia abbia poteri di vigilanza, magistratura, polizia e via dicendo. Non è così, non possiamo fare interrogatori, perquisire. Possiamo chiedere, fare ispezioni e dire alla magistratura quello che non va».
E l’avete fatto in questo caso?
«Quando si inviano atti alla magistratura si è sottoposti a segreto istruttorio. Non possiamo dirlo. Guardi il caso della Spoleto. Quanti ci hanno attaccato per non aver agito? Si è poi scoperto che in realtà è grazie a noi e alle nostre ispezioni e alla nostra vigilanza che si è potuti intervenire».
Ciò non toglie che oggi cittadini ignari vedono azzerato il proprio investimento perché qualche banca ha venduto loro prodotti rischiosi senza dirglielo. Non si doveva vigilare?
«Dovremmo avere un ispettore in ogni filiale per scoprire quelli che vogliono comportarsi in modo fraudolento. Mi permetta di dire che mentre discutiamo di questi eventi tragici, altre situazioni dal Veneto alla Toscana sono state affrontate. E anche lì c’erano ben più di qualche migliaio di cittadini e imprese da tutelare».
@danielemanca
11 dicembre 2015 (modifica il 11 dicembre 2015 | 10:47)
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