Esteri
24/12/2012
L’ambasciatore Thorne via da Roma solo quando la crisi sarà conclusa
Il titolare della missione di Via Veneto, potrebbe prolungare i l suo mandato fino alla definizione del prossimo governo
paolo mastrolilli
inviato a new york
La nomina di John Kerry a segretario di Stato, e le elezioni anticipate in Italia, possono avere un effetto anche sull’assetto dell’ambasciata americana a Roma. David Thorne, il titolare della missione di Via Veneto, potrebbe prolungare il suo mandato fino alla definizione del prossimo governo, in attesa di un possibile nuovo incarico di prestigio a Washington.
Secondo la prassi, quando un presidente viene rieletto gli ambasciatori del primo mandato rimettono l’incarico a sua disposizione, e in genere vengono sostituiti. Non è una regola scritta sul marmo, però. Thorne è il cognato di Kerry, e la sua nomina a segretario di Stato potrebbe aprirgli la porta per nuovi ruoli importanti nella capitale, o anche all’estero.
Tra i nomi dei possibili successori, in passato era circolato anche quello di Nancy Pelosi, che dopo aver perso nelle ultime elezioni la possibilità di tornare Speaker della Camera, poteva optare per Roma. La Pelosi però ha deciso di continuare a guidare i deputati democratici, e quindi la ricerca è tornata in alto mare, a parte le voci che segnalavano un interesse da parte dell’avvocato di Washington e finanziatore della campagna di Obama John Phillips, che ha origini italiane.
Nel frattempo la crisi italiana di governo ha accelerato e le elezioni sono state indette con un paio di mesi di anticipo, creando una situazione di incertezza anche riguardo alla successione di Napolitano al Quirinale. Quindi Thorne, per senso di responsabilità e per l’interesse che ha nel nostro Paese, potrebbe chiedere di prolungare la sua permanenza fino a quando la crisi non sarà risolta. Questo avrebbe senso anche perché Kerry ha da sempre a cuore l’Europa e l’Italia, che conserva un ruolo strategico nella tenuta dell’euro per evitare crisi che avrebbero un impatto anche sull’economia Usa.
Non è un mistero che gli americani hanno lavorato bene con il premier Monti e, se non ci fosse stata la scadenza della legislatura, avrebbero continuato con favore questa esperienza. Il punto centrale però non è tanto l’uomo, quanto la sua agenda: la responsabilità fiscale e le riforme per ammodernare il Paese sono indispensabili, e Washington spera che continuino anche con il prossimo governo.
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