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Autore Discussione: BEFERA «Perché non siamo uno Stato di polizia fiscale»  (Letto 3142 volte)
Admin
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« inserito:: Gennaio 08, 2013, 07:09:37 pm »

La lettera

«Perché non siamo uno Stato di polizia fiscale»

Befera (Agenzia delle Entrate): «Il nuovo redditometro è solo una procedura informatica»


Caro Direttore,
un raffinato politologo come Piero Ostellino non può ignorare quale sia la caratteristica comune e inconfondibile di quelli che lui chiama gli «Stati di polizia». La caratteristica è quella dell'assoluta segretezza che ammanta le procedure con cui le autorità di quegli Stati operano. Non mi sembra sia questa la caratteristica che contraddistingue il redditometro dell'Agenzia delle Entrate. Basterebbero già a dimostrarlo le aspre rampogne che Ostellino ha pensato bene di dedicare al nuovo redditometro grazie appunto alla conoscenza piena che lui - come ogni altro contribuente italiano - può avere di come è fatto quello strumento e di come funziona.

In estrema sintesi, il nostro redditometro consiste in una procedura informatica che, incrociando banche dati e utilizzando con estrema cautela indicatori di tipo statistico, punta a individuare, con la maggiore attendibilità possibile, il grado di correlazione fra il reddito che emerge dalle dichiarazioni fiscali di un soggetto e la sua capacità di spesa, quale risulta invece dai dati di cui il fisco dispone. Nell'armamentario delle rampogne non poteva ovviamente mancare la solita accusa che il redditometro farebbe parte di una strategia più generale volta a colpire la ricchezza e i suoi simboli (non è facile, peraltro, capire la coerenza fra un'accusa del genere e l'ironia circa il fatto che il nostro redditometro si attarderebbe a censire cose che non sono propriamente indice di ricchezza come il vasellame, i fiori e gli animali domestici posseduti dagli italiani). L'accusa non ha letteralmente senso: il gettito è tanto più alto quanto più i cittadini guadagnano ed è assurdo quindi che il fisco intenda combattere la ricchezza.

Semmai è vero il contrario. Benché quindi sia trito e noioso continuare a ripeterlo, la funzione del redditometro è quella di intercettare ipotesi di scostamento assai rilevanti tra il reddito che una persona dichiara al fisco e la capacità di spesa che dimostra invece di avere nei fatti. Ipotesi di scostamento che vanno sottoposte poi a un doppio vaglio procedurale, per accertarne - in contraddittorio con gli interessati - la reale fondatezza. È una tecnica - non l'unica certamente - per individuare casi reali di «spudorata evasione fiscale», per citare un'espressione, a mio avviso assai appropriata, utilizzata dal Capo dello Stato nel suo discorso di fine anno.

Quanto poi alla «credibilità internazionale» del nostro Paese, che il nuovo redditometro sarebbe destinato a pregiudicare, vorrei sottolineare che non è certo solo l'Amministrazione finanziaria italiana che ha - nel ventaglio più ampio dei sistemi di accertamento - uno strumento per qualche verso analogo al «redditometro», allo scopo di orientare meglio il controllo fiscale. Per inciso, pare sia particolarmente efficace uno strumento del genere, utilizzato per la ricostruzione del reddito dal temutissimo Irs, l'Agenzia del fisco degli Stati Uniti, Paese che probabilmente anche Ostellino avrebbe qualche ritrosia ad annoverare fra gli stati di polizia fiscale.

Quando la nostra Agenzia decise anni addietro di aggiornare il proprio redditometro, modificandone profondamente l'impianto, piuttosto elementare, che risaliva agli inizi degli anni 90, dovemmo prendere una scelta cruciale: se fare come tutti gli altri, e tenere quindi riservata la struttura dello strumento e le sue concrete funzionalità selettive, oppure - come in effetti decidemmo - di imboccare una strada del tutto nuova e rendere interamente pubblica la strumentazione che avremmo costruito, al punto da fornire a ogni singolo contribuente l'opportunità di calcolarne l'impatto sulla propria situazione fiscale, e di farlo con assoluta riservatezza: quella riservatezza che l'Amministrazione ha scelto invece di negare a se stessa. Aggiungerei questa considerazione: la scelta di totale trasparenza che abbiamo fatto consente di sottoporre al vaglio critico della discussione pubblica il redditometro, come esige l'ideale regolativo di «società aperta» così caro ad Ostellino. In questo modo è più agevole individuare eventuali errori o incongruenze dello strumento e migliorarne così progressivamente la funzionalità nell'interesse di tutti, ammesso che sia realmente interesse di tutti contrastare l'evasione fiscale in Italia. Non oso però immaginare il diluvio di improperi che questo implicito richiamo a Karl Popper finirà per attirarmi da parte di chi non potrà che rilevare l'accostamento sacrilego fra un grande campione del liberalismo e una persona come me accusata, per il ruolo istituzionale che sta svolgendo, delle peggiori nefandezze illiberali.

Con indiscutibile spericolatezza aviatoria, l'autore dell'articolo va poi in picchiata su alcuni aspetti tecnici del redditometro. Data l'altezza vertiginosa da cui piovono le bombe (la tesi di fondo, se ho ben capito, è che si assisterebbe, con il redditometro dell'Agenzia delle Entrate, a una riedizione del totalitarismo novecentesco, peraltro con oscure commistioni anche con il pauperismo medievale), sarebbe da insopportabili pignoli pretendere dall'articolista un'accurata messa a fuoco dell'obiettivo su cui si avventa la sua micidiale verve polemica. I lettori mi dovranno quindi scusare se abuso della loro pazienza per chiarire qualche dettaglio, con particolare riguardo alla cosiddetta inversione dell'onere della prova, che - stando sempre all'articolista - «ributta l'Italia ai primordi del Diritto». La costruzione del redditometro parte dall'assunto di senso comune che a una determinata spesa sostenuta deve pur corrispondere una fonte di guadagno.

Una volta quindi emerso, con l'applicazione del redditometro, un rilevante scostamento (oltre il 20%) tra il reddito dichiarato e le spese sostenute sta poi al contribuente addurre le ragioni che possono comprovare, a suo avviso, questo scostamento. È un tipico caso di barbarie giuridica? Sempre la comune esperienza dimostra che nessuno, più del contribuente stesso, può sapere come stiano effettivamente le cose. Del resto, questa non è certo una novità, ma è un principio che esiste nel nostro ordinamento fiscale dalla riforma tributaria del 1973, nata con l'apporto fondamentale di un grande politico e studioso liberale, qual è stato Bruno Visentini. Semmai la legge recente del 2010 che ha in parte modificato la regolamentazione del redditometro ne ha reso ancora più garantista l'applicazione. Nel nuovo redditometro non è infatti più ammessa la vecchia presunzione che prevedeva l'applicazione di coefficienti di moltiplicazione a pochi beni e servizi (abitazioni, auto, imbarcazioni, aerei, cavalli, collaboratori domestici) al fine di ricostruire il reddito. L'accertamento previsto oggi è invece fondato quasi esclusivamente su dati certi e situazioni di fatto inconfutabili, relativi a un ventaglio assai ampio di voci di spesa, evitando così indebite semplificazioni induttive e riducendo al minimo, entro limiti assai prudenziali, il ricorso a dati relativi a spese medie risultanti dall'indagine annuale Istat sui consumi delle famiglie. In ogni caso il contribuente, prima della quantificazione della pretesa, ovvero dell'accertamento, è chiamato a verificare, in contraddittorio con l'ufficio, la correttezza dei dati contestati, in modo da evitare eventuali errori di quantificazione o imputazione della spesa.

Detto ciò, è indubbio, come affermava Stalin, che «la carta sopporta tutto», sicché Ostellino è pienamente libero, nel suo articolo, di apparentare me e i miei collaboratori ad agenti dell'Ovra o della Stasi, ma - già che c'era - non avrebbe dovuto omettere di tirare in ballo anche la Gestapo nazista o la Ghepeù sovietica, giusto per rimarcare la «sconcezza» del decreto che avremmo fatto firmare al ministro Grilli. Per quanto riguarda infine il collegamento che Ostellino fa tra noi dell'Agenzia e il personaggio del dottor Stranamore, sorvolerei. Piero Ostellino - si sa - è una mente lucida del pensiero liberale, e dovrà quindi pur esservi un nesso causale fra il redditometro e la guerra termonucleare, anche se io faccio fatica a coglierlo. Con la moderatezza dei toni - da autentico liberale - e la sottigliezza degli argomenti che lo contraddistinguono, Ostellino saprà però sicuramente spiegarlo a me e ai suoi lettori, e di questo lo ringrazio fin da ora.

Attilio Befera
direttore dell'Agenzia delle Entrate

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Caro Befera, il Corriere e Ostellino rispettano il suo lavoro. Lei è stato difeso da questo giornale in più di una occasione. Le critiche, anche dure, in democrazia sono legittime. Se il tasso di suscettibilità che traspare dalla sua lunga lettera è misura della serenità e dell'equilibrio con cui l'Agenzia che autorevolmente presiede opera sul territorio e dialoga con i contribuenti, c'è di che preoccuparsi. (f. de b.)

8 gennaio 2013 | 9:40

da - http://www.corriere.it/economia/13_gennaio_08/befera-stato-polizia_67af3544-595a-11e2-bf1c-a7535a9f5f63.shtml
« Ultima modifica: Gennaio 08, 2013, 07:12:33 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 08, 2013, 07:11:54 pm »

REDDITOMETRO

Il paradosso del controllo fiscale che penalizza i contribuenti virtuosi

Sarà interessante vedere che cosa accadrà alla categoria degli evasori totali, quelli che, per definizione, risultano invisibili


Siamo tornati al Fisco lunare? Quello che fece impazzire gli italiani nel 1993 tanto da meritarsi il rimprovero dell'allora presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro? Più ci si avventura nel complicatissimo decreto che ha rifatto il look al redditometro, più la Luna finisce per sembrare, quasi, un rifugio accogliente. Voci di spesa, categorie familiari, aree territoriali, dati medi Istat: un'enorme schedatura con la quale il Fisco vuole ricostruire il reddito di 40 milioni di contribuenti partendo dalla spesa sostenuta. Una specie di radiografia della situazione contabile alla quale tutti, in qualche modo, dovranno sottoporsi. Eppure sarà interessante vedere che cosa accadrà alla categoria degli evasori totali, quelli che, per definizione, risultano invisibili.

Vent'anni fa gli italiani impazzirono per indicare nel modello 740 il possesso di cavalli, deltaplani o elicotteri. Ora, per fortuna, non ci sono dichiarazioni da fare, ma la situazione è, per certi versi, anche peggiore. Per rispondere ai rilievi del Fisco, infatti, potremmo essere costretti a ricordare quanto abbiamo speso nel 2009 dal parrucchiere o in un istituto di bellezza. O in biancheria. O al supermercato, o in officina per il cambio dell'olio. O addirittura di quante pizze con la famiglia abbiamo mangiato il sabato sera. Non ci sembrano, francamente, indici reali di capacità contributiva. Vale più l'acquisto di un set di pentole nuove, o un viaggio per una meritata vacanza? Che cosa sarà fiscalmente rilevante e che cosa non lo sarà? Più si scorrono le voci prese in considerazione per i controlli, più si viene colti da una strana sensazione. L'impressione, forse sbagliata, è quella di un Fisco che vuole fare da deterrente ai comportamenti scorretti. Un passo in avanti? Sì, ma con il rischio che questi metodi finiscano con il mettere in agitazione le persone per bene. Senza centrare il vero bersaglio.

La lotta all'evasione è sacrosanta in un Paese dove sfuggono al Fisco 120 miliardi all'anno. Recuperarne un 15-20% vorrebbe dire coprire circa un quarto degli interessi che lo Stato paga sul debito pubblico. Un recupero che consentirebbe di abbattere la pressione tributaria e di destinare una discreta somma allo sviluppo e alla creazione di posti di lavoro. Le finalità sono sacrosante, ma il redditometro potrebbe trasformarsi in una graticola in cui finiranno, probabilmente, per rosolarsi soprattutto i contribuenti onesti, più che i «furbetti del modello Unico». Con effetti negativi anche sul fronte economico: il messaggio, non velato, che il Fisco ci manda, è il seguente: chi spende tanto vuol dire che evade. L'effetto è indesiderato, certo: ma considerare i consumi una voce «a rischio» potrebbe avere come effetto quello di spingere a ridurli. Una cosa della quale il Paese in questo momento non ha proprio bisogno.

Ci sono molti punti che non quadrano. Il primo è l'inversione dell'onere della prova. D'ora in avanti, infatti, non sta al Fisco dimostrare che un cittadino ha evaso, ma al contribuente provare che il reddito attribuito è errato. Che le spese sono state finanziate da prestiti dei parenti - ma come dimostrarli, specie quando i trasferimenti in contanti erano leciti - oppure dai frutti degli investimenti finanziari (tutti a cercare i vecchi estratti conto). Non convince nemmeno la retroattività, cioè la possibilità di scandagliare le spese fatte nel 2009. Mica il contribuente poteva sapere allora che una vacanza alle Maldive o in montagna potesse attirare quattro anni dopo l'attenzione del grande fratello fiscale. Metodi che, se applicati agli evasori abituali, potrebbero cogliere veloci a consistenti risultati. Se estesi a tutti rischiano di creare un clima di disorientamento. Altro elemento poco convincente è l'utilizzo, per certe voci che non sono monitorabili direttamente, di dati medi Istat anche se il contribuente ha dichiarato di spendere di meno. Una follia. Se è già difficile dimostrare acquisti di tre o quattro anni fa, come si può dimostrare di non aver speso?

E poi ognuno ha le sue abitudini. C'è chi risparmia sul cibo, e non lesina di spendere per cure di bellezza. Non certo per evadere le tasse. Grossi rischi in arrivo per chi risparmia e investe. Fino all'anno scorso quando, ad esempio, veniva acquistato un immobile, il Fisco ipotizzava che la somma spesa fosse stata accumulata per quote costanti negli anni precedenti. Ora, invece, l'intero ammontare finirà a reddito (detratte le spese come il mutuo). Con il risultato che il reddito virtuale risulterà lontano anni luce da quello reale. Ma l'acquisto di un immobile è spesso il frutto di sacrifici ultradecennali: come si fa a non tenerne conto? Insomma nel trita-reddito finiranno sia i contribuenti-formiche sia i contribuenti-cicale. E gli evasori? Quelli resteranno, beatamente, sulla faccia, non tanto nascosta, della Luna.

Massimo Fracaro e Nicola Saldutti

8 gennaio 2013 | 7:33© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/economia/13_gennaio_08/tasse-contribuenti-onesti_8779982e-595a-11e2-bf1c-a7535a9f5f63.shtml
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« Risposta #2 inserito:: Gennaio 08, 2013, 07:13:13 pm »

Una nota del ministero dell'economia: maggiori entrate per 13,7 miliardi di euro

Fisco, boom di entrate grazie all'Imu

Cala il gettito dell'Iva e dei giochi

Nel periodo gennaio-novembre 2012 le entrate tributarie erariali si sono attestate a oltre 378 miliardi di euro


Nel periodo gennaio-novembre 2012 le entrate tributarie erariali si sono attestate a 378,189 miliardi di euro, facendo registrare una crescita del 3,8% (+13,770 miliardi di euro) rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. È quanto si legge in una nota del dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia, secondo cui, «ai fini di un confronto omogeneo, al netto dell'imposta sostitutiva una tantum sul leasing immobiliare registrata nel mese di aprile 2011, le entrate tributarie erariali presentano una crescita tendenziale pari al 4,1% (+15,029 miliardi di euro)».

LO SCENARIO - Nel complesso, sottolinea il comunicato, «a fronte del marcato deterioramento del ciclo economico, la dinamica delle entrate tributarie conferma la tendenza alla crescita a ritmi superiori rispetto all'analogo periodo dello scorso anno per effetto delle misure correttive varate a partire dalla seconda metà del 2011. In particolare, alla variazione positiva delle entrate che affluiscono al bilancio dello Stato hanno contribuito il gettito di spettanza erariale della prima rata di acconto dell'Imu che è risultato in linea con le previsioni, l'imposta sostitutiva su ritenute, interessi e altri redditi di capitale, l'imposta di bollo e l'imposta di fabbricazione sugli oli minerali».

IL DETTAGLIO - Nel dettaglio, le imposte dirette aumentano del 4,8% (+9.446 milioni di euro). Il gettito Ire presenta una variazione dello 0,8% (+1,221 miliardi di euro) che riflette l'andamento positivo delle ritenute sui redditi dei dipendenti privati (+2,2%) e delle ritenute sui redditi dei dipendenti pubblici e da pensione (+0,6%) che compensa l'andamento delle ritenute dei lavoratori autonomi (-4,2%) e delle ritenute d'acconto applicate ai pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o di spese per le quali spetta la detrazione d'imposta. Positivo il gettito dell'autoliquidazione (+2,3%, pari a +508 milioni di euro). In crescita il gettito Ires che si attesta a 35,872 miliardi di euro (+0,9%, pari a +322 milioni di euro). Tra le altre imposte dirette si registra un significativo incremento dell'imposta sostitutiva su ritenute, interessi e altri redditi di capitale (+55,1%, pari a +3,098 miliardi di euro) influenzata da diversi fattori di carattere tecnico-normativo e, in particolare, dalla riforma del regime di tassazione delle rendite finanziarie.

LE IMPOSTE - Le imposte indirette fanno rilevare un incremento complessivo del 2,6% (+4,324 miliardi di euro). Al netto dell'imposta sostitutiva una tantum sul leasing immobiliare la crescita delle imposte indirette è risultata pari a 3,4% (+5,583 miliardi di euro). In flessione il gettito Iva (-1,8%, pari a -1,818 miliardi di euro) che riflette l'andamento negativo della componente Iva del prelievo sulle importazioni (-5,1%) e la riduzione della componente relativa agli scambi interni (-1,2%) influenzata dalla debolezza della domanda interna e solo parzialmente compensata dagli effetti legati all'incremento di un punto percentuale dell'aliquota Iva. In aumento il gettito delle imposte sulle transazioni che nel complesso aumenta del 25,0%. In crescita significativa l'imposta di bollo che registra un incremento del 106,7% (+3,061 miliardi di euro) dovuto alle modifiche normative apportate con i provvedimenti della seconda metà del 2011 alle tariffe di bollo applicabili su conti correnti, strumenti di pagamento, titoli e prodotti finanziari, nonchè all'anticipo del versamento dell'acconto sull'imposta di bollo.

I VERSAMENTI - Sul risultato incide positivamente, inoltre, il versamento del 16 luglio del «bollo speciale per le attività finanziarie scudate». Tra le altre imposte indirette in crescita il gettito dell'imposta di fabbricazione sugli oli minerali (+22,4%, pari a +3,959 miliardi di euro) sostenuto dagli aumenti delle aliquote di accisa disposti dalle recenti manovre varate anche per fronteggiare gli effetti degli eventi sismici che hanno interessato i territori di alcune province di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. In flessione il gettito dell'imposta di consumo sul gas metano (-19,5%, pari a -832 milioni di euro) a causa del meccanismo di versamento dell'imposta e del calcolo del conguaglio sui consumi dell'anno precedente. Le entrate relative ai giochi si riducono complessivamente del 6,3% (-798 milioni di euro). Tra queste si evidenzia l'andamento positivo delle lotterie istantanee (+0,5%, pari a +7 milioni di euro) e delle entrate derivanti dagli apparecchi e congegni di gioco (+2,0%, pari a +70 milioni di euro), mentre risultano in calo le entrate relative ai proventi del lotto (-8,9%, pari a -554 milioni di euro). Le entrate tributarie derivanti dall'attività di accertamento e controllo risultano pari a 6,433 miliardi di euro (+9,3%, pari a +545 milioni di euro).

Redazione Online

7 gennaio 2013 | 17:51© RIPRODUZIONE RISERVATA

http://www.corriere.it/economia/13_gennaio_07/fisco-entrate-imu_f5562f2e-58e7-11e2-b652-002bcc05a702.shtml
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