Società
26/11/2012 - la storia
Una vita normale senza fissa dimora
Wainer Molteni ha pubblicato “Io sono nessuno” (Baldini Castoldi Dalai, pag 214, euro 16)
Incontro con Wainer Molteni, il clochard laureato: “Ti salvi solo quando non hai più niente da perdere”
Alessandra Iadicicco
Milano
Io sono nessuno, afferma Wainer Molteni nel suo libro, con la mossa spiazzante di un Ulisse che disarma il ciclope. Con quella frase otto anni fa dichiarò la propria resa alla condizione di barbone. Non aveva più niente.
E, senza lavoro, senza famiglia, senza casa, non poteva che ammettere di non essere nessuno, se non un «homeless», un «senza tetto», un clochard. Aveva toccato il fondo. E aveva fatto il suo ingresso in quel nuovo stato dell’essere (o del non-essere), nello status di indigente e bisognoso, attraverso la porta girevole del centro di aiuto della stazione centrale di Milano: Sos Centrale. «È bene che impariate che c’è un simile punto di soccorso, di questi tempi», avverte beffardo oggi.
«Che ci faccio qui? Come è successo? Via, sarà per poco», diceva a se stesso negli estremi sussulti di resistenza al destino della strada. Esattamente le stesse domande e lo stesso timido tentativo di rassicurazione gli rivolse il sorridente impiegato del centro di accoglienza.
Il quale, prima di fornirgli l’elenco delle mense, i punti doccia, i guardaroba, i dormitori – gli indirizzi utili per chi non avrebbe altra scelta che fare dei vagoni fermi di notte sui binari la propria alcova e dei corridoi riscaldati della biblioteca comunale il proprio salotto -, prima di introdurlo sui binari dell’assistenza sociale istituzionalizzata, gli aveva chiesto di indicare quali tappe lo avevano condotto a quella svolta e a quel triste capolinea (anche ferroviario).
E così, dopo i numerosi frustranti tentativi di trovare un lavoro presentando in un curriculum il suo eccezionale iter di studi e esperienze, prima della stesura della sua strabiliante confessione-autobiografia («Io sono nessuno», appena uscita da Baldini Castoldi Dalai), il signor nessuno si era ritrovato a raccontare la sua storia.
Orfano dei genitori militanti di estrema sinistra espatriati a Marsiglia, cresciuto dai nonni a Mombello, sul Lago Maggiore, aveva dimostrato un certo talento fin da ragazzino. Studiava il minimo indispensabile e andava bene a scuola. Premiato da nonno Emilio col regalo di un formidabile impianto stereo – mixer a quattro canali, amplificatore, piastra di registrazione – si improvvisò deejay nelle balere e nei club della Brianza, e si fece notare e ingaggiare nelle discoteche milanesi di tendenza.
Lo appassionavano le storie di banditi, così si laureò «cum laude» in Sociologia e ottenne un dottorato in Criminologia alla Scuola Normale di Pisa. Il prestigioso istituto fu il suo trampolino di lancio verso gli Usa. Per tre anni frequentò un master a Quantico, in Virginia, al centro di ricerca e addestramento dell’Fbi. Poteva fermarsi là e fare carriera accademica. Ma accettò la proposta del padre di un amico che lo assunse come responsabile del personale di una catena di supermercati. Poco avventuroso, ma sicuro. Sembrava…
Finché la catena di grande distribuzione fece bancarotta e lui restò disoccupato. Iniziò allora in cammino in discesa del giovane «laureato, dottorato, masterizzato» che si vedeva respinto a tutti i colloqui perché troppo qualificato. I soldi - «li guadagnavo, li spendevo» - finirono in fretta. I famigliari non c’erano più. Sugli amici non voleva pesare.
Piuttosto si sarebbe insediato – come fece – nella villa lasciata sfitta a Portovenere da due ricchi ottantenni americani. Ma «la Liguria non era il posto più stimolante del mondo» e, dopo tre anni da nullafacente, salì sul treno che da La Spezia lo condusse fino al suddetto Sos di Milano. Fino a quel fondo toccato giusto per risalire e riscuotersi.
«Clochard alla riscossa», appunto, è il nome del movimento cui Wainer Molteni, grazie alla sua intraprendenza e passione politica, si è messo a capo. In otto anni ha occupato dormitori. Ha organizzato distribuzioni di sacchi a pelo e pasti caldi. Ha collaborato con la giunta Moratti e Pisapia («Ma non da “consulente” come dicono: non mi hanno mai assunto, ci chiamano solo quando occorre»). Ha ottenuto un alloggio popolare e poi una fattoria nel Pistoiese, gestita da senzatetto come agriturismo («Abbiamo cinque stanze per gli ospiti, il frutteto, l’uliveto. Questa settimana abbiamo iniziato la raccolta delle olive»).
Ha dormito tante notti all’addiaccio. E proprio chiuso nel sacco a pelo ha iniziato ad annotare su foglietti sparsi il racconto della sua avventura. «Solo qualche mese fa, quando mi hanno regalato un computer, l’ho stesa per intero. La mia è una storia normale. Una vita normale - dice - può succedere a chiunque. In coda alle mense dei poveri oggi ci sono uomini con un passato manageriale e imprenditoriale».
Non è un malaugurio. Anzi: «La molla che fa scattare la rivalsa e permette di andare avanti è proprio la consapevolezza di non avere niente da perdere. Il bello di quando perdi ogni cosa è che puoi ricominciare da dove vuoi».
da -
http://www.lastampa.it/2012/11/26/societa/una-vita-normale-senza-fissa-dimora-FTkt7Vo0inRNm5cD84nEbL/pagina.html